6014 La spartizione del Congo

20081107 22:39:00 redazione-IT

Si muore in Kivu ma il fronte di guerra è altrove. Il segretario generale dell’ONU ha dichiarato di essere pronto a incoraggiare il presidente Kabila a dialogare con Nkunda. Kagame dichiara che la questione Kivu è un problema del Congo.
Sono passati giorni da quando il generale Laurent Nkunda ha dichiarato di essere pronto a marciare da Goma a Kinshasa per cacciare il presidente Joseph Kabila se il governo non tratterà direttamente con lui. Kinshasa, però, rifiuta di negoziare con i ribelli. Del resto, perché dovrebbe? Perché un presidente eletto, e per giunta con il beneplacito dell’Occidente e dei suoi guardiani, dovrebbe ora accettare di parlare con un criminale?

Chi dà a Nkunda l’autorità per esprimersi in certi termini, chi gli dà tanto coraggio e tanta sicurezza?
Dall’inizio di ottobre Kinshasa denuncia la presenza di militari rwandesi nei pressi di Goma, pronti ad attaccare la città fingendosi miliziani del generale ribelle. Accuse che sono rimaste inascoltate. Non sarebbe la prima volta, e nemmeno la seconda, che il Rwanda invade la Repubblica Democratica del Congo. Ma questo non dobbiamo certo spiegarlo noi ai capi di stato che domani si incontreranno al vertice di Nairobi. Tutto questo, loro, lo sanno bene.
Oggi si ritorna a parlare dei Mai-mai, hutu e filo-governativi: non sarà per legittimare implicitamente il governo di Kagame che avrebbe, così, ragione a supportare un criminale come Nkunda? Dopo tanti dinieghi, infatti, il governo ruandese non potrà più nascondersi dietro alle solite menzogne e potrebbe rispolverare un vecchio alibi per giustificare i suoi tentacoli in Congo.
Si muore in Kivu ma il vero fronte di guerra è altrove. Il segretario generale dell’ONU ha dichiarato di essere pronto, durante il vertice di Nairobi, a incoraggiare il presidente Joseph Kabila a dialogare con Nkunda, il che significherebbe piegarsi alle minacce del generale ribelle o meglio, spingere un governo legittimamente costituitosi a cedere di fronte al ricatto di un sanguinario. Significherebbe, altresì, in caso di mancato accordo, poter accusare il governo della RDC di fronte al precipitare degli eventi. Il presidente del Rwanda Kagame, intanto, dichiara a-priori che la questione del Kivu è un problema interno alla Repubblica Democratica del Congo. Stando così le cose, il vertice sembrerebbe già fatto.
Ma la speranza è l’ultima a morire. Anche in Congo.

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Dal Congo per Obama: una testimonianza

Gombé, centre ville di Kinshasa, ieri mattina: il vigile ci fa segno di passare, poi si avvicina al finestrino e inzia a cantilenare "We’re changing, we’re changing, we’re changing". Il suo sorriso mi contagia, dico solo "Obama.". Lui ride, ride, ride e mi fa l’ok con il pollice. Ci guardiamo per una manciata di secondi, il tempo di attraversare l’incrocio e reimmetterci nella nostra corsia. Cazzo, mi viene da piangere. C’è un sole che spacca la testa e quest’uomo ci passa sotto la giornata. Non lo so mica se il suo stipendio, finalmente, comincia a riscuoterlo, ma so che oggi è felice e lo vuole dire al mondo.
Kinshasa, mercato centrale: accompagno una coppia di amici a comprare un sacco di riso perché non si sa mai, in certi casi è sempre meglio avere qualcosa da mangiare in dispensa quando se ne ha la possibilità.
Un ragazzo si sporge dal banco della carne. Si informa prima: mi chiede cosa ne penso della vittoria di Obama. Poi, quando gli racconto del brindisi della notte scorsa, mi sussurra "Madame, le chef du monde est noir".
Questa è Kinshasa ora, nonostante tutto. Sulla via del ritorno non posso fare a meno di pensare a Berlusconi: dovrà pur stringere la mano al presidente degli Stati Uniti. E me la rido, foss’anche per questi dieci minuti, me la rido.

 

 

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EmiNews 2008

 

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