6110 CHI FA OPINIONE SUGLI IMMIGRATI

20081118 19:05:00 redazione-IT

di Riccardo Puglisi (da lavoce.info)

Secondo un sondaggio della primavera 2007, il 73 per cento degli italiani ritiene che l’immigrazione abbia un impatto negativo sul paese. Opinioni sulle quali incidono in modo rilevante aspetti sociali e culturali, influenza degli organi di informazione compresa. Ma l’importanza della relazione tra mass media e opinione pubblica non deve offuscare il ruolo giocato da eventi reali, come l’incidenza dell’immigrazione clandestina nelle diverse aree geografiche. Un’analisi che per gli Usa riserva qualche sorpresa. Ma che da noi è impossibile, perché mancano i dati.

Anche nel mezzo della crisi finanziaria il tema dell’immigrazione continua ad attirare molta attenzione, soprattutto in Italia. È di qualche giorno fa la proposta da parte dei senatori della Lega Nord di bloccare per due anni i flussi di immigrati regolari nel nostro paese.
È dunque opportuno farsi un’idea più chiara sulla posizione dell’opinione pubblica su di un tema così cruciale. E non bisogna essere Berlusconi per convincersi che l’opinione pubblica sulle questioni all’ordine del giorno costituisca -a seconda delle circostanze- un vincolo stringente o un volano decisivo per le politiche attuate dal governo in carica.

IMMIGRATI E OPINIONI

Secondo la teoria economica un afflusso maggiore di immigrati con un certo tipo di qualifiche professionali dovrebbe avere effetti negativi sui salari e sull’occupazione di quei cittadini residenti che hanno un livello simile di qualifiche. A tale proposito, una recente letteratura (1) giunge alla conclusione che l’opinione degli individui a proposito dell’immigrazione è sistematicamente correlata con la loro posizione sul mercato del lavoro, in maniera coerente con quanto suggerito dal modello economico. Ad esempio un recente contributo di Anna Maria Mayda (2) mostra come nei paesi in cui gli immigrati hanno qualifiche più basse della popolazione originaria i cittadini sono tanto più favorevoli ad una limitazione del numero di immigrati, quanto più il loro livello di istruzione è basso: questo è ad esempio il caso dell’Italia. Un articolo recente di Giovanni Facchini e Anna Maria Mayda (3) ottiene poi il risultato che, in quegli stessi paesi, l’avversione nei confronti dell’immigrazione cresce al crescere del reddito individuale: ciò può essere spiegato dal fatto che -con un sistema tributario progressivo- il finanziamento di un’espansione dello stato sociale a vantaggio degli immigrati ricade in misura maggiore sugli individui più ricchi.
La correlazione tra istruzione e opinione sull’immigrazione potrebbe però essere spiegata da fattori culturali, cioè dal fatto che la diffidenza verso gli immigrati come individui “diversi” è probabilmente meno intensa, quanto più elevato il livello di istruzione. Ma –come sottolineato da Facchini e Mayda- i fattori culturali da soli non sono capaci di spiegare il risultato empirico secondo cui la relazione tra livello di istruzione e sentimenti anti-immigrazione diventa di segno positivo quando gli immigrati hanno qualifiche più elevate della media della popolazione nativa.
L’analisi statistica dà il suo meglio nell’analizzare le correlazioni a livello microeconomico; molto più ostico spiegare le differenze nell’opinione pubblica “media” sull’immigrazione tra i diversi paesi. E ci sarebbe di che spiegare: un recente sondaggio raccolto dal Pew Center (4) mostra differenze vertiginose tra l’Italia e gli altri paesi occidentali. Secondo questo sondaggio il 73% degli italiani intervistati ritiene che l’immigrazione abbia un impatto negativo sul paese, e solo il 17% pensa che l’impatto sia positivo. A titolo di confronto, il paese occidentale con il dato più vicino all’Italia è la Gran Bretagna, con un 48% di valutazioni negative e un 44% di positive.

GLI EFFETTI DELLA TV

Certamente non mancherà chi voglia attribuire questa differenza di opinioni alla debolezza dell’economia italiana nella competizione internazionale. Penso invece che gli aspetti sociali e culturali siano più rilevanti. Come sottolineato qualche mese fa da Tito Boeri su Repubblica (5), i media potrebbero giocare un ruolo importante, tenuto conto del fatto che il tema dell’immigrazione non è politicamente neutro, ma tipicamente favorisce i partiti conservatori. Giornali e televisioni i cui proprietari hanno una collocazione ideologica a destra potrebbero essere indotti a coprire di più il tema dell’immigrazione, affrontandolo con toni sistematicamente negativi e spostando così i voti a destra.
Non si può tuttavia escludere l’ipotesi più benigna, secondo cui i cittadini stessi scelgono di ricevere le notizie dai media ideologicamente più vicini: non si tratterebbe di persuasione ma di libera scelta. Ciò può valere anche nei confronti macro tra i diversi paesi: forse gli italiani sono in media poco aperti ai contatti con gli stranieri, e i media semplicemente si adeguano a queste preferenze.
Tornando al livello micro, un’analisi che sto conducendo con Facchini e Mayda su dati raccolti negli USA dal consorzio CCES (6) durante la campagna elettorale del 2006 mostra la presenza di correlazioni importanti tra il telegiornale della sera preferito e le opinioni sul tema specifico dell’immigrazione clandestina, anche controllando per fattori come il reddito, l’istruzione e le idee politiche della persona intervistata. Ad esempio chi guarda abitualmente Fox News, il canale di Rupert Murdoch, ha l’8% di probabilità in più (rispetto agli spettatori abituali di CBS, ABC o NBC) di essere contrario al disegno di legge Kennedy-McCain, il quale prevedeva un iter di regolarizzazione per gli immigrati clandestini. Il risultato sorprendente è che i spettatori abituali di CNN hanno lo stesso atteggiamento negativo di chi guarda Fox News. Ciò può essere spiegato dal fatto che –pur su un canale televisivo dalla fama liberal- il telegiornale di CNN è condotto da Lou Dobbs, notorio per le sue posizioni intransigenti sul tema. A proposito di selezione versus persuasione, ogni tentativo di controllare in maniera più esaustiva per le preferenze politiche degli intervistati porta a rivedere verso il basso la stima della correlazione con Fox News (dal 10 all’8%), mentre ciò non accade per CNN.
L’importanza della relazione tra media e opinione pubblica non deve offuscare il ruolo giocato dagli eventi reali, in questo caso la diversa incidenza geografica dell’immigrazione clandestina. Ebbene, un altro risultato forse inaspettato della nostra analisi è che i cittadini residenti in stati con una percentuale maggiore di clandestini sono sistematicamente più favorevoli al piano Kennedy-McCain di regolarizzazione. Sarà vera la stessa cosa per le regioni italiane?

(1) http://www.lavoce.info/articoli/-immigrazione/pagina1000688.html
(2) Anna Maria Mayda, “Who is against immigration? A cross-country investigation of individual attitudes toward immigrants”, Review of Economics and Statistics, Agosto 2006, 88(3): 510-530:http://www9.georgetown.edu/faculty/amm223/immpolpref.pdf
(3) Giovanni Facchini e Anna Maria Mayda, “Individual attitudes towards immigrants: Welfare-state determinants across countries.” Di prossima pubblicazione su Review of Economics and Statistics:
http://www9.georgetown.edu/faculty/amm223/FacchiniMaydaWelfareImm.pdf
(4) Richard Wike per Pew Global Attitudes Project, “Italy’s Malaise: La Vita Non É Cosí Dolce”, 17 Gennaio 2008:
http://pewresearch.org/pubs/695/italys-malaise-la-vita-non-e-cosi-dolce
(5) Tito Boeri, “Una norma pericolosa” Repubblica, 21 Maggio 2008.
(6) I risultati preliminari dell’analisi sono disponibili a richiesta. I dati CCES sono pubblicamente disponibili sul sito http://web.mit.edu/polisci/portl/cces/commoncontent.html

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000762.html

 

 

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EmiNews 2008

 

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