6144 Verso l'Eldorado in piroga: ''Per una che arriva dieci non ce la fanno''

20081125 11:29:00 redazione-IT

[b]Parla Dominique Mollard, il giornalista francese che per la prima volta è riuscito a filmare una traversata dalla Mauritania alle Canarie. ”La paura del viaggio è il loro ultimo problema. Di migliaia di cadaveri non sapremo mai nulla”
– Continuano gli sbarchi alle Canarie: sale a 1.500 il numero dei minori[/b] (da www.redattoresociale.it)

MADRID – “Ci sono migliaia di persone di cui non sappiano nulla. In due anni, nel periodo in cui sono stato lì, tra la costa mauritana e le Canarie sono stati ritrovati 4500 cadaveri. E una cifra che può essere moltiplicata per tre, per quattro, per cinque, non possiamo saperlo. Per una barca che riesce ad arrivare dieci non ce la fanno. Molte non riescono nemmeno a partire”. Parla per conoscenza diretta Dominique Christian Mollard, il giornalista francese che per la prima volta è riuscito a filmare una delle traversate della carrette della speranza che partono dalla costa africana per raggiungere l’Europa.

Quando lo incontriamo a Madrid è appena passata una settimana dalla messa in onda, sul primo canale della tv pubblica spagnola, del suo reportage “Destinos Clandestinos”, in cui racconta il viaggio in cayuco che è riuscito fare, partendo insieme ad altre 38 persone per il “combattimento”, come lo chiamano i candidati all’emigrazione, dal porto di Nouadibu verso l’isola de El Hierro, nell’arcipelago delle Canarie.

“Era il mio terzo tentativo – racconta Mollard – . Avevo tentato l’anno precedente, mi avevano truffato, avevo perso una volta 1.500 euro e altre due volte 700. Nonostante mi fossi preparato ho commesso tutti gli errori di ingenuità che si commettono. L’ultima volta sono riuscito a partire perché ho pagato solo dopo essere salito sulla barca”. Per due volte, Mollard ha aspettato per tre mesi di seguito sulla spiaggia di Nouabidu la sua occasione. Ha condiviso con le centinaia di persone che arrivano da tutta l’Africa subsahariana, i problemi e la trepidazione per l’attesa. Non la paura, perché dice, “la paura del viaggio è l’ultimo dei problemi” per queste persone. “È gente preparata, indurita, che sa sopportare il dolore, la frustrazione, l’attesa, l’errore, il fallimento. Con tutti i problemi a cui devono far fronte, il viaggio è un punto interrogativo ma è la cosa che meno li preoccupa. Quello che preoccupa sono le tribolazioni che devono vivere per ottenere pane, un tetto e una relativa tranquillità…Tutti quelli che sono lì in attesa a Nouadibu sono sin papeles e la polizia locale, che vive lì come un vampiro sulle spalle dei subsahariani, spesso li ricatta, chiede denaro. Vivono l’attesa in un ambiente angosciante. Per questo il viaggio è quello che meno li preoccupa, l’ultimo ostacolo da saltare”. Di quello a cui vanno incontro “non hanno idea, né lo vogliono sapere. Pensano che qui ci sia l’Eldorado e nessuno può fargli cambiare opinione. Sanno che è difficile ma che per quanto difficile sia non lo sarà tanto come vivere nelle condizioni in cui si trovano”.

La lunga permanenza a Noudibu ha permesso a Mollard di sfatare alcune delle convinzioni che circolano in Europa sulla situazione di chi sbarca sulle coste del vecchio continente e sui viaggi che devono affrontare: “Quella che chiamiamo mafia non esiste lì…la mafia sei tu, sono io…quando un poliziotto guadagna 70 euro al mese e deve mantenere una famiglia e in una notte può arrivare a guadagnarne 1500 chi non lo farebbe? Io lo farei, metterei la moralità sotto al tavolo, soprattutto se avessi dei bambini. Questa immagine della mafia organizzata serve molto per i politici che possono giustificarsi con il fatto che le cose sono complicate, che ci sono le mafie….mafia nel caso dell’immigrazione si è convertita nella parola magica. Ma non è la realtà. Molto più spesso sono ragazzi che si organizzano tra di loro per partire. Nel mio caso tre ragazzi che hanno organizzato il viaggio…mi hanno fatto salire perché a uno di loro ho ispirato fiducia. Era il timoniere che si vede nel documentario. Una storia incredibile, la sua. Ha 23 anni. Era la terza volta che tentava e ora sta preparando la quarta”. L’ennesimo tentativo perché quello a cui ha partecipato il giornalista francese si è fermato a duecento metri dalle coste marocchine, quando la petroliera russa che aveva risposto alla richiesta di aiuto lanciata da Mollard con il suo telefono satellitare, li ha salvati dalla deriva a cui era destinata la piroga di 14 metri su cui viaggiavano, dopo la rottura del secondo motore. “Se la barca fosse affondata, avremmo attraversato l’Atlantico fino al Brasile o alle Antille trasportati dalla corrente del Golfo”.

Il documentario si conclude proprio con il salvataggio da parte della petroliera russa che consegna tutte le persone a bordo del cayuco nelle mani della polizia marocchina. “Dopo sono stati detenuti per più di un mese, e hanno vissuto in condizioni pessime. Sheila e la bambina (una delle due donne che ha viaggiato con Mollard, insieme a una neonata di quattro mesi, ndr) dormivano a terra in una tenda, nel deserto. Non avevano né acqua né luce. Era il periodo del Ramadan e alla rottura del digiuno l’unico pasto della giornata era, riso, pane e zuppa. Nient’altro. Dopo un mese, lì hanno espulsi e portati alla frontiera con l’Algeria. Li hanno lasciati nei campi minati. Poco tempo prima i marocchini avevano fatto lo stesso con un altro gruppo, e uno degli immigrati era saltato su una mina. Nella frontiera con l’Algeria la situazione è disastrosa. Ci sono centinaia, migliaia di subsahariani che vengono mandati da una parte all’altra”.

Per riuscire a filmare tutto, Mollard ha lavorato sotto copertura, con telecamere nascoste (mancano, spiega, nel video le immagini della corruzione dei militari nel porto di Noudibu, andate perse) e “barando” sulla propria identità. “Sulla barca solo 4-5 persone sapevano che ero un giornalista – racconta – agli altri avevo raccontato di essere un amministrativo di una ong e che volevo filmare il viaggio per aiutarli. Non gli avevo detto che lo avrei fatto con il documentario”. Con molte delle persone con cui ha condiviso tre giorni e tre notti di traversata Mollard è rimasto in contatto. “E mi chiamano quasi ogni giorno per raccontarmi che stanno preparando un altro viaggio e che il posto per me c’è. E in realtà mi piacerebbe davvero riprovarci per riuscire ad arrivare fino a El Hierro”.

Il documentario, che Mollard spera di riuscire a distribuire anche in Italia, è disponibile, in spagnolo, sul sito della tv pubblica Tve

[url]http://www.rtve.es/alacarta/player/338407.html[/url] (mp)

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[b]Continuano gli sbarchi alle Canarie: sale a 1.500 il numero dei minori[/b]

A ottobre, quando scoppiò l’emergenza erano 1200. Venerdì scorso lo sbarco con il più alto numero di minori: tra i sette e i 15 anni 27 delle 34 persone a bordo. L’ultimo arrivo stanotte a Tenerife

MADRID – Continuano senza sosta gli sbarchi di immigrati subsahariani sulle coste dell’arcipelago delle Canarie e aumenta il numero di minori che si trovano sulle piroghe. Venerdì scorso a Lanzarote è sbarcato il cayuco con il più alto numero di minori mai approdato sulle coste dell’arcipelago negli ultimi 14 anni: dei 34 occupanti dell’imbarcazione solo sette erano maggiorenni, gli altri 27 erano minori tra i sette e i quindici anni. Nell’ultimo sbarco, avvenuto stamattina all’alba a Tenerife, i minori erano 6 su 70 persone. Dal 10 novembre le persone arrivate nell’arcipelago sono oltre 500, e in totale finora nel 2008 sono state oltre 8800. E se il numero di sbarchi, partite nella gran parte dei casi dalle coste della Mauritania e in misura minore dal Senegal, rispetto allo scorso anno è diminuito, le traversate sono diventate molto più rischiose, perché le dimensioni delle imbarcazioni sono più ridotte e maggiore è il numero di minori a bordo.

Secondo quanto ci ha confermato la portavoce della Consejeria de Bienestar Social del Governo delle Canarie, Elisa Bravo, attualmente nei 29 centri di accoglienza dell’arcipelago si trovano 1500 minori. Nell’ottobre, quando i responsabili del governo canario chiesero al governo centrale un piano di intervento per l’emergenza dei minori non accompagnati, erano 1200.

Per questo c’è molta attesa per la firma dell’accordo, annunciato nei giorni scorsi dal presidente del Governo José Luis Rodriguez Zapatero, per il trasferimento dei minori in altri comunità del paese.

La situazione dei minori stranieri nei centri dell’arcipelago è oggetto da tempo di numerose denunce. Un anno fa Amnesty International documentò abusi ai danni dei minori nei centri di accoglienza locali. E un mese fa un nuovo rapporto di Human Rights Watch affermava che sono stati condotti sistematici rimpatri di minori senza le garanzie legali sufficienti. (mp)

http://www.rtve.es/alacarta/player/338407.html

 

 

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EmiNews 2008

 

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