6270 Narducci (PD) – Università e ricerca: “dare un'opportunità ai tanti ricercatori italiani all'estero

20081217 16:24:00 redazione-IT

[b]On. Franco Narducci (PD) – Università e ricerca: “dare un’opportunità ai tanti ricercatori italiani all’estero di poter esercitare la loro attività nel Paese di origine”.
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L’on. Franco Narducci (PD) è intervenuto in Parlamento nel corso della discussione sulla conversione in legge del decreto n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca.

Narducci dopo aver ricordato al rappresentante del Governo che il decreto in questione “ha incontrato difficoltà durante l’esame presso la III Commissione affari esteri e comunitari”. Infatti, giunge in Assemblea senza il parere di detta Commissione” ha affermato che “le obiezioni formulate in Commissione affari esteri al decreto-legge evidenziano che la questione non può essere risolta meramente con le semplificazioni di procedure che a livello nazionale sono molto più stringenti. Inoltre, certe semplificazioni potrebbero condurre a scorciatoie che il Governo non ha probabilmente preventivato e non soddisfarebbero certamente l’obiettivo che si vuole raggiungere”.

“Qual è questo obiettivo? Si chiede il deputato del PD proseguendo “Contrastare la fuga di intelletti italiani, una condizione assolutamente prioritaria per le sfide future che l’Italia deve affrontare e per le prospettive di sviluppo del nostro sistema Paese. La storia recente e la cronaca quotidiana ci mostrano che molti paesi europei ed extraeuropei si avvalgono del talento intellettuale di italiani, più o meno giovani, senza avere investito risorse sulla loro formazione, ma utilizzandone competenze e capacità acquisite nel nostro sistema formativo”.

“Oggi assistiamo impotenti – ha proseguito l’on. Narducci – ad una situazione che vede l’università italiana investire migliaia di euro per ogni studente in formazione pre e post laurea senza che tutto ciò dia frutti nel mondo accademico o nel mondo dell’industria privata. Non se ne vedono gli esiti positivi nell’ambiente accademico per i noti problemi a far valere la meritocrazia, e le disposizioni contenute nel provvedimento del Governo non risolveranno questo nodo; non se ne vedono i frutti neanche per il mondo privato, i cui interessi spesso non coincidono con quelli accademici, contrariamente a quanto avviene nelle nazioni europee più avanti di noi”.

Poi il deputato ha messo in evidenza che”il momento negativo dell’economia italiana, accentuato dalla crisi finanziaria globale, impone certamente scelte drastiche, ma noi crediamo che la riduzione del credito d’imposta, prevista nel cosiddetto decreto anticrisi, dilaterà ancora di più la cesura tra questi due mondi, che dovrebbero cercare maggiori convergenze e sinergie. Spesso ciò avviene anche per mancanza di coordinamento tra questi due mondi; le persone che lo Stato italiano ha formato cercano sbocchi all’estero; evidentemente c’è un ruolo che svolge il mercato nel fare incontrare domanda e offerta, ma le questioni che stiamo affrontando hanno anche origini problematiche che si sono pervicacemente radicate nel nostro sistema”.

“La preparazione di base fornita dalle nostre università – ha osservato Narducci – non è affatto mediocre, se è vero che molti nostri laureati e studiosi trovano collocazione stabile nel sistema accademico. Io sono un parlamentare eletto all’estero e conosco molto bene le realtà di Basilea, di Zurigo, di Monaco di Baviera, dell’Ufficio europeo brevetti, del Max Planck Institute e di altri. Ho tratto sempre convincimento che i nostri giovani, i nostri talenti che vanno all’estero, sicuramente riescono a sfondare molte porte, nonostante anche le difficoltà ambientali. Questo spiega la collocazione stabile nel sistema accademico e nella ricerca pubblica e privata di svariati Stati europei ed oltreoceano. In passato sono stati esperiti molti tentativi per far rientrare gli studiosi italiani dall’estero, i provvedimenti emanati hanno mostrato diverse lacune, prima fra tutte il fatto di non poter offrire al rientrante un posto di lavoro equiparabile qualitativamente ed economicamente a quello lasciato all’estero”.

“Come si possono superare questi limiti e come si può davvero centrare l’obiettivo perseguito dalla legge di cui ho già parlato? Si chiede l’on. Franco Narducci precisando che occorre “cominciare con interventi strutturali: secondo la nostra opinione, si dovrebbe cominciare a prevedere che i corsi post laurea, come quelli di dottorato, debbano essere svolti per almeno il 50 per cento della loro durata all’estero. In questo modo si potrebbe creare un livellamento qualitativo verso l’alto di tutti i dottorati; oggi ci sono dottorandi che hanno avuto pochissimi contatti con l’estero e altri che invece vi hanno maturato una lunga esperienza. Questa disparità è dovuta anche al fatto che l’aumento della borsa per gli studenti che vanno all’estero è modesto e del tutto insufficiente per poter pensare che un dottorando possa vivere all’estero, specialmente in alcuni Paesi. Quindi, alcuni nostri giovani talenti non vivono un’esperienza all’estero semplicemente perché non dispongono di risorse finanziarie sufficienti”.

“Inoltre – prosegue Narducci – bisogna spingere tutte le università a costituire scuole di dottorato in collaborazione con almeno un’università straniera e prevedere, quindi, scambi continui di informazioni e di persone. Occorre individuare quali siano i campi in cui l’Italia è deficitaria e spingere nella formazione delle persone in quei campi. Premiare il mondo privato che vuole colmare tali deficit, così come si ipotizza nel decreto-legge, servendosi delle persone formate all’estero è giusto e sicuramente sostenibile; ben vengano, quindi, strumenti come le agevolazioni fiscali per le industrie che intendono operare seriamente in tal senso, senza, tuttavia, che la proposta si trasformi in un escamotage fiscale e ponendo attenzione a mantenere il giusto equilibrio nei confronti di coloro che da anni sopportano la fatica dell’attesa in Italia”.

“Lo studioso che va all’estero – incalza il parlamentare – deve rientrare e trovare un ambiente culturalmente simile a quello che ha lasciato. Oggi uno dei problemi è certamente rappresentato dalla carenza di mezzi e di strutture, ma anche da una mentalità poco internazionale, con un sistema ingessato in formalismi e gerarchie”.

“In una mia recente proposta di legge – ha fatto notare l’on. Narducci – suggerisco di inserire una quota obbligatoria di internazionalità – sottolineo obbligatoria – anche nel reclutamento dei docenti; lo Stato non deve svolgere soltanto il ruolo di regolatore, ma deve anche investire: investire, non spendere. Infatti, bisogna razionalizzare le risorse, non spendere in cose inutili – ha puntualizzato il deputato eletto all’estero – ma è sicuramente doveroso aumentare il numero di ricercatori, prevedere contributi più sostanziosi per i dottorandi che vanno all’estero, nonché, in collaborazione con le nostre rappresentanze all’estero, sostegno e agevolazioni sapendo che non sono spese, ma investimenti nel presente e nel futuro”.

“Mi rendo conto, tuttavia, – richiamando quanto osservato dal sottosegretario Stefania Craxi in commissione esteri – che la decapitazione del bilancio del Ministero degli affari esteri mal si presta alla realizzazione degli obiettivi preconizzati per il rientro dei nostri cervelli e, quindi, soprattutto per il ruolo che dovrebbe svolgere la Farnesina”.

“In questi giorni – ha proseguito Narducci – si è svolta a Roma la prima Conferenza dei giovani italiani nel mondo; tra questi, vi sono parecchie eccellenze italiane provenienti da 36 Paesi che ospitano nostre comunità. È vero che qualche giornale l’ha buttata sul ridicolo, evidentemente prendendo in giro se stesso, perché si tratta di giovani che hanno maturato esperienze di grande spessore. Sicuramente non tutti, ma molti di essi oggi occupano posti centrali molto importanti per il nostro Paese perché costituiscono quella rete che tutti dovremmo alimentare. Credo che con questi giovani, che coltivano ancora forte nel cuore il legame con la madrepatria, e che tra l’altro sono stati in quest’ Aula, dovremmo saper attuare, onorevoli colleghi, adeguate politiche sia per arginare la fuga dei cosiddetti cervelli, sia per dare un’opportunità ai tanti ricercatori italiani all’estero di poter esercitare la loro attività nel Paese di origine”.

Infine l’on. Franco narducci, vicepresidente della Commissione esteri ha concluso affermando che“gli investimenti sono realizzati per avere un ritorno maggiore di quello che si è dato; si può prevedere, come succede per ogni investimento, che per alcuni anni ci siano più uscite che entrate ma, alla fine, se le cose vengono fatte perbene – ce lo insegnano gli altri Paesi – il guadagno è certo, non solo per l’università, per l’economia, soprattutto quella del sapere e dei beni immateriali, ma anche, e forse è più importante, per tutta la società italiana”.

 

 

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EmiNews 2008

 

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