6285 PD: DIVISI SENZA META

20081221 12:29:00 redazione-IT

di Gabriele Polo (da Il manifesto)

A più di un anno dalla sua invenzione il Pd scopre la realtà: l’amalgama «è mal riuscita», rasenta la maionese impazzita, la suggestione del partito leggero è precipitata in una serie di insuccessi dissanguanti. La «nuova creatura» si trova di fronte a una crisi democratica marciscente e a un collasso economico marciante, nell’angustia di una società frantumata e di un pieno di potere berlusconiano con l’unica opposizione visibile consegnata a Di Pietro. Un bel disastro, su cui il partito leggero ora si confronta con una discussione accesa ma di cui non resta nulla, se non l’averne discusso.
Sono state dette tante cose, ieri, e per la prima volta da quando esiste, lo scontro nel Pd è venuto in chiaro. Peccato che sia successo sull’antica contrapposizione tra la socialdemocrazia edulcorata di D’Alema e il liberalismo new age di Veltroni.

Qua e là apparivano sprazzi di analisi sociale, briciole di proposte per lenire le sofferenze del nostro mondo, aneliti di rinnovamento del modello di sviluppo, digressioni sulla crucialità dell’Europa. Ma su tutto hanno prevalso due questioni: la forma del partito, le alleanze politiche. E poiché questo è stato il centro del tutto, poiché la politica diventa politicismo senza una scelta radicale di campo, la soluzione non poteva che essere un’apparente unanimità sotto cui cova un duro scontro tra gruppi dirigenti. Così Veltroni esce confortato da un voto che cela lotte intestine o, peggio, permetterà a ciascuno di proseguire sulla sua strada. Ne potrebbe derivare un’implosione.
Mai come oggi la rappresentanza politica mostra la corda e i propri limiti. Eppure i dirigenti del Pd si riducono ad «affrontarla» dividendosi sulla forma dell’organizzazione politica: quello che dovrebbe essere il punto terminale di ragionamenti e pratiche diventa il punto di partenza, se non l’unico. Le divisioni sulle alleanze sono il corollario di questo modo d’agire e finiscono anch’esse per immobilizzarsi nelle valutazioni sulla convenienza delle scelte da fare.
Difficile immaginare una rivoluzione copernicana che porti il Pd a mutare la sua natura moderata e affrontare le crisi in atto con ricette di sinistra, che comporterebbero uno scontro con i poteri forti che da tempo ha abbracciato. Ma almeno lo spirito di sopravvivenza dovrebbe consigliare ai dilapidanti eredi del Pci di scegliere il «minimo della pena», abbandonando le velleità di dialogo con il centrodestra e l’ossessione del dimostrarsi responsabili. Se non altro per limitare i danni.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20081220/pagina/01/pezzo/237709/

 

 

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EmiNews 2008

 

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