3300 Il freddo vento di Sarkozy sull’Europa

20070523 09:57:00 redazione-IT

Gianni Pittella Antonio Panzeri

C’è molta attesa per l’intervento di Romano Prodi, oggi, al Parlamento di Strasburgo. La recente vittoria di Nicolas Sarkozy nelle elezioni presidenziali francesi ha rilanciato, come era prevedibile, il confronto sul futuro dell’Europa.

Le posizioni di Sarkozy inducono ad almeno due importanti riflessioni: il destino del processo costituzionale dell’Europa e le prospettive della sua collocazione nello scenario internazionale. Da entrambi i terreni non sembrano provenire segnali incoraggianti. Sul Trattato il neo Presidente della Francia ha anticipato la sua sfiducia sul progetto di Costituzione per l’Europa, frutto del lavoro della Convenzione e già ratificato da 18 paesi su 27.

Nel corso della campagna elettorale, e con ancora maggior enfasi durante il confronto con la candidata socialista Sègoléne Royal, Sarkozy ha affermato che il popolo francese si è già espresso con un referendum che ha respinto il Trattato. Tutt’al più, per il neo presidente, si potrebbe pensare di dar vita ad una sorta di «mini trattato» che preveda il rafforzamento delle funzioni e dell’autorevolezza politica del Presidente del Consiglio Europeo e la rimozione del diritto di veto – sempre in seno al Consiglio – su materie di particolare interesse per il futuro economico e sociale del Vecchio Continente quali l’energia o l’occupazione.

Però, niente rafforzamento dei poteri del Parlamento, nessuna modifica nella politica estera e di sicurezza comune, no al ministro degli Esteri europeo, no all’aumento considerevole delle aree in cui si possa decidere a maggioranza. Non piace una Costituzione, intesa quale sintesi completa e definitiva di regole, valori, grandi obiettivi storici, vocazioni, riconoscimento di un demos europeo con una sua Carta fondamentale, una sua storia comune, un suo comune sentire.

Si vedrà cosa accadrà nelle prossime settimane, quali risultati potrà strappare l’iniziativa della presidenza Merkel chiamata ad un difficile compito di sintesi entro il Consiglio europeo di metà giugno. Perchè, in verità, la situazione si presenta molto complessa. Certo, molto dipende anche dalla Francia. La Gran Bretagna di Blair (e tra poco di Gordon Brown) mantiene una posizione apertamente ostile al trattato costituzionale, sebbene la firma del suo primo ministro appaia in calce al testo della Convenzione e firmato nella solenne cerimonia di Roma; in Olanda la discussione su come ripartire dopo la bocciatura referendaria non è mai realmente iniziata e la Polonia, in compagnia della Repubblica Ceca, con sempre maggiore insistenza prova a introdurre una revisione dei risultati raggiunti, negli anni, in termini di integrazione e sovranazionalità.

Dal presidente Prodi ci si attende, dunque, un intervento di forte riscossa europeista in linea con la sua posizione storica. Serve, infatti, come insiste con tenacia e forti argomentazioni il presidente Napolitano, una profonda riforma delle istituzioni e delle procedure decisionali, c’è bisogno di nuove regole di coinvolgimento e partecipazione per i cittadini alle assunzioni delle scelte, urge una politica economica concertata su scala continentale, una politica estera comune, più trasparenza e l’abolizione il più possibile del diritto di veto nel processo decisionale. Non va sottovalutata, ovviamente, la disponibilità manifestata da Sarkozy, di poter decidere a maggioranza in seno al Consiglio su temi strategici quali energia e immigrazione. Sarebbe, senz’altro, un passo avanti.

Si darebbero, in tal modo, risposte concrete ai cittadini su due dossier di primaria importanza per il nostro futuro e profondamente trasversali. L´economia e la produzione, la sicurezza sociale e l’assistenza, le questioni ambientali sarebbero finalmente inseriti nel dibattito europeo. Al contempo, superare il meccanismo della presidenza di turno semestrale del Consiglio, offrirebbe la possibilità all’Ue di dotarsi di una guida stabile, solida, autorevole, in grado di garantire continuità alle proprie politiche ed alle proprie azioni, in stretto raccordo con il Presidente della Commissione.

Essendo queste proposte già contenute nel Trattato ratificato da 18 stati membri (altri quattro Paesi sarebbero disposti a farlo), non occorrerebbe ritornare sui procedimenti di ratifica. I Paesi che non hanno ancora ratificato la Costituzione dovrebbero farlo direttamente sul nuovo testo, e Francia e Olanda potrebbero riconvocare i referendum popolari essendo il nuovo testo cosa ben diversa dalla vecchia Costituzione bocciata circa due anni fa. Si uscirebbe, anche così, da un’astratta e perniciosa disputa giuridica sul «come fare» per rilanciare il processo costituente in Europa, che tra protocolli aggiuntivi, stralci collegati, appendici validi solo per alcuni paesi e astrusità varie rischia di rendere il rimedio ancora più indecifrabile del male.

Si tratta di correzioni che, detto a scanso di equivoci, non rappresentano in pieno tutto ciò di cui l’Europa ha oggi bisogno per uscire da un guado che la sta condannando ad una sempre maggiore marginalità sulla scena politica ed economica internazionale. Bisogna verificare nei prossimi giorni se le modifiche da concordare intacchino la sostanza del trattato costituzionale. Se il «danno» fosse minimo, si potrebbe anche dare il via libera. Ma soltanto in presenza di interventi correttivi «sostenibili». Un nuovo accordo al ribasso sarebbe un tradimento rispetto allo stesso negoziato chiuso nella Convenzione. Non siamo per il «tanto peggio» ma, finalmente, sarebbe l’ora di mettere fine ai compromessi più mortificanti nel nome di un’unità fittizia.

Con la «nuova Francia» occorrerà discutere anche del dossier Turchia, degli eventuali nuovi allargamenti dell’Ue all’area balcanica, del rapporto complesso e tormentato con gli Stati Uniti. Le posizioni andranno dettagliandosi nel corso dei prossimi mesi e, tuttavia, un interrogativo già si pone: Parigi cambierà rotta, accantonando la vecchia politica filo araba chiracchiana a vantaggio di un approccio più attento alle relazioni con Washington e Israele? Il presidente Sarkozy ha evocato la creazione di un’Unione mediterranea. La proposta è affascinante e su questo tema l’Italia e altri Paesi seguiranno. Siamo ancora ai primi passi, è presto per dire quale sarà la fisionomia della presidenza Sarkozy. È sicuro che lo scenario si presenta quanto mai avvincente.

Ed è certo che la presenza di Romano Prodi, i suoi incontri ai massimi livelli a Strasburgo, il suo discorso in Parlamento daranno un impulso importante alla nuova fase che si è aperta in Europa.

Pubblicato il 22.05.07

 

3300-il-freddo-vento-di-sarkozy-sulleuropa

4066

EmiNews 2007

 

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.