3358 IMMIGRAZIONE: UOMINI E TONNI

20070531 12:21:00 redazione-IT

Laura Boldrini da l’Unità

Occuparsi del diritto d’asilo e dei rifugiati in Italia significa anche occuparsi dei cosiddetti “sbarchi”, di naufragi e delle vittime silenziose del Mediterraneo. Attraverso le 180 miglia che separano la Libia da Lampedusa arriva infatti oltre la metà dei richiedenti asilo in fuga da guerre e persecuzione, che chiedono protezione in Italia. In questi anni abbiamo imparato a conoscere rotte e dinamiche e di conseguenza anche il cinismo e la spregiudicatezza di chi organizza “i viaggi della speranza”.

Abbiamo anche tentato di umanizzare lo sbarco e di restituirgli quel tormento che gli era stato strappato dall’esemplificazione mediatica. Ma informare controtendenza, senza calzare gli stereotipi, non è così semplice quando si tratta di immigrati e rifugiati, persone considerate da molti una minaccia e verso cui la pietas collettiva si è negli ultimi anni notevolmente atrofizzata.
Comunicare e coinvolgere l’opinione pubblica allora può rappresentare un vero e proprio percorso ad ostacoli dove per superare il primo sbarramento – lo scetticismo della redazione verso l’argomento – c’è bisogno di qualcosa di forte, di mai visto prima. E’ grazie ad una foto scattata sabato scorso da un aereo della Marina militare italiana in acque libiche che è stato possibile rompere il muro di gomma e tradurre in notizia l’ultima frontiera dell’abbandono umano: 27 persone su una gabbia per tonni da tre giorni nel Mediterraneo. Un fatto eclatante di inequivocabile crudezza che è riuscito a imporsi alla cronaca e anche a suscitare in alcuni casi l’indignazione di chi ha firmato articoli e servizi, ma che ha permesso solo parzialmente di superare il secondo ostacolo che si incontra, quello di rendere tali fatti oggetto di riflessione di opinionisti e editorialisti per impedire che finiscano nel tritacarne dell’attualità senza lasciare un segno.
La notizia degli uomini in bilico sulla gabbia per tonni, e quindi anche tra la vita e la morte, è caduta invece al terzo ostacolo, quello di coinvolgere il mondo politico nell’elaborazione di quanto sta accadendo nel Mediterraneo, rilanciando un dibattito che non si alimenta delle solite logore considerazioni ma che proponga delle soluzioni. Tranne qualche rara eccezione, i politici non hanno commentato pubblicamente l’avvenimento. Nessuno di loro ha pensato che sarebbe stato un buon esempio per i cittadini fare una visita ai 27 sopravvissuti ospitati nel centro di Lampedusa.
L’ultimo e più grande ostacolo che una notizia su temi relativi a immigrati e rifugiati deve superare è l’indifferenza dell’opinione pubblica. E in questo ambito anche l’immagine scioccante dei giovani africani che devono la loro vita ai tonni non sembra aver sortito lo sdegno e la commozione che un evento di questo genere meritava.
L’Italia è un paese che dimostra quotidianamente la sua forte tendenza solidaristica e umanitaria, anche attraverso l’encomiabile operato della Guardia Costiera e della Marina militare, che si prodigano per salvare vite umane in mare. Tuttavia, la trasformazione di alcune zone del Mediterraneo in un odierno Far West, dove la vita umana non ha più alcun valore, non ha provocato nessun segno di manifesta indignazione, né la volontà, da parte dei gruppi più attivi della società civile, di esprimere solidarietà a chi in questo mare ha rischiato tutto. Sebbene il dibattito pubblico italiano sia dominato dai temi etici, le tragedie che funestano il mar Mediterraneo non suscitano lo sgomento e la commozione che meritano. L’Italia rischia, a causa delle tante nuove paure, di perdere sia il retaggio della propria tradizione culturale basata sulla tutela dei diritti della persona che i valori di compassione e solidarietà che l’avevano contraddistinta.

(Laura Boldrini, portavoce Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)

www.unita.it

 

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EmiNews 2007

 

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