3357 VENEZUELA: Dopo la chiusura di Rctv tremano le tv anti-Chavez

20070531 12:20:00 redazione-IT

A Caracas non si fermano le proteste. Il vicepresidente all’Unità: non siamo despoti, era una rete golpista
di Sandra Amurri/ Caracas

RCTV: CHIUSURA autoritaria della più vecchia televisione privata, cartina di tornasole del regime, o, come puntualizza il governo, concessione non rinnovata, è il
nome assurto a simbolo della contrapposizione politica nel Paese che appare senza via d’uscita. Le piazze, le strade di Caracas sono quotidianamente teatro di manifestazioni: da un lato l’opposizione con gli studenti e i professori delle università private, dall’altro gli studenti delle università bolivariane.

«Ci hanno chiuso ma è una vittoria di Pirro. Il governo Chavez è autocratico, teme le opinioni, l’intelligenza, la libertà, la critica». È l’estrema sintesi del discorso di commiato del Presidente Marcel Granier dagli schermi di Rctv prima di lasciare il posto a TVes, televisione, per ora ancora solo nelle intenzioni, pluralista, autogestita e autofinanziata.
«Rctv è stata una tv golpista, strumento per fomentare odio. Abbiamo certezza che un gruppo vicino a Granier stava preparando l’assassinio del presidente. Rientra, forse questo nella libertà di espressione? Noi auspichiamo un’opposizione forte, ma nel rispetto della Costituzione» spiega Jorge Rodriguez, vicepresidente della Repubblica Bolivariana. Psichiatra. Capo del movimento universitario. Nonno italiano, padre assassinato. L’uomo più vicino al presidente Chavez, ci riceve nella sua residenza. Non veniamo perquisiti, ne restiamo sorpresi, glielo facciamo notare. «Forse è perché conto poco!» sorride lasciando intendere che le misure di sicurezza sono tutte concentrate sul presidente.
«La libertà di informazione si sta restringendo sempre più. Il governo vuol eliminare la dissidenza e pian piano ci chiuderà tutti», accusa Alberto Federico Ravel, direttore generale di Globo Vision (un’altra tv in odore di chiusura, secondo voci che ufficialmente vengono smentite), ex ministro, ex presidente della Tv di Stato. «Affermazioni false per diffondere un clima di tensione, basta dare un’occhiata alle prime pagine dei giornali: il 95% è contro Chavez. E alcuni giorni fa, abbiamo rinnovato convenzioni scadute come continueremo a fare. RCTV era un caso a sé che viene utilizzato strumentalmente per dimostrare che siamo despoti» ribatte il vicepresidente.
Ma Teodoro Petkoff, direttore del quotidiano «Tal Cual», un passato da capo della guerriglia, ex ministro del governo Caldera e candidato alla Presidenza, ribatte: «Stiamo andando verso un regime totalitario, Chavez è autocratico. Un dittatore che ha accresciuto la povertà, la criminalità». Il vicepresidente Rodriguez risponde chiedendosi «Come si può definire dittatore un presidente più volte eletto democraticamente, come riconosciuto dagli osservatori internazionali? È dittatoriale un governo che ha debellato l’analfabetismo, come certificato dall’Unesco, che impiega ingenti risorse per la cultura, che costruisce scuole, università, ospedali, che ha dato assistenza sanitaria primaria a 13 milioni di persone che non ne avevano mai ricevuto? In genere una dittatura auspica un popolo ignorante, brucia libri e reprime ogni fermento culturale. Stiamo costruendo una democrazia partecipativa fondata sulla municipalità. La contrapposizione è inevitabile, stiamo colpendo i vecchi centri di potere, i privilegi di un gruppo di famiglie che non si rassegnano al radicale mutamento in atto», argomenta il numero uno del governo Chavez.
L’oligarchia si è spaventosamente arricchita durante gli anni precedenti a Chavez impoverendo drammaticamente il Paese. Era una democrazia formale che sparava sugli studenti e reprimeva con la forza ogni anelito di libertà. Che ha regalato petrolio agli Stati Uniti e che per arrestare la politica petrolifera di Chavez, che ridava vita all’OPEC, non ha esitato ad organizzare un golpe. Ora la ricchezza del petrolio, compreso quello che veniva acquistato come catrame» sottolinea ridendo, «viene utilizzata per restituire dignità, identità al popolo per costruire giustizia sociale».
Mentre gli oppositori sostengono che Chavez regala il petrolio al Brasile, all’Ecuador, per rafforzare la sua immagine e che l’impresa privata sta morendo» il vicepresidente Rodiguez risponde: «Non facciamo elemosina, vendiamo petrolio ai Paesi dell’America Latina ad un prezzo politico, così come, ad esempio, acquistiamo latte dall’Argentina. E questa si chiama solidarietà tra popoli. La nostra politica non distrugge il mercato e l’iniziativa privata, gli imprenditori stanno facendo affari come mai prima, e il Paese, negli ultimi tre anni, ha raggiunto un indice di crescita più alto del continente».
Il vicepresidente insiste: «Il cambiamento radicale che stiamo introducendo è una profonda necessità politica, sociale, etica, che genera, inevitabilmente, rotture. Solo il tempo potrà dimostrarne la giustezza. E l’Italia che è il Paese di Antonio Gramsci non farà fatica a comprenderlo».

www.unita.it

 

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EmiNews 2007

 

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