3415 Protagonisti o 'utili idioti'? Il non profit tra 'gabbie assistenziali' e porte chiuse

20070621 12:28:00 redazione-IT

L’analisi di don Vinicio Albanesi: ‘Incertezza, precariato, insufficienza delle risorse, non limpidezza di interventi e di continuità’. Il 21 giugno a Roma il confronto tra terzo settore e politici organizzato dalla Comunità di Capodarco

ROMA – Protagonisti del welfare o solo ‘utili idioti’? La questione è al centro del dibattito che promuove la Comunità di Capodarco (Via Lungro n. 3) oggi a Roma, a partire dalle 9 e che vedrà la presenza dei rappresentanti del terzo settore nazionale e locale e dei rappresentanti istituzionali, tra cui i ministri Ferrero, Turco, Bindi, Rutelli. Il punto di partenza è un documento dai toni molto duri proposto dal presidente di Capodarco, don Vinicio Albanesi, e intitolato “Per non essere utili idioti”, in cui vengono analizzati i "gravissimi errori" del terzo settore, le "gabbie assistenziali" imposte dal "un mercato pubblico sempre più cinico", si denuncia una classe politica che sembra ormai pensare solo ai "regolari".

Abbiamo chiesto a don Albanesi di entrare nel merito delle questioni e di analizzare gli elementi essenziali della propria critica.

Il mondo dell’associazionismo chiede da tempo e a gran voce una legge adeguata e uniforme. Qual è la situazione in Italia a suo giudizio su questo fronte?

L’ultimo grande atto legislativo riguardante il welfare in Italia è stata la L. 328. Sono trascorsi sette anni da allora: non sappiamo se quell’impianto è stato sviluppato; se è da mantenere; se è da aggiornare. Se addirittura da cambiare.

Quali effetti ha prodotto la mancanza di una legge quadro?

Il consolidamento del welfare è stato assorbito da “grandi temi emergenziali”: immigrazione, prostituzione, carceri, droghe, famiglia etc. Il restante impianto di welfare è ancora molto incerto, a pelle di leopardo, recentemente (dopo le finanziarie) anche molto precario. Come è possibile riprenderlo in termini “globali”, aggiungendo temi drammatici, anche se non a grande impatto mediale (non autosufficienza, disabilità mentale, problematicità familiari etc.)? Chi se ne fa carico in termini istituzionali?

Quanto pesa, in questa situazione, il persistere della divisione tra intervento sanitario e intervento sociale?

La discussione tra sanitario e sociale non è stata chiusa. La non risposta ha strascichi pesanti nell’inadeguatezza delle soluzioni. Gli approcci, le risorse, gli schemi non sono né limpidi, né spesso nemmeno logici. La risorsa economica è a tutto vantaggio del sanitario. Sul versante del sociale c’è una precarietà di “progetti, finanziamenti, temporalità” non sopportabili.

La mancanza di una risposta in termine di politiche ha fatto moltiplicare gli interventi. Ma, alla fine, le famiglie si sentono sempre più sole.

Recentemente è emersa la tendenza non solo a lasciare alle famiglie il carico delle risposte, ma quasi a farne il terminale delle soluzioni. Contemporaneamente si sono sviluppati negli anni servizi che sembrerebbero seguire invece la via contraria. In termini di orientamento non possono essere seguite due strade così diverse.

Quanto costa all’Italia questo sistema? E non solo in termini economici.

Nel tempo si sono raffinati “i modelli” di intervento (accreditamento, professionalità etc.) senza calcolare i “costi” che nel tempo si sono fatti insostenibili. La conseguenza è la presa in carico di una piccola minoranza di persone, con l’abbandono della stragrande maggioranza di chi ha bisogno alle famiglie.

Che risposta può e deve dare oggi il mondo dell’associazionismo?

E’ stata messa in discussione la funzione del non profit. Da una parte è tornata la tendenza a una gestione diretta dei servizi, dall’altra a un utilizzo ”strumentale” del non profit. Da qui incertezza, precariato, insufficienza delle risorse, non limpidezza di interventi e di continuità.

Che rapporto c’è tra politica e mondo del sociale?
Esperti, consulenze, circoli “professionali” hanno emarginato chi lavora sul campo. Una superspecializzazione spesso non richiesta e nemmeno competente. Essere semplici esecutori di impostazioni non condivisibili non fa bene né alla politica, né tanto meno all’efficienza.

 

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EmiNews 2007

 

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