20070912 11:46:00 redazione-IT
Per non dimenticare MONONGAH
A cento anni dalla tragedia della miniera di Monongah lo Spi, in rapporto con la Cgil, l’Inca, la Fondazione Di Vittorio e la Fiei, è impegnato nella promozione di un percorso che riconsegni al Sindacato, ai lavoratori e ai pensionati, in Italia e nel mondo, la memoria e l’attualità di uno dei più grandi drammi della nostra emigrazione.
Le strutture regionali e territoriali dello Spi e della FIEI in Italia e all’estero sono chiamate a partecipare da protagoniste alla celebrazione di un evento che è storia, ma sopratutto coscienza e ricerca di una realtà fatta di emigrazione e di condizioni di lavoro che si riproducono nel tempo sui corpi, spesso straziati, degli ultimi.
Su sollecitazione del Parlamento e delle Regioni più colpite, il Governo italiano si appresta a formare un Comitato per le celebrazioni del centenario costituito dalle più alte cariche dello Stato ed a conferire la medaglia d’oro al merito civile ai minatori italiani, morti nella miniera di Monongah, in quel lontano 6 dicembre 1907.
MONONGAH
di Dino Raccanelli
Monongah è una località della Virginia dell’Ovest, negli Stati Uniti, dove il 6 dicembre 1907 l’esplosione di due miniere di carbone vide la morte di centinaia di minatori, per la maggior parte italiani. Le cifre ufficiali parlano di 362 vittime di cui 171 italiani. Ma i morti furono quasi certamente un migliaio, gli italiani più di cinquecento. Di molti non si conosce il nome, perché lavoravano senza documenti e senza venire registrati. Si sa solo che tanti erano ragazzi, bambini, perchè ogni minatore poteva portare con sé due o tre aiutanti con cui dividere il lavoro e la misera paga, spesso i figli o i nipoti…
Dino Raccanelli è un pensionato iscritto allo Spi-Cgil di Mantova. Ex insegnante, è autore di una serie di libri che hanno ricevuto importanti riconoscimenti. Dopo aver letto sulle pagine di LiberEtà, la rivista dello Spi-Cgil, la drammatica vicenda di Monongah, ha scritto la prosa che qui pubblichiamo nelle due versioni, in lingua e nel dialetto mantovano-emiliano dei luoghi dove vive, certi che sia tra i più sinceri e significativi omaggi alle vittime di una delle più grandi tragedie del lavoro dell’emigrazione italiana e alle vittime del lavoro di tutti i tempi.
MONONGAH
di Dino Raccanelli
Fiol d’un can, ach sera anca mi!Atzirì: ma cus’ a dit?A gh’eva da metar la barba dal frà,ma a m’è scapà la luna e alora,ciapa su sapa e badil,a son partì par la Virginia,che i m’ha dit che là as catafacilment da laurar.Lì at lavori li tu ori e po it paga,subit it paga e ti a tzè padron at ti stess.Chi l’è l’America, l’America, as sa,chi basta alsar un dì e at catiquel che a t’ascoltati a tzè un, un a tzè, un cmè ch’ialtar!Vot saver cum a son mis? Ho ciapà sui mè fioi (mè muier l’è morta),i tri mas-c ca m’è restà, quei piculin,(ch’ialtar iè jà andà via). Ho fat prest,du o tri fardei in spala e via.Via ala ventura? Machè ventura,a saveva in du andava: in Virginiaa vò dit, a laurar la tera,‘na tera prumesa, ‘na tera ch’l’è un buter,i dis tuti, e tuti i poel dventarsior in men che non si dica…Beh, an l’è mia che mi am sia inlus,an l’è mia in dal mè caratar;e po da quand a son ‘ndà via,via da l’Italia, Italia mia,an l’è mia che li robi li sia andadi trop ben,e alora l’è mèi star cui pé partera.Però tuti i dis che là un al poel rifaras ‘na vitae mi a pensi ai mè fioi, cus a gontia da far? Urmai la mè vita l’è fnida par mi,a gò sol da tirar grand chi chi tri pigurin…Am son presentà anca mi davanti ala miniera,cus a duvevia far? Dal lavor an s’an cata mia.La Virginia l’è bona, ma la dà da laurarsol a lor, sol ai merican,insoma quei chi è chi sà da gran temp.Se as vol magnar, an gh’è altar da far:andar zoe cun ch’ialtar. In pu a gh’ècas poel purtar i putlet anca lorche it iuta e ti at poe far di pù lavor,atzì a t’aghiè sot’oc anca lor,mia in pericul: mei datzì?A son andà zoe stamattina e adesaa son strach cupà. I putlet iè sà a letche i ronfa e mi a son chi ca pensis’l’è questu l’avenir… Ma l’è meica m’indurmensa anca miche dmatina la fa prest a rivar anca le.
In d’an mes ho ciapà ‘na bela cifra, an gh’è mal, i putlet iè cuntent, cusa voia di pù?Im dis: ma an gh’è mia quèl da far da star fora,bisogna propria ca gnema so anca nuantar,ce a n’avdem mai al sol? Am pians al coer,am dares dli s-ciafon, ma cum a faghia?<
Dino Raccanelli
In Italiano
Figlio d’un cane, c’ero anch’io!Direte: ma cosa dici?Avevo da mettere la barba del frate,ma mi è scappata la luna e allora,prendi su zappa e badile,e son partito per la Virginia,che m’han detto che là si trovafacilmente da lavorare.Lì lavori le tue ore e poi ti pagano, subito ti pagano e tu sei padrone di te stesso.Qui è l’America, l’America, si sa,qui basta alzare un dito e troviquello che t’ascoltae tu sei uno, uno sei, uno come gli altri!Vuoi sapere come sono messo? Ho preso su i miei figli (mia moglie è morta),i tre maschi che mi sono rimasti, quelli piccoli,(quegli altri sono già andati via). Ho fatto presto,due o tre fardelli in spalla e via. Via alla ventura? Macchè ventura,sapevo dove andavo: in Virginia vi ho detto, a lavorar la terra,una terra promessa, una terra che è un burro,dicono tutti, e tutti possono diventaresignori in men che non si dica…Beh, non è che io mi sia illuso,non è mica nel mio carattere;e poi da quando sono andato via,via dall’Italia, Italia mia,non è che le cose siano andate troppo bene, e allora è meglio stare coi piedi per terra. Però tutti dicono che là uno può rifarsi una vitae io penso ai miei figli, cosa devo fare?Oramai la mia vita è finita per me, ho solo da tirar grandi questi tre agnellini… Mi son presentato anch’io davanti alla miniera,cosa dovevo fare? Del lavoro non se ne trova.La Virginia è buona, ma dà da lavoraresolo a loro, solo agli americani,insomma quelli che sono qui già da gran tempo.Se si vuol mangiare, non c’è altro da fare:andar giù con gli altri. In più c’èche si possono portare i ragazzini anche loroche ti aiutano e tu puoi far più lavoro,così li hai sott’occhio anche loro,non in pericolo: meglio di così?Sono andato giù stamattina e adessosono esausto. I ragazzini sono già a lettoche russano e io son qua che pensose è questo l’avvenire… Ma è meglioche mi addormenti anch’ioche domattina fa presto a venire anche lei.
In un mese ho preso una bella cifra, non c’è male,i ragazzini sono contenti, cosa voglio di più?Mi dicono: ma non c’è qualcosa da fare da star fuori, bisogna proprio che veniamo laggiù anche noi,che non vediamo mai il sole? Mi piange il cuore,mi darei degli schiaffi, ma come faccio?<
Dino Raccanelli
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EmiNews 2007
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