3652 50 ANNI DELL’INCA SVIZZERA

20070924 13:35:00 redazione-IT

L’Istituto svizzero di Roma organizzò una mostra fotografica sull’emigrazione italiana in Svizzera nel dopoguerra; la mostra poi proseguì, nel 2004 per Coira e Zurigo. IL titolo di tale mostra era eloquente: "Il lungo addio", si pensava di stare poco, "Danke Italien". grazie Italia.
È importante che un Paese con una forte presenza di immigrati ringrazi il Paese di provenienza riconoscendo che la ricchezza della Svizzera non sarebbe stata possibile senza il loro lavoro e la straordinarietà dei valori di cui sono stati portatori. Da ricordare il famoso detto di Max Frisch: "cercavamo braccia e vennero uomini".

Gli italiani che hanno avuto la cittadinanza Svizzera negli ultimi 140 anni sono stati oltre due milioni e mezzo.
In tutta la storia dell’emigrazione italiana in Svizzera (si tratta di una storia antica) i primi flussi risalgono al 1820, quando fu realizzato l’ampliamento della strada del Gottardo. Nel 1860 gran parte dei 10.000 italiani, provenienti in prevalenza dalle regioni del nord, lavorano nella costruzione della nuova rete ferroviaria. Dal 1890 al 1914 vengono forati il Sempione, il Lotschberg, il Richen, il Hauenstein e il Mont d’Or. Grandi opere che vedono la forte presenza di italiani.
Nella storia di questa emigrazione si avverte una sorta di contraddizione; da una parte si cercava di mantenere la marginalità dei lavorator stranieri, con norme limitatrici relative al soggiorno e alla durata dei contratti di lavoro; dall’altra si anticipavano in qualche modo, i tempi sul terreno della parificazione dei diritti sociali dei lavoratori stranieri (specialmente italiani).
Già nel 1864, un primo trattato italo-svizzero riconosceva uno statuto giuridico ai lavoratori dei due Paesi che si spostavano per motivi di lavoro. La convenzione di commercio sottoscritta da Italia e Svizzera nel 1904 rappresenta uno dei primi trattati internazionali per la protezione sociale. Ai lavoratori dei due paesi, vittime di infortuni sul lavori, veniva assicurata la parità di trattamento. Nel 1921, uno scambio di note tra il Governo italiano ed il Governo svizzero stabilì la parità di diritti dei lavoratori in materia di indennità di disoccupazione.
Nell’immediato dopoguerra, 1948, fu firmato il primo accordo organico italo-svizzero per regolare i flussi di manodopera dall’Italia. A tale accordo, più volte aggiornato, seguì l’accordo del 1962, in vigore dal 1964. È doveroso ricordare l’accoglienza riservata a tanti perseguitati politici e in particolare agli ebrei italiani; durante la persecuzione nazi-fascista, la Svizzera accolse oltre 4.000 ebrei italiani, salvando loro la vita; si trattava del 10% circa di tutti gli ebrei italiani.
In questo contesto di riconoscimento dei diritti sociali dei lavoratori è ben radicata la presenza in Svizzera dei patronati ed in particolare dell’Inca.
Già nel 1925 era stata fondata a Ginevra la prima colonia libera italiana. Essa rappresenterà il prototipo dell’organizzazione dei lavoratori italiani in Svizzera. La complessità della materia previdenziale e la necessità di una struttura di matrice sindacale, in grado di operare un collegamento organico tra gli enti di Previdenza dei due paesi, per rendere effettivi i diritti dei lavoratori emigrati, fu alla base della decisione delle grandi Confederazioni sindacali italiane di organizzare sedi di patronato in Svizzera; ugualmente si operò in altri paesi di emigrazione. Contrariamente a quanto avvenne in altri paesi europei, in Svizzera l’apertura di sedi di patronati italiani non avvenne in sordina (negli stessi anni in Belgio l’Inca non poteva operare con il proprio nome; la sua sede formale era presso lo studio di un avvocato belga). Fin dall’inizio venne riconosciuto il loro ruolo sociale.
La tragedia di Mattmark, del 30 agosto 1965, nella quale persero la vita 83 lavoratori (di cui 57 erano italiani) mise in evidenza la necessità di una maggiore protezione dei lavoratori. È importante sottolineare, specie in questa occasione, come il patronato Inca non si sia limitato a gestire le pratiche amministrative, ma ha sempre mantenuto rapporti molto stretti con le organizzazioni sindacali svizzere. Ricordo il primo accordo con il Sindacato dell’edilizia e delle costruzioni (SEI) e nel gennaio 2006 quello firmato tra Inca, Ital e Unia. L’Inca ha mantenuto sempre vivo l’interesse per l’applicazione puntuale e aggiornata degli accordi italo–svizzeri. Non è certamente un caso se alcuni aspetti della convenzione italo-svizzera del 1962-64 sono più favorevoli allo standard delle convenzioni tradizionali. Oggi, valgono anche per i lavoratori comunitari emigrati in Svizzera, i Regolamenti comunitari in materia di sicurezza sociale. Per loro, la Svizzera è, in un certo senso, il 28mo paese dell’Unione. È significativo che nonostante la Svizzera non abbia aderito all’Unione Europea, in materia di sicurezza sociale abbia accettato l’applicazione della normativa comunitaria. Si tratta di un segnale importante. Ancora una volta l’ampliamento dell’Europa avviene sul terreno dei diritti dei lavoratori.
Qualcuno rimpiange la vecchia convenzione del 62/64. Diversi sono i problemi che si pongono ancora oggi per ottenere un calcolo corretto della pensione italiana liquidata con il trasferimento della contribuzione svizzera. Un ddl è in Parlamento, ci auguriamo che veda la luce presto.
Rimane il contributo significativo dei patronati e dell’Inca in particolare nell’essere protagonisti dentro i cambiamenti della stessa tutela a favore dei lavoratori italiani in Svizzera ma anche, con la collaborazione del sindacato verso le problematiche che investono l’insieme della Immigrazione. Dalla valigia di cartone all’integrazione, alla libera circolazione; l’Inca sempre in prima fila. In questo anniversario di 50 di attività oggi possiamo ripetere con orgoglio che nella globalizzazione noi ci occupiamo delle persone.

(Antonio Bruzzese,Coordinatore Esteri della Fondazione Giuseppe Di Vittorio)

 

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EmiNews 2007

 

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