3677 Paul Meyer, quei minatori del Borinage censurati: È morto il documentarista belga.

20071003 12:46:00 redazione-IT

Il suo film che ritraeva la dura vita dei migranti lavoratori, girato nel 1960, è stato proibito per decenni
Elfi Reiter

Era nato il 29 settembre 1920, e sabato scorso aveva festeggiato i suoi 87 anni vissuti con la passione per il cinema e per la politica della resistenza nella sua casa a Visé, vicino a Liège in Belgio. Ma poche ore dopo, la domenica mattina la sua compagna l’ha trovato morto. Lui è Paul Meyer, documentarista belga, e la sua vita è stata una battaglia continua. Da giovane aveva combattuto quelle vere con le armi (a 16 anni era in Spagna nelle colonne anarchiche, dal 1942 in poi era nella resistenza belga, facendo teatro agit-prop e impugnando anche le armi), e da cineasta era costretto a lottare contro le istituzioni, le censure e i produttori.

Al più noto Henri Storck lo accomunano ben due fatti. Il primo riguarda la partecipazione al progetto che prevedeva l’adattamento di racconti di scrittori fiamminghi contemporanei proposto nel 1956 da Paul Louyet, responsabile del Service Films del N.I.R., ai quattro registi Meyer, Storck, Dekeukeleire e Kerremans. A lui venne affidato Klinkaart di Piet Van Aken, novella che narra la prima giornata di lavoro di un’adolescente in una fabbrica di mattoni nei primi anni del Novecento e il rituale abuso sessuale che la giovane subisce dal padrone. Il film, in anteprima al festival di Anversa, scatenò non poche polemiche a causa di una tentata censura da parte della direzione della tv fiamminga (che lo aveva prodotto) e del consiglio provinciale della città. Il secondo punto in comune con Storck è il film che ha segnato l’intera vita di Paul Meyer: Déjà s’envole la fleur maigre realizzato nel 1960, e girato proprio laddove nel 1933 era già stato al lavoro Joris Ivens per un documentario sulla situazione dei minatori a Borinage e, più tardi, lo stesso Henri Storck per il suo Les enfants du Borinage.
Paul Meyer conosceva bene quella zona avendo suo nonno materno lavorato in quelle miniere, per cui aveva accettato volentieri la proposta fattagli, alla fine del 1958, dal ministero della pubblica istruzione belga di realizzare un documentario sull’adattamento dei figli di lavoratori stranieri del Borinage, regione carbonifera a forte immigrazione italiana. Ci passò molto tempo con la cinepresa 16 mm comprata a credito nel 1954 dopo aver interrotto la carriera teatrale (nell’immediato dopoguerra era attivo come regista e scenografo).
Dal progetto iniziale nacque un lungometraggio fiction recitato dagli stessi minatori, una docu-fiction antelitteram. Film strano però, racconta Simone Ciani al telefono che sul cinema di Paul Meyer si era laureato e più tardi aveva lavorato con lui al nuovo film rimasto incompiuto per mille altri problemi e battaglie contro produttori e, non ultimo, il tempo.
Era girato muto e il sonoro assieme agli stessi dialoghi fu ricostruito in studio a Parigi. Il film venne presentato con grande successo all’allora festival di Porretta Terme e fu premiato ad Anversa e a Bilbao (nel 1961), al festival dei Popoli di Firenze (nel 1962) e fu selezionato per la Semaine de la critique a Cannes nel 1963.
Ciononostante ebbe una pessima distribuzione nelle sale in Belgio (due settimane), prima di sparire dalla circolazione. E non solo, il ministero non riconobbe nel film l’oggetto della commessa, per cui si andò avanti per vie legali che decretarono la restituzione della somma messa a disposizione. Una sentenza che mise in ginocchio per parecchi anni Paul Meyer, che tra il 1962 e il 1966 aveva realizzato Ce pain quotidien, inchiesta in tredici puntate sul mondo dei lavoratori belgi e stranieri.
Il documentario sul Borinage tornò alla luce nel 1994 grazie al giornalista belga Roger Munèje, che lo scoprì alla Cinemathèque Royale di Bruxelles scrivendo un libro sul documentario belga, e al critico francese Patrick Lebout, che nello stesso anno lo presentò al festival di Dunkerque.
Poco dopo fu a Bologna al cinema Lumière, e ebbe inizio l’elaborazione di un ipotetico seguito a cui anche Simone Ciani aveva collaborato: La memoire des alouettes (la memoria delle allodole). Un’epopea sulla storia dell’immigrazione italiana traendo spunto dalla tragedia di Marcinelle nel 1956, in cui erano morti 262 minatori per un’esplosione, tra cui 136 italiani: una inchiesta sulle condizioni di vita e di lavoro ambientata negli anni 40/50, la ricostruzione della tragedia e i racconti dei sopravvissuti (già girati nell’estate del 1998) nel paese di manovella in provincia di Pescara.
Fare cinema, insomma, fu per Meyer dare sempre voce a chi non l’aveva avuta.

www.ilmanifesto.it

 

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EmiNews 2007

 

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