3708 SICUREZZA:Pacchetto sicurezza, le associazioni chiedono un incontro urgente al governo

20071013 12:50:00 redazione-IT

La proposta viene da un gruppo di organizzazioni che si occupano di immigrazione, minori, carcere, affinché i ministri si confronti con chi ”si sporca le mani sul campo”. ”Servono azioni positive, non la criminalizzazione”

ROMA – Un incontro urgente per discutere dei temi della sicurezza. Lo chiedono ai ministri Ferrero, Amato, Rutelli, Pollastrini, Mastella e Bindi le associazioni che si occupano di immigrazione, minori, carcere, emarginazione.
“Il tema della sicurezza nelle città – si legge nella lettera – è assurto alla ribalta del dibattito pubblico e politico e il governo si appresta a varare il cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’. Riteniamo che, volendo intendere il concetto di sicurezza come un processo di costruzione sociale tra le diverse competenze e attori che vivono le città e vi operano e i diversi livelli delle competenze istituzionali sul piano locale e centrale, sia fondamentale che il confronto del governo avvenga anche con le organizzazioni non profit”.

“Quotidianamente – prosegue la lettera – ci misuriamo sul campo con le problematiche relative alla convivenza civile nelle comunità locali, occupandoci dei soggetti vulnerabili spesso considerati unica causa di un malessere percepito e manifestato in determinati contesti cittadini, realizzando interventi di prossimità e di sostegno alle persone in difficoltà ma attivando anche pratiche di mediazione dei conflitti volti ad aumentare la vivibilità dei territori e il benessere delle comunità locali. Abbiamo maturato in questi anni un bagaglio di esperienze ‘sporcandoci le mani’, occupandoci di migranti, italiani, donne, uomini, minori, transgender che vivono una condizione di marginalità, di esclusione, spesso di sfruttamento, nelle aree della prostituzione, della mendicità, del disagio giovanile, dei ‘senza dimora’, delle dipendenze, delle culture giovanili, delle situazioni legate alla migrazione. Occupandoci, molte volte, non solo del disagio ma anche della cosiddetta ‘normalità’, dove spesso sono assai diffuse e nascoste situazioni di sofferenza che determinano tensioni gravi e che frequentemente entrano in contatto e si autolimentano in una sorta di interazione in negativo, con le aree della vulnerabilità e dell’esclusione”.

“Un’esperienza declinata in pratiche reali sui territori attraverso l’interazione delle varie componenti che i territori vivono e animano, portando servizi di ascolto e accompagnamento, di riduzione del danno e di prossimità, di promozione della salute e dei diritti, di uscita dalle situazioni di marginalità e sfruttamento, offrendo opportunità di inclusione sociale, lavorando con la cittadinanza e con le istituzioni, contribuendo al contrasto all’illegalità e allo sfruttamento. Un’esperienza spinta dal rifiuto di qualsiasi semplificazione di fenomeni sociali complessi, dal rifiuto delle scorciatoie securitarie (non solo inefficaci, ma lesive dei diritti degli ‘ultimi’ e della convivenza civile e democratica), dal rifiuto della criminalizzazione ed espulsione del ‘diverso’, delle persone già ai margini della nostra società”.

“Un’esperienza che ci insegna che il binomio repressione/criminalizzazione come unico strumento di intervento sul tema sicurezza e trattamento delle forme di devianza e marginalità estrema non solo non risolve ma, nei fatti, alimenta i fenomeni e gli spazi di illegalità. Gli ‘indesiderati’ vengono spinti verso altri luoghi, spesso in un sommerso dove è più difficile contattare e offrire opportunità alle persone in difficoltà o sfruttate e dove aumenta la spinta al coinvolgimento in attività illegali. Vengono interrotti difficili percorsi di ricostruzione della coesione sociale. Si distolgono le risorse umane ed economiche delle forze dell’ordine dall’azione investigativa (lotta ai trafficanti e sfruttatori) verso quella repressiva che sovente solo illusoriamente dà risposte al senso di allarme e alla percezione di insicurezza manifestati dalla cittadinanza”.

“L’esperienza, spesso condivisa con gli enti locali e con le forze dell’ordine, ci insegna come invece la realizzazione di azioni positive a tutela delle fasce marginali e di promozione del benessere nelle comunità, siano la chiave per costruire realmente la sicurezza. Occorre allora che nei territori vengano attivati Tavoli di Concertazione per la costruzione della sicurezza sociale in forma partecipata e concordata. Occorre però che tale meccanismo di concertazione venga sviluppato anche a livello centrale e possa ricadere in termini di linee di indirizzo e proposte a livello locale. Un recente positivo esempio è costituito dall’Osservatorio sulla Prostituzione e sui fenomeni delittuosi a essa connessi, istituito dal ministero dell’Interno con la partecipazione degli altri ministeri competenti e delle associazioni”.

La lettera è firmata da Antigone, Arci, Asgi, associazione “On the Road”, associazione Tampep onlus, Cantieri Sociali, Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Consorzio Drom (Consorzio nazionale della cooperazione sociale – Legacoop), Cooperativa Dedalus, FIOpsd – Federazione Italiana degli Organismi per le persone senza dimora, Forum Droghe, Gruppo Abele, Lilacedius, Mit – Movimento di Identità Transessuale, Nova – Consorzio per l’innovazione sociale onlus, Save the Children Italia onlus.

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I Garanti dei diritti dei detenuti: ”La strada intrapresa dal governo non ha uscite”

I garanti: ”Le misure annunciate comporterebbero la ulteriore criminalizzazione della marginalità sociale e contraccolpi insostenibili per il sistema giudiziario e penitenziario”

ROMA – “La strada intrapresa dal Governo per affrontare la cosiddetta ‘questione sicurezza’ non ha uscite”. Ad affermarlo sono, in una nota, i Garanti dei diritti delle persone limitate nella libertà, secondo i quali “le misure annunciate comporterebbero la ulteriore criminalizzazione della marginalità sociale e contraccolpi insostenibili per il sistema giudiziario e penitenziario, aumentando il carico dei processi e il numero delle persone incarcerate per custodia cautelare, che, in questo momento, ammonta ad oltre la metà dei detenuti”.

“Al di là delle parole d’ordine semplificatrici – affermano i garanti -, i dati e le ricerche attestano che il carcere si traduce di frequente in un moltiplicatore di criminalità e che, al contrario, punire senza incarcerare riduce in modo consistente i rischi di recidiva. La certezza della pena non deve tradursi in certezza del carcere, ma in pene modulate sulla gravità dei comportamenti che prevedano il carcere solo come rimedio estremo. La legalità non si persegue attraverso misure ‘eccezionali’ applicate ai soli comportamenti ‘ad alto indice di odiosità’ attribuiti a lavavetri e graffitari o mettendo sullo stesso piano l’abusivismo commerciale e il grande traffico di stupefacenti”.

E continuano: “La legalità non si persegue investendo i sindaci di attribuzioni di dubbia costituzionalità. La legalità si persegue garantendo la celerità dei processi e il diritto alla difesa in tutte le sue declinazioni, costruendo un sistema organico di pene e misure alternative al carcere e assicurando le risorse necessarie al suo funzionamento. La legalità si persegue introducendo nella Costituzione una garanzia contro gli interventi d’eccezione e d’occasione in materia penale e processuale del legislatore ordinario”.

“La strada che porta alla legalità ha una serie di passaggi obbligati – concludono -: in primo luogo, la rapida approvazione della riforma del codice penale e, rispetto alle misure annunciate in materia di sicurezza, a salvaguardia dei principi fondanti della Carta costituzionale, la coniugazione di legalità e solidarietà”.

Il documento porta la firma di Giorgio Bertazzini (Provincia di Milano), Carlo Murgia (Comune Nuoro), Mario Fappani (Comune Brescia), Franco Corleone (Comune Firenze), Maria Pia Brunato (Comune Torino), Desi Bruno (Comune Bologna), Gianfranco Spadaccia (Comune Roma), Angiolo Marroni (Garante Lazio), Giuseppe Tuccio (Comune Reggio Calabria), Andrea Callaioli (Comune Pisa).

www.redattoresociale.it

 

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EmiNews 2007

 

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