8446 Lula vuol dare a Cesare quel che non gli spetta

 
20101231 14:30:00 redazione-IT

[b]Cronache da Rio. Il presidente del Brasile, supportato dal parere dell’avvocatura di Stato e da una fazione di giuristi, nega l’estradizione dell’ex terrorrista dei Pac nonostante l’esistenza di un trattato in materia con l’Italia.[/b]
por Andrea Lanzi (da Forum Democratico)

Rio de Janeiro. Il trattato sull’estradizione firmato tra Brasile e Italia non impedisce al presidente della repubblica brasiliano di dare asilo a Cesare Battisti, se vuole. L’ex militante dei Pac è in carcere a Brasilia e il governo italiano ne ha chiesto l’estradizione per fargli scontare l’ergastolo in Italia, sulla base dell’accordo in materia tra i due Paesi. Ma un capitolo del trattato prevede che se la persona oggetto della richiesta può correre pericolo nel Paese d’origine, se c’è possibilità che sia perseguitata, l’estradizione può essere negata. Ed è il Paese che deve concederla, ovviamente, a decidere. Quindi il Brasile.
La persecuzione in Italia ai danni di Cesare Battisti è argomento tutt’altro che certo per alcuni, certissimo per altri. Giuristi brasiliani lo considerano un appiglio formale discutibile, ma che sia discutibile non vuol dire che non possa essere usato.
La Costituzione brasiliana, inoltre, non prevede l’ergastolo.

E il fatto che Battisti di ergastoli ne abbia collezionati ben quattro, che si tratti di sentenze passate in giudicato e che quindi le pene previste non possano essere ridotte, è l’argomento più solido al quale potrà ricorrere il presidente brasiliano se non vuole concedere l’estradizione.
E’ quest’ultima, probabilmente, la ragione che verrà usata se alla fine, all’ultimo momento disponibile della sua presidenza Lula che termina oggi, il capo del governo uscente deciderà di non rispedire Battisti in Italia. Ieri sera, però – al momento di andare in stampa – l’annuncio formale non c’era ancora. Lula ha tempo tutta la giornata di oggi. Niente gli impedisce di lasciare la questione aperta e di far decidere la nuova presidente, nonché sua pupilla, Dilma Rousseff, che non sarebbe però molto felice di inaugurare il mandato con questa gatta da pelare. Ma Lula aveva promesso che avrebbe chiuso il caso Battisti prima della fine del mandato. L’annuncio della sua decisione è stato dato per certo prima per metà dicembre, poi per Natale, poi per ieri. Il tempo non è molto, mancano poche ore al 2011. «Devo definire la questione entro questa settimana e questa settimana termina il 31 dicembre» aveva detto lunedì. Ma perché aspettare tanto se la decisione è semplice come nel Pt dicono e, soprattutto, se è già stata presa? Corrono voci di pressioni dell’ultimo minuto. I dirigenti del partito di governo si mostrano, a microfoni spenti, molto insofferenti per l’insistenza italiana. La considerano una ingerenza indebita, una mancanza di rispetto della sovranità brasiliana. Nessuno, però, sembra aver voglia di incendiare i toni. A Capodanno inizia un mandato di governo nuovo, la popolarità del presidente uscente è alle stelle, la sua erede politica debutta alla guida del Paese col vento in poppa e un boom economico senza uguali. Non è il momento delle polemiche per una questione che, per il Brasile, rimane marginale.
Il documento in cui è scritto il parere tecnico dell’avvocatura dello Stato sull’estradizione di Battisti è segreto. Pare però che contenga dettagli tecnici sulla concessione del diritto d’asilo a Battisti. Qui il detenuto italiano, condannato per avere utilizzato un passaporto falso, non viene definito quasi mai «un terrorista». Segno che gli argomenti usati dal suo avvocato, Luis Roberto Barroso, hanno fatto breccia. Il legale ha sottolineato più volte che Battisti non è stato mai né accusato né condannato per terrorismo. Secondo lui «l’uso di questo termine fa parte di una campagna denigratoria usata come strategia per ottenere l’estradizione». Barroso ripete sempre che Battisti fu assolto in un primo processo, condannato in un secondo «avendo come unica prova la testimonianza di altri accusati poi premiati». Altro argomento forte della difesa è che tutto avvenne «più di trent’anni fa». Il limite per la prescrizione in Brasile è di venti anni. La strategia difensiva è di sottolineare la vita «normale» che Battisti conduceva «in pace» in Francia «finché il governo di Silvio Berlusconi lo ha scelto come trofeo politico e ha cominciato a perseguitarlo». Persecuzione. La parola magica per Battisti è questa.

http://www.forumdemocratico.org.br/destaques/lula-vuol-dare-a-cesare-quel-che-non-gli-spetta/

 

 
 
 

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