8470 La crisi non insegna: Sono tornati i Suv

 
20110204 22:53:00 redazione-IT

Nel 2010 i bestioni che inquinano, consumano e intasano le nostre città hanno venduto il triplo delle auto normali: il mercato è cresciuto del 17,9%. E le auto elettriche hanno fatto flop. Anche Fiat si butta a capofitto sul segmento
[b]di Fabrizio Ricci, rassegna.it[/b]

In molti ci avevamo sperato: la crisi più pesante degli ultimi 80 anni, oltre a produrre danni ingenti da un punto di vista sociale ed economico, avrebbe però anche decretato la fine dell’epoca del sovraconsumo e dello spreco. C’erano segnali incoraggianti che confermavano questa ipotesi: ad esempio sembrava fosse giunta l’ora di accantonare uno dei simboli dell’eccesso per antonomasia, il Suv, il gigante della strada, altamente inquinante e ingombrante, con consumi elevati, semplicemente incompatibile con la crescente scarsità di risorse energetiche e con il sempre maggiore inquinamento del pianeta.

Nel 2008 lo avevamo dato per spacciato. Basta andarsi a rivedere il tono degli articoli che si scrivevano allora. Per esempio il Sole24Ore: “Addio Suv e vetture di grande cilindrata: la cultura dell’auto negli Stati Uniti si trasforma”. Oppure Repubblica: “Addio Maxi Suv, si chiude un’era”. O anche il New York Times che al tempo titolava: “Per i Suv siamo vicini al capolinea”.

Purtroppo l’illusione è durata poco, appena due anni, giusto il tempo di riportare il costo del petrolio a livello più ragionevoli rispetto ai 150 dollari di luglio 2008 e di annusare i primi segnali di ripresa economica ed eccoli già tornati in voga come non mai.

I dati del mercato Usa nel 2010 parlano chiarissimo. Lo scorso anno le vendite di Suv, Pick Up e altri colossi della strada (la categoria che gli americani chiamano “light trucks”) sono cresciute del 17,9%, più del triplo rispetto al mercato delle auto “normali” (+ 5%). E nel primo mese del 2011 il trend sembra consolidarsi con i Suv che crescono del 27% contro il 7% delle auto (i dati sono del Wall Street Journal).

E poi c’è il flop delle auto elettriche che è davvero clamoroso. I primi due modelli disponibili sul mercato Usa, la Chevrolet Volt e la Nissan Leaf, nel primo mese di commercializzazione (dicembre 2010) hanno fatto segnare consegne ridicole: 300 Volt e appena 10 Leaf. E secondo i dealer locali, a quanto riferisce l’Associated Press a sua volta citata da Repubblica, le previsioni per il prossimo futuro sono drammatiche. In questo modo, l’obiettivo del Presidente Obama di immettere un milione di auto elettriche sulle strade americane entro il 2015 sembra davvero un’utopia.

Insomma, come ha osservato recentemente il Washington Post, “se i consumatori americani sono entrati nella ‘green revolution’, la notizia non è ancora arrivata a chi compra auto”. Il capo del maggiore gruppo di concessionari negli States, Mike Jackson della AutoNation, usa una metafora molto efficace e paragona le piccole auto efficienti ai broccoli e le grandi succhia-benzina alle ciambelle: “Se vendi entrambe – osserva – la maggior parte dei clienti sceglierà le ciambelle”. E questo perché “finché la benzina costa poco è difficile portare le persone a fare quel che è salutare per loro e per il Paese. Ed è sempre stato così”.

Va bene, ma se la crisi non ha insegnato molto agli americani (almeno in materia di mobilità sostenibile), per non parlare della Cina dove in un anno la produzione di Suv è raddoppiata (1,3 milioni di unità nel 2010), possiamo almeno provare a cercare consolazione nel vecchio continente. Il problema è che resteremo di nuovo delusi. Nel 2010 infatti i Suv sono andati fortissimo anche in Italia e in Germania, due dei principali mercati europei. Nel nostro Paese in particolare, secondo i dati dell’Unrae, nei primi 10 mesi del 2010 ne sono stati immatricolati 199.577, ovvero l’11,8% di tutte le vetture. In altre parole, oltre una nuova macchina ogni 10 è un Suv.

E come se non bastasse, adesso anche Fiat si butta a capofitto su questo segmento. La nuova Mirafiori (quella post referendum-ricatto) stando alle promesse di Marchionne, dovrebbe infatti sfornare 280mila Suv all’anno sotto i marchi Alfa Romeo e Jeep. Mentre da metà 2011 dovrebbe arrivare sul mercato anche un nuovo modello targato Fiat. Insomma, la strada intrapresa non è certo quella dell’auto elettrica cara ad Obama.

E allora? Allora sembra proprio che bisogna rassegnarsi alla dura legge del mercato: c’è chi li compra (pagandoli cari, magari con un bel finanziamento), quindi noi continuiamo a farli e tanti saluti alla green revolution e al consumo consapevole. Domanda e offerta, in piena libertà, senza patemi d’animo. E’ il vecchio e collaudato schema pre-crisi che torna in voga senza nemmeno essersi rifatto il trucco.

Però, a guardar bene un ostacolo ci potrebbe essere ed è lo stesso che nel 2008 ci aveva fatto gridare alla fine dei Suv e dei consumi sfrenati: il barile di Brent, anche sull’onda del caos egiziano, è tornato ormai sopra i 100 dollari (in estate era a 70) e il prezzo della benzina è quasi ai livelli di tre anni fa. E come ha scritto qualche giorno fa Francesco Paternò sul Manifesto – citando uno che di oro nero se ne intende, il presidente dell’Opec Chakib Khelil – “più alto è il prezzo del petrolio e più la gente fa sforzi per consumarne meno”. E allora, quasi quasi verrebbe da augurarselo un rialzo, se non fosse che poi la benzina dobbiamo pagarla tutti e che un aumento ulteriore del costo dei carburanti stroncherebbe sul nascere ogni possibilità di ripresa economica.

 

 
 
 

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