8468 Congresso FILEF Reggio Emilia: l'intervento di Francesco Calvanese, vicepres. nazionale FILEF

 
20110204 10:44:00 redazione-IT

Intervento di Francesco Calvanese, vicepresidente della Filef nazionale

1. Qualche anno fa (2005) in una mia pubblicazione su “Le identità mediterranee e la costituzione europea” facendo riferimento ai mutamenti intervenuti negli ultimi decenni anche nello scenario dei movimenti migratori, facevo rilevare come l’allora probabile esplosione della nuova guerra del Golfo avrebbe innestato sconvolgenti conseguenze nelle migrazioni internazionali, in particolare per quel che riguardava le relazioni tra i popoli e l’inserimento sociale di quello che veniva definito l’Islam trapiantato in Europa, incidendo sulla costruzione e ricostruzione dei processi identitari. Oggi possiamo dire che questa previsione si è rivelata in effetti valida e che inoltre ancor oggi la situazione va di continuo evolvendosi, come le attuali vicende nordafricane ( e le rivoluzioni) mettono in evidenza. Lo scenario che si delinea, va ben al di là di quello in cui poteva riconoscersi solo qualche anno fa l’area mediterranea, dove i tradizionali paesi di emigrazione del’Europa meridionale si erano da poco trasformati anche in paesi di nuova immigrazione. Diventa pertanto necessario, oltre che opportuno, aggiornare l’analisi, adottare e proporre nuove strategie di ricostruzione politica e culturale del campo di azione. Sono convinto infatti che questo è ( e sarà) il tema all’ordine del giorno per chi si occupa come noi di migrazioni.

2.
Ne consegue che in tale situazione diventa utile chiedersi in che senso possiamo ancora parlare della presenza delle associazioni nell’ emigrazione. A tale riguardo penso sia meglio riferirsi ad esempi pratici.
Prendiamo in esame a tale proposito il caso delle celebrazioni per l’unità d’Italia. Certo hanno successo se bene organizzate o sentite dal popolo come è avvenuto a Reggio Emilia. Tuttavia esse sono costrette a muoversi nell’ambito di spinte contraddittorie. Lo si può dedurre dal radicamento in diverse realtà del NordItalia della Lega nord che certo non mostra grande entusiasmo nei confronti delle stesse, lo si può dedurre anche dal recente successo di pubblicazioni di autori meridionali (vedi Terroni di P.Aprile) che hanno rivisitato in chiave antiunitaria la conquista del sud da parte dei Savoia. Certo non si può dire che siano tutte rose e fiori.
Eppure dal mondo dell’emigrazione è sempre venuto un chiaro segnale unitario. Infatti il quadro cambia e di molto quando facciamo riferimento alle nostre comunità all’estero, dove è forte il senso di appartenenza all’Italia una e indivisibile. E allora come non riconoscere alla risorsa emigrazione questa qualità: la capacità di valorizzazione dell’Unità del nostro Paese. Allo stesso modo va sottolineato che l’articolazione dell’associazionismo degli emigrati in tante sedi regionali –in Italia e all’estero- ha sicuramente un effetto benefico in tale direzione e si dimostra un significativo fattore di coesione. Come non rilevare infatti che i nostri emigrati hanno riconosciuto solo di recente le loro identità regionali anche grazie alla costituzione dopo il 1975 ( anno di svolgimento della prima conferenza nazionale dell’emigrazione) delle Consulte regionali dell’emigrazione. In precedenza erano prevalentemente attaccati ai propri paesi di origine. Quando hanno scoperto anche la Regione come riferimento l’hanno fatto in stretto collegamento con la Patria e sviluppando significative forme di solidarietà interregionali.
Ad esempio ricordo ancor oggi un’esperienza vissuta a Rosario (Argentina), quando in occasione di un Congresso di campani fui colpito dal fatto che contemporaneamente i connazionali piemontesi preparassero pranzo e ospitalità e dimostrassero grande spirito di fratellanza con gli altri emigrati.

3.
La risorsa emigrazione , di qui al futuro più vicino, può anche consistere nei tanti giovani, dalle tante potenzialità, ancora poco valorizzate. I giovani migranti di terza e quarta generazione, come li abbiamo conosciuti nei più recenti progetti da noi avviati e anche in indagini sociologiche anche della Filef , realizzate nei paesi dove è più numerosa l’ emigrazione italiana. Questi giovani , molto preparati e studiosi, dichiarano di essere pronti a realizzare con noi programmi e progetti di cooperazione tra i paesi di residenza e le nostre regioni e città.
A differenza di qualche anno fa,quando specie i sudamericani prendevano in considerazione l’ipotesi del ritorno, oggi mostrano fierezza quando affermano che vogliono restare nel paese dove sono nati e cresciuti, ma amano l’Italia, desiderano dare continuità alle pratiche di relazioni intessute dai loro padri ( e madri), ritengono affascinante privilegiare scambi economici e culturali con i paesi di origine.
E’ quanto emerso anche dagli ultimi progetti di formazione realizzati dalla Filef nazionale in Australia e Brasile su bandi del Ministero del Lavoro italiano, ma anche dai 4 progetti “Agenti dell’emigrazione “ su bandi della Regione Campania che appunto come Filef Campania abbiamo portato avanti per costruire una rete di giovani operativi nei paesi di emigrazione, in comunicazione anche tra loro oltre che con la Regione di origine.
Senz’altro ha oggi un peso il fatto che alcune realtà, in particolare quelle dell’America latina, abbiano visto decollare le politiche di sviluppo: di conseguenza si sono create le condizioni perché i nostri giovani migranti possano sviluppare un discorso da pari a pari, selezionando degli obiettivi qualificanti, con le nostre imprese e le nostre scuole di formazione. Quindi una credibile e realizzabile progettualità. Di questa opportunità bisognerebbe approfittare.
Tuttavia restano molte grandi zone d’ombra. Vedi ad esempio le potenzialità rappresentate dal settore turistico, considerato da diversi studiosi della materia il campo dove nel futuro dovrà effettivamente valorizzarsi la risorsa emigrazione. In effetti questo oggi ancora non accade, nonostante che a capo della specifica Commissione in sede europea si trovi l’italiano on. Taiani. Lo si può evincere facilmente dall’assenza di qualsiasi riferimento a questa grande potenzialità nei documenti comunitari che indicano le strategie per il settore turistico per i prossimi anni rimanendo esclusivamente dentro il quadro rappresentato dai paesi comunitari, ignorando i nuovi itinerari turistici da e verso i paesi di emigrazione prescelti dai giovani figli e nipoti di emigranti, non solo italiani, ma anche spagnoli, portoghesi, greci ecc .

4.
Da questi brevi spunti analitici tuttavia si può dedurre che tra i nostri compiti vi sia anche quello di un adeguamento delle nostre linee di lavoro e delle nostre strutture organizzative. Lo dico consapevole che mi riferisco anche ad una salda ed efficiente sede di attività della nostra Filef, qual è appunto quella di Reggio Emilia.
Il fatto è che tale trasformazione è già in corso a causa di fattori esterni, che coinvolgono tutte le forme associative dell’emigrazione, come ho già cercato di evidenziare, ed inoltre che già la nostra associazione si è organizzata su base progettuale dall’ultimo congresso. Fino a qualche tempo fa la tematica migratoria sembrava in fase declinante e quindi ad essa veniva destinata una sempre più ridotta attenzione negli studi, nella selezione di nuovi obiettivi politici e culturali, nei bilanci dedicati dalle istituzioni a tale problematica.
Oggi che il tema migratorio appare maturato nella sua complessità e unisce sotto la voce migrazione sia l’immigrazione nel nostro paese nelle sue molto differenti rappresentazioni sia l’emigrazione all’estero in cui , come ho cercato di far rilevare, sempre più significativo è il ruolo assunto dalle nuove generazioni, occorre di sicuro un rilancio di una riflessione a tutto campo, di studi, analisi, sperimentazioni, come anche delle promozione di attività conseguenti da parte delle nostre organizzazioni. La problematica migratoria cioè è del tutto nuova e attuale- è sicuramente più ampia e ricca di informazioni e percorsi di lavoro: è necessario conoscerla e approfondirla soprattutto con il concorso delle associazioni più sensibili alle trasformazioni in corso.
Essa inoltre riguarda un nuovo, impegnativo e quasi inesplorato campo di lavoro: quello rappresentato anche dalle nuove migrazioni italiane. Si tratti di migrazioni interne o anche di nuove migrazioni verso l’estero. Voglio dire che oltre la grande risorsa cui ho fatto cenno prima, rappresentata dai giovani di terza e quarta generazione, residenti all’estero,vi sono oggi da circa 15 anni i nuovi migranti: quelli (circa mezzo milione di persone) che dal sud per periodi più o meno lunghi si sono trasferiti e si trasferiscono nel centro nord dell’Italia, quelli costituenti la cosiddetta emigrazione professionale (ingegneri-architetti o comunque laureati) che si sono diretti verso altri paesi in Europa e nelle Americhe. Molti altri , ed alcuni ho modo di contattarli di continuo, che stanno costruendo progetti di prossime migrazioni. Sono soprattutto quei giovani e quelle risorse che dovevano rappresentare l’asse portante delle politiche di sviluppo di una società europea dell’innovazione e della conoscenza, come affermato nelle scelte comunitarie di Lisbona 2000 e che finora pur avendo dato credito a tale strategia non hanno trovato alcun riscontro nella realtà. Anzi a questi giovani si indica la strada della dequalificazione professionale e si consiglia di non studiare (non a caso si aumentano le tasse universitarie), visto che non riescono ad ottenere un lavoro che si avvicini in qualche modo al titolo di studio di cui sono in possesso.
Lavorare per loro o con loro, riferendosi alle tematiche migratorie può farci riscoprire nei nostri territori di nuovo la nostra vocazione a ben coniugare coerenti scelte di sviluppo sostenibile con la nuova e più aggiornata capacità di volare alto, di cui l’emigrazione è portatrice e di cui c’è bisogno come il pane se si vuole tirare fuori il nostro paese dalle sabbie mobili in cui si vede costretto.

(Franco Calvanese)

 

 
 
 

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