8522 Obama: se ne vada, Usa pronti ad intervenire

 
20110304 17:01:00 redazione-IT

[b]di Roberto Zanini[/b]

Alla sbarra come un criminale di guerra, al tavolo della pace come un leader chiamato a concludere la propria eternità. La rivolta della Libia ha spinto Muammar Gheddafi al bivio che può essere conclusivo. Con il paese in fiamme e i profughi alle frontiere, mentre la comunità internazionale discute di interventi e no fly zone, nel turbinio di notizie vere, verosimili e fasulle, la Corte penale internazionale ha aperto un’inchiesta su Gheddafi e il presidente del Venezuela Hugo Chavez ha lanciato una proposta di pacificazione. Il colonnello ha davanti un processo oppure un negoziato. La Libia, invece, la fine di un regime oppure il rischio di una guerra civile.
Tra i pochi alleati che – pur criticandone le violenze – non hanno voltato le spalle al colonnello libico, Hugo Chavez ha proposto l’istituzione di una commissione internazionale per una conclusione negoziata del conflitto che sta squassando la petroliera del Nordafrica.

Chavez muove dall’assunto che gli Stati Uniti «stanno esagerando e distorcendo gli avvenimenti in Libia» per giustificare un intervento armato, assicurando la fine del regime di Gheddafi e insieme il controllo dei ricchi giacimenti di Tripoli. La commissione dovrebbe essere formata da diplomatici di Europa, Stati uniti e America latina, per mettere allo stesso tavolo Gheddafi e il cartello dei suoi oppositori, per ora abbastanza indistinto – la sola sigla nota, i Consigli popolari della ribelle Cirenaica, ha già rifiutato ogni ipotesi di negoziato. Il Venezuela spera che la missione internazionale possa essere guidata dall’ex presidente brasiliano Lula.
Non è la boutade di un alleato di ferro. A dare speranze alla proposta di Chavez è stata la Lega Araba, che pur con tutte le proprie caratteristiche prudenze ha lasciato aperto uno spiraglio. «Stiamo valutando questa ipotesi» ha detto il segretario generale Amr Moussa, curandosi immediatamente di precisare: con questo «non ho detto» di essere favorevole. Ma è bastato il fatto che la Lega Araba non abbia immediatamente sbarrato la porta a far rallentare la corsa indiavolata del prezzo del petrolio: il Brent è sceso sotto i 115 dollari al barile e le principali compagnie dell’energia quotate a Londra e New York hanno registrato rialzi delle quotazioni.
Dalla parte opposta del negoziato, il procuratore generale del Tribunale penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha annunciato all’Aja di avere aperto un’inchiesta a carico di Gheddafi e del suo «circolo più stretto», per crimini contro l’umanità. Nel mirino del procuratore, oltre al colonnello e «alcuni dei suoi figli» ci sono il ministro degli esteri libico, il capo dei servizi segreti, il capo della sicurezza di Gheddafi, il responsabile della sicurezza esterna. I crimini sotto inchiesta, per ora, sono gli attacchi aerei del 15 e del 20 febbraio su Bengasi (con 250 morti secondo la procura dell’Aja), quelli del 18, 19 e 21 febbraio su Misurata (14 vittime), i bombardamenti su Tripoli del 20-22 febbraio (250, forse 300 morti) e gli attacchi delle forze di sicurezza libiche a Misurata, Al-Badya, Derna, Zenten e Ajdabya (26 vittime). Nessuna investigazione, allo stato attuale: tutte le accuse sono basate su fonti di stampa, segnalate al procuratore dal consiglio di sicurezza dell’Onu.
L’incriminazione di Gheddafi sarebbe clamorosa. In vigore dal 2003, la Corte penale internazionale ha ottenuto una e una sola condanna, quella del sudanese Omar Al Bashir per la tragedia del Darfur, oltre a un’inconcludente serie di indagini su Nord Uganda, Congo e Repubblica Centrafricana – ben lontano, quindi, dall’epicentro del potere mondiale. Il procuratore Ocampo è più noto per un altro singolare primato: ha chiesto e ottenuto l’archiviazione di ben 240 denunce presentate alla sua procura per crimini contro l’umanità commessi in Iraq dalle truppe di Gran Bretagna e Stati uniti (i quali, tra l’altro, non riconoscono la Corte penale internazionale). Dei massacri di Israele a Gaza, nonostante la quantità di condanne Onu, nemmeno a parlarne.
L’ultimo sasso nello stagno libico lo ha lanciato il presidente degli Stati uniti Barack Obama, che per la prima volta afferma pubblicamente: «Gheddafi deve andarsene». Gli Usa, dice Obama, sono pronti all’intera gamma delle reazioni, da voli militari e civili per assistere i profughi egiziani in fuga alla possibilità di istituire una no fly zone sulla Libia (ipotesi scartata dal ministro della difesa Gates: «Significherebbe bombardare subito la loro contraerea»). Mentre il segretario di stato Hillary Clinton ha sottolineato «la preoccupazione che la Libia possa diventare una nuova Somalia», stato fallito pieno di jihadisti: molti militanti di Al Qaeda arrestati in Afghanistan «provenivano – ha detto Hillary al senato americano – dalla Libia orientale, quella che ora è chiamata l’area libera della Libia».

 

 
 
 

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI