8506 UN POPOLO CHE CHIEDE RIFORME, INTERVISTA A UN ESPERTO

 
20110228 00:59:00 redazione-IT

Fonte: MISNA[b]Al termine di un’ennesima giornata di scontri e violenze in Libia, la MISNA propone un’intervista al giornalista ed esperto di questioni africane e mediorientali Eric Salerno sulla situazione nel paese.

Si può paragonare quello che sta succedendo in Libia con le precedenti rivolte tunisina ed egiziana?

La Libia è diversa da entrambi questi due paesi. Intanto perché ha una popolazione di appena sei milioni di abitanti, di cui due milioni sono per lo più lavoratori immigrati, a fronte di un territorio grande quasi due volte l’Egitto. E poi perché lo stato di benessere, grazie alla ricchezza del sottosuolo, è abbastanza generalizzato e lo era anche durante l’embargo. Quello che i libici contestano, nelle rivolte di questi giorni, è il sistema di corruzione endemico nella classe dirigente e soprattutto lo stato di isolamento in cui le giovani generazioni sono state costrette a vivere negli ultimi 20 anni. Una condizione che gli ha impedito di stare al passo coi tempi, in breve di affrontare il futuro.[/b]

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C’erano i segnali, secondo lei, di una rivolta che covava sotto la cenere?

Forse i segnali di un movimento di massa no, ma è indubbio che la spinta per le riforme fosse abbastanza sentita. Non è un caso che Seif al Islam, il cosiddetto ‘riformatore’, quello che tra i figli era considerato il possibile ‘delfino’ di Gheddafi, avesse cercato di far favorire questo processo riformatore, scontrandosi con gli altri membri della famiglia e i comitati rivoluzionari, che temevano di compromettere la loro presenza al potere.

Qual è il peso delle componenti tribali in Libia?

“Il peso specifico di clan e tribù in Libia è sempre stato enorme, anche in passato. Di sicuro adesso, costituisce un elemento significativo per determinare gli equilibri della rivolta. Anche se nel paese sono più di un centinaio le tribù e i clan, solo quattro sono quelle da sempre ritenute cruciali per la tenuta del potere di Muammar Gheddafi: Meqarha, Zuwayya, Warfalla e Ghadafa. Alcune di queste, riunitesi nei giorni scorsi tra Bengasi e Dherna hanno ritirato il loro appoggio al colonnello e dichiarato che non intendono dividere il paese in zone d’influenza tribali, e che anzi vogliono mantenerlo unito con Tripoli come capitale. Un chiaro segnale alla tribù dei Ghadafa.

Quella di provenienza della famiglia Gheddafi?

Sì, e i cui elementi controllano i vertici delle forze armate e dei comitati rivoluzionari. Non è un caso che la protesta sia scoppiata prima in Cirenaica, una regione da sempre teatro di spinte indipendentiste, e che aveva dato i natali a Omar el Mukhtar, eroe della resistenza contro la colonizzazione italiana.

Cosa pensa della presenza di mercenari africani e stranieri?

Mi pare strano che in tre giorni Gheddafi sia riuscito a mobilitare un esercito di mercenari e a farli arrivare nel paese. Non si dovrebbe escludere la possibilità che elementi stranieri fossero presenti in Libia già prima degli scontri. Il sogno panafricano di Gheddafi prevedeva infatti anche la creazione di un esercito continentale da inviare negli scenari di conflitto dei diversi paesi africani, e nonostante questo progetto non si sia mai realizzato il leader libico aveva contatti con tutti i vertici militari e dei servizi segreti africani.

Se Gheddafi dovesse cadere quale scenario si aprirebbe per il paese?

Sicuramente gli organismi tribali farebbero la loro parte. Come già prima dell’avvento del colonnello si riunirebbero in comitati e procederebbero alla creazione di una nuova Costituzione e di un governo di ‘unità’ nazionale. Ma il cammino per la democrazia, rispetto alla Tunisia e all’Egitto che comunque avevano al loro interno dei partiti di opposizione seppure indeboliti, sarebbe forse più lungo.[/b]

http://www.misna.org/economia-e-politica/un-popolo-che-chiede-riforme-intervista-a-un-esperto/

 

 
 
 

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