8634 EGITTO: attesa per la dichiarazione costituzionale temporanea

 
20110328 21:51:00 redazione-IT

[b]di Elisa Ferrero[/b]

C’è grande attesa per la dichiarazione costituzionale temporanea che ancora non è stata emessa. In una conferenza stampa di questo pomeriggio, l’esercito ha promesso che sarà pronta tra due giorni (in realtà, aveva già promesso che sarebbe stata pronta 48 ore dopo l’annuncio del risultato del referendum). Alcuni attribuiscono questo ritardo all’estrema attenzione che l’esercito sta mettendo nel definire la dichiarazione, visto che da essa dipenderà il futuro del paese. Altri, invece, pensano che l’esercito stia semplicemente aspettando che si calmino le acque del dibattito post-referendum.

Il clima generale, inoltre, è teso a causa di alcune voci, che si sono rincorse nei giorni scorsi, di uno slittamento delle elezioni presidenziali al mese di giugno 2012. Sebbene l’esercito abbia smentito queste voci, ha tuttavia dichiarato che finora non si è stabilita nessuna data precisa. I sostenitori del no al referendum stanno ridendo amaro e fanno notare a quelli del sì quanto fosse ingenua la loro supposizione che accettare gli emendamenti significasse accorciare la fase di transizione.

Altro argomento che ha messo in subbuglio l’Egitto è la legge che limita il diritto di scioperare e manifestare. Anche in questo caso, l’esercito ha rassicurato la gente dicendo che si tratta di una misura temporanea, destinata semplicemnete a porre un freno alle cospirazioni della controrivoluzione e ai baltagheya. La legge, secondo quanto ha detto l’esercito, sarà infine cancellata assieme alle leggi di emerenza. Ecco, appunto, proprio questo è ciò che preoccupa, visto che le leggi di emergenza sono in vigore dal 1981 e nessuno, per ora, sembra intenzionato a rimuoverle, nonostante le insistenti richieste. Non c’è bisogno di dire, comunque, che le dimostrazioni sono continuate. In piazza Tahrir sono tornati i giovani, per chiedere il processo di Mubarak e di Sherif, Azmi e Surur, ex leader del Partito Nazional Democratico.

Il Consiglio dei Ministri, intanto, ha sottoposto all’esercito la proposta che, alle prossime elezioni parlamentari, previste per il mese di settembre, si possano presentare solo candidati inseriti in liste partitiche e non indipendenti. I partiti religiosi non saranno ammessi. E’ anche stato annunciato che il nuovo apparato di Sicurezza Nazionale inizierà le sue attività ai primi di maggio (e qui, che Dio la mandi buona agli egiziani!)

Nei giorni scorsi si è anche parlato molto di un presunto piano per assassinare Mohammad El baradei, lo scrittore Alaa al-Aswani, uno dei fondatori del movimento Kifaya, e il leader dello stesso movimento, George Ishaq. I responsabili del piano farebbero parte del Partito Nazional Democratico. Com’è, come non è, in seguito a questa scoperta, il Ministro degli Interni ha assegnato a El Baradei (e gli altri due???) una guardia personale, ovviamente insufficiente a proteggerlo, nel caso in cui qualcuno volesse ucciderlo davvero.

Sul fronte giudiziario, sono state rese note le deposizioni dell’ex ministro degli interni Habib el Adly, il quale ha dichiarato che l’ordine di sparare sui manifestanti è partito dallo stesso Mubarak, nonostante lui (anima innocente) avesse chiesto una soluzione politica. Sono quasi finite, invece, le indagini sulla vendita del gas a Israele, che dovrebbero anche quantificare il danno economico subito dall’Egitto in quest’affare poco pulito. Altre indagini, intanto, hanno accertato che, durante il lungo regno di Mubarak, l’Egitto ha perso all’incirca 500 miliardi di pound. Tuttavia, appare sempre più remota la possibilità di recuperare le sostanze di Mubarak e famiglia, visto che la Gran Bretagna ha dichiarato che, molto probabilmente, sono già state trasferite altrove, verso destinazioni sconosciute. La decisione europea di congelare i beni di Mubarak è giunta troppo tardi, tanto per cambiare. Canada, Germania e Italia, invece, hanno assicurato all’Egitto che i desaparecidos ricercati dall’Interpol, tra i quali due ex ministri e vari uomini di affari, fuggiti dal paese prima della caduta di Mubarak, non risiedono nei loro territori. USA e Inghilterra, al contrario, non hanno dato alcuna risposta in proposito, tanto da far ipotizzare che alcuni di loro si trovino proprio a Londra.

In questi giorni, si è anche registrata la visita di Louis Okampo, del tribunale penale internazionale, giunto al Cairo per indagare sui crimini contro l’umanità, commessi dal vecchio regime. Chissà se servirà a qualcosa.

Il governo transitorio egiziano sta anche tentando di riallacciare importanti rapporti internazionali. Oggi, il primo ministro Sharaf si è recato in visita in Sudan, prima tappa di una serie di visite nei paesi del continente africano, con particolare attenzione ai paesi del bacino del Nilo, fondamentali nella contesa dell’acqua. L’Egitto tenta anche di far sentire la sua voce, da tanto tempo silenziosa, in difesa di Gaza, avvertendo Israele di non condurre nessuna rappresaglia sulla Striscia,dopo l’attentato di Gerusalemme. Tuttavia, se Israele non ascolterà l’avvertimento, nessuno sa che pesci piglierà l’Egitto.

La borsa è stata riaperta da alcuni giorni. Dopo un tonfo iniziale, si è ripresa ed è tornata a far ben sperare. Il governo ha anche iniziato a distribuire la prima rata di indennizzi a 165 ditte e istituti, economicamente danneggiati dalla rivoluzione. A breve termine, è prevista una seconda rata.

Per quanto riguarda le relazioni tra copti e musulmani, gli ultimi giorni sono stati abbastanza frizzanti. Il partito al-Istiqama pare abbia scelto come suo candidato alla Presidenza della Repubblica un copto, Adel Fakky Daniel, il quale sarebbe appunto il primo candidato copto alle presidenziali. Il primo punto del suo programma è la rimozione di alcuni articoli del trattato di Camp David, accusati di aver consentito la "rapina" dell’Egitto. Secondo Daniel, tale trattato è stato utilizzato dal vecchio regime per nient’altro che i propri interessi personali. Meno male che è un copto a dirlo, altrimenti avrebbero tutti urlato ancora una volta al pericolo islamista, ecc. ecc. Daniel, inoltre, ha anche affermato di non essere affatto contro l’articolo 2 della Costituzione (quello che stabilisce che "la sharia è la fonte principale della legge"). Tuttavia, vorrebbere aggiungere una postilla, che trasformerebbe la frase citata sopra in: "la sharia e le altre leggi celesti sono le fonti principali della legge". Ed ecco che abbiamo sfatato anche un altro pregiudizio, quello che i cristiani sarebbero più favorevoli alla laicità dello stato di quanto lo siano i musulmani. Tra l’altro, anche la Guida Suprema dei Fratelli Musulmani è d’accordo sull’aggiungere, all’articolo 2, un paragrafo riguardante i copti, con buona pace degli sciiti, dei baha’i e dei non credenti, dei quali non si interessa quasi nessuno.

A proposito dei Fratelli Musulmani, al loro interno c’è grande subbuglio. Continua, infatti, lo scontro generazionale. I giovani del movimento hanno tenuto una conferenza, in occasione della quale hanno chiesto di definire con precisione i compiti della Guida Suprema e del Segretario e di rendere pienamente effettiva la funzione di controllo della Shura sull’Ufficio della Guida, organo esecutivo del movimento. Peccato che alla conferenza non c’era nessuno dei membri di tale Ufficio, tantomeno il leader della corrente "progressista", il dottor (perché medico) Abdel Moneim Abul Futuh. Assente anche il vice della Guida Suprema, Muhammad Habib. I giovani sono stati snobbati (così come le Sorelle Musulmane, del resto), dunque ora c’è aria di rivolta. Ne vedremo delle belle.

Mentre Papa Shenouda ignora le "avances" dei Fratelli Musulmani, che avevano tentato di aprire un dialogo, i salafiti si danno da fare per alimentare il conflitto religioso, dimostrando di essere loro la vera corrente islamista antidemocratica. Nel governatorato di Qena, infatti, un gruppo di salafiti inneggianti alla sharia ha tagliato un orecchio a un ragazzo copto, colpevole di avere una relazione con una ragazza di dubbia fama. Il fatto ha coinvolto persino lo shaykh di al-Azhar, il quale è dovuto intervenire pesantemente, denunciando l’azione dei salafiti come del tutto estranea ai principi della sharia. E per enfatizzare ulteriormente la sua posizione, lo shaykh si è anche recato a visitare il povero ragazzo copto. Se non altro, a differenza dell’era Mubarak, fatti orribili di questo tipo non cadono più nel silenzio, ma scatenano subito una reazione indignata della società intera.

Sia come sia, l’importante principio di unità tra musulmani e cristiani, affermato con forza dalla rivoluzione egiziana, sta facendo scuola anche all’estero. La Siria (della quale, come per il Bahrein, non si occupa nemmeno al-Jazeera, visto le collusioni del Qatar con al-Asad) si sta ispirando all’Egitto, tornato a essere, ancora una volta, la fucina intellettuale e politica del mondo arabo. La foto che vi allego ne è una piccola testimonianza. Ma l’influenza della rivoluzione egiziana travalica anche i confini arabi per raggiungere l’Occidente, come testimonia la seconda foto che vi allego (scattata in Inghilterra). L’ultima foto, invece, gira da qualche tempo su internet, ma ora è stata ritoccata: si è aggiustato l’ordine dei dittatori già caduti e in procinto di cadere: Ben Ali, Mubarak, al-Asad, Gheddafi.

 

 
 
 

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