8633 Un patto per distruggere l’Europa

 
20110329 19:24:00 redazione-IT

[b]di Nicola Nicolosi[/b]*

Il nuovo patto per l’euro “The euro plus pact” del 25 marzo 2011, promosso dai capi di stato dell’Unione, in qualche misura piega e sussume i programmi legati a Europa 2020, al semestre europeo, alle linee guida, il patto di stabilità e le nuove linee di sorveglianza macroeconomica. Questo patto per l’euro sarebbe la risposta europea alla crisi finanziaria internazionale, con la finalità di rilanciare l’economia. Indiscutibilmente la crisi finanziaria ed economica ha fatto crescere il debito sovrano del 20%, ma è altrettanto vero che non c’è stata una equivalete crescita della spesa pubblica per sanità, previdenza e costo del lavoro pubblico e privato.
Nonostante l’evidente stabilità della spesa pubblica, che cresce solo in ragione dei meccanismi automatici legati alla forte riduzione del pil, il nuovo patto di stabilità europeo, in particolare il patto per l’euro, delinea una politica economica e di bilancio che rende persino moderate le politiche liberiste adottate per realizzare l’euro dopo il trattato di Maastricht.

Almeno in quel frangente era lecito attendersi una riduzione dei tassi di interesse sul debito pubblico e sui mutui. Oggi questa aspettativa è ridotta, come ha ricordato il presidente della BCE.

Per essere certi del contenimento della spesa pubblica si adotta la misura (paradossale) di un incremento della spesa pubblica nominale inferiore alla crescita media dell’ultimo periodo del pil, oltre alla immancabile ulteriore restrizione della spesa pubblica pari allo 0,5% del pil per i paesi che non raggiungono il pareggio di bilancio.

Per essere sicuri del “successo” nella riduzione della spesa pubblica, si introduce una norma che obbliga gli stati a ridurre di 1/20 l’anno il debito pubblico eccedente il 60%.
Per l’Italia si tratterebbe di fare delle misure correttive pari a quasi 50 mld di euro, più o meno la metà della spesa sanitaria.

Naturalmente non mancano gli impegni “solidi” per contrastare la speculazione finanziaria. Su questo punto si predispone uno studio, da presentare entro la fine del 2011, sulla possibilità-ipotesi di una tassazione delle transazioni finanziarie. Sostanzialmente i tagli hanno un tempo certo, mentre le entrate dalla speculazione sono allo studio.

Quindi è solo la finanza pubblica, con i suoi tagli, a sostenere l’exit strategy, mentre il sistema creditizio non solo non concorre al risanamento, ma potrebbe avere un enorme ritorno economico con il fondo ESM (european stability mechanism) in ragione degli spread dei tassi di interesse.

I principali beneficiari di questa operazione sono proprio le banche tedesche fortemente esposte con Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna. Tutti i paesi che concorrono a questo fondo beneficieranno di un utile pari alla differenza dello spread dei tassi di interesse per finanziare il fondo e quelli legati alla retrocessione del debito contratto dai paesi.

Sostanzialmente gli stati che saranno costretti a chiedere prestiti all’ESM contribuiranno a salvare il sistema creditizio che ha concesso prestiti senza nessuna oculatezza e sostanzialmente per speculare.

Ma la Commissione Europea e gli stati membri piace sempre esagerare.
Per la competitività e l’occupazione, due dei 4 pilasti del patto per uscire dalla crisi, si programma un wage setting arrangements, sostanzialmente una rivisitazione degli indexation mechanism (riduzione del salario), assieme alla misurazione del costo del lavoro pubblico che non deve pesare sul sistema privato. Detta in parole migliori, il costo del lavoro pubblico deve supportare gli sforzi di competitività del settore privato.

Per essere sicuri che sia proprio il mondo del lavoro a misurarsi con la competitività internazionale si introduce il meccanismo di adeguamento dei salari in linea con la produttività (niente di male), ma fortemente collegata all’equilibrio della bilancia commerciale. In parole più semplici i paesi che già devono subire le restrizioni economiche dovute al nuovo patto di stabilità, devono anche ridurre i salari.

Tra le pieghe del patto ci sono anche delle misure di rilievo e importanti, come il programma 20-20-20, l’aumento della spesa in ricerca e sviluppo al 3% del pil, ma la politica europea e i politici europei stanno preparando la tomba dell’Europa che sarebbe potenzialmente il vero motore mondiale per uscire dalla crisi.

Per tutti questi motivi il sindacato europeo (CES) ha organizzato una grande manifestazione europea di protesta il 9 aprile a Budapest. La CGIL sarà presente con una sua delegazione per segnalare, coerentemente, che la linea seguita contro le politiche sociali del governo Berlusconi sono in linea con le azioni del sindacato europeo (CES).

* – Membro Segreteria nazionale CGIL

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Scarica il docmento del Consigloio Europeo del 24 e 25 marzo

[url]http://www.emigrazione-notizie.org/public/upload/Consiglio_Europeo24-25Marzo2011.pdf[/url]

 

 
 
 

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