8658 Le invasioni barbariche

 
20110403 23:17:00 redazione-IT

[b]di Piergiorgio Odifreddi[/b]

Lo storico Alessandro Barbero ha scritto qualche anno fa due libri bellissimi e tragicissimi: 9 agosto 378. Il giorno dei barbari (Laterza, 2005) e Barbari. Immigrati, profughi, deportati nell’impero romano (Laterza, 2006). E al Festival di Sarzana del 2007 li ha raccontati in tre serate, intitolando la serie delle sue conferenze Le invasioni barbariche.

Chi abbia letto le sue pagine, o sentito le sue parole, non ha potuto fare a meno di sostituire “barbari’” con “extracomunitari”, e “impero romano” con “comunità europea”, tanto erano evidenti le analogie tra i fatti di allora e quelli di ora. E naturalmente era proprio questo ciò che Barbero intendeva suggerire con i suoi resoconti storici.

Quello che colpiva allora, e colpisce ora, erano e sono le ineluttabili forze oggettive che determinavano e determinano i fatti, da un lato. E le impotenti volontà soggettive che si illudevano e si illudono di riuscire a esoricizzarli, dall’altro: in particolare, attraverso impotenti misure di calmieramento dell’invasione, della stessa natura e della stessa inefficacia di quelle dei nostri antenati.

Credere di poter fermare la fine del sistema capitalistico occidentale attraverso una regolamentazione del flusso dell’immigrazione, è come sperare di poter fermare la caduta libera di un masso facendo le corna, o di poter far piovere facendo una danza o recitando una preghiera appropriate. Non a caso, i nostri governanti sono appunto del tipo di quelli che fanno le corna, danzano e pregano.

La realtà dei fatti, detta in una parola, è semplicemente che il venti per cento della popolazione mondiale possiede l’ottanta per cento della ricchezza e consuma l’ottanta per cento delle risorse mondiali. E poichè la storia dei popoli funziona secondo il principio dei vasi comunicanti, essa doveva tendere prima o poi a far trasferire i tre quarti di questa ricchezza e di queste risorse al rimanente ottanta per cento della popolazione, per riequilibrare le cose.

Se veramente avessimo voluto evitare che si preparassero le nuove invasioni “barbariche”, avremmo dovuto pensarci prima, e dirottare una vasta percentuale delle nostre ricchezze ai paesi del terzo mondo, per creare in essi condizioni di vita che riequilibrassero almeno in parte lo squilibrio che oggi sta provocando l’esodo.

Non l’abbiamo fatto, e non facendolo abbiamo dimostrato di non aver imparato la lezione della storia. E non abbiamo nemmeno l’attenuante di essere stati colti di sorpresa, perchè queste migrazioni si erano appunto già verificate, e dovevamo riaspettarcele. Hanno dunque poco da sbraitare i leghisti e i razzisti che credono di fermare gli extracomunitari che premono alle porte.

Non li fermeremo, e proprio grazie alla loro ottusa miopia. La miopia di chi crede che per fermarli basti fare pellegrinaggi alle sorgenti del Po, imporre il Sole delle Alpi sui muri dei locali pubblici, biascicare in dialetto fora dai ball, rivendicare le origini cristiane dell’Europa e altre amenità del genere. La miopia di chi non capisce che se fossero queste le cose che dovremmo salvare, allora sarebbe meglio aprire le porte all’invasione perchè tutto si compisse il più presto possibile.

Diciamoci la verità: i veri barbari sono loro, e non certo quei poveracci che sognano di trovare la civiltà in casa nostra. E quando tra qualche secolo un novello Barbero racconterà il modo in cui sarà successo ciò che ha già cominciato a succedere, non è detto che invece di “invasioni barbariche” non parlerà di “caduta della barbarie”.

http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/?ref=HREA-1

 

 
 
 

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