8708 L’Europa perdente

 
20110421 14:59:00 redazione-IT

[b]di Tonino D’Orazio[/b]

L’Europa non è più quella di Delors che proponeva un aumento del benessere sociale e una ridistribuzione equa della ricchezza prodotta. Era la speranza di una Europa sociale e politica, esempio mondiale di equilibrio e convivenza civile, solidale e cooperante, anche se in un mondo comunque capitalista, e quindi molto probabilmente di buoni propositi non sempre mantenuti. Sono sempre convinto che il capitalismo sia la forma più anti-democratica e di accaparramento che il mondo conosca.
L’Europa, governata per decenni dalle destre e dai conservatori europei, ha scelto invece, 20anni fa, di diventare una arena di competitività economica, di libero mercato, riducendola ad una vera vendetta di classe e a un ritorno delle libertà e dei diritti dei lavoratori, se non a 80 anni, almeno a cinquanta fa. I governi europei hanno tentato di introdurre una Costituzione impossibile e hanno dovuto accontentarsi di un Trattato, che invece di costruzione democratica e politica dell’Europa, è diventato puramente economico e ideologico. Lo scontro di tutti contro tutti e vinca il più forte. (Già alcuni paesi più deboli stanno pagando, Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna, a chi il turno?) L’hanno fatto votare di forza nei vari parlamenti degli stati dell’unione, in un dibattito debole e falsato poiché gran parte delle sinistre parlamentari europee si erano espresse (oggi dicono incautamente) a favore.

Hanno fatto rivotare la povera e ricattata Irlanda. Per la Francia è un po’ diversa la storia. Loro hanno sempre in mente “Liberté, Egalité, Fraternité”, difficile da cancellare. E siccome l’economia non è una scienza esatta, il Consiglio dei Ministri europei è costretto ogni tanto a modificarlo, di volta in volta, a secondo delle necessità. In realtà, in gioco, ci sono le proposte di modificare radicalmente le leggi e le strutture del funzionamento della società europea nella prossima generazione. Basta ascoltare il guru Tremonti, tagli, tagli, tagli. In fondo non riescono ancora a condurre una abolizione pilotata e definitiva dello stato sociale.
L’Unione si è affidata alle banche. Un po’ come l’agnello al lupo. Alla loro finta autonomia. La sacra banca è “indipendente” dal controllo politico ed è celebrata come il “marchio della democrazia” dalla nuova oligarchia finanziaria. Ma come spiega Platone nei suoi dialoghi, che cos’è l’oligarchia se non la fase politica che segue la democrazia? Tutto affidato alla BCE che decide la pianificazione del ritorno indietro delle conquiste sociali. Attraverso l’Euro. Utilizzando la crisi bancaria, come un’opportunità per cambiare le leggi sociali in ogni paese, per consentire alle aziende e agli enti governativi di licenziare i lavoratori a piacimento, di riorganizzare direttamente il sistema produttivo, di ridurre gradualmente le spese per le pensioni e le attività sociali e per pagare di più le banche, che stanno ricostruendo le loro riserve di prestito, sperperate nelle varie bolle finanziaria, a spese dei lavoratori tramite la finanza pubblica, e infine di piangere perché la disoccupazione aumenta, come la povertà e come l’assenza di futuro dei giovani..
la Commissione Europea neoliberista ha delineato una guerra a tutto campo contro i lavoratori, con la trasformazione al ribasso delle norme sociali della più grande campagna anti-lavoratori dagli anni Trenta. Da qui una analogia non peregrina di un nuovo fascismo strisciante. Ai governi è stato detto di prendere soldi a prestito con interesse dalle banche anziché incamerare introiti, tassandole come hanno fatto per cinquant’anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, e utilizzarli per lo sviluppo.
E se i governi non sono in grado di incamerare i soldi per pagare gli interessi alle banche, devono chiudere i loro programmi sociali. E se queste chiusure contraggono ancor di più l’economia – e pertanto, le entrate fiscali del governo – allora il governo deve tagliare ancora di più la spesa sociale. Il geniale Tremonti è esattamente questo. La teoria di base è che, nella misura in cui i membri dell’Euro non possono svalutare la propria valuta, devono affidarsi ad una “svalutazione interna” imposta: taglio degli stipendi, delle pensioni e della spesa sociale. L’economia degli Stati Uniti riparte perché per loro l’inflazione controllata non è tabù, anzi serve proprio al rilancio dell’economia e dei loro prodotti. Noi siamo passati dagli Gnomi svizzeri a quelli di Francoforte.
Si possono quindi dimenticare le economie e le tradizioni socialdemocratiche del ventesimo secolo. L’Europa sta entrando in un periodo di dominio neoliberista totalitario. Pensare che avevano inserito nel Trattato l’impossibilità di modificarlo se non dopo 50 anni!
E forse, il duro Esperimento Neoliberista in atto, è per valutare quanto una popolazione o il mondo del lavoro possano sopportare la drastica riduzione del proprio tenore di vita, per arricchire i pochi soliti, prima di ribellarsi. Fin dove può durare la pace sociale?
Il primo esempio è stato la Lituania. Se ne parla poco. Cedola secca sul lavoro del 51%, invece tasse sugli immobili e sulle transazioni finanziarie all’1%. Il flusso finanziario liberato avrebbe dovuto influire positivamente sul libero mercato che si sarebbe autoregolato. Un vero disastro sociale, evidente appena tre anni dopo. Oggi è tra i paesi più poveri della Comunità. Un po’ come il cavallo morto dopo la cura.
Prossimi esperimenti. La Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e tra poco la Spagna. Poi ci siamo noi, il Belgio, e anche la Francia. Il sud dell’Europa, il Mediterraneo, al guinzaglio di Inghilterra e Germania. Ma non conoscono il proverbio ebraico: “Se ti do del mio diventiamo poveri tutti e due”?
A tutte queste scelte partecipano attivamente, in senso lato, i lavoratori e molte loro organizzazioni sindacali, anche all’interno della CES, che a parte ribadire grandi principi e una grande manifestazione all’anno, non hanno mai inciso veramente. Sono all’angolo per legge comunitaria. Non esistono, se non nei propri paesi. Spesso a salvaguardia dei loro propri iscritti hanno sposato le linee di sostegno umanitarie degli sfruttati (una volta chiamata internazionale) sui principi neoliberisti della competizione. Tutti contro tutti. E ci stanno rimettendo le penne. Eppure quanto hanno lavorato per sostenere il Trattato europeo, spacciandolo per il futuro.
Chi dimentica la Bolkstein ? Lavoratori spostati e svenduti a secondo della povertà del proprio paese, povertà esportabile come le mercanzie. In contemporanea nessun allineamento europeo delle tassazioni sul lavoro, che avrebbe permesso di evitare il dumping sociale che ne deriva e forse una vera competitività, visto che ci tengono tanto. Quindi anche la balcanizzazione economica era falsata. E l’orario settimanale di lavoro (“normale” fino a 58 ore) da fare impallidire le organizzazioni dei lavoratori degli anni ’20 che già nel secolo scorso avevano raggiunto il traguardo delle 40 ore settimanali?
Senza parlare della guerra del latte, del vino, dei cereali, degli agrumi … di tutto, di più.
Il problema sta tutto qui. E oggi, nell’opinione popolare, tutto quello che ci viene dall’Europa è diventato dannoso. E’ la fase penultima della dissoluzione. Sono riusciti persino ad insinuare il dubbio su cosa potrebbe essere una Comunità.
Ma perché è scomparsa la politica. E’ stata sostituita dal mercato e dalla competizione (fino alle guerre di accaparramento), due regole che hanno distrutto e affamato l’umanità intera oltre che l’ecosistema della Terra, prossimo al collasso.
Insomma si può dire che è una utopia fatta realtà, tanto da convincere tutti che sia immodificabile. Le altre utopie, quelle che hanno perso, se non risorgono, possono aspettare.
In quanto alla salvezza di questa Comunità (Se avete notato io continuo a chiamarla così) essa non può che passare dalla politica. Uscire dalla Comunità sarebbe una vera follia. (Grande ignoranza politica e giornalistica dire “usciamo dall’Europa” quando l’Europa siamo anche noi). Invece pretendere una politica di sviluppo per l’Europa significa pretendere l’unica istituzione in grado di produrla, vale a dire un governo europeo.
Ciò presuppone un trasferimento di competenze ad un Parlamento europeo federale vero, (dotato delle prerogative di un vero organo legislativo), pienamente legittimato dal voto popolare, (che comunque già avviene oggi per quasi niente), con un vero governo delle politiche complessive, comprese quelle economiche e bancarie. Cosa abbiamo da perdere? Una Costituzione italiana ridotta a brandelli e che nemmeno le opposizioni dichiarano di volerla riparare qualora tornassero a governare?
Cosa dicevamo delle utopie possibili?

 

 
 
 

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