8806 QUESTO E' IL MODO IN CUI VENGONO "INFORMATI" GLI ITALIANI

 
20110524 19:36:00 redazione-IT

[b]Come se si trattasse di un dato naturale, tipo pioggia o neve, i media italiani informano che: La Corte dei Conti, rende noto che nei prossimi anni "non si potranno ridurre le tasse" visti gli "impegni europei" che ci chiedono di ridurre del 60% il gap tra Debito pubblico e PIL nazionele. Ciò comporta una riduzione della spesa di circa il 3% all’anno per x anni (20 anni).

Si tratta, se non sarà bloccato da una generale sollevazione popolare in tutta Europa, della più impressionante manovra storica di salasso pubblico a favore del sistema finanziario internazionale che ridurrà l’economia italiana (ed europea) ad un livello mai visto e che letteralmente distruggerà lo stato sociale nella maggioranza dei paesi, certamente dell’Italia.

Di ciò non se ne parla nè a destra, nè a sinistra.
Soprattutto si fa finta di ignorare che qualsiasi governo si trovi al potere nei prossimi due decenni dovrà applicare pedissequamente le direttive del Patto di Stabilità che non ammette deroghe, anzi prevede onerose multe ai paesi che non faranno i bravi.

Vuol dire in poche parole, che la politica ha esaurito ogni concreto ruolo che tutto è sottoposto al dictat monetaristico della BCE e dei potentati finanziari. L’Europa e la sua democrazia sono finite.[/b]

Vediamo come ne parlano i mezzi di informazione italiani delle diverse latitudini:

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[b]Questo è l’articoletto de L’Unità[/b]

Corte dei Conti e finanza pubblica: Riduzione tasse impraticabile

Gli sforzi necessari per rispettare gli impegni europei e conservare, quindi, «elevati valori di saldo primario» rendono «impraticabile» la riduzione delle tasse. Lo sottolinea la Corte dei Conti nel Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica.

Secondo la magistratura contabile il rispetto dei nuovi vincoli europei «richiede un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni ’90, per l’ingresso nella moneta unica». Tuttavia, osserva la Corte dei Conti, «a differenza di allora, gli elevati valori di saldo primario andrebbero conservati nel lungo periodo, rendendo permanente l’aggiustamento sui livelli della spesa, oltre che impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale, con la conseguente obbligata rinuncia a esercitare per questa via un’azione di stimolo sull’economia».

L’Italia dovrà ridurre il debito pubblico di circa [b]46 miliardi ogni anno[/b] per raggiungere gli obiettivi indicati dall’Unione europea, sottolinea la Corte dei conti. «La fine della recessione economica – secondo la magistratura contabile – non comporta il ritorno a una gestione ordinaria del bilancio pubblico, [b]richiedendosi piuttosto sforzi anche maggiori di quelli finora accettati[/b]».

«Tanto più – ha spiegato la Corte dei conti – che va tenuto conto delle implicazioni dell’inasprimento dei vincoli europei e in particolare della [b]nuova regola[/b], assistita da apposita sanzione di tipo praticamente automatico, secondo la quale [b]i paesi che registrano un rapporto tra debito pubblico e prodotto superiore al 60% dovranno ridurre lo scarto fra il dato effettivo e questo valore-soglia di un ventesimo all’anno (del 3% all’anno, pari oggi a circa 46 miliardi nel caso dell’Italia)».[/b]
24 maggio 2011

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[b]Questo è l’articolo de La Stampa[/b]

Per rispettare i vincoli europei sul debito occorrerà da parte dell’Italia un intervento del 3% all’anno, pari a 46 miliardi

ROMA
La Corte dei Conti tira le somme e quantifica il costo complessivo della crisi del 2008-2009: il Pil ha perso 140 miliardi a fine 2010. Perdita che salirebbe a 160 mld al 2013. Nel rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica, la magistratura contabile spiega inoltre che per rispettare gli impegni europei e raggiungere un rapporto fra debito pubblico e Pil pari al 60% l’Italia dovrà ridurre il debito del 3% all’anno, pari oggi a circa 46 miliardi. «Va tenuto conto – osserva la Corte dei Conti – delle implicazioni dell’inasprimento dei vincoli europei, ed in particolare della nuova regola, assistita da apposita sanzione di tipo praticamente automatico, secondo la quale i Paesi che registrano un rapporto fra debito pubblico e prodotto superiore al 60% dovranno ridurre lo scarto tra il dato effettivo e questo valore-soglia di un ventesimo all’anno (del 3% all’anno pari oggi a circa 46 miliardi nel caso dell’Italia)».

Allo stato, spiega la Corte dei Conti, gli sforzi necessari per rispettare gli impegni europei e conservare, quindi, «elevati valori di saldo primario» rendono «impraticabile» la riduzione delle tasse. Secondo la magistratura contabile il rispetto dei nuovi vincoli europei «richiede un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni ’90, per l’ingresso nella moneta unica». Tuttavia, osserva la Corte dei Conti, «a differenza di allora, gli elevati valori di saldo primario andrebbero conservati nel lungo periodo, rendendo permanente l’aggiustamento sui livelli della spesa, oltre che impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale, con la conseguente obbligata rinuncia a esercitare per questa via un’azione di stimolo sull’economia». E comunque una manovra non improntata alla crescita rischia di produrre «effetti depressivi» e di rivelarsi «non pienamente sostenibile». «Non può sottacersi – fa sapere la Corte dei Conti – il rischio che una manovra di bilancio impostata con dovuto rigore, ma non sostenuta da una adeguata strategia di crescita, eserciti effetti depressivi non auspicati e si riveli, per questo, non pienamente sostenibile».

Il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti è intervenuto oggi definendo «francamente discutibile» la rappresentazione dell’Istat, secondo la quale un italiano su quattro è povero. «Leggi che un italiano su quattro è povero: alzi la mano chi di voi è povero», ha affermato Tremonti rivolgendosi alla platea. «È un campione di fallacia statistica?», si domanda il ministro. «La crescita di questo Paese certo non è sufficiente ma senza la tenuta del bilancio non ci sarebbe stata neanche questa insufficiente crescita», ha poi sottolineato Tremonti.

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[b]Questo è l’articolo de Il Corriere della Sera[/b]

Corte dei Conti: fare di più
con l’uscita dalla recessione
La magistratura contabile ipotizza una maxi manovra da 46 miliardi paragonabile a quella del ’92

La replica di tremonti: «primum vivere, poi crescere»

MILANO – Perdite per 160 miliardi di euro. Tanto ci sarà costata al 2013 la Grande Recessione secondo la Corte dei Conti che nel Rapporto 2011 per il Coordinamento della finanza pubblica indica «una perdita permanente di Prodotto, calcolata a fine 2010 in 140 miliardi e prevista crescere a 160 miliardi nel 2013». L’Italia, dicono i giudici, potrebbe aver bisogno di un forte aggiustamento dei conti, una maxi manovra da 46 miliardi di euro .

COME AMATO NEL 92, LA MANOVRA «LACRIME E SANGUE» – Per rispettare i vincoli europei l’Italia dovrebbe varare una manovra di correzione dei conti pubblici paragonabile a quella da 46 miliardi di euro realizzata nel 1992, ha detto Luigi Mazzillo, presidente della sezione giurisdizionale della Corte dei conti, introducendo nella sala Zuccari del Senato il Rapporto 2011. Il ministero dell’Economia ha delineato nel Documento di economia e finanza (Def) il percorso di risanamento per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014. Alle manovre già varate nel 2008 e nel 2010, il Def aggiunge una nuova correzione da 2,3 punti di Pil tra 2013 e 2014. Anche se, secondo alcune voci, il governo si appresta a varare una manovra da circa 40 miliardi (spalmata su più anni) per raggiungere nel 2014 il pareggio di bilancio già a partire dal 2012.
Secondo Bankitalia il programma del Def è in linea con il nuovo criterio europeo del debito. Il magistrato ha aggiunto che «le simulazioni presentate nel Rapporto segnalano come, con l’ipotizzata continuazione di tassi di crescita molto modesti, il rispetto dei nuovi vincoli europei richieda un aggiustamento di dimensioni paragonabili a quello realizzato nella prima parte degli anni novanta, per l’ingresso nella moneta unica». Secondo Mazzillo «a differenza di allora però, gli elevati valori di saldo primario andrebbero conservati nel lungo periodo, rendendo permanente l’aggiustamento sui livelli della spesa, oltre che impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale, con la conseguente obbligata rinuncia ad esercitare per questa via un’azione di stimolo sull’economia». La Corte dei conti valuta dunque che per l’Italia la correzione del debito in base ai nuovi vincoli europei sarà pari «a circa 46 miliardi» all’anno come la manovra da 93.000 miliardi di vecchie lire varata nel 1992 da Giuliano Amato per arginare il deficit pubblico.

SERVONO SFORZI MAGGIORI – «La fine della recessione economica non comporta il ritorno a una gestione ordinaria del bilancio pubblico, richiedendosi piuttosto sforzi anche maggiori di quelli finora accettati». «Tanto più – spiega la Corte dei Conti – che va tenuto conto delle implicazioni dell’inasprimento dei vincoli europei e in particolare della nuova regola, assistita da apposita sanzione di tipo praticamente automatico, secondo la quale i paesi che registrano un rapporto tra debito pubblico e prodotto superiore al 60% dovranno ridurre lo scarto fra il dato effettivo e questo valore-soglia di un ventesimo all’anno (del 3% all’anno, pari oggi a circa 46 miliardi nel caso dell’Italia)».

MA IL TAGLIO DELLE TASSE E’ «IMPRATICABILE» – Per rispettare i vincoli Ue l’Italia dovrà seguire un «percorso impervio» che rende «impraticabile qualsiasi riduzione della pressione fiscale», sostiene la Corte che comunque sottolinea «l’esigenza di accelerare e completare il percorso di ricognizione, riflessione e proposta di recente avviato dal governo in vista di una riforma complessiva del sistema impositivo che tenga conto anche dei condizionamenti così come delle opportunità legati all’attuazione del federalismo fiscale. È in tale quadro – si legge – che si potranno concretamente verificare anche gli spazii di manovra per un incisivo processo di ridimensionamento di esenzioni e agevolazioni, finalizzato all’ampliamento delle basi imponibili».

EVASIONE, SIAMO IN TESTA – L’Italia è ai primi posti in Europa per l’evasione fiscale., ricorda poi la magistratura contabile. «Per quanto riguarda le dimension le stime richiamate convergono tutte nell’indicare come il fenomeno evasivo raggiunga in Italia un livello di punta nel panorama europeo, con l’eccezione della Grecia e della Spagna». «Va segnalato che gli indicatori utilizzati evidenziano un aumento di compliance a partire dal quarto trimestre del 2009, dopo un riacutizzarsi del fenomeno evasivo negli anni della crisi».

TREMONTI – Non si fa attendere la replica del ministro dell’Economia Giulio Tremonti agli appunti dei giudici contabili. «Primum vivere deinde crescere» chiosa in latino Tremonti. Forse la crescita non è sufficiente, – sottolinea il responsabile del Tesoro – ma senza la tenuta di bilancio non ci sarebbe stata neanche questa insufficiente crescita». Il ministro spiega però che ora è il momento delle riforme per il quale tuttavia non esiste «una formula istantanea e salvifica». Alla base dell’azione di governo c’è piuttosto la formula ereditata da Cavour che è quella di «camminare sulla via del progresso con energica moderazione evitando gli eccessi degli agitati e le secche dei retrogradi». Il ministro ricorda in tal senso tutte le misure contenute nel decreto sviluppo varato di recente e afferma: «Il ciclo delle riforme è appena iniziato e deve continuare. Tutto è aperto a formule costruttive ma considerando il giusto mezzo e l’energica moderazione». Oltretutto «non si può immaginare che tutto avvenga in un attimo».
Tremonti poi interviene anche sull’allarme lanciato dall’Istat relativo al rischio povertà per un quarto degli italiani. «Considero discutibile questa rappresentazione». Poi chiede alla platea: «alzino la mano quanti di voi sono poveri». Tremonti non nega che ci siano situazioni di difficoltà nel Paese, ma complessivamente «la ricchezza in Italia non è scesa in questo decennio, ma anzi è salita. Questo risulta dalle statistiche ufficiali».

Redazione online
24 maggio 2011

 

 
 
 

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