8787 Luigi Papais (CNE): “Non svilire il ruolo delle associazioni degli emigranti”

 
20110514 09:34:00 redazione-IT

[b]di Luigi Papais[/b]

Anche gli emigranti hanno celebrato e stanno celebrando il 150º anniversario dell’Unità d’Italia. Lo fanno con orgoglio, assieme alle loro associazioni, nelle cui sedi non manca mai il Tricolore accanto ai vari gagliardetti delle Regioni di appartenenza, per significare l’importanza dell’unità seppur nella diversità. Senza nulla togliere alle rappresentanze diplomatiche sparse per il mondo e alle attenzioni da parte degli enti locali e delle regioni, coloro che da sempre si sono occupati direttamente e da vicino dei nostri emigranti sono state indubbiamente le associazioni.

Nel tempo, cioè da quando anche lo Stato e le altre realtà pubbliche si sono fatte carico di parte dei problemi degli emigranti, sono nate nuove forme di rappresentanza degli emigranti, ma la più diretta e la più diffusa in tutto il mondo rimane quella rappresentata dall’associazionismo.

Certo, i Comites e il Cgie sono organi elettivi e rappresentativi del mondo dell’emigrazione, ma anche questi organismi hanno alle spalle la quotidianità delle associazioni. Poi è venuta finalmente la volta dei parlamentari italiani eletti all’estero e quindi una nuova e autorevole forma di rappresentanza si è aggiunta a quelle precedenti.

Anche in questo caso, il diritto di voto degli italiani all’estero è stato voluto fortemente dalle associazioni, che vedevano in questo strumento un mezzo per rappresentare le vere esigenze degli emigranti là dove si prendono le decisioni più importanti, cioè al Parlamento. La Consulta nazionale dell’emigrazione, alla quale aderiscono le principali associazioni di emigrazione, ha già manifestato le proprie preoccupazioni per i vari tentativi in atto, da parte della politica, di comprimere gli spazi che competono all’associazionismo, in quanto tale, nei vari organismi di rappresentanza istituzionale.

Applicando il principio di sussidiarietà, così caro a tutti in questi ultimi tempi, possiamo certamente affermare che la realtà più vicina agli emigranti e quella delle associazioni e che ogni manovra per metterle da parte, comprimendo il loro spazio nei Comites e nel Cgie va fermamente respinto. Separare il rapporto con le associazioni significa sopprimere il rapporto costruttivo che l’Italia deve mantenere con i propri cittadini all’estero, poiché le associazioni stesse rappresentano un sicuro e attendibile raccordo tra le varie realtà di rappresentanza. Prendiamo, ad esempio, il ruolo dei parlamentari eletti all’estero in circoscrizioni vastissime, che nel corso del loro mandato non riescono nemmeno a visitare nella loro interezza. Anche in questo caso l’amplificatore più diretto dell’attività dei parlamentari e lo strumento di raccolta delle istanze degli emigranti rimane quello dell’associazionismo, assieme naturalmente ai patronati, alle forze sindacali e a quelle politiche, che però sono solo sporadicamente presenti in varie parti del mondo. Pensiamo anche alla crisi della politica e alla scarsa democrazia presente nei partiti a seguito dell’eliminazione delle preferenze elettorali.

Nel momento, poi, in cui l’individualismo e gli interessi personali rappresentano una vera minaccia per la partecipazione democratica alla realizzazione del bene comune, ridurre il ruolo di rappresentanza delle associazioni degli emigranti significa diminuire gli spazi della democrazia, che non deve conoscere differenze tra i cittadini che vivono in Italia e quelli che vivono nel mondo. Il bene più prezioso, che ha evitato guai peggiori al nostro Paese in questi ultimi tempi, è quello della coesione sociale e questa va favorita ancor di più attraverso il volontariato, la gratuità e la spontaneità, elementi costitutivi dell’associazionismo sociale.

Per questo chiediamo, come CNE, che anche ai nostri sodalizi associativi operanti nel mondo siano riconosciuti gli stessi diritti e le stesse agevolazioni che competono alle associazioni di promozione sociale operanti in Italia. Ma di pari passo chiediamo che la politica tutta, senza distinzione di parte, modifichi la proposta di legge che porta il nome del parlamentare Tofani, perché contrasta con gli interessi degli emigranti e dei loro discendenti, che verrebbero depauperati di un importante forma di rappresentanza.

Depotenziare il Cgie e i Comites e renderli ancor più subalterni agli apparati burocratici, significa vanificare le tante battaglie combattute dall’associazionismo degli emigranti dell’ottenimento dei sacrosanti diritti che competono loro in quanto italiani nel mondo e far venir meno i legami di solidarietà che hanno tenuto vicini i nostri connazionali in questi centocinquant’anni di vita del nostro Paese. La rappresentanza e la partecipazione, per loro definizione, devono essere le più ampie possibili e tutti i rappresentanti dell’Italia nel mondo, dalle associazioni ai patronati, dai sindacati alle forze politiche, dai Comites al Cgie, assieme parlamentari eletti all’estero devono fare squadra non è per difendere piccoli interessi di parte, ma per sostenere gli italiani che vivono al di fuori dei confini alla Patria.

Il governo, in tutto questo discorso, dovrebbe lasciare a ciascun livello di rappresentanza del proprio ruolo, senza intromettersi o senza sottomettere alcuno alla subordinazione di altri. Quando si parla di regole del gioco, cioè delle modalità di rappresentanza, queste non possono essere determinate dalla maggioranza di turno, ma devono essere discusse e confrontate con tutti i mondi di riferimento. La chiusura rigida che incontriamo nella discussione attorno alla bozza Tofani preoccupa non solo le associazioni centrali dell’emigrazione, ma la vasta ramificazione che queste hanno all’estero e quindi la stragrande maggioranza degli emigranti.

Qualcuno dirà che con il trascorrere del tempo il ruolo delle associazioni si è affievolito, poiché sono mancati, purtroppo, molti degli emigranti fautori e animatori delle stesse. Non vi è dubbio che qualche ripensamento occorra farlo anche su questo versante, ma sempre e solo ragionando con gli emigranti e con le loro associazioni. Per mantenere i legami tra la Patria e il resto del mondo sono utili tante forme di presenza, peraltro sporadiche, come le iniziative in campo commerciale, turistico e culturale. Questa però non è partecipazione, come partecipazione non è neppure l’attribuzione di assunzione diretta iniziative da parte delle Regioni senza il coinvolgimento delle associazioni. Anche in quest’ultimo caso dovrebbe valere il principio della sussidiarietà, cioè quello che va dato il maggior spazio agli organismi e alle formazioni sociali più vicine ai destinatari finali degli interventi pubblici, che sono gli emigranti e gli emigranti sono rappresentati dalle associazioni.

La Consulta nazionale emigrazione si è fatta carico di rinnovare l’associazionismo all’estero, partendo dall’esempio lo sforzo sostenuto a livello centrale, anche in questo caso attraverso il volontariato e la gratuità. Le associazioni devono mettersi insieme, collaborare, fare rete, chiamare a raccolta tutti coloro che lavorano con e per gli emigranti e dar luogo a nuove aggregazioni che lascino da parte il particolare e puntino dritte al generale. Se c’è un capitale da salvare non è quello dei finanziamenti o delle iniziative, più o meno estemporanee, ma il patrimonio rappresentato dalle risorse umane, siano esse espressione di coloro che sono partiti dall’Italia o da quanti sono nati all’estero e che vogliono mantenere un legame con la terra dei loro avi. Un invito dunque a riprodurre l’esempio della CNE anche all’estero per proporsi uniti di fronte alle novità, piuttosto che subirle, come ad esempio sta capitando per le modifiche sulla nuova rappresentanza degli emigranti calate dall’alto.

Registriamo con soddisfazione che all’assemblea plenaria di Torino del CGIE si parlerà anche del ruolo dell’associazionismo d’emigrazione nel processo di unificazione d’Italia, che non è stato irrilevante, ma che da più parti si tende a minimizzare. Una relazione in tal senso la farà il padre scalabriniano Lorenzo Prencipe, appartenenti cioè a quella congregazione religiosa che, assieme a tanti altri missionari italiani coordinati dalla Migrantes, si è prodigata nel mondo per tenere viva contemporaneamente la fede cristiana e l’italianità, operando a stretto contatto con le associazioni, molte delle quali da loro stessi promosse. Padre Prencipe oltre ad essere grande esperto in materia di emigrazione, ha fatto parte della CNE e in tal senso ci sentiamo sicuramente ben rappresentati in questo appuntamento celebrativo del 150º dell’Italia unita, evento realizzatosi prima ancora che in Italia tra gli italiani in terra d’emigrazione. (Luigi Papais*Inform)

* Presidente della Consulta Nazionale Emigrazione (CNE)

 

 
 
 

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