8811 Togliere l'innesco ideologico al Ddl di riforma di Comites e Cgie prima che deflagri

 
20110525 10:24:00 redazione-IT

[b]Togliere l’innesco ideologico al Ddl di riforma di Comites e Cgie prima che deflagri, rinunciare a corse solitarie che portano a strade senza uscita[/b]
di Rino Giuliani

L’amico onorevole Fedi ha osservato di recente come “i soggetti che compongono il panorama della rappresentanza Comites, Cgie, Parlamentari e Associazioni rischino di dilaniarsi su una proposta di riforma” . Lo afferma , ma non convince, nel contesto di una recente dichiarazione critica e autocritica pur tuttavia dagli intenti apprezzabili. La realtà è che non esiste obiettivamente il rischio di un “ fuoco incrociato, sempre inutile e dannoso fra “chi crede” in un progetto e coloro che , come azzarda Fedi, “non credenti” “lavorano per non vederlo realizzato o per modificarlo” .La ipotizzata simmetria di ruolo corre il rischio di apparire una sorta di equidistanza dorotea atteso che le responsabilità dell’attuale situazione non possono essere distribuite in parti eguali.

Da un lato c’è una pluralità di soggetti organizzativi e di singoli, a diverso titolo rappresentativi del mondo degli italiani all’estero, che criticano il ddl e dall’altro alcuni parlamentari in Senato che, a partire da un giudizio di inadeguatezza degli attuali comites e cgie a suo tempo avanzato dal governo, hanno voluto, costruito e avviato all’iter per l’approvazione il testo in questione. Le associazioni e quelle della CNE, in specie, non sono a difesa aprioristica dell’esistente CGIE, anzi, si battono per una revisione condivisa che riconosca tra le rappresentanze quella di cui sono portatrici. La CNE lo fa, in specie, collegando la possibile riforma del cgie ad un progetto avviato per dare unitarietà all’azione delle associazioni nazionali , regionali e locali attive in Italia e nel paesi d’accoglienza. Nei prossimi mesi si vedranno i passi fatti in avanti in tale direzione come ricordava in una sua dichiarazione recente Luigi Papais, il presidente della CNE. In che modo e sulla base di quali criteri non discriminanti per le associazioni è materia di discussione aperta in primo luogo dentro l’associazionismo e poi nel confronto esterno a partire da quello con l’altra rappresentanza, quella degli eletti dall’estero che ha trovato il naturale luogo di piena esplicazione nel parlamento, e che- tramite i partiti- corpi intermedi della società italiana- si è ormai data le sue articolazioni organizzative, le sue sedi di discussione e di decisione nei paesi d’accoglienza ed in Italia. Detto senza enfasi, nessuno può sfuggire all’imperativo “rinnovarsi o perire”. Vale come ricorda l’on Fedi per le associazioni “attive e non per le sigle vuote” che possono trovarsi purtroppo ovunque e non solo a Roma come maramaldeggiando è stato sostenuto da altri. Vale anche per insostituibili strutture di servizio, quali i patronati all’estero (peraltro non di sola emanazione sindacale) da tempo anche loro alle prese con piani di adeguamento funzionale, organizzativo e finanziario atteso che anche per loro si è posto e si porrà il problema di chiudere qualche “sigla vuota”.Molti eletti dall’estero, ivi compreso l’on. Fedi sanno queste cose per essere stati, prima della loro elezione, per lunghi anni, dirigenti qualificati di primissimo piano di patronati all’estero. La cosa vale oggi anche per i partiti politici ,che in via diretta rappresentano i propri iscritti, anche loro (a parte i deficit programmatici e non solo in tema di italiani all’estero) alle prese con proprie strutture attive che si rinnovano ed adeguano e con altre che vanno considerate “sigle vuote”.

Non ci faremo trascinare in risse ma non subiremo aggressioni a freddo , non ci renderemo disponibili ad andare oltre il confronto delle idee che sono note per averle dette e scritte a partire dalle udienze conoscitive in Senato. Lo ripetiamo : le nostre critiche possono non piacere ma nessuno può dire che noi mentiamo sapendo di mentire. Non è il linguaggio che ci aspettiamo. L’on Fedi paventa “il rischio nell’immediato di un sostanziale scollamento” fra soggetti della rappresentanza e sottolinea che “occorre fare in modo di mantenere sempre aperti i canali del dialogo”.

Occorre però anche sapere che non tutto può essere portato a sintesi e che una confusa sommatoria non fa un buon provvedimento di legge. Con i tempi necessari si può revisionare una normativa, migliorandola, anzichè stravolgerla muovendo da assunti ideologici. Tutto questo può accadere se: a) i gruppi parlamentari della Camera assumono la richiesta di togliere l’innesco ideologico ad un provvedimento, proprio per questo così potenzialmente deflagrante, avanzata anche dai loro responsabili di partito per gli italiani all’estero b) se la bozza predisposta dal CGIE viene avviata ad un percorso partecipato.

Uno dei possibili percorsi è quello di assumere la nota bozza del CGIE e di rapidamente verificarla con la CNE e con il Coordinamento delle Consulte regionali c) il testo, risultato di tale confronto, va alla discussione con la rappresentanza parlamentare dell’estero. Un tale testo, risultante della partecipazione di coloro che, in forma diversa esprimono la rappresentanza degli italiani all’estero siamo sicuri avrà un iter parlamentare rapido e condiviso.
La percorrenza di tale tragitto può davvero rappresentare la chiusura positiva di una prossima rapida fase virtuosa anzichè la forzata conclusione dagli imprevedibili effetti di una prolungata fase “destruens” che stiamo subendo sin dall’inizio di quest’ultima legislatura. Gli italiani all’estero meritano una responsabilizzazione condivisa e non corse solitarie che portano a strade senza uscita.

 

 
 
 

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