8810 CGIE/Comites: Ascoltare la rappresentanza che c'e', non quella immaginata.

 
20110525 23:06:00 redazione-IT

[b]di Rodolfo Ricci[/b]

Oggi il Senato della Repubblica ha approvato il DDL cosiddetto Tofani, dopo un dibattito misero che dimostra lo scadimento delle nostre istituzioni in termini di competenza e conoscenza delle situazioni reali e dei problemi effettivi.

Basta leggere i resoconti di alcune agenzie stampa per rendersi conto del livello quasi grottesco delle motivazioni apportate a sostegno di questo Disegno di Legge di riforma di Comites e CGIE, che, al di la’ del voto finale (che ha visto tutta l’opposizione votare contro) sembra continuare ad accomunare molti esponenti di maggioranza e di opposizione nella Camera ‘alta’ sul piano delle motivazioni di fondo della riforma.
Fatta salva Mirella Giai che dall’associazionismo e’ stata eletta, brillano, in questo senso, gli interventi di Tonini, PD e del noto sottosegretario Mantica, PDL.

Il primo rivendica la ‘paternita’ dell’approccio riformatore al PD, nello specifico a Claudio Micheloni. Richiama la probabile necessita’ di qualche miglioramento, e poi pero’ vota contro. Votano contro, i senatori del PD, soprattutto perche’ sanno che alla Camera, i deputati del PD e anche di altri gruppi dell’opposizione sono totalmente in disaccordo con questo disegno.

Il secondo, Mantica, si dilunga nell’ennesimo elogio della modernita’ che scaturirebbe dal DDL, in particolare l’introduzione del maggioritario nell’elezione dei Comites, l’esclusione dei rappresentanti di associazioni e patronati dal CGIE, la riduzione del numero dei Comites, e soprattutto l’inserimento dei rappresentanti delle Regioni dentro la nuova assemblea del CGIE, cosa questa che, nella sua idea, gli evitera’ – sempre che questo governo resti in piedi – altre figuracce e mozioni di sfiducia per i tagli draconiani che ha consentito e per i quali passera’ alla storia come il peggiore interlocutore che gli italiani nel mondo abbiano mai conosciuto.

Infatti, Mantica pensa che con le Regioni dentro il CGIE, i nuovi rappresentanti degli italiani all’estero saranno chiamati, giocoforza, a reclamare da queste ultime qualche residuo euro per un progettino li’ e uno di la’. Cosi che il MAE non abbia piu’ noie e tutta la questione trovi soddisfazione in una nuova gestione a circuito chiuso CGIE/Regioni. Si tratta invece, a me sembra, della fine di ogni prospettiva di politica organica per l’emigrazione che solo un Governo centrale potrebbe garantire.

Claudio Micheloni e’ convinto, stando alle dichiarazioni apparse sulle agenzie, che questa meravigliosa innovazione – che tra l’altro dovra’ acquisire il consenso delle Regioni nel rispetto e riconoscimento della loro autonomia -, sia un passaggio che creera’ grandi opportunita’, dimenticando, stranamente, che negli ultimi anni questi enti locali, su pressione dello Stato centrale e del Ministro Tremonti, hanno dovuto operare tagli vigorosi ai loro gia’ miseri stanziamenti per gli italiani all’estero e che, alla luce dei vincoli di bilancio della UE e delle leggi di stabilita’ dei prossimi due decenni, saranno obbligati, loro malgrado, a ridurre ulteriormente.

Insomma, sia quelli del PD che quelli del PDL, al Senato, pur votando diversamente, rivendicano primogeniture e modernita’ e si scagliano contro i retrogradi, i vetero (tra cui pare doversi annoverare quasi tutti i deputati dell’estero).

La modernita’ di cui pero’ in particolare ci si fa vanto deriverebbe dal fatto che finalmente tutto quel mondo di parassiti dell’associazionismo e dei sindacati sara’ fatto fuori in un botta sola e che, finalmente, il CGIE servira’ da ‘strumento’ efficace per i parlamentari – cosi’ pare aver affermato Micheloni -, nella loro ardua opera di rappresentanza globale degli italiani all’estero, poiche’ altrimenti vagare da un continente all’altro sarebbe per loro impossibile.

Alla faccia della rappresentanza. Il concetto viene addirittura ribaltato al punto che gli eletti Comites e CGIE dovrebbero trasformarsi in rappresentanti si’, ma dei parlamentari eletti, nei rispettivi territori di elezione.
Vassalli e valvassori.

La cosa non quadra da diversi punti di vista. E poi non c’e’ molto rigore in questa ipotesi: se il nuovo modello di rappresentanza oggi approvato fosse cosi’ perfetto ed esaustivo in quanto caratterizzato da suffragio universale e maggioritario – e senza i corpi intermedi della società civile a infastidire Comites e CGIE -, perche’ continuare a riprodurre una rappresentanza parlamentare bifronte che dovrebbe impropriamente rappresentare cio’ che attraverso questa riforma, sara’ piu’ che adeguatamente rappresentato ?

Il prossimo passo in linea logica potrebbe essere, a questo punto, l’eliminazione del collegio estero e delle 4 circoscrizioni. Vale a dire: gli italiani all’estero votino pure dall’estero, ma per i collegi nazionali e per candidati in Italia.

I parlamentari dell’opposizione alla Camera hanno gia’ dichiarato che il testo approvato dal Senato deve essere profondamente modificato. Vale a dire che esso appare molto difficilmente emendabile in positivo se non passa un’altro approccio.

Le idee possono essere diverse, ma in questa situazione di stallo, una cosa e’ fondamentale: non chiudersi nelle segrete stanze e recepire le indicazioni pressoche’ unanimi emerse nel corso degli ultimi mesi. E’ l’ultima possibilita’ che rimane: appellarsi alla rappresentanza che c’e’ e non a quella sognata.

 

 
 
 

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