8845 REFERENDUM, ITALIANI ALL’ESTERO SI EVITI LA BEFFA.

 
20110605 17:56:00 redazione-IT

[b]di Gaetano Azzariti[/b] – da “Il Manifesto" 4 giugno 2011

II 12 e 13 giugno gli italiani potranno recarsi alle urne per votare – oltre che sull’acqua e sul legittimo impe­dimento – anche sul nucleare. Così ha stabilito l’Ufficio centrale della Cassazio­ne, adottando una decisone la cui solu­zione era attesa.

Una soluzione che questo giorna­le aveva individuato per primo in un editoriale pubblicato subito do­po l’approvazione dell’emendamento «truf­fa» da parte del Senato (vedi Il manifesto del 29 aprile]. Per salvare il diritto ad espri­mersi sulla questione nucleare la Corte «Su­prema» ha però dovuto operare il «trasferi­mento del quesito» su una parte della nor­mativa appena approvata dal Parlamento. Quella parte della nuova disciplina all’origi­ne dell’inganno anti-referendario e perciò ritenuta non sufficiente per impedire la pronuncia del corpo elettorale. In tal mo­do si è rigorosamente applicato quanto, in tempi non sospetti (nell’ormai lontano 1978), venne a stabilire la Corte costituzio­nale.

Dunque del tutto infondata è la solita accusa rivolta ai giudici di avere operato «una scelta politica, tentando l’ultima spal­lata al premier».

La via anzi è apparsa obbligata, non po­tendosi certamente conservare il quesito originario che aveva ad oggetto leggi non più esistenti (abrogate proprio dal Parla­mento per tentare di aggirare il referen­dum), dovendosi però conservare il «princi­pio ispiratore» che aveva indotto i cittadini a richiedere l’abrogazione della normativa filo-nucleare, ribadita anche nella nuova legge. Anzi, in qualche modo può dirsi che la questione sottoposta agli elettori è ora addirittura più chiaramente definita. Non verte tanto su una specifica normativa (che può sempre essere cambiata, conser­vando però lo stesso spirito, come dimo­stra l’attuale vicenda), ma sul «principio» della scelta nucleare. Ciò impedirà dopo il referendum – se questo avrà successo – al Governo e a qualsiasi futura maggioranza di tornare a definire una pur diversa r già filo-nucleare. In fondo una garanzia ulteriore affinchè il responso Dopatane venga poi rispettato.

Vero è però che la nuova situazione in cui ci si viene a trovare genera alcuni deli­cati problemi pratici e di natura interpreta­tiva. Oltre alla necessità di predisporre en­tro il breve tempo che ci separa dal 12 giu­gno le nuove schede sui quesiti modificati per assicurare il diritto di voto a tutti gli ita­liani aventi diritto, anche – e soprattutto di garantire il diritto di voto già espresso da­gli italiani residenti all’estero. I quali si so­no già pronunciati, ma sul «vecchio» quesi-to, non invece su quello introdotto tramite il «trasferimento» operato dalla Cassazio­ne. Non starò qui a dire che ciò avrebbe do­vuto impedire l’approvazione della nuova legge oggi oggetto del referendum, in quan­to, se è vero che il Parlamento è libero di modificare la legge sino all’inizio delle ope­razioni elettorali {lo ha affermato proprio la citata sentenza della Corte costituziona­le del 1978), è da dubitare però che tale po­tere possa estendersi anche dopo l’inizio delle operazioni che riguardano l’elettora­to residente all’estero. Sarebbe stata que­sta un’altra ragione di invalidità della legge «truffa», che avrebbe potuto ostacolare la promulgazione. Ma tant’è.

Si tratta ora di individuare la migliore so­luzione giuridica che possa garantire il ri­spetto dei valori costituzionali coinvolti. Anche per evitare il rischio che al danno si aggiunga la beffa. Poiché non ritengo possi­bile riaprire la procedura elettorale solo per gli italiani che hanno già espresso il vo­to fuori dai confini nazionali (non ci sono i tempi e neppure le condizioni), poiché inoltre sarebbe lesivo del diritto fondamen­tale al voto dei nostri concittadini residenti all’estero invalidare le loro schede, ritengo che la soluzione sia quella di considerare validi i voti espressi in base al «principio ispiratore» comune che giustifica il referen­dum stesso. Se è vero infatti, come ha affer­mato l’Ufficio centrale, che ciò che da sen­so al quesito referendario non è la sua for­mulazione letterale (che è stata modifica­ta), bensì il rispetto del «principio» che so­stanzia la domanda posta al corpo elettora­le, non vi è dubbio che chi ha votato o vote­rà «sì» vuole escludere l’opzione nucleare in Italia. È questo il «principio ispiratore» comune che va salvaguardato e che acco­muna il voto dei residenti e di chi non lo è.

Un’ultima annotazione. È evidente che la soluzione proposta guarda alla sostanza e al rispetto dei valori costituzionali in gio­co e cerca una risposta in una situazione di difficile o impossibile soluzione in base a canoni giuridici esclusivamente formali. A tal proposito però credo non sia irrilevante notare che dinanzi ad una forzatura costi­tuzionale accertata – sia dall’Ufficio centra­le, ma anche dalla Corte costituzionale che martedì dovrà esaminare l’operato della Cassazione – diventi necessario far valere il rispetto dei superiori principi costituziona­li per ribadire il valore delle regole e delle forme giuridiche ordinarie.

(di Gaetano Azzariti – da “ Il Manifesto 4 giugno 2011)

http://www.emigrazione-notizie.org/downloads.asp?cat=53

 

 
 
 

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