8978 “Vamos lentos porque vamos lejos” – “Andiamo piano perché andiamo lontano”

 
20110631 08:20:00 redazione-IT

[i]di E. Milan – P. Viglino
Intervista a Antonio Tanese, attivista del movimento Democracia Real Ya a cura di Eva Milan* e Patrizia Viglino* – Megachip.[/i]

Gli Indignados spagnoli sono la risposta ad una crisi economica imposta dai poteri finanziari a livello europeo e globale che, dopo il caso Grecia, rischia di travolgere con effetto domino anche altri paesi europei come Spagna e Italia. A partire dal 15 maggio il popolo spagnolo ha risposto con le occupazioni di piazza, le acampadas, per affermare che questa crisi sistemica, che ha le sue stesse radici nella globalizzazione, non può essere interamente pagata dai cittadini col solo fine di tutelare le banche e i privilegi di pochi.
Le acampadas ripercorrono istanze che furono care al movimento no global e che ora tornano a campeggiare negli slogan delle proteste che stanno attraversando le piazze d’Europa, motivate dal dissesto economico e dalla crescente distanza della politica da forme di democrazia partecipata e reale.
Nel silenzio assordante dei media italiani ed europei, il movimento spagnolo continua le attività sul territorio e si è già messo in marcia verso una grande mobilitazione nazionale che culminerà il 23 luglio a Madrid.

Abbiamo intervistato Antonio Tanese, un italiano da molti anni residente in Spagna, attivo nel movimento Democracia Real Ya – DRY, per chiedergli le ragioni, i sentimenti e le prospettive future della rivoluzione degli Indignados.

D: Diversi paesi europei attraversano crisi sistemiche e rischiano la bancarotta. Perché, secondo te, proprio in Spagna è nato un movimento di protesta come Democracia Real Ya?

R: C’è voluto un tempo gestionale molto lungo iniziato ben prima dello storico 15 maggio 2011. Un “innesco” incontestabile alla nascita del movimento l’hanno dato le scelte liberiste di José Luis Rodríguez Zapatero, l’inesistente opposizione del sindacato ai “tagli”, l’assuefazione all’altra forza di sinistra, Izquierda Unida[i], che hanno dato alla crisi un’accelerazione. Lo scontento si è ingigantito nello spazio di settimane, di giorni, di ore.

Il partito socialista di Zapatero è alla fine, gli elettori sono stanchi ed arrabbiati; il famoso “stato del welfare” appare oggi, agli occhi degli spagnoli, un oltraggio alla fiducia che in questo partito si era riposta; tutti i passi nelle politiche sociali che la sinistra europea aveva applaudito, oggi sono inesistenti e poco visibili nei discorsi affannati che il bipolarismo tra il PSOE[ii] e il PP[iii] sta mettendo in scena. La colpa di Zapatero è stato il riscatto pagato alle banche e di non aver tenuto conto delle conseguenze disastrose, a livello politico ed elettorale, di un aumento esponenziale delle difficoltà crescenti a pagare le ipoteche da parte di migliaia di cittadini, di famiglie, che nel giro di pochi mesi si sono visti quasi raddoppiare gli interessi sull’ipoteca della casa, mentre i manager della finanza si aumentavano gli stipendi già milionari.

Un’altro aspetto da considerare è la disoccupazione il cui tasso generale è arrivato al 20%, mentre quello giovanile ha superato il 45%. Il più alto in Europa.

Una causa va cercata anche nelle rivolte nel nord Africa. La Spagna vive questa regione con meno indifferenza dell’Italia o della Francia e non dimentichiamo che il Marocco ha le sue frontiere con il sud della penisola ibérica; conseguentemente, possiamo affermare che un tale movimento di massa ha ricevuto una spinta importante dalle rivoluzioni egiziane e tunisine.

Le “acampadas”, come si sono definite fin dall’inizio i sit-in di piazza, sono state più o meno frutto della spontaneità e sono continuate grazie all’enorme affluenza di manifestanti fin dalle prime auto convocazioni della piazza. Il 16 maggio la Spagna si è come svegliata di colpo. E’ stata una sensazione non facile da descrivere, qualcosa che ti prende alla gola e ti fa sgorgare una lacrima inaspettata; posso ora riuscire a capire come si sono sentiti gli egiziani, quando di colpo hanno scoperto che uniti si può vincere.

C’è anche chi dice che l’ispiratore intellettuale, il famoso “grande vecchio” che si è profilato discretamente alle spalle della società spagnola, sia Stephane Hessel[iv] che con il suo libro “Indignatevi!!” ha scosso le acque chete della gioventù. Indubbiamente il libro in questione è stato letto e divorato da tutti.

D: La piattaforma politica del movimento, che in sostanza si esprime contro le politiche neoliberiste, è davvero largamente condivisa nel paese? E il movimento è ancora compatto come i primi giorni?

R: Gli spagnoli in generale appoggiano il movimento fin tanto che “rispetto” e “non-violenza” restano le parole d’ordine da difendere. Le persone, i volontari del movimento si stanno conquistando la fiducia del cittadino comune, che paga le tasse, che crede, o meglio ha creduto in un’ideologia [ndr: socialista] e che ha scoperto che tanto sacrificio [ndr: economico] non è servito a nulla. E’ commovente osservare con quale dedizione e disciplina gli anziani stanno vivendo questi giorni. Nella acampada della Plaza del Sol, a Madrid, si sono avvicinati fin dalle prime ore centinaia di ottantenni che non vedevano qualcosa del genere dalle ultime grandi riunioni della seconda Repubblica. Ancora negli anni Sessanta e Settanta, la maggior parte di loro erano abituati alla “regola del silenzio”[v], conseguenza del regime franchista.

D: Sapresti descrivere come è composto il movimento degli Indignados? In Italia, ad esempio, il malcontento è espresso soprattutto dai precari del lavoro e dai lavoratori in mobilità. E in Spagna?

R: Alla gestazione e costruzione della piattaforma rivendicativa di DRY ha contribuito buona parte del tessuto sociale produttivo, i collettivi universitari e gli studenti delle medie superiori, i centri direzionali di quartiere, i comitati di disoccupati, di sfrattati, le ONG, migliaia di persone che hanno cominciato ad esprimere stanchezza e indignazione davanti a microfoni e televisioni.

D: I media spagnoli come si stanno comportando nei confronti del movimento?

I media spagnoli sono divisi tra la simpatia, la critica aperta e la delegittimazione. La destra si affanna a puntare il dito contro i pochissimi episodi di violenza che si sono registrati; i giornali del Partido Popular[vi] hanno addirittura parlato di attacco allo Stato, di terrorismo e altre allucinazioni del genere; la sinistra, come sempre divisa, non riesce a sposare del tutto le rivendicazioni del movimento per non “disturbare” i mercati.

Il resto delle opinioni si sta esprimendo con rissosa regolarità nei programmi televisivi con interviste al politico o all’analista di turno e sarebbe abbastanza comico lo spettacolo se non fosse che migliaia di famiglie si trovano sull’orlo della disperazione.

D: Come vi aspettate che risponda concretamente la politica istituzionale spagnola rispetto ai punti espressi nel manifesto DRY? Proprio in questi giorni si sta dibattendo alla camera bassa il tema della democrazia reale. E’ un segnale positivo o una strategia del consenso?

R: Da più parti, soprattutto da sinistra, si continua ad insistere sulla mancanza di obiettivi concreti che dovrebbero necessariamente scaturire dalle piazze; si crea il pregiudizio su una ingenuità cronica, una sorta di utopia generalizzata ed imperante che diventa valvola di sfogo delle necessità del cittadino. È ovvio che la politica ragiona con la “politica” ma la politica tradizionale non ha compreso che la piazza non pretende di cambiare le leggi. La nostra è una posizione assembleare e propositiva, continuiamo a credere nel messaggio politico con la sola differenza che c’è da cambiarne le regole. Uno dei punti nevralgici delle rivendicazioni è difatti l’abolizione dell’attuale legge elettorale che premia il bipartitismo castigando i partiti minoritari e, ovviamente, il polo unico PSOE-PP[vii] non vuole sentirne parlare. E’ vero che si è discusso di questo in parlamento ma, fondamentalmente, il binomio suddetto non è disposto a cedere, dunque è solo fumo necessario perché passi il tempo e la gente si stanchi, secondo un’opinione diffusa nei politici d’arrembaggio che il tempo avrà la capacità di arrugginire le proteste.

D: Dal punto di vista politico, esiste in Spagna una leadership pronta e preparata a farsi carico delle istanze degli Indignados?

R: Il movimento non è nato per entrare nel gioco politico, è nato per rendere visibile il malcontento generale del paese e si propone di mettere alle corde un sistema politico putrido e infetto che non ha più legami reali con la cittadinanza e non è più l’espressione democratica del paese reale, difatti uno degli slogan più scanditi dice “Non ci rappresentate più”.

C’è da dire che è in corso un dibattito sponsorizzato dalle sinistre istituzionali sull’opportunità di superare l’orizzontalità e il metodo dell’assemblea per defluire in un movimento politico, coi suoi rappresentati per presentarsi alle prossime elezioni ed entrare dalla porta principale nel sistema politico e cambiarlo dall’interno. Per il momento le singole assemblee rifiutano in blocco questa alternativa e desiderano imporre un cambiamento sotto la spinta della piazza e dell’opinione pubblica.

L’idea è che una spinta democratica indignata e nata dal basso trovi l’appoggio politico necessario a un cambio radicale. Se l’appoggio ancora non esiste, sarà compito della cittadinanza tirare le somme e procedere ad altre forme di lotta, come lo sciopero o il referendum abrogativo.

D: Si parla tanto della fine del neoliberismo e della morte del capitalismo reale ma esistono allo stato attuale delle proposte concrete, politiche ed economiche, per nuovi modelli di sviluppo e di partecipazione democratica?

R: I modelli possibili per il raggiungimento degli obiettivi che si propone DRY passano attraverso l’eliminazione dei privilegi della classe politica, il diritto alla casa, un servizio pubblico di qualità, il controllo sulla gestione degli istituti bancari, una pressione fiscale più misurata e solidale, la protezione della libera informazione, Internet, referendum obbligatori su questioni che mettono a rischio le libertà fondamentali del cittadino, modifica del sistema elettorale su base proporzionale, indipendenza del potere giudiziario, riduzione drastica delle spese militari. In una parola: l’applicazione reale della democrazia partecipativa.

D: Al di là del discorso politico ed economico, certamente incisivo, che posto occupano i temi della sostenibilità, dell’uguaglianza e della parità, della guerra?

R: I temi della parità, della partecipazione della Spagna alle “missioni di pace”, dell’uguaglianza e della sostenibilità fanno naturalmente parte del bagaglio del movimento. Si tratta di punti espressi in modo dettagliato nel manifesto del movimento. Esistono delle commissioni che hanno messo a nudo e stigmatizzato ogni punto nei suoi dettagli più reconditi e, documenti alla mano, hanno preso contatti con alcuni parlamentari che sono realmente interessati a cominciare a parlarne.

D: Qual è il rischio che queste proteste possano essere strumentalizzate per convogliare il malcontento e attraverso la crisi politica giungere a un cambio di potere magari auspicato? Del resto in Spagna c’è andato di mezzo un leader della sinistra come Zapatero, salito alla guida del paese in un momento in cui trionfavano le destre a livello europeo..

R: Il discorso della strumentalizzazione è sempre dietro l’angolo, il movimento ne è cosciente. Se ci sarà un cambio di potere, come sembra che stia per accadere, e questo sposterà a destra l’asse della politica spagnola, non genererà cambi di rotta nella spinta di massa che DRY rappresenta e che al massimo potrà potenziarsi, considerando il suo DNA di sinistra. Zapatero ha fatto quello che Sarkozy e Merkel stanno imponendo, un regime a marce forzate rivolte al consolidamento del neo-liberismo: questa è la sua colpa e, per i suoi untori, il suo pregio.

Anche il tentativo di Izquierda Unida, una formazione di sinistra vecchio stampo che ho sempre rispettato per assumere sempre le difese dei diseredati, si è arroccata a difesa ad oltranza, senza fare una scelta decisa e spiazzante per il resto della classe politica. Avrebbe potuto captare i segnali di questo malessere ma si è racchiusa nei suoi calcoli elettorali dimenticandosi di appartenere al popolo della “calle”[viii]. Ora si affanna ad interpretare, a capire, a comprendere, ad appoggiare, ma è un po’ tardi.

Mi sono convinto che le attuali regole del gioco politico non sono più l’espressione democratica del paese e, conseguentemente, i partiti che ne sono parte non mi rappresentano più. Si è resa visibile una frattura tra le necessità primarie della gente e gli interessi politico-finanziari del FMI e della Banca Mondiale. La Germania ha riacquistato un’egemonia economica e finanziaria inarrestabile ed i paesi del sud come l’Italia o la Spagna, la Grecia, il Portogallo, si sono inginocchiati dinanzi alla potenza franco-tedesca. In Spagna non esiste alcun paradigma antifrancese o antitedesco ma c’è la netta sensazione che tutto ciò si stia giocando sulla pelle delle persone, alle cui si offre, ogni quattro anni, un pezzetto della torta democrática tramite le elezioni, intanto che la politica si è messa al servizio della finanza, dimentica che il dovere della classe politica, in una vera democrazia, è quello di ascoltare. Ed è precisamente a questo che ci stiamo dedicando nelle piazze, a farci ascoltare. Il cittadino deve essere chiamato ad opinare sui destini del suo paese non solamente in caso d’elezione regionale, provinciale o nazionale: deve essere presente nelle scelte economiche e sociali del suo legittimo governo e ogni azione governativa importante e rilevante, relativa al suo benessere, deve essere sottoposta allo scrutinio degli elettori.

D: Quali sono le prospettive future del movimento?

R: Le prospettive del movimento per il futuro sono come le vele di Ulisse… Ma, metafore a parte, non è tutto frutto dell’improvvisazione, anzi, al contrario, si sono create le Assemblee di quartiere quando si è deciso di smontare le acampadas. La decisione di liberare le piazze è stata presa assemblea per assemblea. Alcune piazze, ad oggi, continuano ad occupare il suolo pubblico ma in spazi ridotti. Tuttavia la maggioranza delle piazze ha stabilito di sciogliere le assemblee permanenti, anche perché i commercianti delle zone “bloccate” stavano giustamente cominciando a scalpitare per mancanza di clientela e si sono costituite delle assemblee mobili che decidono di volta in volta dove stabilire i presidi informativi. Al posto delle acampadas si sono create delle sezioni operative che, con l’apporto di volontari come me, si occupano di varie questioni come ad esempio l’impedimento físico degli sfratti: si stilano gli elenchi delle situazioni al limite e si accorre all’indirizzo per impedire lo sfratto esecutivo formando una barriera umana e la polizia non può fare nulla. Sembra che l’iniziativa si stia diffondendo abbastanza bene in tutto il territorio. La sezione di relazioni con i media ha il compito di regolare le dichiarazioni ufficiali del movimento e monitorare le televisioni e i giornali. Ci sono le sezioni di appoggio legale dove alcuni avvocati rispondono e intervengono gratuitamente sulle situazioni che si vanno creando. Le sezioni più attive sono quelle che operano sul web. Si stanno creando reti e blog in tutto il mondo.

Poi c’è la proposta di proclamare uno sciopero generale per il 15 d’ottobre e sarà una bella gatta da pelare per i sindacati che fino ad ora si sono tenuti un po’ in disparte, coscienti delle accuse sul “collaborazionismo” con Zapatero a proposito delle riforme “necessarie” al paese. E’ questo il motivo della idiosincrasia rispetto al tentativo delle due principali forze operaie spagnole CCOO e UGT[ix], rispettivamente comunista e socialista, di impadronirsi nei primi giorni delle rivendicazioni del movimento. C’é comunque da rifletterci sopra molto bene prima di chiamare le masse operaie allo sciopero generale senza l’appoggio del sindacato. Ad ogni modo vedremo cosa succederà, potrebbe verificarsi il caso di un sostegno alla proposta così unitario che lo stesso sindacato sarebbe “costretto” ad avallarlo.

D: Gli Indignados spagnoli hanno ispirato la nascita di movimenti simili in altri paesi europei, ma il loro impatto, al momento, è molto più debole rispetto a quello spagnolo. Sarà possibile costruire un forte movimento europeo sull’onda degli Indignados?

R: In Europa ed in America Latina, il movimento del 15M[x] sta trovando spazi ed appoggi, ancora minoritari, ma siamo ottimisti e c’è la serena convinzione che rivendicare un mondo diverso è ancora possibile; cercare nel linguaggio etico-politico le chiavi per aprire un flusso di dignità e rispetto per l’individuo è possibile; una maniera più solidale di legiferare e ripartire la ricchezza è necessaria; le persone che sono oggi miei compagni d’avventura in questo viaggio, fino a ieri erano invisibili ai miei ed agli occhi del mondo. La costruzione dell’utopia è complicata ma chi ha detto che sia impossibile? Invito tutti a cercare informazioni veritiere su ciò che sta avvenendo in quest’angolo del pianeta, scriviamoci, leggiamoci, telefoniamoci, sopratutto convinciamoci che insieme uniti si va piano ma si va lontano

*Eva Milan, mediattivista – *Patrizia Viglino, giornalista freelance

SITI WEB:

www.democraciarealya.es

www.tomalaplaza.net

www.tomalacalle.com

Alcuni degli slogan apparsi nei cortei o nelle acampadas:

“Utopia è pensare che questo sistema sia sostenibile”

“La crisi del XXI secolo è di coscienza”

“Violenza é un salario di 600 € ”

“Non siamo anti-sistema, é il sistema ad essere anti-cittadino”

“Il sole giá lo abbiamo, ora prendiamoci la Luna” (con riferimento a la Plaza del Sol……)

[i] Sinistra Unita – IU. Partito politico spagnolo di sinistra radicale discendente dal Partito Comunista Spagnolo che fu attivo durante la Resistenza al regime franchista

[ii] PSOE – Partido Socialista Obrero Espanol, Partito Socialista Operario cancellato, durante il regime franchista, dalla rappresentanza politica è tornato sulla scena politica negli anni Sessanta

[iii] Partito Popolare – PP. Partito politico spagnolo di centro-destra

[iv] “Indignez Vous” (Indignatevi !) di Stephane Hessel, l’ultranovantenne partigiano francese scampato ai campi di sterminio nazisti

[v] Nell’epoca post-franchista, durante la transizione alla fase democratica, i partiti politici spagnoli si adeguarono tacitamente alla così detta regola del silenzio (pacto del silencio), al fine di favorire la riconciliazione nazionale dopo la guerra civile. Tuttavia, questa “regola” ha impedito per decenni che si facesse luce sui crimini commessi dal regime franchista e che non si potessero aprire inchieste sulle fosse comuni o sui bambini desaparecidos. Il corso cambia decisamente dopo gli attentanti alle stazioni ferroviarie nel marzo del 2007 quando, dopo il tentativo del Partido Popular di sfruttare la paura del terrorismo per pilotare l’elettorato, la Spagna si sveglia e via web ed sms scredita collettivamente i tentativi di depistaggio e di pilotaggio. Le successive elezioni premiarono la sinistra socialista spazzando il governo Aznar

[vi] Vedi nota iii

[vii] Vedi note ii e iii

[viii] La gente della strada

[ix] CCOO e UGT Sindacati spagnoli

[x] 15 maggio 2011, data della prima acampada

http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/6411-vamos-lentos-porque-vamos-lejos–andiamo-piano-perche-andiamo-lontano.html

 

 
 
 

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