9002 Draghi il tedesco

 
20110706 16:33:00 redazione-IT

[b]di Antonio D’Orazio[/b]

Non ho capito il plauso tributato dal centro sinistra a Draghi, ex governatore della Banca d’Italia, per quel che ha detto nella sua ultima relazione. Intanto le banalità, ovviamente prodotte dal caso e non dalla politica: l’Italia cresce a un ritmo insoddisfacente, che si riflette in redditi stagnanti, problemi occupazionali, maggiori difficoltà a gestire la finanza pubblica, elevata pressione fiscale, carenza delle infrastrutture, bassa produttività, l’ovvio divario tra noi e la Germania e tra il nord e il Sud del paese, il peso dell’illegalità, … Insomma tutta colpa della crisi per cui le banche, le politiche governative e europee di 20 anni e l’impoverimento di larghi strati della popolazione non c’entrano nulla….

Anzi appena insediato Draghi aveva continuato le pressanti sollecitazioni dell’ex presidente Fazio sulla necessità di spostare l’età pensionabile sempre più in là, soprattutto ad ogni finanziaria. Poi deve averci ripensato poiché la via era già tracciata, sia da Padoa-Schioppa che da Tremonti.
La ricetta c’è: ridurre di più la spesa pubblica, del 7%, e aumento dei tassi di occupazione.

Tutti contenti, da Tremonti all’Europa, perché lo farà davvero, ai sindacati perché sperano nell’aumento dell’occupazione, in qualsiasi modo. Tutti sanno che secondo il trend più che decennale si realizzerà solo la prima ipotesi.

Ma soprattutto il testamento è quello di raggiungere l’obiettivo del pareggio del bilancio nel 2014.

Insomma proseguire nelle politiche di tagli al sociale a al pubblico privatizzando ancora e sempre. E’ il pegno e la garanzia per ottenere la presidenza della Banca Centrale Europea. Soddisfatti i francesi e i tedeschi. La via alla continuità nell’ingerenza degli affari europei degli amici di Goldman Sachs è assicurata. Altri meriti non li ho trovati.

Sicuramente Draghi, come il suo predecessore, dispenserà consigli di “rigore” a Atene e ad altri. Non dimentichiamo che Draghi era vice-presidente della banca Goldman Sachs quando essa aiutava la destra greca a contraffare i conti pubblici ellenici e a speculare. Nell’autonomia bancaria non ci sono conflitti di interesse, né confini all’azione.

Non a caso il suo richiamo alla necessità di “una norma di equilibrio delle finanze pubbliche” è simile a quello che il FMI a chiesto ai francesi di introdurre nella loro costituzione.

Tanto che Jean-Claude Trichet, appena ex presidente della BCE, chiede che le “autorità europee possano avere diritto di veto su alcune decisioni di politica economica nazionale”. E notoriamente, le questioni economiche e di denaro appartengono all’autonomia e all’indipendenza bancaria.

E’ una tendenza già in atto da due decenni e non ancora completamente conclusa. In Italia è stata sufficiente nel 2009 una legge sul “patto di stabilità interna”, sulla virtuosità degli enti e sulla riferibilità delle regole a criteri europei con riferimento all’individuazione delle entrate e delle spese valide per il patto.

Una specie di delocalizzazione del potere politico reale verso luoghi, diciamo, di abbondante leggerezza democratica. Attraverso banchieri d’assalto. Draghi, per essere in linea e quindi presidente della BCE, rappresenta questo.

D’altra parte, in Italia abbiamo cominciato con Ciampi e continuato con Prodi, altri banchieri, che qualcuno ha dichiarato illuminati, ma pur sempre banchieri. La Francia si stava liberando del banchiere presidente del F.M.I., D. Strass-Kan come candidato presidente francese “socialista” a causa di un vero complotto, ma se torna come vittima e vince, poveri francesi.

Il presidente dell’Eurogruppo, il lussemburghese J-C Juncker ha predetto che la Grecia dovrà confrontarsi con severe limitazioni della sua sovranità nazionale, comparando la situazione di Atene a quella della Germania dell’Est dopo la riunificazione. Infatti non è una crisi, ma una truffa. Banchieri d’assalto.

L’Italia è pronta. Chi ha vissuto qualche decennio di politica non può dimenticare che ad ogni crisi del capitalismo, quasi ogni dieci anni, bisogna “salvare l’Italia” dal precipizio.

E’successo nel 1992 con Ciampi e le sue sforbiciate (più l’accordo sindacale sul taglio dei salari, la cosiddetta concertazione), nel 2001 con Prodi (penalizzazione della Lira nei confronti dell’euro e nessun controllo dei prezzi), oggi nel 2010/11 e domani nel 2013/14.

Tutti si attrezzano, probabilmente anche la Cgil, con questo strano e innaturale accordo di corresponsabilità appena firmato in nome di una unità al ribasso. Qualora dovesse vincere prossimamente il centro-centro-sinistra.

Con un po’ di malizia potremmo dire che l’unità sindacale si ricompone, più o meno, quando vi è sentore di ritorno del centrosinistra al governo, per lasciar posto a spaccature profondissime quando il pendolo politico tocca nuovamente il polo del centrodestra.

La realtà vera è che in questi ultimi vent’anni i lavoratori e i pensionati sono diventati tutti più poveri (almeno il 70% del potere d’acquisto. Dati Ires-Cgil) per salvare l’Italia dei sempre più ricchi.

Ma soprattutto si è definitivamente persa la dignità del lavoro. Il ricatto è che se non remano, mentre altri dirigono e sedendo al sole, la barca affonda con loro. I ricchi però hanno il salvagente (stimato a 500 miliardi di euro nei paradisi fiscali, metà del debito pubblico. Eurispes).

Certo che non li hanno consegnati a quelle marionette matte di Berlusconi e Tremonti. Le chiacchiere sono chiacchiere, i soldi sono soldi. Un assioma bancario.

 

 
 
 

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