9050 Da chi è composta l'opposizione libica

 
20110716 12:46:00 redazione-IT

[b]Libia: un’opposizione sospetta[/b]
di Juan Gelman (da Latinoamerica.it)

[b]Juan Gelman è uno dei più grandi poeti viventi della lingua spagnola. Nel 2007 ha vinto il prestigioso Premio Cervantes per la sua opera. Ma è anche un giornalista attento e combattivo, nonostante gli anni e le tragedie che si sono abbattute sulla sua vita. Argentino di nascita, esule durante la dittatura militare, padre di due giovani desaparecidos, è riuscito a ritrovare una nipote, data in adozione a una famiglia uruguayana, appena qualche anno fa. La sua militanza non cede con l’età, e dal Messico, dove vive ormai da molti anni, continua a coltivare la sua professione di giornalista. La nota che segue ci aiuta a capire meglio quello che accade in Libia e a tentare di sapere chi sono i misteriosi rappresentanti della ribellione cirenaica, riconosciuta ormai come controparte da molti paesi della NATO.[/b]

Quella lbica è un’opposizione sospetta. Un’ accertamento congiunto realizzato sul terreno dal Centro di Ricerca e Studio del Terrorismo e di Aiuto alle Vittime del Terrorismo (Ciret-AVT, dalle iniziali in francese) e dal Centro francese di Ricerche sui servizi di intelligenza (Cf2R), porta a questa conclusione: l’opposizione al dittatore Gheddafi è sospetta. Sei esperti di questi due think-tanks parigini ha visitato Tripoli e la Tripolitania dal 31 marzo al 6 aprile e sono poi andati a Bengasi, capitale dei ribelli, dal 19 al 25 aprile. Hanno sostenuto incontri con rappresentanti delle due parti, hanno valutato la situazione imperante e hanno redatto un rapporto di 44 pagine, il primo di questo genere (www.ciret-avt.com e www.cf2r.com ). Le conclusioni non sono molto incoraggianti.

Le prime due: i seguaci della jihad hanno giocato, e giocano ancora un ruolo predominante nella ribellione contro Tripoli mentre i “veri democratici” rappresentano solo una minoranza. Nel rapporto vengono individuate quattro fazioni dell’oppositore Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), che è stato riconosciuto da diverse potenze come la vera autorità del paese con la Francia in testa. Salvo che per la caduta di Gheddafi, i membri con volontà di democratizzazione del CNT hanno poco su cui accordarsi con gli altri tre settori: chi vuole restaurare la monarchia che era stata abbattuta dal despota nel 1969, chi fa parte degli estremisti che spingono per ristabilire uno stato islamico e chi è costituito da ex figure del regime che hanno abbandonato il leader per motivi diversi, come l’opportunismo, naturalmente. Tuttavia vi sono alcuni punti di coincidenza non precisamente democratici.

Quelli degli islamisti e dei monarchici sono molto chiari: Idris I, il re deposto, era il capo della Fraternità Senussi, che gli autori del rapporto descrivono come “una setta mussulmana antioccidentale che pratica un culto austero e conservatore della fede islamica”. Detto in altre parole, sono monarchici-fondamentalisti. Il più eminente fra quanti hanno abbandonato Gheddafi, nonché presidente del CNT, è Mustafà Abdul Jalil, un “tradizionalista” appoggiato dai jihadisti. Ha nella sua agenda, fra l’altro, la storia delle infermiere bulgare.

Jailil era il Presidente della Corte d’Appello di Tripoli quando, alla fine del 2006, un tribunale ha condannato a morte cinque infermiere bulgare e un medico palestinese accusati di aver infettato deliberatamente con il virus dell’AIDS più di 400 bambini in un ospedale di Bengasi. Il tribunale aveva messo da parte senza pietà la testimonianza di esperti, compresi alcuni Premi Nobel, che avevano certificato che il virus esisteva nell’ospedale da molti anni prima che venissero contrattati gli accusati ( www.nationalreview.com 20.12.06). Vi fu un appello ma Jailil ha appoggiato per due volte la sentenza del tribunale. Alla fine, dopo aver negoziato con la Francia, Gheddafi ha concesso la libertà a quei sei candidati al plotone d’esecuzione.

Il rapporto segnala la presenza nel CNT di rappresentanti del gruppo di combattenti islamici della Libia, che definisce come “il pilastro dell’insurrezione armata”. “In questo modo –asserisce- la coalizione militare diretta dalla NATO appoggia una ribellione che include terroristi islamici”. Ricorda che la Cirenaica è stata una fornitrice importante di reclute di Al Qaeda per l’Irak, “per cui non si può negare che i ribelli libici che adesso Washington spalleggia, solamente ieri erano jihadisti che uccidevano soldati statunitensi”.

Il CNT non ha fatto conoscere i nomi della maggioranza dei suoi membri, in parte per ragioni di sicurezza, ma in parte perché sono impresentabili come dirigenti di un sedicente movimento democratico. Succede con Abdul Hakim al Hasadi, autonominatosi reclutatore per Al Qaeda, che il rapporto qualifica di “leader dei ribelli libici”. Dei 31 integranti il CNT, la vetrina mostra solamente 13 “persone con fama di democratici, simpatici e accattivanti”, ha dichiarato Yves Bonnet, ex capo dei servizi segreti francesi e uno degli autori dello studio (www.english.rfi.fr 13.6.11). Dei 18 restanti , non si sa.

Eric Decéné, direttore del Cf2R, è tornato da un viaggio a Tunisi, in Egitto e in Libia piuttosto pessimista riguardo alla portata della “primavera araba”. Riconosce una “aspirazione a maggior libertà” della popolazione di quei paesi, ma stima che il cambio degli staff dirigenti potrebbe essere la soglia di una grande frustrazione. “Non credo nella spontaneità di queste rivoluzioni, che sono state preparate già da parecchi anni”, ha dichiarato al giornale La Tribune (www.latribune.fr 1.6.11). Durante la settimana che ha preceduto gli avvenimenti –ha sostenuto-, gli alti comandi degli eserciti di Tunisi e dell’Egitto si erano recati a Washington, dove viene assicurato l’essenziale dei rispettivi finanziamenti, allo scopo di riceve il via libera degli Stati Uniti per cacciare i regimi ormai privi di prestigio.

L’Egitto è governato da una Giunta Militare di cui fanno parte il Capo di Stato maggiore e l’ex direttore dei servizi segreti. A Tunisi, i vecchi collaboratori dell’ex autocrate Ben Alì, formano la maggioranza della nuova amministrazione. Per Decéné, si è trattato appena di un rinnovamento dei dirigenti che, “d’accordo con Washington, hanno organizzato –senza troppo chiasso- dei colpi si stato approfittando di un’ondata di proteste popolari sfruttate con intelligenza”. Quello che oggi si chiama “il cambiamento nella continuità” o, in parole del principe di Salinas “cambiare affinché nulla cambi”.

http://www.giannimina-latinoamerica.it/taccuino/678-lopposizione-libica

 

 
 
 

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