9056 E' improprio parlare di italiani all'estero evitando di affrontare i nodi politici generali

 
20110717 11:00:00 redazione-IT

[b]di Rodolfo Ricci[/b]

Lo confesso: trovo incomprensibile come si possa continuare a parlare degli italiani nel mondo senza contestualizzare le loro vicende nello scenario complessivo dell’Italia di questi mesi.

Mi sembra molto improbabile che si possano affrontare seriamente i temi prioritari di questa agenda, se non si da una lettura seria ed oggettiva dei fatti che stanno accadendo nel nostro paese e in Europa.

Continuare ad emettere comunicati stampa, giustamente critici verso le scelte del Governo Berlusconi, della sua gestione del Mae, dalla riduzione massiccia della rete consolare, agli interventi di lingua e cultura, alle questioni pensionistiche, ai Comites e al Cgie, alla inesistente valorizzazione di ogni potenzialità espressa dagli italiani all’estero, lascia purtroppo il tempo che trova se non vi è coerenza di analisi, di critica e di proposta alternativa.

Faccio riferimento, per intenderci, alla mega manovra finanziaria andata all’approvazione venerdì scorso, i cui effetti – di cui non si è ancora compresa la portata- saranno tragici per il 90% degli italiani in Italia.

La riduzione drastica dello Stato sociale e dei servizi, la privatizzazione annunciata di 20.000 aziende partecipate a capo degli enti locali (Regioni, Provincie e Comuni), per tentare un recupero parziale della situazione deficitaria del bilancio pubblico, costituiscono il segnale inequivocabile della semplice cancellazione di ogni intervento del pubblico che venga visto come non immediatamente redditizio e invece utile a fare cassa.

Tra questi rientrano certamente le politiche per gli italiani all’estero, buoni quando si può speculare sulle loro rimesse a vario titolo o quando li si considera soggetti di imposizione fiscale (vedi Ici), ma oggetto inesistente quando si reclama qualche residuo investimento a loro favore.

La manovra a cui stiamo assistendo non è "una tantum", ma solo la prima di una serie lunga e perniciosa che riporterà l’Italia, a mio modesto parere, ad essere nuovamente, un paese di massiccia emigrazione giovanile, sia di cervelli che di braccia.

Bisogna ricordare che proprio perché soggetto inesistente, pur se obliquamente rappresentato in parlamento da 18 parlamentari, gli italiani nel mondo sono stati, insieme agli immigrati in Italia, la prima categoria di persone a vedersi tagliati circa il 60% dei fondi che erano a loro destinati fino al 2008.

Per compiutezza di memoria, questi fondi avevano subito consistenti tagli già a partire dalla fine degli anni ’90. Il Sottosegretario Mantica, si è limitato ad applicare le indicazioni inappellabili del Ministro Tremonti, (quello dei tagli lineari) sulla base dalle politiche di contenimento varate in occasione della crisi del 2007-2008.

In quell’occasione, il Ministero degli Affari Esteri ridusse drasticamente due ambiti del suo intervento per salvare l’apparato, rimasto infatti pressochè integro: la cooperazione internazionale e le politiche per l’emigrazione e l’immigrazione.

Già il Governo Proodi aveva iniziato, in piccolo e prima della grande crisi, queste riduzioni. In particolare, voglio ricordare che la riduzione e “l’aggiornamento” della rete consolare, erano giustificate dal centro-sinistra, dalla necessità di aprire nuove sedi nei paesi emergenti e di cancellare la loro eccessiva presenza negli antichi paesi di emigrazione. Siccome di soldi non ve n’ erano, per aprire le nuove sedi bisognava chiudere le antiche: e, come in diversi direttori generali del MAE in passato hanno affermato, la rete diplomatica italiana è stata costruita essenzialmente in parallelo alla diffusione nel mondo delle nostre collettività emigrate. Una cosa, quindi vecchia, superata.

Queste scelte sono assolutamente coerenti con una visione dello Stato leggero e più che limitato nei servizi offerti ai suoi cittadini, e questo lo sapevamo da tempo, perché rientra in una logica standardizzata che corrisponde a quanto ci è richiesto dai cosiddetti mercati. Vi si sono aggiunte negli ultimi tempi, altre misure che danno l’idea di come siamo messi: persino l’ICE (lo storico Istituto per il Commercio Estero), che sulla carta dovrebbe assolvere ad una funzione strategica per l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, è ritenuto ormai superfluo.

Vuol dire che siamo entrati davvero in un’altra epoca: neanche il sostegno all’export è più degno di particolare interesse. L’unico obiettivo è il pagamento degli interessi sul debito, cioè il trasferimento di enormi risorse all’insaziabile ambito della finanza internazionale, con buona pace dell’impresa produttiva e manifatturiera.

In un quadro di questo tipo, di cosa stiamo parlando ?

C’è sul tavolo (ma è un tavolo del tutto periferico), la riforma degli istituti di rappresentanza (Comites e CGIE), il cui mancato rinnovo, che doveva avvenire tre anni or sono, è stato procrastinato da Mantica, con la scusa di dover votare con una legge migliorata. Questo ha consentito al Sottosegretario di risparmiare buoni soldi, e di spaccare in diversi fronti il mondo politico e associativo, soprattutto nel centro-sinistra.

Nel programma più che lineare di Mantica vi era, come avevo rilevato fin dal suo discorso di esordio al CGIE, la cancellazione complessiva degli italiani all’estero come ambito di intervento del Mae, all’insegna della modernità.

Il tentativo di riforma di Comites e CGIE come lo abbiamo visto concretizzarsi nelle proposte di Micheloni e Tofani ha una sua interna – e ferrea – coerenza con questi iniziali programmi che abbiamo avuto modo di ascoltare e di leggere all’atto dell’insediamento del Governo Berlusconi.

In questi giorni si è assistito ad una polemica per la mancata convocazione del Comitato di Presidenza del CGIE da parte del Segr. Elio Carozza, che ha preferito garantire lo svolgimento delle assemblee continentali, anzichè spendere una cifra consistente (circa 60.000 Euro a quanto ci dice Luciano Neri in un suo comunicato stampa) necessari per finanziare viaggi e soggiorno ai membri del CdP. Neri sostiene che il CdP potrebbe funzionare bene anche attraverso teleconferenze il cui costo massimo sarebbe di circa 3.000 Euro a seduta.

Vorrei far rilevare che se questi sono i costi, forse sarebe stato opportuno pensare a teleconferenze, già da molti anni. Allo stesso tempo, non si può non notare che questa attenzione alla spesa è parallela ai nuovi orientamenti politici bipartisan che intimano a tutti (fuorchè alla casta politica) di risparmiare.

Sabato scorso si è saputo che la riduzione dei costi della politica ammessa nella megamanovra di oltre 70 miliardi di Euro, sarà di soli 7 milioni di Euro, a fronte di un costo complessivo della politica in Italia che si aggira intorno ai 4-5 miliardi all’anno. Cioè,il contributo alla riduzione del debito da parte della classe politica sarà dello 0, 001% del toale della manovra.

Se mi è consentito, rispetto a questo contesto, la polemica all’interno del CGIE rischia di essere un po’ grottesca, da entrambe le parti.

C’è da dire, che se fosse possibile operare risparmi nella gestione del CGIE e trasferirli al funzionamento di associazioni, progetti utili, mi sentirei di condividere pienamente la posizione di Carozza. Allo stesso tempo, verifichiamo che all’interno della ideologia ossessiva del risparmio (e del conseguente loro trasferimento ad altre sedi), sono innanzitutto i processi e le istituzioni democratiche che ne pagano le conseguenze, a partire dagli enti locali.

Anche questo è in coerenza con l’ottica di chi vede ormai come superflua la democrazia e il suo funzionamento. Ed ha purtroppo ragione: interi parlamenti nazionali sono stati in questi mesi espropriati della loro funzione istituzionale obbligati ad accettare acriticamente il cosiddetto giudizio dei mercati.

In Italia siamo riusciti ad approvare la più grande manovra finanziaria della nostra storia nel giro di 5 giorni. Quando si dice che la politica è ormai ancella dell’economia…

E allora, ripeto la domanda: di cosa stiamo parlando ?

Mi piacerebbe di più sapere cosa ne pensano Ferretti, Carozza, Neri, Mangione, Sorriso, ecc. della situazione complessiva di questo paese e se condividono gli orientamenti che si stanno imponendo senza alcuna consultazione dei cittadini, anziché assistere ad una discussione che assomiglia di più ad un gioco delle parti.

Ma sono cosciente che si tratta di un desiderio retorico e dubito che sarà esaudito.

 

 
 
 

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