9054 Libia, tutto il potere agli insorti

 
20110716 12:50:00 redazione-IT

[b]di Maurizio Matteuzzi[/b]
Il quarto tentativo del Gruppo di contatto di liberarsi di Gheddafi e risolvere la rognosissima crisi libica ha preso il via ieri a Istanbul. Presenti i rappresentanti di una quarantina fra paesi e organizzazioni, spiccavano il segretario di stato Usa Hillary Clinton, il segretario della Nato Rasmussen e la responsabile esteri della Ue, l’inglese Catherine Ashton (allora esiste!). Assenti invece Russia e Cina che per quanto invitate hanno di nuovo declinato, in quanto estremamente critiche sull’interpretazione data alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza.
Il Gruppo di contatto e la Clinton hanno fatto il passo annunciato da tempo: il riconoscimento del Cnt, il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, quale unico rappresentante legittimo della nuova Libia che sarà (ma ancora non è), un passo formale dagli effetti concreti molto consistenti in quanto consentirà lo sblocco in favore degli insorti degli asset libici ( congelati dalla risoluzione dell’Onu.

Gongolante e frivolo l’italiano Frattini, si è felicitato per il riconoscimento del Cnt di cui l’Italia si è fatta «attiva promotrice», poi ha garantito «entro pochi giorni» al numero due del Cnt, Mustafa Jibril, la concessione di 100 milioni di euro e poi di una seconda tranche per altri 300 milioni (garantiti dai beni libici bloccati in Italia). Almeno il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu ha proposto di sbloccare 3 miliardi di dollari dei fondi libici per fornire «aiuti umanitari» da distribuire «in parti uguali» alla popolazione civile della Tripolitania e della Bengasi. Ma ormai la strada è presa e la coalizione internazionale dei volenterosi e degli umanitari non può tornare indietro perché lo smacco che subirebbe dal «beduino» Gheddafi sarebbe troppo grande.
Dalla riunione di ieri è venuta fuori anche quella che è stata definita «una road map» in 5 punti: 1) Gheddafi deve lasciare il potere, 2) un cessate il fuoco sotto controllo Onu, 3) una conferenza nazionale che «comprenda i capi tribù e rappresentanti di Tripoli», 4) una nuova costituzione, 5) elezioni parlamentari «per fondare una democrazia».

A presentare questo pacchetto al Colonnello sarà il rappresentante Onu, il giordano al-Khatib, che stando a Frattini sarà «il negoziatore esclusivo con Tripoli e con Bengasi» (e così l’Unione africana, che sta cercando da mesi una soluzione negoziata, è tagliata fuori: come ai vecchi tempi ai problemi dell’Africa ci pensano gli «altri»).
Frattini, che ha il terrore che l’avventura si concluda con la divisione della Libia in due – Cirenaica e Tripolitania -, dice (per quel che conta) che «il processo di transizione» deve essere «inclusivo» e possa vedere anche «esponenti del precedente governo, esclusi coloro che si sono resi responsabili delle violenze contro i civili» (un bel problema, che ne sarà di molti dei massimi esponenti degli insorti, tipo il leader del Cnt Jalil e il «ministro della difesa» Younes, ex ministri gheddafiani della giustizia e degli interni, piu volti «ricordati» da Amnesty?).

La Turchia, per bocca del ministro Davutoglu, propone una sorta di terza via: una defenestrazione soft per Gheddafi («un porto sicuro» dove possa riparare e senza essere arrestato e spedito alla Corte penale internazionale), un consiglio paritetico di governo ad interim (due di Tripoli, due di Bengasi che dovrebbeo eleggere un quinto, il presidente transitorio, tutti reciprocamente accettabili). Ma non è aria.
Nessuna tregua neanche per il Ramadan, che comincia l’1 agosto. L’ha detto il Cnt («anche il profeta Maometto ha combattuto durante il Ramadan») e l’ha ripetuto Juppè («i rappresentanti di parecchi paesi musulmani ci hanno indicato che non ci sono controindicazioni»).
Per ora tutti discorsi e road-maps che fanno i conti senza l’oste. Che è ancora l’ostinato Gheddafi (che fra tante sollecitazioni ad andarsene ha ricevuto il caloroso incoraggiamento del venzuelano Chavez («Forza Gheddafi, forza Libia»). Rivolgendosi a decine di migliaia di suoi sostenitori riuniti a Zlitan, ha respinto il riconoscimento internazionale del Cnt e ha incitato la folla a «mettersi questi riconoscimenti sotto i piedi».

http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2011/mese/07/articolo/5028/

 

 
 
 

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