9089 La bancarotta USA e il ritorno del baratto compensativo tra Cina e Iran

 
20110729 00:00:00 redazione-IT

[b]di Domenico Moro – marx21.it[/b]
Negli ultimi giorni si sono verificati due fatti che, se messi in collegamento, sono rivelatori della situazione paradossale e grave che il mondo sta vivendo. Negli Usa il presidente Obama e i repubblicani non hanno trovato un accordo sull’innalzamento del debito pubblico ed il rischio è quello di un default, di una bancarotta “tecnica”. In pratica, se non verrà innalzato il livello della possibilità di indebitamento, il governo Usa non potrà pagare, ad esempio, gli stipendi dei lavoratori pubblici, né le pensioni di guerra.Quasi contemporaneamente è stata diffusa la notizia che la Cina e l’Iran stanno studiando un sistema di baratto per consentire alla prima di continuare ad importare dal secondo petrolio e altre importanti materie prime, come il cromo.

Perché un tale ritorno all’antico baratto nell’epoca del trionfo del mercato globale e dei mercati finanziari internazionali? Le materie prime più importanti, come il petrolio, vengono scambiate in dollari. Il dollaro, infatti, è la moneta di scambio e di riserva internazionale. Visto che gli Usa hanno imposto sanzioni contro l’Iran ciò ha reso estremamente difficile condurre affari denominati in dollari.

La Cina e l’India, che importano un terzo del petrolio iraniano, si ritrovano così nella impossibilità di pagare le forniture ed hanno accumulato un debito con l’Iran rispettivamente di 30 e 5 miliardi di dollari. Né l’Iran può accettare pagamenti in yuan renmimbi, la valuta cinese, in quanto questa non è convertibile.

La settimana scorsa, l’Iran, per aggirare le sanzioni, aveva anche rispolverato l’idea, risalente ad alcuni anni fa, di installare sull’isola di Kish una borsa del petrolio, in cui gli scambi avvenissero con altre valute che non fossero il dollaro, ad esempio con l’euro, che proprio negli ultimi anni ha aumentato il suo ruolo di valuta di scambio e di riserva internazionale.

La soluzione non deve essere risultata fattibile, almeno nell’immediato, se Cina e Iran stanno pensando di risolvere la questione attraverso il baratto.

Infatti, mentre l’India non esporta granché in Iran, l’interscambio tra Cina e Iran è stato nel 2010 di 29,3 miliardi di dollari (+40% rispetto all’anno precedente). La Cina può, quindi, “barattare” i vari manufatti che produce ed esporta in Iran con il petrolio.

Fra l’altro, la Cina in Iran è coinvolta in molteplici progetti per la realizzazione di infrastrutture.

Come dicevamo, la vicenda è paradossale. In primo luogo, perché nell’epoca del massimo sviluppo del mercato e, quindi, dello scambio valutario che ne è necessario strumento, si deve tornare a un meccanismo farraginoso, da tempo di guerra. In secondo luogo, perché tale soluzione “forzata”, è dovuta al dominio finanziario che gli Usa continuano ad esercitare, sebbene, come dimostrano le loro vicende economiche, non siano in grado di poggiarlo su altro che su una forza militare tanto preponderante quanto sempre più onerosa.

I problemi Usa non derivano soltanto da uno scontro di potere interno tra repubblicani e democratici. Anzi, per la verità, tale scontro è il riflesso della difficoltà e della confusione della dirigenza Usa nel confrontarsi con l’indebitamento crescente, che apparentemente è al 100% del Pil e che in realtà – come puntualizzato dal Sole24ore e da The Economist – è almeno al 140%, se vi includiamo, come si fa in Europa, non solo il debito degli stati centrali ma anche quello delle amministrazioni locali.

E ancora di più è il riflesso dell’incapacità di confrontarsi con una economia che non cresce, una disoccupazione che non si riduce e spese militari, che negli ultimi anni, sono ancora cresciute.

Tutto questo ha indebolito negli ultimi anni il dollaro, che, infatti, continua ad essere scambiato intorno a 1,40 contro l’euro, nonostante siano stati i problemi di quest’ultimo a riempire le prime pagine dei giornali negli ultimi mesi.

L’instabilità del dollaro, in combinazione con l’immissione da parte della Fed di una enorme liquidità nel tentativo di puntellare l’economia e la finanza Usa, ha generato instabilità a livello mondiale, di cui sono stati indicatori la continua altalena dei prezzi delle materie prime e le tensioni fra i creditori mondiali Usa, Cina in primis, timorosi di veder evaporare il valore dei Treasury bill Usa in loro possesso.

Un default Usa amplificherebbe tale instabilità a livelli difficilmente sostenibili. Ma il paradosso più grande è che una valuta indebolita e senza una economia con le spalle sufficientemente larghe continui a dettare legge negli scambi internazionali, producendo in questo modo altra instabilità.

Anche la vicenda dell’euro va vista in questo quadro. Senza voler negare con questo le gravi contraddizioni interne all’area euro e le pesanti responsabilità di governi, banche e imprese europei, lascia quantomeno perplessi come ancora una volta le valutazioni di una delle tre principali agenzie di rating (tutte anglosassoni, due Usa e una Britannica) siano state capaci qualche giorno fa di vanificare gli effetti rialzisti sulle borse europee delle misure “lacrime e sangue” predisposte come soluzione dai governi dell’area euro.

Un’area, che, è bene ricordarlo, non solo ha un debito sovrano cumulato inferiore agli Usa (85% del Pil), ma ha anche una bilancia dei conti correnti in attivo di 21,2 miliardi di dollari, a fronte di un passivo Usa di ben 470,2 miliardi (2010, statistiche Oecd).

La verità è che i mercati liberi non esistono altro che nella testa di qualche ideologo neoliberista. Viceversa, i mercati internazionali (e anche quelli nazionali) sono il terreno dell’esercizio della forza di direzione dei monopolisti economici e dei monopolisti politici, cioè degli Stati.

Fonte: http://www.marx21.it/index.php?option=com_content&view=article&id=501:la-bancarotta-usa-e-il-baratto-cina-iran&catid=36:documenti&Itemid=63.

http://www.marx21.it

 

 
 
 

Views: 0

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI