9085 Accordo sindacale con premessa semplice

 
20110726 17:35:00 redazione-IT

[b]di Tonino D’Orazio[/b]
Le parti hanno riconosciuto, come sottolinea la Premessa all’accordo sindacati-confindustria, che [i]“un sistema di relazioni sindacali e contrattuali regolato e quindi in grado di dare certezze non solo riguardo ai soggetti, ai livelli, ai tempi e ai contenuti della contrattazione collettiva ma anche sull’affidabilità ed il rispetto delle regole stabilite”[/i], è [i]“essenziale”[/i] perché le relazioni industriali possano svolgere il proprio ruolo nel sistema economico e sociale.
Salvo a disdettarle da parte dei datoriali appena si presenterà l’occasione, cioè ad ogni “crisi”,
politica o economica. Un ruolo sindacale quasi inesistente, come dichiara la Premessa all’accordo: [i] “che è quello di rafforzare il sistema produttivo”[/i]; non si tratta in effetti, di rafforzarlo; è diventato inesistente come strategia e polverizzato dalle OPA (gran parte francesi) dalle delocalizzazioni e dai fallimenti reali o fasulli (+ 30% in cinque anni. Sole 24Ore); dall’inefficienza delle banche; quanto all’innovazione, unica salvezza futura, si è scesi al 35° posto nella graduatoria mondiale;

“l’occupazione”: quale e di che qualità; chiusura a ritmo crescente delle medie imprese (-35% in dieci anni. Sole 24Ore); incertezza complessiva per le grandi imprese e investimenti a chiacchiere, mentre le dismissioni giornaliere sono vere; disoccupazione reale a due cifre (sia a nord che a sud del paese); occupazione primaria o secondaria del mercato del lavoro nero (quest’ultimo potrebbe rappresentare 30% del PIL. Sole 24Ore); incapacità di quantificare la disoccupazione;

“e le retribuzioni”: qui il discorso si fa inquietante; già gli accordi precedenti, partendo dal luglio 1993, e gli accordi di “salviamo l’Italia dal baratro”, che per intenderci ci propinano tutti, all’unison, ogni dieci anni circa (è ormai la lunghezza ciclica delle crisi), hanno portato la classe operaia italiana e i pensionati a una perdita secca del potere d’acquisto di più dell’80% (Ires Cgil).

Tra i più poveri d’Europa. La funzione primaria dei sindacati, (quando non fanno politica, come dice la Cisl) è quello di salvaguardare la merce-lavoro incrementandone il reddito. Qualcuno pensa di poter salvaguardare o recuperare ancora qualche cosa?

“Attraverso la contrattazione collettiva”, (quale? Non è che l’applicazione dei due livelli contrattuali diventerà alternativa? Quale possibile decentramento sregolato è possibile se c’è contraddizione di competenza tra i due livelli?) che rappresenta un “valore” proprio perché ha la funzione di soddisfare – conciliandoli – gli interessi di entrambe le parti:

“deve esaltare la centralità del valore del lavoro”: 5 milioni di precari-flessibili con contratti legalmente fantasiosi (si può firmare qualsiasi cosa, anzi anche in bianco); altri due milioni di giovani non lo cercano nemmeno (perché il lavoro non si trova e quello che si trova non ha nessun valore per una vita dignitosa e si rifiutano di essere sfruttati per quattro soldi e non sempre quel lavoro rende liberi);

aumento degli orari, dei carichi di lavoro e dei turni quasi senza remunerazione; straordinario obbligatorio senza tasse (le pagano gli altri lavoratori); ristrettezza dei parametri Inps (esempio invalidi civili) e Inail con aumento degli incidenti sul lavoro (le morti non sono diminuite come ci raccontano con orgoglio, nel 2010, solo che ci sono state un miliardo di ore di cassa integrazione);

licenziamenti facili (al massimo monetizzati tramite mediatori privati parcellati); fine della giurisprudenza lavorativa e della funzione del giudice del lavoro (che ha sempre dato vera dignità al debole cittadino-lavoratore); pensionamenti sempre più dilazionati e irraggiungibili;

angherie padronali all’ordine del giorno, ricatti come normalità (non solo alla Fiom, chiedete alla Filcams o nei settori a maggioranza lavorativa di donne); oggi il “lavoro” crea il valore povertà, laureati e ricercatori che scappano e ne cercano il valore altrove; si può ancora continuare a tracciare il miserevole quadro del valore del “lavoro”;

e anche “raggiungere risultati funzionali all’attività delle imprese”; questo non c’è dubbio da più di dieci anni, anzi da sempre, e tutto l’accordo in fondo vi è finalizzato;
favorire “la crescita di un’occupazione stabile e tutelata”: è il massimo dell’ipocrisia per tutto ciò suddetto e per le prospettive prossime e future; anzi mi fa pensare all’attacco al settore pubblico di cui i massimi ideatori sono proprio i datoriali al governo; devono aver sorriso firmando l’accordo; mi ricorda “la piena e buona occupazione” del trattato di Lisbona di qualche anno fa;

e, contemporaneamente, “essere orientata ad una politica di sviluppo adeguata alle differenti necessità produttive”, forse non si era capito bene che non si può più nemmeno “intralciare” l’ordine stabilito e nemmeno discutere sulle dignitose necessità della macchina umana (pasti, gabinetti, pause, sonno, tempi di vita…) in aggiunta al valore sacro della famiglia.

Possiamo anche scherzare e fare finta di crederci a questo accordo, perché parecchi lo faranno, e le varie caste si auto-tuteleranno. E’ anche vero che è facile criticare ma quando i buoi sono fuggiti non basta dire “questa è la realtà” facendo finta che non vi siano delle storiche responsabilità.

Bisogna dire che da una mediazione all’altra, al ribasso – e non se ne vede la fine nemmeno con questo “accordo” del meno peggio -, siamo diventati un paese di poveri di massa, con buona coscienza di tutti. Si può fare poco?

L’importante è di non nasconderlo. Nemmeno se serve a normalizzare da subito la prossima crisi del deficit del 2012-2013. Anzi, per molti, la miseria da settembre.

 

 
 
 

Views: 0

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI