9113 CRISI, MANOVRA E PATTO SOCIALE: Le posizioni della CGIL

 
20110806 12:13:00 redazione-IT

[b]Crisi: Camusso, anticipare questa manovra significa uccidere il Paese[/b]

[i]In una intervista al quotidiano ‘l’Unità’ il Segretario Generale della CGIL ricorda come con la manovra del Governo “circa 24 miliardi reperiti eliminando gli sgravi per il lavoro e per la famiglia. Ai grandi patrimoni non si chiede nulla. È inaccettabile”[/i]

06/08/2011 – Con questo governo, con questa manovra, non è possibile nessun patto sociale. Altro che coesione: loro fanno pagare sempre gli stessi e rompono l’equilibrio sociale. Accade anche con l’ultima manovra, che noi non chiediamo affatto di anticipare, ma di cambiare». Susanna Camusso smonta i troppo facili entusiasmi che qualche ministro (tipo Sacconi) ha espresso a margine dell’incontro del governo con le parti sociali.

«Non ci hanno mostrato nessuna discontinuità, anzi. Lo schema del governo è stato lo stesso di sempre». Per la leader CGIL c’è un’incapacità strutturale dell’esecutivo nell’affrontare la crisi mondiale: «Qualsiasi cosa facciano, sarebbero costretti ad ammettere che finora si sono sbagliati, cosa che non possono fare. Così stanno fermi». Intanto si diffondono voci di un intervento in pieno agosto e dopo qualche minuto piomba nello studio al quarto piano di Corso d’Italia la conferenza stampa del premier con il ministro del Tesoro.

[b]Si pensa di anticipare la manovra, proprio quello che non volete…[/b]
«È l’ennesimo disastro. Fino a ieri il governo negava la crisi. Oggi fa due operazioni: risponde agli ordini europei, ribadisce la politica iniqua e conferma la volontà di dividere. Di fatto fa il contrario di quello che ha sollecitato il presidente della Repubblica e il contrario di quanto abbiamo chiesto noi al tavolo, dove si puntava sulla crescita».

[b]Quando c’è una crisi nessuno sfugge ai sacrifici. fu lo stesso nel ‘92-‘93.[/b]
«A differenza di quanto avvenne durante la crisi del 92-93, oggi noi abbiamo già dato. Finora hanno pagato sempre le fasce medio-basse. Allora decidemmo insieme al governo e avevamo un obiettivo chiaro, quello di entrare in Europa. E quel passaggio fu fatto all’insegna dell’equità, con sacrifici chiesti anche ai più ricchi. Oggi invece i lavoratori hanno preso solo schiaffi. Per noi la premessa necessaria è che non paghino più solo i lavoratori e i pensionati. Invece nella manovra che oggi si vuole anticipare si capisce molto chiaramente che i 4 miliardi nel 2013 (oggi già l’anno prossimo) e gli altri 20 nel 2014 (anticipati al 2013) verranno reperiti con una stretta senza precedenti sulle agevolazioni che per la maggior parte sono destinate ai dipendenti e alla famiglia (a proposito di famiglia), mentre sull’assistenza si aggredisce l’ultimo aiuto che è rimasto, per la non autosufficienza, dopo lo svuotamento di tutti i fondi. Per questo diciamo che anticipare questa manovra significa ammazzare il Paese. È importante che tutta l’opposizione dica chiaramente questa cosa. La CGIL non rinuncerà a cambiare la manovra e a partire da settembre riprenderà la mobilitazione per cambiarla sulla base della nostra controproposta».

[b]Il governo parla anche di un testo sul lavoro.[/b]
«È sempre la stessa scelta: la volontà di dividere. Quando ce ne hanno parlato al tavolo tutti hanno risposto: no grazie».

[b]Pensa che quell’accenno allo statuto dei lavori da parte di Sacconi sia stata una provocazione?[/b]
«Certamente sì. Per questo dico che lo schema del governo non è cambiato. A Palazzo Chigi Berlusconi ha continuato a dire che tutto va bene, Tremonti ha continuato a parlare di rigore, e Sacconi ha continuato a cercare di dividere i sindacati. Tutto come se nulla fosse».

[b]Ci riusciranno?[/b]
«Spero di no. Si è maturato un orientamento collettivo che la strada della divisione non ha portato da nessuna parte».

[b]Quale misura avrebbe dovuto essere anticipata ad agosto?[/b]
«Si sarebbero dovuti sbloccare gli investimenti. Quello che abbiamo visto finora è poca cosa. Ci sono misure che costerebbero anche poco. Per esempio c’è un piano bonifiche in attesa di autorizzazione da due anni. Quelli sono fondi privati, che restano bloccati. Si annuncia uno stanziamento del CIPE, senza indicare il cofinanziamento. Tremonti ci dice al tavolo che la Cassa depositi e prestiti costituisce un grande fondo per gli investimenti. Allora perché non lo attivano?. Mi permetto di ricordare che nel 2007 una parte del Tfr dei lavoratori è stato dirottato all’Inps per gli investimenti: 5 miliardi l’anno. È legittimo chiedere dove siano andati quei soldi?»

[b]In ogni caso per la scossa servono altre risorse…[/b]
«Noi abbiamo le nostre proposte. Una tassa sulle grandi ricchezze, l’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie. Oggi comincio a pensare che sui grandi patrimoni servirebbe una tassa ordinaria, come accade in tutti i Paesi, e una straordinaria. La patrimoniale straordinaria potrebbe servire per sbloccare gli investimenti e dare il via a un vero piano di sviluppo, evitando il piano di svendite dei beni pubblici che si sta proponendo. Insomma, bisogna costruire un cambiamento delle voci. Ma la volontà di far pagare sempre gli stessi è chiarissima. Il governo non ci ha fornito alcuna spiegazione sul perché non si possano sostituire i ticket con la tassa sul tabacco come chiedono le Regioni. È chiaro perchè gli enti locali non vengono invitati ai tavoli. Si scarica su di loro la responsabilità di fare tagli, si attribuisce alla crisi internazionale la causa di tutti i mali, e Berlusconi e i suoi ministri fanno come Biancaneve, sembra che loro non c’entrino nulla. È innegabile che ci sia una crisi mondiale. Ma dentro questa crisi c’è anche un caso Italia, che con questo governo non si risolverà».

[b]Chiede le elezioni anticipate o un governo di larghe intese?[/b]
«Non ci sostituiamo certo alla politica, ma sicuramente in questo paese c’è anche un bisogno forte di democrazia. Voglio sottolineare anche che in Spagna l’annuncio di elezioni anticipate non ha avuto conseguenze sui mercati. Nessuna minaccia alla stabilità, come molti ci raccontano da noi»

[b]Non ci sarà un patto, ma di fatto il fronte delle parti sociali si è unito.[/b]
«Non c’è stata un’improvvisa fusione di intenti. Il denominatore che unisce tutte queste sigle è il fatto che la situazione è grave, ciascuna rappresentanza sa che i propri associati rischiano. Cosa porta Confindustria a dire le cose con noi? Il fatto che se le imprese fanno fatica, anche il lavoro soffre. Le diverse sigle esprimono interessi differenti, ma tutti sanno che saranno penalizzati da questa crisi. Non a caso i punti comuni (i sindacati hanno detto no alle privatizzazioni, ndr), si sono concentrati sulla crescita».

[b]E i rapporti con CISL e UIL?[/b]
«Bisognerebbe che si convincessero che con questo esecutivo è difficile fare qualsiasi cosa che vada nella direzione dell’equità».

[b]Non avete chiesto voi un patto?[/b]
«Assolutamente no. È il governo che parla di patto per la coesione, la stabilità e la crescita. In realtà c’è il tentativo di far condividere alle parti le scelte che loro hanno già fatto. Faccio anche notare che la crescita, rivendicata dalle parti, non richiede alcun patto sociale. Sbloccare gli investimenti, fare la lotta all’evasione, colpire la corruzione spetta al governo. Questa è l’anomalia italiana che non si aggredisce con questa manovra».

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[b]Crisi: Camusso, l’esecutivo nega le sue responsabilità, necessario un cambio al vertice[/b]

[i]In una intervista al quotidiano ‘la Repubblica’ il Segretario Generale della CGIL afferma "la crisi è internazionale, ma lo spread dimostra che l’Italia rappresenta un caso", il mercato spiega "non ha fiducia né in questo governo, né nella manovra che ha appena varato". Anticipare la manovra sarebbe "una spirale verso il peggio"[/i]

05/08/2011 – Il governo non ha capito la gravità della situazione e Berlusconi continua ad essere parte del problema. Susanna Camusso, leader della CGIL, è uscita dall’incontro di Palazzo Chigi con la convinzione che non ci siamo affatto. Già molto critica sul discorso del premier alle Camere, nel vertice con le parti sociali – ha detto – «è andata ancora peggio».

[b]Eppure voi, sindacati e imprese, avete presentato un programma in sei punti che il governo ha detto di considerare come base per l’accordo e alla concertazione sono stati fatti grandi plausi. Cos’è che non la convince?[/b]
«Il fatto che nulla sia cambiato: Berlusconi continua a dire di aver fatto tutto il possibile e tutto bene, che la colpa è di chi non lo lascia lavorare e dei media che danno dell’Italia un’immagine negativa, generando un blocco psicologico che frena consumi e ripresa. Sostiene che la crisi sia globale: anzi che noi stiamo meglio degli altri. E dal 2008 che assistiamo a questo film, sarebbe ora di smetterla. Come si può pensare che questo governo, che nega le sue responsabilità, possa davvero realizzare l’agenda proposta?».

[b]Qualche ragione, sulla globalità della crisi, il governo potrebbe averla, visto che ieri sono crollate tutte le Borse, non solo la nostra.[/b]
«Non c’è dubbio che la crisi sia generale e che l’Europa, con le sue lentezze, abbia delle responsabilità. Ma io più che agli indici guarderei allo spread: è lì che si misura la credibilità del Paese ed è lì che l’Italia rappresenta un caso. Il mercato non ha fiducia né in questo governo, né nella manovra che ha appena varato»

[b]Alla CGIL quella manovra non è mai piaciuta, ma ora anche la BCE ci chiede di anticiparla. Cosa ne pensa?[/b]
«Che non va bene, perché la manovra è sbagliata. Non solo: è una delle ragioni della mancata credibilità dell’Italia perché – pesando solo sulla fascia debole della popolazione e non toccando la finanza e le grandi ricchezze – non crea sviluppo, ma solo depressione. Anticiparla significherebbe affossare un Paese che si trova già in una situazione di grande debolezza e condurlo verso un maggiore debito: una spirale verso il peggio. E dal punto di vista sociale – considerata l’anticipazione dei tagli alle deduzione e detrazione previste per il 2013-14 – significherebbe uccidere il welfare e aumentare le tasse per i lavoratori dipendenti e pensionati, con conseguenze devastanti per i più deboli».

[b]Lei cosa propone?[/b]
«Riforma urgente del fisco, lotta all’evasione, imposte sulle grandi ricchezze, spostamento delle risorse a favore di imprese e reddito da lavoro. I punti che abbiamo scritto assieme nel programma consegnato al governo, privatizzazioni a parte».

[b]Perché siete contrari alla privatizzazioni visto che permetterebbero di frenare il debito in tempi stretti?[/b]
«Perché non è vero che liberalizzando tutto funziona meglio e perché vendere adesso significherebbe soprattutto svendere pezzi del Paese. Il settore pubblico non deve uscire dall’economia, come non si devono spingere comuni e regioni ad una privatizzazione forzata dei servizi».

[b]I vostri sei punti e gli otto del governo per molti aspetti coincidono. Perché lei dice che il governo non ha ancora capito?[/b]
«Perché si è appropriato del messaggio fornito, ma non vedo alcuna convinzione di mettere mano al sistema. Affrontare la svolta necessario a creare sviluppo impone un cambio totale di filosofia, uno scatto. Ma questa non è la prima manovra depressiva che il governo fa: ha sempre puntato al solo rigore dei conti, alla centralizzazione che sconfina nell’immobilità. Non vedo come ora, lo stesso esecutivo, possa invertire le priorità. Credo che un cambio al vertice resti necessario».

[b]La pensano così anche le altre parti sociali?[/b]
«Posso solo dire che tutti sono preoccupati e che all’uscita del vertice lo sconcerto era generale. Per quanto mi riguarda ho anche un’altra preoccupazione: se la situazione peggiora ci verranno a dire che serve un’altra manovra. Sempre a carico dei cittadini, sempre a carico delle fasce più deboli. E di manovra in manovra si arriva al disastro sociale».

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[b]Camusso, la fiducia può tornare solo riducendo le diseguaglianze[/b]

[i]"Tre anni perduti a dire che l’Italia stava meglio degli altri paesi mentre si era incapaci di affrontare la crisi economica. Bisogna ricominciare dagli investimenti, dall’occupazione, dai redditi". Così il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso in una lettera pubblicata sul quotidiano ‘l’Unità’.[/i]

01/08/2011 – "Tre anni persi alle spalle. Tre anni passati a raccontare che la crisi non c’era e poi che era finita. Tre anni nel corso dei quali il governo si è vantato del rigore dei conti come unica ricetta per affrontare la crisi. Per non rammentare quando si affermava che l’Italia stava meglio degli altri paesi europei e che non c’era bisogno di alcuna manovra di aggiustamento. Già queste sono ragioni per dire che il governo è stato ed è un fattore di aggravamento della condizione e di certo non artefice di soluzioni.
Non si è dimostrato capace, infatti, di capire la situazione e non solo di agire. Per questo motivo serve aprire subito una fase politica nuova, con un governo che sia in grado di fare il proprio mestiere e di rilanciare il Paese.

All’inizio la CGIL è rimasta sola a sollevare queste critiche al governo Berlusconi. Ognuno guardava a sé e non al paese. Cercava una qualche utilità privata o corporativa nelle pieghe dei provvedimenti e non pensava all’effetto finale e depressivo dei tagli. Mentre altri non avevano il coraggio di prendere le distanze da un governo che a lungo li aveva considerati interlocutori privilegiati. Ci sono voluti la speculazione finanziaria, l’attacco all’euro e il rischio default americano per rendere palese a tutti che una manovra che non avvia la crescita è non solo socialmente ingiusta ma anche economicamente inefficace. Di fronte a questa situazione ci vuole un energico e immediato salto di qualità nella politica economico-finanziaria e reale insieme. Il paese deve tornare rapidamente a crescere e utilizzare le sue migliori risorse – siano esse professionali e produttive, di conoscenza e di competenza – altrimenti il declino sarà inarrestabile e saremo travolti da un decennio recessivo che ci porterà, manovra dopo manovra, ai margini dell’Europa.

Crescere significa favorire gli investimenti privati e l’occupazione: la buona occupazione dei giovani che oggi sono tenuti fuori dal mercato del lavoro da un’assurda politica di «precarizzazione a vita» fatta dal governo. La crescita come obiettivo interno al riaggiustamento dei conti, investendo sui fattori strategici di sviluppo. Non la politica dei due tempi: il riequilibrio senza crescita non ci sarà. Queste le riflessioni della CGIL e le riflessioni anche di molte delle parti imprenditoriali che hanno firmato l’appello per la crescita, pur avendo, ciascuno dei firmatari, una propria agenda poltica. Agire subito per rilanciare l’occupazione, gli investimenti e i consumi significa per noi difendere i redditi dei lavoratori, dei pensionati e delle famiglie; significa ridurre le disuguaglianze e ridare fiducia al Paese. Le prime reazioni del governo non fanno sperare nulla di buono: l’unica risposta per adesso è la riproposizione di provvedimenti legislativi come il ‘processo lungo’, quasi come se i problemi del paese reale fossero un oggetto da rimuovere.

La CGIL ritiene prima di tutto che si debba correggere la manovra Tremonti. Tenendo fermi i saldi, è possibile agire su voci diverse da quelle scelte dal Governo, in modo da non colpire chi è economicamente più debole, lasciando margini di spesa sul welfare alle Regioni e ai Comuni e reperire risorse per la crescita. Dimostreremo che è possibile farlo senza mettere in ginocchio nessuno ma chiedendo un contributo a tutti gli strati sociali, a partire da chi ha di più.

Bisogna risparmiare sulla spesa pubblica, riorganizzando e semplificando la struttura amministrativa istituzionale: consorzi "obbligati" dei comuni piccoli, reti dei servizi e delle municipalizzate, abolizione delle società inutili. In questo quadro anche i costi della politica si possono ridurre a partire dai privilegi. Bisogna ridare unità al Paese, tradurre in investimenti effettivi le risorse nazionali ed europee che ci sono, a partire dall’alta capacità Napoli-Bari e dal collegamento via mare e via rotaia tra i porti.

Legalità, evasione e corruzione sono un altro grande capitolo che va affrontato con una legge contro il caporalato, con norme sugli appalti, con la tracciabilità a soglia molto bassa, con nomine non politiche nella sanità e nei vari enti. Sono tutte strade per far emergere la grande quota di sommerso del nostro paese. Metteremo in campo un’altra proposta, un’altra idea di governo dell’economia che sarà alla base di una mobilitazione che continuerà in autunno, perché siamo convinti che la manovra è ingiusta, sbagliata e socialmente insopportabile. Chiederemo a CISL e UIL di mobilitarci insieme, lo proporremo alle altre parti sociali, alle Regioni e alle amministrazioni locali. Con loro vorremmo definire e concordare una piattaforma per la crescita del paese e la valorizzazione del lavoro. Un progetto e un futuro che l’Italia merita di avere."

http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=17008

 

 
 
 

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