9138 Ron Paul: «Il regno del dollaro è finito. Non ci resta che tornare all'oro»

 
20110818 15:15:00 redazione-IT

Per la prima volta, un giornale mainstream italiano, il «Corriere della sera» del 17 agosto 2011, dà risalto alla figura politica del parlamentare statunitense Ron Paul, un repubblicano fuori da tutti i cliché abituali. E’ stato il più fermo nel pretendere e ottenere l’audit della Federal Reserve, scoprendone le gravi magagne. Nonostante i consensi misurati nel recente “sondaggio di partito” dell’Iowa, un secondo posto con il fiato sul collo del primo, i corrispondenti hanno fatto pazzesche acrobazie per non nominarlo. Uno scandalo del giornalismo.

Ron Paul è il frutto più maturo e interessante della crisi USA, e come potrete leggere, dice cose di un’importanza straordinaria. Buona lettura.

di Massimo Gaggi – «Corriere della sera».

DES MOINES (Iowa) — «Il problema centrale è uno solo: il dollaro. Anni fa è scoppiata la bolla tecnologica. Poi è toccato a quella immobiliare che ha alimentato la bolla finanziaria. Adesso è la volta della bolla del dollaro, la più grossa e pericolosa. Gonfiata dalle crisi irrisolte e da un debito in crescita vertiginosa. Un problema che non è americano ma mondiale. Ve ne accorgerete anche voi in Europa. Mai nella storia una moneta era mai stata così pervasiva, finendo in tutti i Paesi, in tutte le transazioni».

Ron Paul, deputato repubblicano del Texas, presidente della commissione Affari monetari della Camera e candidato della destra libertaria alla Casa Bianca, è un personaggio unico nel panorama politico Usa. Una specie di «Pannella americano» in versione apocalittica. Le sue idee dividono, restano minoritarie, ma costringono gli avversari a riflettere. Le sue proposte — da quella di ridare valore di moneta legale all’oro, alla liberalizzazione delle droghe, al ritiro da Iraq e Afghanistan — non sono mai «mainstream», ma seguono con coerenza la sua logica libertaria. Paul non cerca l’applauso facile. In giro per l’Iowa è capace di parlare dell’economista liberale austriaco von Mises a platee di agricoltori, in mezzo alle balle di fieno. L’altra sera, al dibattito televisivo tra i candidati repubblicani, si è confrontato a brutto muso con Rick Santorum che trovava intollerabile la sua difesa dell’Iran. Paese che, secondo il deputato texano, non rappresenta una minaccia per gli Usa e mantiene un atteggiamento aggressivo solo perché si sente ingiustamente assediato. Ora, di prima mattina, è negli studi della Who, la radio più ascoltata dell’Iowa centrale. Ma è in anticipo e lo studio è ancora occupato dall’ospite precedente. Così accetta di rispondere a qualche domanda.

Ci vuole coraggio a sostenere davanti a una platea conservatrice che gli americani con l’Iran hanno sbagliato, che l’embargo non serve a niente. Che è stato un errore anche sanzionare Cuba. Alla fine, a telecamere spente, Santorum era ancora furioso.

«Gli ho parlato. Gli ho spiegato quello che noi americani abbiamo fatto nel 1953, le nostre ingerenze nel colpo di Stato a Teheran. Ne sapeva poco. Per il resto non è una novità che io sia per il non-intervento. Ma non sono isolazionista. Sono per il libero mercato e sono convinto che è su questo terreno che vanno ricostruite le relazioni. Grazie al mercato oggi abbiamo rapporti idilliaci col Vietnam. Il bagno di sangue di pochi decenni fa è ormai dimenticato. Con gli embarghi, invece, non si va lontano».

Ieri sera lei ha anche detto che, oltre a ritirarsi da Iraq e Afghanistan, l’America deve chiudere le sue basi in Europa. La superpotenza è in crisi, d’accordo, ma può svanire da un giorno all’altro?

«Bob Gates se n’è andato dal Pentagono dicendo che solo uno non sano di mente oggi potrebbe proporre di aprire un altro fronte militare. Non sono più così solo».

Torniamo a parlare d’oro, anche perché è arrivato il conduttore radiofonico Jan Mickelson, un gigante in pantaloni corti, berretto rosso e sandali, il cui figlio si occupa di metalli preziosi.

Un’altra sua idea radicale è quella del ritorno al «gold standard». Lei è la bestia nera di Bernanke. Ha perfino scritto un libro, «End the Fed», proponendo l’abolizione della Banca centrale Usa. Abolirebbe anche la Bce? E come pensa se la stiano cavando gli europei nella crisi dei loro debiti pubblici?

«L’Europa ha problemi enormi. Si è rimboccata le maniche ma, impegnato come sono nella mia campagna, non ho studiato la cosa a fondo. Non voglio dare giudizi poco documentati, ma la inviterei a concentrarsi sul fatto che la crisi è ormai mondiale è che è il dollaro il suo catalizzatore. Saranno guai per tutti: non faremo "default", ma restituiremo carta deprezzata attraverso l’inflazione. E’ disonesto, incostituzionale, immorale, ma è così. Per questo ce l’ho con Bernanke: dice che l’oro non c’entra con la moneta. Dimentica 4000 anni di storia. E il fatto che il dollaro è stato creato come il corrispettivo di 370 grani d’argento».

Come finirà, secondo lei?

«Le bolle scoppiano. Facendo danni grossi. Li vediamo già oggi. La gente non sa più in cosa investire: si aggrappa al franco svizzero, alle materie prime. Parlano di bolla dell’oro. Ma non è lui che sale: è il dollaro che perde valore. Eppure la gente, incredibilmente, fa la fila per comprare titoli del Tesoro a 30 anni. Squilibri che si faranno sentire anche in Europa: il dollaro è dappertutto, l’esaurimento del suo ruolo di valuta di riserva del mondo credo sia il più grosso problema economico che l’umanità sia mai stata chiamata ad affrontare. Problema grave ma ineluttabile: dovremo costruire un sistema monetario diverso. Del resto le monete cartacee, nella storia, hanno mantenuto valori stabili per periodi relativamente brevi. Il dollaro ha già regnato molto a lungo».

Fonte: «Corriere della sera», 17 agosto 2011

MEGACHIP: http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/6635-ron-paul-lil-regno-del-dollaro-e-finito-non-ci-resta-che-tornare-alloror.html

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Sull’audit alla Federal Reserve richiesto da Ron Paul, leggi anche:
[url]http://www.megachip.info/tematiche/beni-comuni/6618-udite-udite.html[/url]

 

 
 
 

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