592 “ABITAVAMO VICINO ALLA STAZIONE”, UNLIBRO SUL FONDATORE DELLA FILEF, PAOLO CINANNI

20051206 17:05:00 rod

DOMENICO BARBERIO [per contatti: ciaramella76@hotmail.com) recensisce il libro di Soveria Mannelli su Paolo Cinanni, fondatore della FILEF insieme a Carlo Levi.
Domenico Barberio e’ impegnato nell’esperienza del gruppo
"Gubbio per la pace" promotore di molte iniziative di pace, solidarieta’ e nonviolenza, e collabora alla rivista "L’altrapagina"]

Esce per Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, "Abitavamo vicino alla stazione. Storia, idee e lotte di un meridionalista contemporaneo", pp. 306, euro 15, antologia di scritti di Paolo Cinanni.

Duplice la valenza della pubblicazione che ci restituisce, dopo un ingiustificato periodo d’oblio, la figura del politico e uomo di cultura calabrese nato a Gerace nel 1916 e morto a Roma il 18 aprile del 1988.
Cinanni infatti non e’ stato solo uno studioso serio e rigoroso ma anche e soprattutto ammirevole militante comunista, animato da un indomito senso del
dovere, strenuo difensore di quei valori che quel partito cercava di rappresentare.
Si legge nella premessa scritta da Giovanni Cinanni, figlio di Paolo, e Salvatore Oliverio, profondo conoscitore delle opere di Cinanni, colui che piu’ di tutti ha creduto nella realizzazione di questa antologia: "I suoi studi, le sue riflessioni su alcune relazioni tematiche (emigrazione e imperialismo, lotte contadine e usurpazione del demanio pubblico, terra e
identita’ comunitaria) riferite soprattutto all’immediato secondo dopoguerra e agli anni cinquanta, costituiscono un patrimonio intellettuale di notevole valore, una stimolante e obbligata lettura per comprendere appieno un
periodo importante della storia politica, economica, civile, umana della Calabria e del nostro Mezzogiorno".
*
Di umile origine, costretto a lasciare giovanissimo la Calabria, segnato da un terribile incidente (un tram lo investi’ quando aveva quattordici anni e per salvarlo i medici furono costretti ad amputargli una gamba), tutta la
sua vicenda umana racconta di un uomo buono e generoso, un "vecchio galantuomo comunista" scriveva Goffreddo Fofi, sempre al servizio di qualcosa e di qualcuno.
Durante la seconda guerra mondiale entra nelle file del Pci e poi della Resistenza piemontese; sono gli anni dell’amicizia con Leone Ginzburg, Luigi Capriolo, Elvira Pajetta, Eugenio Curiel, Cesare Pavese. Con Cesare Pavese
si crea un legame intenso, sincero, nato dopo l’incontro tra i due nel 1935 a Torino quando Pavese, rientrato da poco proprio dal confino in Calabria, decide di diventare maestro del giovane Paolo. Scrive Cinanni ne Il passato
presente. Una vita nel Pci, Grisolia Editore, Marina di Belvedere (CS) 1986:
"Durante la lezione Pavese si trasformava: si trattasse dei canti di Saffo o di Catullo, del Paradiso di Dante o del De rerum natura di Lucrezio, man mano che la materia lo prendeva egli vi si immedesimava talmente che te la
trasmetteva con lo sguardo, con il gesto, col suono della voce prima ancora che attraverso la parola o il ragionamento".
Nell’immediato dopoguerra si occupa come dirigente del Pci
dell’organizzazione delle masse contadine calabresi e piemontesi impegnate nelle lotte per la terra. Dal ’46 al ’53 e’ in Calabria: l’altopiano silano e’ il centro della sua azione con un affetto particolare per San Giovanni in Fiore, il paese dove trovera’ la donna della sua vita e dove riposano le sue spoglie. Dal ’53 al ’56 e’ in Piemonte, quindi dal ’56 al ’62 il ritorno in Calabria e la carica di segretario dell’Acmi (l’Associazione dei contadini del mezzogiorno d’Italia). Quelle esperienze di lotta, da tanti colpevolmente dimenticate, Cinanni le ricordera’ con Lotte per la terra e comunisti in Calabria 1943-1953, Feltrinelli, Milano 1977, e Lotte contadine
nel Mezzogiorno, Marsilio, Venezia 1979.
Negli anni sessanta s’interessa allo studio delle condizioni economiche, materiali, morali dei tanti emigrati italiani dispersi nel mondo, "un’umanita’ sofferente che ci attraeva per la sua universalita’ di dolore e fatica, di isolamento e di nostalgia". Quegli emigrati che non rientravano nel cliche’, allora come oggi assai di moda, dell’italiano di successo capace di diventare ricco e famoso all’estero.

Sara’ tra i fondatori con Carlo Levi della Filef (Federazione italiana lavoratori emigrati e loro
famiglie). Levi e’ presidente e Cinanni vicepresidente, sara’ un’attivita’ che unira’ i due in una "vivificante amicizia" come scrive lo stesso Cinanni, fino agli ultimi giorni del grande scrittore e pittore.

Emigrazione e imperialismo, Editori Riuniti, Roma 1968, ed Emigrazione e unita’ operaia, Feltrinelli, Milano 1974 (con prefazione di Carlo Levi) sono parte delle
riflessioni che Cinanni ha offerto.
Cominciano pero’ le delusioni : nel ’65 Giancarlo Pajetta direttore di "Rinascita" lo chiama a Roma per lavorare al giornale incaricandolo di un compito certo non tra i piu’ gratificanti (la promozione e la diffusione della rivista); ricorda Cinanni in proposito: "ritenevo, forse un po’
ingenuamente, che il partito avesse interesse ad introdurre nel collettivo di intellettuali di ‘Rinascita’ un compagno di origine proletaria e meridionale, che aveva accumulato una certa esperienza in grandi lotte di
massa…"; dal ’68 non fara’ piu’ parte del comitato centrale e non ricoprira’ piu’ incarichi negli organismi direttivi del Pci.

Cinanni comunque decide di continuare nell’approfondimento delle questioni che piu’ gli stavano a cuore e che tanto lo avevano segnato. Di quel periodo, il 1973, la docenza di filosofia all’Universita’ di Urbino.
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Le sue analisi restano ancora oggi validi e preziosi strumenti per coloro che si avvicinano, o che gia’ hanno conoscenze consolidate, ai temi dell’emigrazione e della questione agraria. Problemi – e non sembri retorico
ricordarlo – drammaticamente urgenti, irrisolti, attuali. Di fronte allo spettacolo deprimente di una politica fatta di piccoli e mediocri accordi, di politici affaccendati in attivita’ piu’ o meno lecite, di intellettuali impegnati in vacue riflessioni piu’ che nella ricerca del vero e del giusto, Paolo Cinanni con il suo stile, il suo rigore, il suo impegno, resta un solido punto di riferimento umano ed intellettuale.

 

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