548 Convegno delle ACLI Svizzera sul beato Scalabrini

20051128 16:53:00 rod

Giovanni Battista Scalabrini, un uomo coraggioso e controcorrente

Il 2005 è un anno di straordinario significato per la Famiglia Scalabriniana, che celebra il primo centenario della morte del Beato Giovanni Battista Scalabrini, nato a Fino Mornasco, l’8 luglio 1839 e morto a Piacenza il 1° giugno 1905.

Le ACLI della Svizzera ne hanno voluto ricordare la statura umana e morale, il suo coraggio e le sue opere, con un qualificato convegno che sabato scorso ha riunito un centinaio di persone a Kilchberg, vicino Zurigo.
Un convegno che oltre ai saluti delle ACLI locali, del Console Generale di Zurigo, Ministro Walter Veltroni, del Presidente del Comites Luciano Alban e del delegato dei Missionari Mons. Antonio Spadacini, ha proposto una tavola rotonda con personaggi di primo piano: padre Graziano Tassello, Giovanni Bianchi (che ha dovuto dare forfait all’ultimo momento, ma che ha fatto pervenire il testo del suo intervento) e Luigi Bobba, Presidente nazionale delle ACLI della FAI (Federazione ACLI Internazionali).
“Sono tantissime nella storia della Chiesa le figure di santità – ha esordito Franco Narducci, Presidente della ACLI Svizzera – ma gli italiani emigrati in ogni parte del mondo sono particolarmente legati da affetto e riconoscenza a questo Vescovo così straordinario e luminoso. Giovanni Battista Scalabrini non ha soltanto accompagnato milioni di italiani che abbandonavano il proprio paese spinti dalla miseria e spesso dalla fame, ma ne ha condiviso i dolori, le lacrime, le sofferenze, l’emarginazione. E soprattutto, grazie ad un incomparabile senso dell’impegno sociale, si è prodigato per riscattare la triste e misera condizione dei nostri concittadini costruendo opere, fondando ordini e congregazioni che in ogni parte del mondo hanno diffuso e diffondono l’azione sociale, la pastorale delle migrazioni e tantissimo aiuto.”
Il compito di mettere a fuoco la statura del grande vescovo comasco è toccato a Padre Graziano Tassello, che con l’abilita e la bravura largamente note nel mondo dell’emigrazione, ha anzitutto ricordato quanto coraggio occorresse all’epoca per occuparsi dei “poveri diavoli emigrati”, in Italia e nei Paesi di accoglimento, dove gli italiani erano accompagnati da luoghi comuni fuorvianti e spesso dal dispregio per la loro provenienza. Giovanni Scalabrini, invece si era già abituato, come cristiano e come uomo, ad essere attento al grido dei poveri. Tassello ha poi illustrato magistralmente le ragioni che avevano mosso Giovanni Battista Scalabrini, riconducendole ad un solo denominato comune: la carità (la carità come risposta, come denuncia, la carità che ragiona, che sensibilizza, che dialoga, che agisce e che diventa visione).
Giovanni Bianchi, con la conosciuta capacità di immagini, ha evocato Abramo e il significato eterno della sua figura, accostandola all’emigrato, per collocare il beato Scalabrini tra memoria e profezia, ma anche per ricordare ai presenti i nuovi problemi che nascono con i nuovi flussi migratori e il ruolo dell’associazionismo per affrontarli, così come affrontò quelli di milioni d’italiani emigrati in ogni parte del mondo. Un ruolo che riporta in primo piano il valore della solidarietà. Tema ripreso anche da Luigi Bobba, che dopo avere illustrato le tante transizioni che hanno interessato e interessano la comunità italiana nel mondo, in particolare sul versante giovanile, ha fatto una lucida analisi di una realtà impensabile fino a qualche decennio fa, quella dell’immigrazione in Italia e delle iniziative messe in campo dalle ACLI per dare sostegno e offrire soluzioni solidali in un campo che per le sue implicazioni (e strumentalizzazioni) politiche appare minato.

 

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