17 08 02 notizie dal VENEZUELA

0 – La «Piattaforma» critica Maduro ma attacca anche la «golpista Mud» Venezuela. Chavisti critici sulla Costituente: per un altro dialogo, che includa tutti gli attori sociali e politici, non solo opposizione o governo» di Paco Martinez
1 – Cina e Russia: appoggio a Maduro, no violenze. Venezuela verso la guerra civile. Le destre eleggono 33 magistrati del Tribunal Supremo de Justicia – Venezuela, manifestazione per la Costituente di Geraldina Colotti
2 – Venezuela, arrestati due leader dell’opposizione. «Preparavano la fuga» Venezuela. Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma erano ai domiciliari. Maduro risponde agli Stati uniti: «Non obbedisco agli ordini imperialisti» La casa di Lopez, arrestato ieri in Venezuela © Lapresse/Reuters
3 – Con la crisi venezuelana torna il «cortile di casa» Usa – Venezuela. Il governo di Caracas ormai, oltre all’opposizione, ha di fronte Trump che vuole guidare la lotta.
4 – Al voto per la Costituente. Venezuela in bilico tra violenze e ingerenze – Venezuela. La Mud convoca scioperi e la «presa di Caracas». Manifestazioni vietate dal governo. Gli Usa ai propri diplomatici: «Abbandonate il paese». Domani si elegge l’Assemblea voluta da Maduro «per blindare le misure sociali» Il presidente venezuelano Maduro bacia la bandiera durante una cerimonia © foto Reuters
5 – Il Nyt dà la road map post-voto all’opposizione – In un articolo sul «New York Times», David Smilde membro di Wola, Ong che esercita una forte lobby anti-Maduro a Washington, propone una road map all’opposizione venezuelana.
6 – Ormai «silenziato» in Spagna il bolivarismo fondativo di Podemos Venezuela. Pp e Ciudadanos scatenati sul caso Monedero, poi assolto dalle accuse
7 – Venezuela, modello «estrattivo» e peso dei creditori internazionali Crisi economica a Caracas. Non modificare tale assetto «estrattivista» (la principale critica dei movimenti a tutti i governi progressisti latinoamericani) ha reso l’economia del paese fragile e vulnerabile a fronte dei mercati internazionali. I beni di consumo, non venendo prodotti all’interno, debbono essere importati; si vede il rafforzamento dell’import di beni di consumo nel periodo in cui il prezzo del petrolio era maggiore (passato da 100 dollari a barile nel 2013 a 24,24 dollari nel 2016), mentre nel periodo successivo c’è un crollo.
8 – Le letture faziose non ci assolvono dalla riflessione seria – Venezuela. Crediamo che la sinistra più di tutti abbia il dovere di affrontare questa discussione con serietà, rifiutando il terreno degradante su cui si sta imperniando il dibattito pubblico nel nostro paese. In primo luogo serve rimuovere dalla discussione tanto la rappresentazione di un paese in cui una brutale dittatura sta reprimendo nel sangue una democratica opposizione quanto quella che vede un governo inerme che resiste ad un golpe organizzato
9 – Venezuela, arrestati due leader dell’opposizione. «Preparavano la fuga» Venezuela. Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma erano ai domiciliari. Maduro risponde agli Stati uniti: «Non obbedisco agli ordini imperialisti» – La casa di Lopez, arrestato ieri in Venezuela © Lapresse/Reuters

0 – La «Piattaforma» critica Maduro ma attacca anche la «golpista Mud» Venezuela. Chavisti critici sulla Costituente: per un altro dialogo, che includa tutti gli attori sociali e politici, non solo opposizione o governo» di Paco Martinez
C’è vita a sinistra in Venezuela al di là della visione “mainstream” che vede contrapposti due poli, quello officialista e quello dell’opposizione? A leggere in filigrana alcuni eventi passati quasi inosservati ai più sembrerebbe di sì. Alla vigilia della tornata elettorale per la Costituente promossa da Nicolas Maduro, la Piattaforma Cittadina in Difesa della Costituzione, ad esempio, ha pubblicamente chiamato all’astensione o al voto nullo, considerando la convocazione della costituente un’«usurpazione» da parte del presidente Maduro, ed allo stesso tempo rigettando la nefasta politica del’opposizione Mud «intesa a generare una frattura istituzionale attraverso la creazione di un governo ed uno Stato parallelo con l’appoggio di Washington».

I PROMOTORI della Piattaforma, tra cui Edgardo Lander, sociologo, Oly Millan, già Ministra dell’Economia Popolare con il Presidente Chavez, Hector Navarro ex ministro di Educazione ed Energia con il presidente Chavez, Enrique Ochoa Antich ex coordinatore del Mud e già deputato, Ana Lisa Osorio, già deputata del Parlandino e ministra dell’Ambiente con Hugo Chavez, avevano anche richiamato l’attenzione al rischio che, attraverso la convocazione della Costituente, si sarebbero chiuse tutte le possibilità di dialogo, lasciando come unica soluzione il ricorso alla violenza. Le modalità con le quali Maduro ha convocato la Costituente avrebbero violato l’articolo 347 della Costituzione, che attribuisce al popolo del Venezuela, l’autorità di convocare un’Assemblea Nazionale Costituente che possa trasformare lo Stato e creare un nuovo ordinamento giuridico ed una nuova Costituzione. Quel che viene stigmatizzato in particolare è il mancato ricorso al referendum popolare. Inoltre, sempre a detta dei promotori, questa Costituente non servirà a risolvere i veri problemi che sono alla base della crisi della società venezuelana, quali l’inflazione, l’insicurezza, la scarsità di alimenti e medicinali, problemi che il governo potrebbe oggi affrontare con gli strumenti a sua disposizione.

NEL SUO COMUNICATO reso noto pochi giorni prima del 30 luglio, la Piattaforma, sottolinea altri aspetti molto controversi relativi alla convocazione della Costituente. Tra questi la scarsa credibilità di uno degli obiettivi della Costituente ovvero la rivendicazione del carattere pluriculturale della Patria, in un contesto nel quale negli ultimi 18 anni non è stato fatto un passo in a vanti per il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, e per la demarcazione delle loro terre. Anche l’obiettivo di «tutelare la vita nel pianeta, sviluppando a livello costituzionale, con maggior specificità i diritti sovrani alla protezione della nostra biodiversità e lo sviluppo di una cultura ecologica nel paese», sembra essere contraddetto dai fatti.

AL CROLLO del prezzo del petrolio infatti il governo ha risposto spingendo l’acceleratore sul modello estrattivista, per lo sfruttamento delle risorse minerarie del paese. In particolare, preoccupa, l’apertura dell’Arco Minero dell’Orinoco, su una superficie di 112 mila kilometri quadrati messi a disposizione delle imprese transnazionali del settore minerario al fine di assicurarsi l’afflusso di investimenti esteri. Un’operazione messa a punto violando palesemente la Costituzione e le principali leggi ambientali, del lavoro e dei diritti dei popoli indigeni. Una posizione dura, quindi, quella della Piattaforma Cittadina in Difesa della Costituzione. L’iniziativa è stata presentata nel maggio scorso, e si rivolge a tutto il popolo venezuelano per tentare in ogni modo di frenare la escalation di violenza e difendere la Costituzione contro il rischio crescente di una disintegrazione del tessuto connettivo della società venezuelana.

NELLE PAROLE dei promotori la chiara condanna alla violenza repressiva dello stato ed a quella delle opposizioni nelle piazze, ma anche della violenza sociale, quella causata dalla mancanza di cibo, medicinali, la insicurezza. La Piattaforma vorrebbe attivare a tutti gli attori politici e sociali che desiderano interrompere la escalation di violenza, in una sorta di autoconvocazione per la costruzione di «un altro dialogo» plurale e diverso, che includa la partecipazione di tutti gli attori sociali e politici, non solo quello che ora sono nel campo dell’opposizione o del governo. Governo nazionale e Mud, dovrebbero quindi impegnarsi a promuovere la de-escalation di violenza da ogni parte essa provenga, al rispetto dei diritti umani, ed a porre fine agli eccessi repressivi ed i comportamenti violenti. Importante per i promotori anche il rispetto dei principi costituzionali, e la partecipazione del popolo come depositario della sovranità. Quali siano oggi le possibilità di riannodare i fili del dialogo, in una situazione che rischia di degenerare ulteriormente è tutto da vedere.

1 – Cina e Russia: appoggio a Maduro, no violenze. Venezuela verso la guerra civile. Le destre eleggono 33 magistrati del Tribunal Supremo de Justicia – Venezuela, manifestazione per la Costituente di Geraldina Colotti
«Basta carneficina in Venezuela». L’appello è di Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Affari esteri del Senato, molto presente nella crisi del paese bolivariano, dove i morti sono già oltre 100: vittime dovute «all’arroganza di un regime che rifiuta la democrazia», da cui l’invito di Casini alla «comunità internazionale» affinché si «stringa attorno al Parlamento venezuelano e ai suoi rappresentanti». Il Parlamento venezuelano è, dalle legislative del 2015, a maggioranza di opposizione. L’abbraccio di Casini a nome del governo italiano è quindi tutto per la Mesa de la Unidad Democratica (Mud), che ha deciso di sovvertire il governo eletto dal popolo venezuelano usando due grimaldelli: la violenza interna dei «guarimberos» e l’appoggio di Trump e dei suoi alleati (Europa e Italia in prima fila).

PER QUESTO, dopo l’invito con applausi scroscianti al padre di Leopoldo Lopez (militante del partito Voluntad Popular come il figlio, oggi agli arresti domiciliari), mercoledì il Parlamento italiano ospiterà anche un altro «pacifico» manifestante contro la «dittatura»: il sociologo venezuelano Tulio Hernandez, ex esponente della sinistra durante gli anni della IV Repubblica, oggi passato dall’altra parte. A fine aprile, si è fatto conoscere per i suoi twit incendiari, che invitavano «ogni venezuelano democratico» a neutralizzare un chavista, all’occorrenza buttando «vasi» dalla finestra. In questo modo è morta una donna di 47 anni, Almelina Carrillo.

SONO TANTE le vittime delle violenze oltranziste, tante le armi sequestrate, già 30 le persone linciate e bruciate vive, molte le persone saltate sui tralicci cercando di sabotare la rete elettrica. Perché non si getta acqua sul fuoco di quelle violenze efferate? L’altroieri, nello Stato Zulia, 100 persone hanno dato alle fiamme l’istituto di case popolari della Mision Vivienda, che le destre vorrebbero portare sotto il controllo delle grandi immobiliari. Un lavoratore è morto buttandosi dall’edificio in fiamme. Un ragazzo, Adrés Uzcategui, ha avuto il petto squarciato dall’esplosione di un mortaio artigianale che voleva utilizzare contro la polizia. Un poliziotto è stato quasi sgozzato da una guaina usata nelle barricate. Una persona ha perso la vita durante l’attacco alla tv di Stato, a Caracas. Anche il principale quotidiano di opposizione, El Nacional web (unica fonte usata dalle agenzie stampa italiane) ha mostrato un cecchino appostato. Solo la reazione dei lavoratori di Vtv, scesi in strada al grido di «El pueblo unido, jamas sera vencido» ha evitato un’altra tragedia.

LA TV DI STATO è uno dei principali obiettivi delle destre, anche perché si trova nel quartiere Los Ruices, uno degli epicentri delle «guarimbas». Nei locali di Vtv, come nelle principali imprese statali, funzionano anche gli asili per i figli dei dipendenti (la legge sul lavoro è estremamente avanzata ed è uno degli obiettivi principali del programma conservatore delle destre, come già avviene in Brasile e in Argentina), ma questo non ha impedito la furia degli oltranzisti, come hanno documentato numerosi cronisti internazionali.

Per «fermare la carneficina» bisognerebbe optare per il dialogo, per il rispetto delle istituzioni democraticamente elette e per il calendario elettorale definito: l’Assemblea costituente, che verrà votata il 30 e le successive regionali di dicembre. E poi le presidenziali del 2018. Si vince, o si perde, come nel 2015, quando la vittoria è andata alla Mud. Allora, c’era lo stesso Consejo Nacional Electoral, lo stesso sistema altamente automatizzato, ritenuto a prova di frodi da tutti gli osservatori internazionali, che lo hanno verificato nel corso di 20 elezioni in 18 annni di chavismo. La Mud si è servita del Cne anche per le sue primarie. Perché invece ora lo esautora? Chi è fuori dalla democrazia, chi organizza un «plebiscito» illegale o un governo che glielo consente, tollerando anche la foto di gruppo con «guarimberos» incappucciati di ex presidenti stranieri?

FALLITO lo sciopero generale che avrebbe dovuto disarcionare Maduro, ignorato il parere degli operai, dei 500 imprenditori e dei commercianti che lo hanno bocciato, respinto il pronunciamento democratico delle Forze Armate, le destre puntano a costruire una situazione modello siriano, demolendo l’architettura istituzionale bolivariana. Un paese dalle immense risorse – ha scritto il New York Times -, non può essere governato dal socialismo, foss’anche «umanista e cristiano». Ieri, la Mud ha eletto 33 magistrati del Tribunal Supremo de Justicia (Tsj), l’istanza deputata all’equilibrio di 5 poteri di cui si compone la repubblica presidenziale.
IL TSJ ha bocciato la decisione, ritenendola un reato. Oggi ci sarà una nuova manifestazione. Dopo il «plebiscito», organizzato arbitrariamente, la Mud va verso l’elezione di un altro capo di Stato e di un governo di transizione: il governo di una parte, di Trump e dei suoi alleati. Che porterebbe a «una carneficina» nello scontro con più dell’altra metà del paese e con le Forze armate bolivariane, leali alla costituzione e all’indipendenza nazionale. Cina e Russia hanno mandato messaggi agli Stati uniti contro un’eventuale aggressione armata e apppoggiato il dialogo voluto da Maduro. E vi sono manovre al largo delle coste venezuelane.

2 – Venezuela, arrestati due leader dell’opposizione. «Preparavano la fuga» Venezuela. Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma erano ai domiciliari. Maduro risponde agli Stati uniti: «Non obbedisco agli ordini imperialisti» La casa di Lopez, arrestato ieri in Venezuela © Lapresse/Reuters – di Belano

La situazione in Venezuela diventa sempre più grave e potenzialmente gli eventi di ieri rischiano di soffiare su un fuoco che ormai da mesi è pronto a divampare.
IERI IL TRIBUNALE SUPREMO di giustizia venezuelano ha annunciato la revoca degli arresti domiciliari concessi ai leader oppositori Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, per aver violato le condizioni che erano state fissate al momento della loro scarcerazione. Secondo l’alta corte, a Ledezma era stato proibito di diffondere dichiarazioni sui media, e a Lopez era stato vietato il proselitismo politico. Inoltre, ha aggiunto il Tsg, esisterebbero «rapporti di intelligence» su un presunto piano di fuga dei due dirigenti del’opposizione: per questo il tribunale ha motivato l’arresto – effettuato dal Sebin, il servizio segreto del paese – «in modo urgente». «Hanno appena prelevato Leopoldo a casa. Non sappiamo dove si trova e dove è stato portato», ha scritto su Twitter la moglie di Lopez, Lilian Tintori. Anche i figli di Ledezma, Victor e Vanessa, hanno denunciato l’arresto del padre.

PER L’UNIONE EUROPEA gli arresti sono «un passo nella direzione sbagliata» dopo il controverso voto di domenica scorsa per l’Assemblea costituente. «Abbiamo appreso la notizia oggi e riteniamo che sia chiaramente un passo nella direzione sbagliata», ha detto Catherine Ray, una portavoce del capo della diplomazia Ue Federica Mogherini. Sicuramente gli arresti rischiano di peggiorare l’intento di riportare il paese a una unità nazionale, pur guidata dall’Assemblea costituente.

MADURO HA ORA IL COMPITO di evitare la guerra civile, garantendo alla popolazione più povera le garanzia del chavismo, migliorando la condizione di vita di molti di loro ed evitando di portare il paese su un baratro che rischia di mettere in discussione l’intero processo bolivariano, tanto più ora senza alcuna sponda internazionale: Brasile, Argentina sono in mano alle destre, così come la Colombia; Cuba è alle prese con la complicata gestione del fenomeno Trump.

LA SITUAZIONE internazionale è oltremodo complicata: mezzo mondo condanna il Venezuela, dimenticando di fare affari con dittatori e paesi finanziatori del terrorismo a matrice Isis. Proprio per questo Maduro ha una difficile situazione politica da sbrogliare. Ai lamenti poi di alcuni leader occidentali di fronte agli arresti di ieri, come ad esempio Matteo Renzi via Facebook, bisognerebbe pur ricordare il curriculum dei due ri-arrestati.

LEOPOLDO LOPEZ, coordinatore di Voluntad Popular, partito che insieme ad altri forma l’opposizione, la Mesa de la Unidad Democrática ad esempio, politico più di estrema destra che «democratico», fu condannato per reati di corruzione ed è legato a istituzioni finanziate dalla Cia; nel 2002 fu tra le guide della marcia dell’opposizione al Palazzo Miraflores a Caracas che provocò la morte di decine di persone e aprì la strada al golpe contro Chavez, fallito dopo pochi giorni.

IN QUEI GIORNI PARTECIPÒ alla persecuzione e detenzione illegale dell’allora ministro degli interni e della giustizia, Ramón Rodríguez Chacín. Ma la causa penale nei confronti del golpisti terminò nel 2007 per via di un’amnistia decisa dallo stesso Chavez. Nel 2008 Lopez fu inabilitato politicamente per un caso di conflitto di interessi; condanna ripetuta dal 2011 al 2014 per storno di fondi. Quanto a Ledezma, nel 2002 appoggia il golpe contro Chavez. Partecipa alla serrata petrolifera che causa al paese perdite per 21 miliardi di dollari. Nel 2004 coordina le azioni del «Plan guarimba», viene accusato di incitamento a un gruppo che brucia la sede del partito di Chavez. Nel febbraio 2015 viene condannato per implicazione nel fallito colpo di Stato contro Maduro. Dopo due mesi di carcere militare, è posto agli arresti domiciliari. Intanto Maduro ieri ha replicato alle sanzioni degli Usa: «Io non obbedisco agli ordini imperialisti, io non obbedisco a governi stranieri, io sono un presidente libero», ha detto, reagendo così alla decisione statunitense di congelare tutti i beni che il capo dello Stato avrebbe negli Stati uniti.

3 – Con la crisi venezuelana torna il «cortile di casa» Usa – Venezuela. Il governo di Caracas ormai, oltre all’opposizione, ha di fronte Trump che vuole guidare la lotta. di Marina Catucci

Alla viglia del voto indetto dal presidente Nicolas Maduro in Venezuela, per eleggere la nuova Assemblea costituente, è intervenuto Mike Pence; il vice presidente degli Stati Uniti ha parlato al telefono con Leopoldo Lopez, leader dell’opposizione venezuelana che, dopo una condanna a 13 anni di reclusione, è al momento agli arresti domiciliari; assicurando Lopez, a nome del presidente americano, che gli Stati Uniti «sono al fianco del popolo venezuelano». Un modo, questo, per dire che non solo la Colombia ma anche il nord America non riconoscerà la validità del voto per la Costituente. Andres Oppenheimer, analista statunitense ed entusiasta dell’opposizione venezuelana, ha pubblicato un articolo nel quale dà a Mike Pompeo, con le sue ammissioni sull’ingerenza Usa, la colpa dell’imminente vittoria dell’Assemblea costituente in Venezuela: «Un regalo che la Cia ha fatto a Maduro». E il giorno prima Wahington aveva chiesto ai suoi diplomatici in Venezuela di lasciare subito il Paese.

CON QUESTE DIFFICILI elezioni venezuelane gli Stati Uniti tornano ad occuparsi di America Latina, il vasto «cortile di casa» territorio tradizionalmente privilegiato per esercitare l’estensione del potere Usa.
Già il 20 luglio il capo della Cia, Mike Pompeo nel corso di un forum sulla sicurezza che si è tenuto ad Aspen in Colorado, aveva dichiarato, in modo tutt’altro che sibillino: «Speriamo ci possa essere una transizione in Venezuela e alla Cia stiamo facendo il nostro meglio per capire le dinamiche locali. Sono stato a Bogotà e in Messico e ho evocato il tema della transizione politica in Venezuela, cercando di aiutarli a capire cosa potrebbero fare per ottenere risultati migliori in questo angolo di mondo».

QUESTA DICHIARAZIONE ha portato Maduro a chiedere al governo americano, messicano e colombiano, spiegazioni sul loro presunto coinvolgimento in un complotto che la Central intelligence agency starebbe ordendo contro di lui. «Chiedo al presidente Trump di chiarire le parole insolenti e interventiste del direttore della Cia, che pensa di essere il governo mondiale» ha dichiarato Maduro in una cerimonia militare, ma il governo americano non ha mai risposto al presidente del Venezuela, che dovrebbe considerare la telefonata di Pence a Lopez come una risposta indiretta.

MA NON È LA PRIMA volta che il direttore della Cia si esprime su Caracas, Pompeo già lo scorso 11 di maggio aveva dichiarato: «Il rischio che il collettivo agisca fuori da ogni controllo aumenta ogni minuto. È una minaccia per Sudamerica, Centroamerica e non solo per lo stesso Venezuela».

GLI STATI UNITI non si sono limitati a parlare ed a far trapelare la possibilità di un intervento della Cia, Donald Trump, dopo aver dichiarato che «gli Stati Uniti non staranno ad aspettare che il Venezuela si sgretoli» ha immediatamente implicato che partiranno delle sanzioni che, è facile prevedere, colpirebbero secondo Reuters il settore energetico, settore vitale in quanto il Venezuela è uno dei maggiori esportatori di petrolio al mondo e con le più grandi riserve internazionali, e la sua economia si basa sui ricavi dell’export, come ben sa sempre Pompeo il quale ha grossi interessi in quel campo, per non parlare del segretario di Stato Tillerson, già a capo della ExxonMobil.

IL CAPO DELLA CIA nel 2006 ha fondato l’impresa petrolifera oriunda del Kansas, Sentry International, della quale è stato presidente. Questa società sin dal 2003, anno in cui è nata, è in continua espansione grazie alla vendita di impianti di perforazione in Cina, Canada e negli Stati Uniti, in special modo in zone come Texas e Oklahoma, dove si pratica il fracking. Secondo alcuni dati forniti da Open Secrets, nel 2016-2017 Mike Pompeo ha ricevuto sostegno finanziario anche da ExxonMobil, espandendo i legami e i vincoli con il business del petrolio negli Stati Uniti.

AL MOMENTO le ultime sanzioni amministrative di Trump contro il Venezuela coinvolgono 13 funzionari venezuelani con legami con il governo del presidente Maduro. I funzionari, accusati di abusi dei diritti umani, corruzione e azioni antidemocratiche, si sono visti cancellare i visti e congelare gli asset statunitensi. Fra le persone colpite dalle sanzioni ci sono il ministro degli Interni Nestor Reverol Torres e il vice presidente del colosso petrolifero Pdvsa Simon Zerpa Delgado, ed anche i comandanti dell’esercito e della guardia nazionale.

4 – Al voto per la Costituente. Venezuela in bilico tra violenze e ingerenze – Venezuela. La Mud convoca scioperi e la «presa di Caracas». Manifestazioni vietate dal governo. Gli Usa ai propri diplomatici: «Abbandonate il paese». Domani si elegge l’Assemblea voluta da Maduro «per blindare le misure sociali» Il presidente venezuelano Maduro bacia la bandiera durante una cerimonia © foto Reuters di Auxilio Belano

Il Venezuela si avvicina al 30 luglio, la data prescelta per il voto che eleggerà l’Assemblea costituente voluta dal presidente Maduro per «blindare le misure sociali» e contrastare le lobby e la destra venezuelana che proprio ieri hanno proclamato una giornata di mobilitazione scandita dallo slogan «la presa di Caracas».

IL GOVERNO ha annunciato il divieto di ogni manifestazione fino al 2 agosto: chi scenderà in strada rischia da 5 a 10 anni di detenzione. Intanto ieri è morto un agente della polizia venezuelana ferito a Ejido, nello stato di Merida (nella parte occidentale del paese). Lo ha reso noto la Procura generale: Oneiver Jhoan Quinones Ramires (30 anni) stava smontando una barricata eretta da manifestanti dell’opposizione insieme a un altro poliziotto, quando è stato raggiunto da uno sparo di arma di fuoco alla testa. Due – invece – le vittime tra i manifestanti dell’opposizione, benché le cause delle loro morti, mentre scriviamo, non siano state ancora confermate dall’autorità.

Si tratta degli ennesimi eventi che scandiscono la gravità della situazione venezuelana, sempre più simile a una sorta di «guerra civile a bassa intensità»: da mesi ormai le manifestazioni pro Maduro e quelle della Mud si fronteggiano sulle strade del paese. Secondo l’ufficio del procuratore generale dall’inizio delle proteste sarebbero oltre cento le vittime, tra poliziotti e manifestanti di entrambe le parti.

IN MEZZO A VITTIME, scontri dialettici e all’intervento esterno di altri stati per supportare o condannare a Maduro, rimane la sensazione di un Venezuela profondamente diviso e in balia di queste giornate che rischiano di innalzare pericolosamente il livello dello scontro. Anche perché pesa e non poco l’ingerenza americana: dopo le sanzioni volute da Trump contro 13 persone fisiche, tra cui ministri ed ex ministri, ieri Washington ha invitato i familiari del proprio personale diplomatico ad abbandonare il paese. Sul caso è intervenuta anche l’Onu: l’Alto commissariato per i diritti umani ha chiesto alle autorità del Venezuela di rispettare i diritti dei cittadini, la libertà di espressione, di assemblea e di manifestazione pacifica.

IL VOTO PER L’ASSEMBLEA costituente rappresenta un tentativo estremo di Maduro di provare a ottenere una pacificazione di natura politica al di là delle scelte economiche del paese, che sono risultate ovviamente sgradite alle oligarchie locali ma che hanno finito per pesare anche su strati sociali che hanno supportato e favorito il processo bolivariano. E proprio a loro Maduro getta l’amo per risalire la corrente, perché l’Assemblea costituente, incaricata di riscrivere la Costituzione, sarà proprio composta da quelle parti sociali più favorevoli, almeno in teoria, al presidente e al processo bolivariano.

DEI 545 MEMBRI, 364 saranno eletti per competenza territoriale, 173 per ambito sociale, ovvero 5 imprenditori, 8 contadini e pescatori, 5 disabili, 24 studenti, 79 operai, 24 rappresentanti dei Consigli comunali e altri organismi locali, 28 i pensionati; inoltre vi saranno otto rappresentanti delle comunità indigene. Le destre contestano proprio queste caratteristiche che non permetterebbero una vera e propria mediazione sulla base del loro concetto di «unità nazionale» supportato anche dai vescovi locali, non proprio in linea con le indicazioni di papa Francesco, oltre che da potentati economici. Quando sarà eletta l’Assemblea costituente, la cui convocazione da parte del presidente è prevista dalla Costituzione (art.348), sarà l’organo legislativo e tutto quanto verrà deciso dovrà essere sottoposto all’approvazione popolare.

LA SFIDA VERA PER MADURO, specie per quanto riguarda l’opinione pubblica internazionale, sarà sull’affluenza. Se sarà ampia, le opposizioni dovranno rassegnarsi, perché significherà che Maduro rappresenta ancora la maggioranza del paese, contraria a un processo liberista comandato dalla longa manus americana che di recente pare essersi tornata ad occupare del «proprio cortile di casa». Secondo fonti della Commissione elettorale gli aventi diritto al voto saranno almeno 19 milioni, ovvero un dato equivalente alle ultime politiche del 2015.

5 – IL NYT DÀ LA ROAD MAP POST-VOTO ALL’OPPOSIZIONE – IN UN ARTICOLO SUL «NEW YORK TIMES», DAVID SMILDE MEMBRO DI WOLA, ONG CHE ESERCITA UNA FORTE LOBBY ANTI-MADURO A WASHINGTON, PROPONE UNA ROAD MAP ALL’OPPOSIZIONE VENEZUELANA. Di Marinella Correggia
Anziché ammettere che le manovre sono fallite e che l’opposizione rischia con il fuoco di una possibile guerra civile, raccomanda quanto segue: «I paesi della regione devono pronunciarsi in modo unitario, dire che non riconosceranno la Costituente, la Costituzione che scriverà e il governo che creerà.

Questo renderà difficili i finanziamenti internazionali al Venezuela e farà capire a Maduro che è meglio negoziare. Le sanzioni, poi, devono essere collettive, da parte di un gruppo significativo di paesi della regione».

COSA È L’ASSEMBLEA COSTITUENTE
La base legale per la convocazione dell’Assemblea Costiuente è l’articolo 347 della Costituzione del 1999 (approvata sotto dal governo presieduto da Hugo Chavez), che stabilisce che «il popolo venezuelano è il custode del potere costituente originale» e può nell’esercizio di tale potere convocare un’assemblea «con l’obiettivo di trasformare lo Stato, creare un nuovo ordinamento giuridico e redarre una nuova Costituzione». Il presidente può convocare questo tipo di organo legislativo adibito alla Costituzione, grazie all’articolo 348 della carta.

L’Assemblea sarà composta da 545 membri, di cui 364 eletti per territorio e 173 per ambito sociale, ovvero: 5 imprenditori, 8 contadini e pescatori, 5 disabili, 24 studenti, 79 operai, 24 rappresentanti dei Consigli comunali e altri organismi locali e 28 pensionati; inoltre vi saranno otto rappresentanti delle comunità indigene.
Secondo fonti della Commissione elettorale tuttvaia gli aventi diritto al voto saranno almeno 19 milioni, ovvero un dato equivalente alle ultime politiche del 2015. In teoria, ogni decisione di revisione costituzionale che dovesse essere decisa dall’Assemblea, dovrà essere soggetta a referendum popolare.

6 – Ormai «silenziato» in Spagna il bolivarismo fondativo di Podemos Venezuela. Pp e Ciudadanos scatenati sul caso Monedero, poi assolto dalle accuse – Massimo Serafini

Dove è finito il bolivarismo di Podemos? Di fronte al precipitare del dramma venezuelano è la domanda che e – spesso, strumentalmente, molti commentatori politici rivolgono ai dirigenti del partito morado. Già nella campagna elettorale spagnola del dicembre 2015 e in quella del giugno 2016, il bolivarismo fu il principale argomento usato dalle destre, in particolare da Ciudadanos, per attaccare Podemos alle prese con il caso Monedero, uno dei fondatori del movimento accusato di non avere denuncniato i proventi delle sue collaborazioni venezuelane – accuse dalle quali è stato assolto.

Ma al di là delle intenzioni strumentali e della propaganda politica è molto difficile, per Iglesias e compagne/i, evitare di interrogarsi su ciò che sta succedendo in Venezuela, più in generale in America latina. È infatti noto che Podemos affonda le proprie radici culturali proprio nelle esperienze che, agli inizi del nuovo millennio, si produssero nei social forum di Porto Alegre, cioè in quel grande movimento di massa che si oppose al modello di globalizzazione ad egemonia liberista, contrapponendovi l’idea di un mondo capace di rendere universali i diritti, lo stato e la giustizia sociale e un’economia delle persone, con al centro la tutela dell’ambiente e la valorizzazione dei beni comuni.

Quelle suggestioni alimentarono un vento di cambiamenti radicali in quasi tutta l’America Latina, a cominciare dal Brasile di Lula passando per la Bolivia e l’Uruguay di Evo Morales e Pepe Mujica, per finire alla più controversa rivoluzione bolivariana di Chavez in Venezuela. È in questo magma rivoluzionario che si formano gran parte dei fondatori di Podemos. Fin dal 2006 gran parte di essi, da Monedero ad Errejon passando per Carolina Bescansa ed Iglesias furono protagonisti nel Ceps (centro studi politico sociali) che partecipò alla definizione della riforma costituzionale di Chavez, ma soprattutto lavorò per costruire un ponte fra esperienze emancipatorie dell’America latina e promozione di politiche antiliberiste e di sinistra in Spagna e in Europa.

Non a caso quindi l’ esperienza del movimento degli Indignados del 2011, si sviluppò su molte delle suggestioni che venivano da quelle esperienze, così come spiega anche perché quel movimento abbia prodotto una forza originale come Podemos. Per ora invece a prevalere è il basso profilo se non addirittura un certo imbarazzo.

Niente di più che qualche articolo di Monedero teso a confutare le numerose falsità con cui spesso la stampa spagnola racconta la tragedia venezuelana o il sostegno convinto, espresso dalla stesso Iglesias, al tentativo di mediazione realizzato da Zapatero. L’incalzare degli avvenimenti purtroppo non tarderà a mettere in difficoltà questa scelta di basso profilo, obbligando Podemos a prendere una posizione più netta. È evidente che non basta più solo difendere Maduro e il suo tentativo di nuova Assemblea costituente. È necessario prendere atto che oggi il bolivarismo e le straordinarie esperienze che animarono i vari social forum mondiali, rischiano l’esaurimento e da elemento propulsivo di movimenti, come quello degli indignados, possono trasformarsi in un freno al loro sviluppo.

Contemporaneamente però lo sgretolarsi delle esperienze latino americane sta spingendo il mondo verso scenari drammatici, di cui il fenomeno migratorio, il cambio climatico e il riarmo generalizzato sono le manifestazioni più evidenti, scenari che l’egemonia liberista renderà ancora più tragici. Interrogarsi quindi su dove sia finito il bolivarismo di Podemos è un tentativo di definire risposte nuove per ridare forza e strumenti allo slogan che era alla base dei social forum di Porto Alegre: un mondo diverso è possibile.
E questo vale ed è necessario anche per Maduro. Il dramma che ogni giorno si consuma in Venezuela obbliga tutte le forze che a quello slogan si ispirano, a cominciare da Podemos, a uscire dal piccolo cabotaggio e a riprovarci, per evitare che ancora una volta ci si apra una voragine sotto i piedi.

7 – Venezuela, modello «estrattivo» e peso dei creditori internazionali Crisi economica a Caracas. Non modificare tale assetto «estrattivista» (la principale critica dei movimenti a tutti i governi progressisti latinoamericani) ha reso l’economia del paese fragile e vulnerabile a fronte dei mercati internazionali. I beni di consumo, non venendo prodotti all’interno, debbono essere importati; si vede il rafforzamento dell’import di beni di consumo nel periodo in cui il prezzo del petrolio era maggiore (passato da 100 dollari a barile nel 2013 a 24,24 dollari nel 2016), mentre nel periodo successivo c’è un crollo – Matteo Bortolon

Il Venezuela fa parlare di sé. La crisi economica rilancia il paese latinoamericano sui media, riproducendo la polarizzazione pro/contro dei tempi di Chavez, ed incentrandosi soprattuto sulla acutizzazione politica, sulle violenze di strada e il presunto irrigidimento autoritario del presidente Maduro.

Più rare sono le analisi che cercano di vedere in modo più concreto e rigoroso quali siano le dinamiche puramente economiche e le cause sottostanti.

Pochi possono escludere che siano presenti tanto errori e disfunzioni nella gestione del governo (un fattore interno) quanto una componente esterna, sia nell’indebolimento dell’asse dei «governi amici» (con ormai le destre al potere in Brasile e Argentina) che nel (poco benevolo) interessamento degli Stati uniti. Ma bastano per spiegare tutto?

I fattori che saltano all’occhio sono la caduta della crescita del Pil e la crescita dell’inflazione: il primo passa da + 4,1% (2011) a +5,6% (2012), +1,3% (2013), -3,8% (2014), -6,2% (2015), -18% (2016). La seconda da parte sua dà valori che spaziano dal 18%-21% dell’era Chavez procede verso il 254% del 2015 e 720% del 2016. Cifre preoccupanti.

Per spiegare questa progressione sono significativi il documento preparato da Edgardo Lander, sociologo venuezuelano, per il gruppo di lavoro della Fondazione Rosa Luxemburg per la regione andina e l’analisi dell’economista Oly Millàn Campos, ex mimistra del governo bolivariano, sulla natura del debito venezuelano.

Tali analisi mostrano come l’emancipazione sociale si sia fondata sul mantenimento e sul rafforzamento della rendita petrolifera. L’ «oro nero» costituisce la maggiore risorsa del paese, il principale prodotto di esportazione (arrivato fino al 96% di essa) nonché la maggior fonte di entrate per lo Stato.

Non modificare tale assetto «estrattivista» (la principale critica dei movimenti a tutti i governi progressisti latinoamericani) ha reso l’economia del paese fragile e vulnerabile a fronte dei mercati internazionali. I beni di consumo, non venendo prodotti all’interno, debbono essere importati; si vede il rafforzamento dell’import di beni di consumo nel periodo in cui il prezzo del petrolio era maggiore (passato da 100 dollari a barile nel 2013 a 24,24 dollari nel 2016), mentre nel periodo successivo c’è un crollo.

L’espansione del ruolo dello Stato nella redistribuzione della manna degli anni dopo, ha visto dei livelli di produzione industriale stabili o addirittura calanti.

La necessità di importare i generi alimentari di prima necessità e la loro distribuzione a prezzi calmierati è strettamente collegata alla crescita dell’inflazione che sta affossando il paese; accanto ai due tassi di cambio ufficiali (differenziati a seconda del bene cui si riferiscono) si è affiancato un mercato nero di dimensioni inusitate, visto che buona parte della popolazione è costretta a ricorrervi per sopperire alle proprie necessità. Nonostante tutto il rumore dei media mainstream su un collettivismo fuori controllo, è stato calcolato che il settore privato sull’insieme dell’economia è cresciuto dal 65% al 71%, fra cui il sistema di distribuzione di base su cui il governo deve appoggiarsi, in cui si generano ogni genere di speculazione e maneggi, con la complicità di vasti settori della burocrazia pubblica, affetta da una corruzione diffusa che Chavez aveva aggirato affidando i più importanti interventi sociali (le famose missioni) a corpi paralleli.

Una parte della strategia del governo, a parte la denuncia di complotti e oscure manovre (affermazioni che certo hanno una certa base reale) è stata quella di fare accordi con parte dell’oligarchia e con aziende estere per lanciare un estrattivismo di carattere minerario, prospettando concessioni a multinazionali su un suolo pari a circa il 12% del territorio della Repubblica. È presumibilmente per tali ragioni che è leggibile la prospettiva di stretta osservanza degli impegni finanziari internazionali.

La situazione dei conti pubblici è assolutamente stabile, con un debito pubblico estremamente basso (36,7% sul Pil nel 2016, in calo rispetto al 49,9% del 2015!) e un debito delle famiglie fra i più bassi del mondo. Eppure il vicepresidente del ministero dell’economia ha annunciato che verranno ridotte le importazioni di generi di consumo per far fronte al debito (riducendole a un quarto rispetto al 2012), e il presidente Maduro ha annunciato che il paese aveva pagato negli ultimi 20 mesi 35 miliardi ai creditori internazionali.
È una prospettiva vivacemente contrastata da forze popolari, in specie il Comitato per una Auditoria pubblica e civica (affiliato alla rete Cadtm), che propone una indagine sistematica dei meccanismi finanziari e valutari che generano fughe di capitali e illegittimità debitorie, non solo per recuperare risorse a fare maggiore trasparenza ma per ridare una solidità etica al tessuto sociale del paese, già sottoposto a forte dissoluzione. Se l’iniziativa di Maduro su una nuova costituente ha delle possibilità di incisività positiva, non può che farsi carico di proposte come queste che possono ravvivare un forte protagonismo popolare, emancipativo e realmente socialista. * (Cadtm Italia)

8 – Le letture faziose non ci assolvono dalla riflessione seria – Venezuela. Crediamo che la sinistra più di tutti abbia il dovere di affrontare questa discussione con serietà, rifiutando il terreno degradante su cui si sta imperniando il dibattito pubblico nel nostro paese. In primo luogo serve rimuovere dalla discussione tanto la rappresentazione di un paese in cui una brutale dittatura sta reprimendo nel sangue una democratica opposizione quanto quella che vede un governo inerme che resiste ad un golpe organizzato – Peppe De Cristofaro* e Erasmo Palazzotto**

È possibile affrontare fuori da ogni logica di «campismo» il dibattito su quanto sta accadendo in Venezuela? Ragionare seriamente delle cause che hanno portato il Paese che ha più di tutti contribuito alla rinascita del continente latinoamericano sull’orlo di una guerra civile?
Crediamo che la sinistra più di tutti abbia il dovere di affrontare questa discussione con serietà, rifiutando il terreno degradante su cui si sta imperniando il dibattito pubblico nel nostro paese.
In primo luogo serve rimuovere dalla discussione tanto la rappresentazione di un paese in cui una brutale dittatura sta reprimendo nel sangue una democratica opposizione quanto quella che vede un governo inerme che resiste ad un golpe organizzato.

Il Venezuela di oggi è un paese spaccato in cui lo scontro politico ha raggiunto livelli di violenza insostenibili per il dispiegamento di un processo pienamente democratico. Da parte nostra non abbiamo alcuna esitazione nel condannare la violazione dei diritti civili di oppositori politici e tutte le forme di repressione del governo Maduro, esattamente come siamo capaci di vedere come l’opposizione che agita lo scontro nelle piazze è egemonizzata da quella stessa destra golpista che sostenne il colpo di stato del 2002 contro Chavez sostenuta politicamente e finanziariamente dagli Usa.

Ma resta il fatto che il governo, pur indebolito dalla crisi economica che ha di fatto distrutto il sistema di welfare chavista, gode ancora un consenso radicato nel Paese, e che non ci troviamo più davanti ad una piccola opposizione che tutela gli interessi economici della parte più ricca del Venezuela, ma ad un forte movimento di dissenso che si è insediato in diversi strati sociali, soprattutto nelle aree urbane e tra le nuove generazioni.

Ignorare tutto questo rischia di farci fare un drammatico errore di lettura e contribuire ad alimentare uno scontro dall’esito disastroso.
Il rischio concreto che corriamo è infatti quello di trovarci davanti a due scenari drammatici, da una parte una possibile svolta autoritaria del governo Maduro, dall’altro ad una sua implosione che lascerebbe il paese nel caos aprendo la strada ad una vera guerra civile.

Alla luce di queste considerazioni riteniamo irresponsabile il modo in cui si sta affrontando il dibattito nel nostro Paese, senza porsi il tema di una soluzione politica, l’unica possibile a questa condizione di stallo, soluzione che dovrebbe essere sostenuta in tutte le sedi internazionali investendo sulla diplomazia e sulla riapertura di un dialogo.
La discussione che invece nel dibattito anche del Parlamento italiano rappresenta il governo come una dittatura e l’opposizione come un campione di democrazia ci sembra strumentale e pericolosa.

Ma per la sinistra si pone comunque il tema di aprire una riflessione sulla sconfitta di un modello, quello bolivariano, che ha ispirato molte delle esperienze di governo più interessanti nel continente latinoamericano. L’idea che lo sfruttamento delle risorse petrolifere da solo bastasse a garantire benessere a tempo indeterminato per un intero popolo, che il futuro non avesse bisogno di programmazione e soprattutto che una esperienza di cambiamento reale potesse fondarsi sul carisma di una sola persona.
Il chavismo non è sopravvissuto a Chavez, le classi dirigenti che lo hanno sostituito, cresciute nel suo cono d’ombra, a partire da Maduro, non si sono rivelate all’altezza delle sfide che il
Venezuela ha dovuto affrontare ed i nodi oggi vengono al pettine.
Ma questo non è certo un buon motivo per augurarsi che quel paese sprofondi nel caos e nella violenza, cosa che una lettura faziosa e di parte rischia di favorire e accelerare.
*Vicepresidente commissione esteri Senato
**Vicepresidente commissione esteri Camera

9 – Venezuela, arrestati due leader dell’opposizione. «Preparavano la fuga» Venezuela. Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma erano ai domiciliari. Maduro risponde agli Stati uniti: «Non obbedisco agli ordini imperialisti» – La casa di Lopez, arrestato ieri in Venezuela © Lapresse/Reuters
Auxilio Belano
La situazione in Venezuela diventa sempre più grave e potenzialmente gli eventi di ieri rischiano di soffiare su un fuoco che ormai da mesi è pronto a divampare.

IERI IL TRIBUNALE SUPREMO di giustizia venezuelano ha annunciato la revoca degli arresti domiciliari concessi ai leader oppositori Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, per aver violato le condizioni che erano state fissate al momento della loro scarcerazione. Secondo l’alta corte, a Ledezma era stato proibito di diffondere dichiarazioni sui media, e a Lopez era stato vietato il proselitismo politico. Inoltre, ha aggiunto il Tsg, esisterebbero «rapporti di intelligence» su un presunto piano di fuga dei due dirigenti del’opposizione: per questo il tribunale ha motivato l’arresto – effettuato dal Sebin, il servizio segreto del paese – «in modo urgente». «Hanno appena prelevato Leopoldo a casa. Non sappiamo dove si trova e dove è stato portato», ha scritto su Twitter la moglie di Lopez, Lilian Tintori. Anche i figli di Ledezma, Victor e Vanessa, hanno denunciato l’arresto del padre.

PER L’UNIONE EUROPEA gli arresti sono «un passo nella direzione sbagliata» dopo il controverso voto di domenica scorsa per l’Assemblea costituente. «Abbiamo appreso la notizia oggi e riteniamo che sia chiaramente un passo nella direzione sbagliata», ha detto Catherine Ray, una portavoce del capo della diplomazia Ue Federica Mogherini. Sicuramente gli arresti rischiano di peggiorare l’intento di riportare il paese a una unità nazionale, pur guidata dall’Assemblea costituente.

MADURO HA ORA IL COMPITO di evitare la guerra civile, garantendo alla popolazione più povera le garanzia del chavismo, migliorando la condizione di vita di molti di loro ed evitando di portare il paese su un baratro che rischia di mettere in discussione l’intero processo bolivariano, tanto più ora senza alcuna sponda internazionale: Brasile, Argentina sono in mano alle destre, così come la Colombia; Cuba è alle prese con la complicata gestione del fenomeno Trump.

LA SITUAZIONE internazionale è oltremodo complicata: mezzo mondo condanna il Venezuela, dimenticando di fare affari con dittatori e paesi finanziatori del terrorismo a matrice Isis. Proprio per questo Maduro ha una difficile situazione politica da sbrogliare. Ai lamenti poi di alcuni leader occidentali di fronte agli arresti di ieri, come ad esempio Matteo Renzi via Facebook, bisognerebbe pur ricordare il curriculum dei due ri-arrestati.

LEOPOLDO LOPEZ, coordinatore di Voluntad Popular, partito che insieme ad altri forma l’opposizione, la Mesa de la Unidad Democrática ad esempio, politico più di estrema destra che «democratico», fu condannato per reati di corruzione ed è legato a istituzioni finanziate dalla Cia; nel 2002 fu tra le guide della marcia dell’opposizione al Palazzo Miraflores a Caracas che provocò la morte di decine di persone e aprì la strada al golpe contro Chavez, fallito dopo pochi giorni.

IN QUEI GIORNI PARTECIPÒ alla persecuzione e detenzione illegale dell’allora ministro degli interni e della giustizia, Ramón Rodríguez Chacín. Ma la causa penale nei confronti del golpisti terminò nel 2007 per via di un’amnistia decisa dallo stesso Chavez. Nel 2008 Lopez fu inabilitato politicamente per un caso di conflitto di interessi; condanna ripetuta dal 2011 al 2014 per storno di fondi. Quanto a Ledezma, nel 2002 appoggia il golpe contro Chavez. Partecipa alla serrata petrolifera che causa al paese perdite per 21 miliardi di dollari. Nel 2004 coordina le azioni del «Plan guarimba», viene accusato di incitamento a un gruppo che brucia la sede del partito di Chavez. Nel febbraio 2015 viene condannato per implicazione nel fallito colpo di Stato contro Maduro. Dopo due mesi di carcere militare, è posto agli arresti domiciliari. Intanto Maduro ieri ha replicato alle sanzioni degli Usa: «Io non obbedisco agli ordini imperialisti, io non obbedisco a governi stranieri, io sono un presidente libero», ha detto, reagendo così alla decisione statunitense di congelare tutti i beni che il capo dello Stato avrebbe negli Stati uniti.

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