12229 Paese del NO trasversale

20170110 10:20:00 redazione-IT

[b]di Massimo Dolce (Monaco di Baviera)[/b]

Bei tempi quelli in cui tutto era più definito. La destra e la sinistra ad esempio e, al massimo, il centro-destra e il centro-sinistra. Si potevano contare i voti anche prima di andare a votare, le indicazioni della formazione politica di appartenenza erano determinanti. Da un po’ di tempo queste certezze sono svanite. Non dico sia un male, ma di certo da allora tutto è cambiato. Per questo ci siamo trovati prima un premier che, dopo aver costruito interi quartieri, comprato assicurazioni e messo su un impero di stampa e televisioni, si è presentato come candidato alla guida del Paese e in sole poche settimane ha vinto, con i risultati che stiamo ancora scontando. Non è stata meglio l’esperienza successiva dove un Renzi, dotato indubbiamente di una carica che nessuno in quel momento aveva, ha iniziato a rottamare prima i vertici del suo stesso partito, poi anche il premier in carica, autoproclamandosi Presidente del Consiglio lui stesso.

Non è che tutto quello che ha fatto lo abbia fatto male, anzi al contrario. Snellire la pubblica amministrazione, comunicare con i cittadini attraverso tutti i media a disposizione, portare a termine importanti riforme che ci mettessero alla pari con la maggioranza dei Paesi civili. Tutto bene. Il problema è un altro, ed è quello che più mi sta a cuore: chi si sta seriamente prendendo cura delle classi meno abbienti, dei giovani, del sud?

Stiamo vivendo in un momento in cui la destra e i populisti si stanno impadronendo dei temi che più interessano la gente e questo è preoccupante. Ciò che però più mi sorprende è che la destra (chiamiamola così, per convenzione) riesca a parlare alla pancia della gente senza che ci sia una qualche reazione da parte delle forze progressiste.

È bello e doveroso parlare di nozze gay, ma per i giovani disoccupati che vivono al sud non credo che questa possa essere una priorità assoluta. Ogni Paese ha il proprio “sud”: lo ha capito Obama, costerà caro in Francia, in Olanda, non parliamo poi di quello che succede in Ungheria o in Polonia. In Austria si è sfiorato il disastro, nonostante la vittoria del candidato verde alla presidenza sia stata tutto sommato una vittoria di misura, non dimentichiamolo.

In Italia, invece, ha vinto il NO, ma è difficile spiegare a un tedesco chi abbia davvero vinto. Di sicuro il NO è stato un segnale chiaro e definitivo all’attuale esecutivo e suona come un “così non funziona, cambiate registro”.

Cosa che per ora non vedo affatto recepita dal governo. Cosa è successo? È successo che i giovani non si sentono considerati, non vedono un futuro, e anche quelli che trovano un lavoro devono lottare contro il precariato costante, fatto di eterni periodi di prova, di voucher, lavori sottopagati e in molti casi di lavoro nero. E se un ministro del lavoro si permette di augurarsi che centinaia di migliaia di lavoratori “si tolgano dai piedi”, questo significa che siamo arrivati davvero alla fine (Giuliano Poletti, Ministro del Lavoro, 19.12.2016: “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”, ndr).

I cervelli in fuga ci sono, ci sono sempre stati e molto probabilmente ci saranno sempre, in quanto un “cervello” ha come priorità il proprio lavoro, non importa se questo sia in America o in Asia anziché nel proprio villaggio. Di loro mi preoccupo meno, se la cavano benissimo. Anch’io, che “cervello” non sono di certo, non mi sono mai pentito di essere andato all’estero più di venticinque anni fa e di esserci rimasto. Mi preoccupa però che da pochi anni una stragrande moltitudine di italiani cerchi rifugio in Paesi del nord, in Germania in special modo, come unica soluzione, non tanto per fare un’esperienza di vita ma semplicemente per poter sopravvivere.

Vedo sui social network dei post del tipo “Pronto a fare qualsiasi lavoro, anche lavapiatti”. Pronti a fuggire dalle regioni meridionali come se queste fossero la Siria o la Libia. Mentre magari, allo stesso tempo, in Italia c’è chi si lamenta che gli extracomunitari stanno rubando il lavoro.

Caro ministro del lavoro: sarebbe molto comodo per lei che un paio di centinaia di migliaia di disoccupati all’anno se ne andassero a lavare i piatti in giro per il mondo e si togliessero di torno per sempre, così potrebbe dichiarare che la disoccupazione in Italia è finalmente calata. Il punto è che in Germania di lavapiatti ce ne sono anche troppi: vengono dall’Afghanistan, dalla Siria, dalla Tunisia, dai Paesi dell’Est, dall’America Latina. E pensi che, oltre che a lavare i piatti, puliscono anche i gabinetti. Hanno un contratto e sono rispettati.

Il lavoro in Italia invece è fuori da tutti gli standard dei Paesi civilizzati e in alcune regioni praticamente non c’è proprio. Ad un governo che ragiona stando sulla Luna la risposta è un secco NO. Non tanto un NO alla domanda che era posta sulla scheda elettorale, quella del bicamerale era una domanda marginale che a un disoccupato in questo momento non interessava più di tanto. È un NO al trend attuale. Un NO all’indifferenza sfacciata verso le classi sociali in difficoltà. Un NO che non viene da una precisa frazione politica. Un campanello d’allarme che viene suonato da una categoria ben specifica di cittadini e cittadine in serio disagio che finora non sono stati minimamente ascoltati. Un NO trasversale che passa attraverso tutte le formazioni politiche.

Mi auguro che chi si è trasferito all’estero per lavoro abbia trovato la sua dimensione. Penso che per i prossimi anni sarà difficile per chiunque poter pensare di ritornare in Italia, vedere la propria preparazione non riconosciuta a dovere, ripartire di nuovo davvero da zero nella contrattazione con il proprio datore di lavoro, avere a che fare con regole scritte, e non, che risulterebbero incomprensibili dopo tanti anni trascorsi fuori dal proprio Paese. Mi auguro anche che chi è scappato adesso trovi qualcosa di meglio da fare che lavare i piatti, e possa mandare al diavolo con un post su Facebook chi si è augurato che se ne andasse, magari allegando una foto in cui sorride, in cui si possa vedere che finalmente si è fatto una propria vita dignitosa.

Chi invece all’estero non si trova bene, spero possa tornare presto in Italia e trovare un governo più capace e preparato alle grandi responsabilità, non solo al salvataggio del Monte dei Paschi di Siena. Finché questo non accadrà, penso che, a qualunque quesito si ponga, la risposta sarà sempre solo e soltanto una: NO.

(Massimo Dolce: da Rinascita Flash – Monaco di Baviera)

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