11738 Emigrare per crescere: in Calabria pensa di rimanere solo il 15% dei giovani

20150613 20:12:00 redazione-IT

[b]Il quadro del Rapporto Giovani 2014, presentato stamattina a Reggio Calabria. L’anno scorso sono andati via 4 mila laureati. Provenzano (Svimez): “E’ un grande paradosso perché i giovani calabresi sono quelli che negli ultimi anni hanno investito di più in termini di istruzione e formazione”[/b]

REGGIO CALABRIA – Solo il 15 per cento dei giovani calabresi pensa di rimanere in regione per trovare lavoro, affermarsi professionalmente e magari farsi anche una famiglia. Intanto, l’anno scorso, 4 mila laureati hanno lasciato la terra calabrese per cercare fortuna altrove, non solo in Italia ma anche in Europa. Continua inarrestabile, dunque, la fuga dei cervelli da quella che è la più disastrata regione del Paese. La nuova ondata di emigranti che partono non più con la valigia di cartone ma col tablet e con l’iphone è un fenomeno che, secondo gli esperti sembra irreversibile. Una realtà fortemente drammatica dal punto di vista sociale perché rappresenta la principale causa, ed al contempo la prima conseguenza, del gap di sviluppo che ancora divide il sud e la Calabria in particolare dal resto della nazione e del continente.

Questo, in sintesi, il quadro del Rapporto Giovani 2014, illustrato questa mattina nella sala “Giuditta Levato” del consiglio regionale a Reggio Calabria. All’incontro hanno partecipato esponenti politici ed esperti tra cui Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e Statistica sociale, direttore Lsa dell’Università Cattolica di Milano; il rappresentante di “Anci Giovani Calabria” Antonino Castorina ed il ricercatore Svimez Giuseppe Provenzano. Rosina ha relazionato in merito alla ricerca sui giovani italiani (www.rapportogiovani.it) dell’Istituto Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo.

Dai dati dell’indagine emerge “la conferma di una grande voglia dei giovani di sentirsi una risorsa per il proprio territorio di origine. Rispetto all’autostima e alla voglia di mettersi in gioco non c’è grande differenza tra nord e sud – ha evidenziato il docente universitario -. La differenza principale sta nelle occasioni, negli spazi e nelle opportunità per realizzarsi concretamente; questo fa sì che un giovane su due pensi di spostarsi al nord o fuori dall’Italia”. “I giovani – ha spiegato Rosina – sono sempre più pragmatici. Sono consapevoli che esiste la crisi e che ci sono difficoltà economiche e sociali, soprattutto nell’inserimento lavorativo. Non chiedono le medesime opportunità degli altri paesi europei. Basta che ci sia un inizio ma vogliono comunque un miglioramento progressivo. Sono anche disposti a guadagnare di meno ma all’interno di un percorso di crescita”.
Per Provenzano il dibattito sull’emigrazione è “certamente sempre più necessario e opportuno perché in Calabria la fuga dei giovani è diventata la priorità più urgente. E’ cambiata la qualità dell’emigrazione rispetto a quella di un tempo – ha spiegato il ricercatore – quelli che vanno via sono spesso laureati, tra cui molte donne. E questo a causa della carenza delle occasioni di lavoro qualificato ed in generale per la mancanza di un contesto di vita non consono alle esigenze dei giovani. Le politiche della Regione Calabria dovrebbero andare in questa direzione, soprattutto con lo strumento della nuova programmazione comunitaria”. L’esperto ha rimarcato: “I giovani chiedono lavoro buono e di qualità, chiedono di colmare i divari che mettono la Calabria agli ultimi posti di tutte le classifiche nazionali ed europee”. Provenzano ha fatto notare che tutto ciò è un grande paradosso “perché i giovani calabresi sono quelli che negli ultimi anni hanno investito di più in termini di istruzione e formazione”.
Secondo Castorina, “il rilancio del tema del lavoro passa attraverso gli investimenti delle risorse comunitarie. Bisogna rilanciare il tema dell’accesso al futuro – ha detto l’esponente di Anci Giovani Calabria – Urge un confronto tra le istituzioni e con e le parti sociali. La regione deve avere un ruolo di capofila in questo caso: quando andiamo fuori dalla nostra terra e vediamo che i nostri giovani sono capaci di affermarsi ed in maniera anche eccellente i tutti i settori, vuol dire che qualcosa sul territorio non ha funzionato”. I consiglieri regionali Nicola Irto e Sebi Romeo hanno dichiarato che la regione sta realizzando una serie di iniziative: dal trasporto pubblico agli aiuti alle famiglie, per agevolare la frequenza e la fruizione dei giovani all’università”. Per i consiglieri, tuttavia, “la responsabilità non può ricadere solo ed esclusivamente sulla regione, ma ci vogliono interventi a livello governativo per scongiurare la fuga dei cervelli calabresi”. (msc)

Fonte: Redattore Sociale

http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/485624/Emigrare-per-crescere-in-Calabria-pensa-di-rimanere-solo-il-15-dei-giovani

 

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