422 CPT di RAGUSA: COSA VI ACCADE ?

20051111 11:27:00 rod

In questi giorni si è scatenata una dura polemica sui Centri di permanenza temporanea nel nostro paese.
A tal proposito ci è arrivata questa interessante testimonianza utile per un maggior approfondimento.
La Redazione di Latinoamerica

RAGUSA – Fethia Bouhajeb, 39 anni, tunisina, dal ’93 a Ragusa, mediatrice culturale, ha presentato un esposto in Procura in cui denuncia una serie di violenze, aggressioni, minacce di morte per se e il figlio di 7 anni da parte di un gruppo di connazionali, di cui ha fatto nomi e cognomi, che terrebbero sotto ricatto i tunisini in attesa di un permesso di soggiorno o in cerca di assistenza, di una casa, di un lavoro.
La donna, diplomata in lingue straniere in Tunisia, insegnante e animatrice, impegnata fin dal suo arrivo in Italia nella causa dell’integrazione e dell’emancipazione delle donne arabe, come testimoniano innumerevoli riconoscimenti pubblici del suo impegno e gli incarichi ufficiali ricevuti da varie istituzioni, racconta di essere da circa cinque anni nel mirino di questo gruppo.
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Fethia ricorda di essersi più volte opposta a tali richieste e di avere respinto anche la pretesa di alcuni dei suoi aggressori di conoscere tempestivamente il nome degli imputati da assistere in atti giudiziari, cosa che invece, secondo la denuncia presentata, altri farebbero tranquillamente.
L’esposto parla anche di prestazioni sessuali imposte alle donne e di varie forme di estorsione ai danni di numerosi connazionali, costretti ad ubbidire alla banda per ottenere un permesso di soggiorno, o servizi e vantaggi a cui avrebbero diritto.
Fethia, autrice di articoli e di un libro sulle donne tunisine in Sicilia, ha subito la più grave delle aggressioni l’8 marzo scorso ( lo stesso giorno in cui i quotidiani locali le dedicavano articoli per il suo impegno sociale e culturale), quando fu ricoverata in ospedale per le ferite e le lesioni riportate. Successivamente è sfuggita ad una "visita" notturna nella sua abitazione in cui, secondo notizie apprese successivamente, e riferite nell’esposto, avrebbe dovuto "essere sottoposta a violenze sessuali di gruppo e acidificata>".
“Per cinque anni ho denunciato tutte le aggressioni e le violenze psicologiche subite alla questura ed ai carabinieri, e queste denunce sono anche allegate all’esposto che ho depositato insieme al mio avv. Michele Sbezzi al Procuratore Fera
Finora ero stata frenata dalla paura che potessero fare del male a mio figlio che va a scuola a Ragusa. Dopo essermi confidata con persone amiche che mi conoscono da molti anni – confessa Fethia – ho vinto la paura ed ho deciso di denunciare tutto, alla luce del sole. Ho fiducia nella giustizia. Spero che tutti quelli che come me sono a conoscenza dei fatti da me denunciati o di fatti simili, e sono tanti, parlino, per il bene delle persone oneste. So già che a luglio quando sono iniziate le polemiche sul CPT alcuni medici che lavoravano lì dentro hanno denunciato alla televisione che avevano pressioni dalla polizia nello svolgimento del loro lavoro.
Ora è il momento di essere tutti uniti e di avere il coraggio di lavorare tutti insieme per un mondo migliore”
Questi fatti riaccendono i riflettori sopra il Centro di Permanenza Temporanea di Ragusa situato in via Colajanni confermando ulteriormente che queste galere etniche rappresentano in realtà dei luoghi di sospensione dei diritti.
Il lungo elenco di fatti inquietanti accaduti nel cpt-lager di Ragusa; dal caso della donna cinese detenuta a Ragusa pur essendo in possesso di regolare permesso di soggiorno, la donna cinese scomparsa dall’ospedale di Ragusa, le numerose fughe che avvengono sistematicamente da una struttura di cui dovrebbe essere almeno difficoltoso superare la doppia recinzione, la carente informazione alle migranti dei loro diritti come abbiamo scoperto il 1 agosto, tutto questo e altro ancora; proiettano ombre inquietanti su questa struttura.
Fethia ha rotto la coltre di silenzio. Il coraggio di Fethia deve essere d’esempio per tutti coloro che sanno e che ancora non si decidono a parlare. Questa giovane donna tunisina ci sta dando una grande lezione di civiltà e dignità contro la barbarie di chi vuole imporre la paura.

 

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