11601 7. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 19 02 2015

20150220 15:40:00 guglielmoz

ITALIA – MILANO.Landini: no al lavoro gratuito per l’Expo / Roma – Libertà di stampa, il tonfo dell’Italia nella classifica mondiale di Rsf. Nel mondo la libertà di stampa ha subito un calo "brutale" nel 2014, con i due terzi dei 180 Paesi monitorati che hanno subito un arretramento negli standard rispetto all’anno precedente./ ROMA. Da varie parti viene posto un problema reale, vale a dire la necessità di una pausa di riflessione e di confronto sul delicatissimo tema della Costituzione e, per altri versi, della legge elettorale. / ROMA. La crisi avanza e i ricchi crescono . In Italia la disuguaglianza nei redditi è alta. Lo è nel confronto con la maggioranza dei paesi occidentali, in particolare europei, e lo è in base a vari indicatori di disuguaglianza. Anche la disuguaglianza nella ricchezza accumulata – ovunque molto più accentuata di quella dei redditi – è alta sebbene in questo caso il confronto internazionale sia per noi meno sfavorevole. / ROMA. L’Europa dei popoli contro l’Europa dei banchieri. Grande e bella manifestazione per le vie di Roma Qualcuno l’ha chiamata la manifestazione del miracolo./ ROMA. Partita la raccolta firme per eliminare il pareggio di bilancio in Costituzione. Sono partite mobilitazione e raccolta di firme./ Roma. Perché diciamo grazie alla Grecia.
VATICANO – ECCO LA MIA VERITÀ SULLA STAGIONE DEI TRE PAPI". Intervista esclusiva a Tarcisio Bertone. La terrazza dello scandalo?
EUROPA GRECIA. ATENE, la denuncia di Varoufakis: "L’austerità serve a salvare le banche tedesche e francesi"./
AFRICA & MEDIO ORIENTE – LIBANO. Bambini di strada Secondo uno studio promosso dall’Unicef, dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e dall’ong Save the children / La Nigeria ostaggio di Boko haram. /
ASIA & PACIFICO – BIRMANIA. Scontri nel Kokang. Migliaia di persone sono fuggite in Cina a causa degli scontri scoppiati il 9 FEBBRAIO. /
AMERICA CENTROMERIDIONALE – Roma – Buenos Aires – Piano Condor, politici, servizi e militari alla sbarra a Roma: la tragedia dei desaparecidos/. VENEZUELA. CARACAS, il presidente Maduro denuncia un tentativo di golpe. CARACAS. Venezuela, il sindacato assicura: "Operai pronti a difendere le aree produttive contro i golpisti"/
AMERICA SETTENTRIONALE – USA/ROMA/MEDITERRANEO. Triton è una condanna a morte./ STATI UNITI. IL TEXAS SFIDA OBAMA. In Texas un giudice federale ha bloccato il decreto sull’immigrazione annunciato a novembre dal presidente Barack Obama per regolarizzare cinque milioni di immigrati senza documenti.

ITALIA
MILANO
Landini: no al lavoro gratuito per l’Expo! noexpo2
«Se tutti lavorassero gratis, avremmo risolto il problema disoccupazione, ma non mi sembra il massimo. Io penso che chi lavora abbia il diritto di essere pagato». Così il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, interpellato sui lavoratori volontari per Expo, a margine dell’attivo dei delegati lombardi. «In questo momento sta passando l’idea che pur di lavorare si debba accettare qualsiasi condizione — aggiunge Landini — siamo di fronte a una dissociazione fortissima tra i diritti e il lavoro«. Questo «è inaccettabile, non solo perché lo dice la Costituzione, ma perché vuol dire che il lavoro torna ad essere una merce». Il sindacato invece deve battersi «per estendere il modello delle tutele universali». Quanto alle polemiche sul possibile sciopero alla Scala per il concerto di inaugurazione dell’Expo il 1° maggio, Landini commenta: «Sarò rispettoso di qualsiasi decisione prendano i lavoratori»| Autore: Maurizio Landini
ROMA
DA VARIE PARTI VIENE POSTO UN PROBLEMA REALE, VALE A DIRE LA NECESSITÀ DI UNA PAUSA DI RIFLESSIONE E DI CONFRONTO SUL DELICATISSIMO TEMA DELLA COSTITUZIONE E, PER ALTRI VERSI, DELLA LEGGE ELETTORALE. In primo luogo, perché l’attuale Parlamento dovrebbe procedere con grande cautela sul problema della Costituzione, in quanto è stato eletto con altri obiettivi e della Carta fondamentale non si è praticamente parlato in campagna elettorale. E c’è anche chi ha proposto, con qualche fondamento, un’apposita Assemblea costituente.
Tutto ciò sta avvenendo con vincoli, imposizioni disciplinari e “patti”, senza un confronto aperto. Infine, non va dimenticato che la legge elettorale con cui è stato eletto il Parlamento è stata fortemente messa in discussione dalla sentenza della Corte Costituzionale. La stessa revisione della legge elettorale, strettamente intrecciata alle citate modifiche costituzionali in corso, viene portata avanti con una fretta del tutto destituita di fondamento, visto che la sua entrata in vigore è comunque rinviata al 1° luglio 2016, come afferma il testo approvato dal Senato.
SE MANCANO SEDICI MESI, PERCHÉ TANTA FRETTA ?
Del resto, il cosiddetto patto del Nazareno è oggi in crisi e non si capisce perché si dovrebbe perseverare su scelte fortemente viziate da condizionamenti indubbiamente inaccettabili.
Il Parlamento farebbe bene –anche dopo le “baruffe” delle ultime ore- a fermarsi per un periodo e ad aprire una discussione ampia e democratica. Tra l’altro, i ripetuti “incidenti” in Aula non sono il sintomo di difficoltà reali? L’eventuale riforma della Costituzione va pensata guardando ai decenni a venire, come hanno fatto i padri costituenti.
Del resto, è l’anno del 70° della Liberazione dal nazifascismo. La Costituzione che ne derivò merita, dunque, un’attenzione e una considerazione ben diverse da quelle che oggi le è riservata. Si rischia seriamente di contraddire i principi e gli obiettivi della prima parte della Costituzione, che sono le fondamenta della stessa convivenza nazionale. Né va sottovalutato il rovesciamento dei ruoli a favore del Governo, che renderebbe di fatto subalterno e residuale il Parlamento.
Per questo, proponiamo una adeguata pausa di riflessione su modifiche costituzionali e legge elettorale, che consenta all’opinione pubblica di conoscere bene quanto sta accadendo e di esprimersi con piena consapevolezza attraverso le rappresentanze civili e sociali. Ricordiamoci che simile coinvolgimento non fu permesso, ad esempio, in occasione del cambiamento dell’articolo 81 della Costituzione che, nella versione approvata, ha ingabbiato le politiche di bilancio dell’Italia, al punto da risultare in evidente contraddizione, nel testo attuale, con le richieste di politiche di rilancio dell’occupazione e dell’economia che pure il Governo ha portato in sede europea.
Si rifletta con cura, allora, prima di mettere in questione gli aspetti “genetici” dell’identità nazionale. Lo chiedono autorevolissimi appelli. Ci uniamo. Una pausa non è tempo perduto, bensì ritrovato. ( Alfiero Grandi e Vincenzo Vita)
ROMA
LA CRISI AVANZA E I RICCHI CRESCONO . IN ITALIA LA DISUGUAGLIANZA NEI REDDITI È ALTA. LO È NEL CONFRONTO CON LA MAGGIORANZA DEI PAESI OCCIDENTALI, IN PARTICOLARE EUROPEI, E LO È IN BASE A VARI INDICATORI DI DISUGUAGLIANZA. ANCHE LA DISUGUAGLIANZA NELLA RICCHEZZA ACCUMULATA – OVUNQUE MOLTO PIÙ ACCENTUATA DI QUELLA DEI REDDITI – È ALTA SEBBENE IN QUESTO CASO IL CONFRONTO INTERNAZIONALE SIA PER NOI MENO SFAVOREVOLE.
Questo stato di cose, contrariamente a quanto spesso si afferma, non è l’esito della crisi in atto. La disuguaglianza alta e persistente esiste, da noi, da più di un ventennio e ha resistito agli alti (pochi) e ai bassi che la nostra economia ha conosciuto in questo periodo. Essa è, dunque, un nostro problema strutturale (tra vari altri) che si iscrive nella tendenza all’aggravamento delle disuguaglianze nel lungo periodo che non è certo esclusiva del nostro paese, come ben documenta Piketty nel suo fortunato Il capitale nel XXI secolo .
È, però, interessante chiedersi quale sia stato l’andamento della disuguaglianza (sia nei redditi, sia nella ricchezza) negli anni della crisi. Purtroppo, soprattutto per i redditi, non disponiamo di dati recenti, confrontabili a livello internazionale. Quelli raccolti dall’OCSE si fermano per quasi tutti i paesi al 2011; a essi faremo riferimento, comparandoli con quelli del 2007. Per la ricchezza, invece, possiamo disporre di dati più recenti; va, comunque, ricordato che i dati relativi alla ricchezza presentano seri problemi di rilevazione e perciò risultano meno attendibili.
In base all’indice della disuguaglianza più utilizzato, il coefficiente di Gini, in Italia la disuguaglianza nei redditi disponibili (cioè al netto delle imposte e inclusivi dei trasferimenti monetari da parte dello stato) tra il 2007 e il 2011 è cresciuta dal 31,7 al 32,1%. Si tratta, dunque, di un peggioramento lieve (0,4 punti percentuali) inferiore a quello di altri paesi e soprattutto – riferendoci ai maggiori tra gli europei – di Spagna (2,9 punti percentuali), Francia (1,6), Svezia (1,4), Danimarca (1,1) e Germania (0,6). Anche negli Stati Uniti il peggioramento è stato più marcato (1,1).
Malgrado ciò l’Italia continua ad occupare una posizione poco gloriosa nella triste graduatoria dei paesi con la più alta disuguaglianza. Infatti nel 2011 tra i maggiori paesi europei hanno fatto peggio di noi solo la Gran Bretagna (e si tratta di un fatto storico) e la Spagna (qui, invece, la responsabilità è del tremendo impatto della crisi).
Il generalizzato aggravamento della disuguaglianza nei redditi disponibili sarebbe stato maggiore se il welfare state non avesse rafforzato, in quasi tutti i paesi, la sua capacità redistributiva (almeno in base ai dati di cui disponiamo) limitando l’impatto del peggioramento nella disuguaglianza dei redditi percepiti nei vari mercati (incluso quello del lavoro) sulla disuguaglianza dei redditi disponibili. Ciò indica che il perverso motore della disuguaglianza è collocato più all’interno dei mercati che non nella macchina del welfare, malgrado i suoi molti difetti.
Ad esempio, in Italia l’indice di Gini applicato ai redditi di mercato – prima di tassazione e redistribuzione –è cresciuto di 1,1 punti, quindi quasi il triplo di quello nei redditi disponibili. Anche per effetto di questo aumento, esso ha raggiunto il 50,2%, un valore davvero ragguardevole, assai vicino a quello degli Stati Uniti (50,6%). Anche in questo caso molti paesi europei hanno fatto peggio di noi, in particolare la Spagna dove l’indice è cresciuto, in modo drammatico, di ben 6,1 punti.
Un rapido sguardo ai dati sulla ricchezza (in particolare quelli raccolti dal Credit Suisse ) mostra che negli anni della crisi la quota di ricchezza concentrata nelle mani dell’1% più ricco è cresciuta ovunque, con le modeste eccezioni di Svezia e Stati Uniti dove è diminuita di pochissimo (0,2 e 0,5 punti percentuali, rispettivamente). In Italia quella quota è cresciuta di ben 4 punti percentuali (dal 17,7 al 21,7%), poco meno che in Spagna – anche in questo caso leader – e come in Danimarca, ma più che in tutti gli altri maggiori paesi. Malgrado questo peggioramento – e senza dimenticare che la ricchezza detenuta dall’1% più ricco è comunque molto alta – l’Italia risulta, in questo caso, meno disuguale di molti altri paesi. Ciò è dovuto essenzialmente alla diffusione della proprietà della casa che contrasta la concentrazione della ricchezza complessiva.
Una differenza di rilievo nella dinamica della disuguaglianza dei redditi e della ricchezza emerge considerando che la seconda, diversamente dalla prima, negli anni precedenti la crisi era in diminuzione pressoché ovunque; la crisi ha, dunque, avuto l’effetto di invertire quella tendenza e di rafforzare la posizione dei più ricchi. Anche questo dato porta alla conclusione che tra disuguaglianza e andamento dell’economia non vi sono nessi sistematici. Perciò coloro – e sono moltissimi – che nutrono la speranza se non la convinzione che con l’attesissimo ritorno della crescita economica anche le disuguaglianze si attenueranno hanno ottime probabilità di restare delusi. La lotta alla disuguaglianza richiede misure specifiche che, per quanto si è visto, non possono riguardare soltanto il welfare state, ma dovrebbero incidere anche, e soprattutto, sul funzionamento dei mercati. (Fonte: sbilanciamoci | Autore: Maurizio Franzini)
ROMA
L’EUROPA DEI POPOLI CONTRO L’EUROPA DEI BANCHIERI. GRANDE E BELLA MANIFESTAZIONE PER LE VIE DI ROMA . QUALCUNO L’HA CHIAMATA LA MANIFESTAZIONE DEL MIRACOLO. Grazie al "papa nero", alias Alexis Tsipras, le varie anime della sinistra hanno sfilato, almeno diecimila persone, da piazza Indipendenza, a due passi dall’ambasciata tedesca, al Colosseo. l miracolo è arrivato anche dal meteo. Doveva essere una giornata di pioggia e invece su Roma il sole ha fatto la sua parte. Non c’è ancora l’arcobaleno per la sinistra, però oggi, sabato 14 febbraio, che nella memoria dei lavoratori è una data da cancellare, va segnata sul calendario come giorno fausto. Il servizio di Libera.tv
In nome della battaglia contro l’austerità hanno sfilato fianco a fianco Cgil e Usb, Prc e Sel, e poi ancora centri sociali, come Action, e comitati per l’acqua pubblica, No Tav, sindacati di categoria, e la neonata Ross@. Su tutti, il cerchio magico della Fiom che si è occupata del servizio d’ordine.
Un giorno fausto da regalare alla battaglia della Grecia contro l’austerità e contro la Troika. Da quello che si è capito ne serviranno altri. E speriamo che tutte le organizzazioni scese in campo oggi con tante bandiere, soprattutto del Prc, continuino a dare il loro contributo come oggi. Intanto, nella "sala vip" anche Fassina, Bertinotti e Civati.
L’Europa dei popoli oggi ha segnato un punto in più, almeno in Italia. Perché la battaglia della Grecia è per tutti i popoli d’Europa. Un concetto questo su cui tutti quelli che sono intervenuti, da Camusso a Landini, passando per Vendola e Ferrero, convergono largamente. "L’Europa può cambiare – dice Ferrero – e dobbiamo costruirla tutti i giorni". Un’idea di lavoro quotidiano difficile ma necessario, soprattutto per diverse organizzazioni sindacali scese in piazza con l’idea di fare pura presenza. "Fare sì come la Grecia – sottolinea con un tono polemico Giorgio Cremaschi – ma non per fare liste elettorali".
Il colpo d’occhio non è quello delle grandi occasioni, certo. Ma si capisce immediatamente che sta succedendo qualcosa. Che l’Europa di Renzi e Merkel ha più di qualche difficoltà a farsi strada. E così tra un inganno sui numeri del Pil e un rigore di facciata a guadagnarci è Alexis Primo alias Spartacus.
"E’ stata una bella manifestazione! In tanti e ben mischiati – scrive sul suo profilo facebook Roberto Musacchio, ecx parlamentare europeo – . Lo so che veniamo da tante divisioni, che abbiamo tanti problemi, che abbiamo bisogno di cambiare ma stiamo riscoprendo cosa significa fare una battaglia vera. Tsipras sta aprendo una strada ma per percorrerla dobbiamo farlo tutti insieme facendo ciascuno la sua parte. Ma questa e’ la politica, la militanza. A me pare che il tempo del nuovo soggetto europeo della sinistra e dei democratici sia ora". (Autore: fabio sebastiani)
ROMA
PARTITA LA RACCOLTA FIRME PER ELIMINARE IL PAREGGIO DI BILANCIO IN COSTITUZIONE. SONO PARTITE MOBILITAZIONE E RACCOLTA DI FIRME SULLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE PER ELIMINARE IL “PAREGGIO DI BILANCIO” IMPOSTO, NELLA COSTITUZIONE, dalla quasi unanimità del Parlamento nonostante la forte campagna di massa che movimenti e sinistra radicale promossero. Il PD, anzi, fu alfiere del cambiamento dell’articolo 81 della Costituzione.
L’attuale raccolta di firme è uno strumento efficace per una controinformazione ed una critica di massa ai trattati europei recessivi.E’ anche il modo più militante ed efficace per cogliere,in senso solidale,la verità strategica della dura sfida a cui ci chiama il nuovo governo greco.Non dobbiamo sottovalutare l’importanza della proposta di legge che,nel suo testo,permette di riscoprire ,”nel solco della Costituzione,la portata rivoluzionaria dei diritti fondamentali”,come scrive il prof. Azzariti,che della proposta di legge è il principale estensore.
L’hanno firmata i dirigenti delle forze sindacali,politiche,associative dell’intero arco critico con i Trattati europei neoliberisti.L’idea di fondo della proposta di legge è quella di tracciare una politica alternativa ,una strategia di fuoriuscita “da sinistra” dalla crisi.E,quindi,un abbattimento della continuità delle politiche di stampo neoliberista.Il tentativo non è velleitario,perchè si ricollega ai principii fondamentali del costituzionalismo moderno, che pone al centro della statualità e della formazione sociale il rispetto inderogabile dei diritti sociali. Il potere economico e politico non può ritenere tali diritti una variabile dipendente di un fantomatico “pareggio di bilancio”, che espropria la sovranità dello Stato sulla politica economica e che è solo leva ed alibi per politiche recessive antipopolari. Tanto più in fasi recessive è fondamentale assicurare i diritti sociali (oltre che politici).Se vogliamo realmente rispettare la Costituzione, che obbliga lo Stato all’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale, dobbiamo pretendere che il risanamento economico abbia al centro diritti, persone, vite, diritti al lavoro, all’ambiente, all’abitare, alla formazione, al reddito sociale. E’ obbligo dello Stato centrale, ma anche degli enti locali(i quali sono tenuti ad assicurare i “livelli essenziali delle prestazioni”).Mentre l’Europa dei Trattati recessivi ritiene la nostra Costituzione una pericolosa “carta bolscevica”, noi lanciamo la sfida ambiziosa (ma realista) di valorizzarne la portata rivoluzionaria (la “rivoluzione promessa”, come scriveva Pietro Calamandrei ). Battersi per far firmare la proposta di legge, discutendo, facendo informazione ed assemblee, organizzando banchetti, è certo solo un piccolo atto. Ma è necessario per aprire varchi ed entrare in contatto con la società che soffre ed è disorientata dal PD e dai mass media in maniera non meramente propagandistica e sloganistica. Un piccolo strumento per una critica dell’economia politica “dal basso”. (Autore: giovanni russo spena)

ROMA
PERCHÉ DICIAMO GRAZIE ALLA GRECIA. NON SO SE SONO I GRECI CHE DEBBONO RINGRAZIARCI PER QUESTA MANIFESTAZIONE GRANDE, BELLA, UNITARIA CHE ABBIAMO PROMOSSO IN TUTTA FRETTA PERCHÉ A BRUXELLES CAPISSERO BENE CHE QUANTO LÌ SI DECIDE IN QUESTI GIORNI NON RIGUARDA SOLO ATENE, MA TUTTI NOI, TUTTI GLI EUROPEI CHE VOGLIONO UN’UNIONE IN GRADO DI GARANTIRE PIÙ UGUAGLIANZA PIÙ DEMOCRAZIA PIÙ PACE.
Un’Europa che almeno la smetta di ritenersi faro della civiltà quando è incapace di accogliere chi fugge da terre devastate dalla pesante eredità coloniale e dalle nostre più recenti, dissennate spedizioni militari. Proprio per questo sarebbe forse meglio dire che non sono i greci a dover ringraziare noi, ma noi che ringraziamo loro per quello che stanno facendo anche per noi. Noi che ringraziamo Alexis e Yannis — (li chiamiamo ormai per nome perché non sono più solo compagni ma sono diventati amici).
Siamo noi che li ringraziamo perché lì a Bruxelles stanno combattendo anche per noi. Sono lì ed hanno avuto accesso a quelle stanze perché hanno avuto la forza e il coraggio di sfidare Golia e la capacità di ricevere dal popolo greco la legittimazione a farlo. Sono lì a farsi ascoltare anche a nome nostro. (Direi che se la cavano piuttosto bene. La prova, lo sappiamo, è durissima, ma già dopo questi pochi/ primi giorni sembrano procedere con fermezza, con la sicurezza di rodati statisti.) Ne siamo orgogliosi e soddisfatti . (Avete visto le loro immagini in tv, sono loro a dominare la scena, e tutti si affrettano ad avvicinarsi a loro per stringergli la mano).
Perché hanno capito che i nostri amici hanno aperto un nuovo capitolo della storia dell’Unione europea: perché hanno avuto la determinazione — che fino ad oggi era mancata a tutti — di dire che così non va, che occorre cambiare proprio se si vuole salvare il progetto d’Europa. Non sono andati a Buxelles a scusarsi per il loro debito e a mendicare aiuto, ma per dire alla troika che deve chiedere scusa.
SCUSA per i danni che ha prodotto con le sue politiche. Scusa per essersi irresponsabilmente fidata, di un governo corrotto e incapace. La catastrofe è oggi sotto gli occhi di tutti Di anno in anno, dal 2008, le medicine di Bruxelles anziché alleviare i mali e avviare un nuovo corso hanno peggiorato la situazione della Grecia.
QUALSIASI MENAGER CHE AVESSE PRODOTTO IN QUATTRO ANNI UN CROLLO DEL PIL PARI AL 25 % E RITENESSE QUESTO IL METODO MIGLIORE PER ACCUMULARE LE RISORSE PER RIPAGARE UN DEBITO, VERREBBE LICENZIATO. Con tanto parlare di efficienza, il criterio potrebbe esser applicato anche ai funzionari di Bruxelles! Se hanno rovinato così la Grecia vanno messi in condizione di non nuocere più. È necessario farglielo capire.
( Autore: Luciana CASTELLINA Intervento di Luciana Castellina alla manifestazione di sabato 14 a Roma siamo qui per far sentire anche la nostra voce. Buon lavoro Alexis, buon lavoro Yann)

VATICANO
"ECCO LA MIA VERITÀ SULLA STAGIONE DEI TRE PAPI"
Intervista esclusiva a Tarcisio Bertone. La terrazza dello scandalo? "Condominiale". Un possibile attentato al Papa? "C’è paura". "Non ero il despota dello Ior".
“Quella lì è la Casa di Santa Marta, dove vive Papa Francesco. Quello lassù è il Monastero dove si è ritirato Papa Ratzinger. E questa invece è la terrazza dello scandalo”. Passeggio sul tetto di Palazzo San Carlo insieme a colui che per otto anni è stato l’uomo più potente del Vaticano dopo il Papa, il cardinale Tarcisio Bertone. Il più criticato, sospettato di essere insieme artefice e burattinaio degli intrighi più oscuri della Curia. C’è il sole che si riflette sulla cupola incombente di San Pietro, quel sole romano che è già un anticipo di primavera, e c’è questa terrazza che per mesi è stata immaginata come parte del buen ritiro dell’ex Segretario di Stato: appartamento di lusso da 700 metri quadrati con vista sulla Città del Vaticano. Ma la terrazza è “condominiale”, e la superfetazione fotografata e pubblicata dai giornali è adibita a servizi per tutto il palazzo, senza accesso diretto dall’abitazione di Bertone. Che sorride sornione
“Qualche cardinale mi ha detto che sarebbe un posto magnifico per riposare e meditare. Ma non spetta a me decidere. Nonostante quello che hanno detto e scritto, non mi appartiene, è a disposizione di tutti gli inquilini del palazzo”.
Bertone vive qui sotto, in un appartamento al terzo piano che è stato per decenni la casa di Camillo Cibin, mitico capo della sicurezza di Giovanni Paolo II. Il condominio somiglia a tanti del quartiere Prati. E la casa di Bertone, la famosa casa dello scandalo, a occhio non supera i 300 metri quadrati, comprese due stanzette adibite a segreteria, un salotto, un lungo corridoio, una cappella privata, la camera da letto, la cucina, i servizi e un terrazzino pieno di limoni, ulivi e gelsomini. La biblioteca-studio fa storia a sé. Per metà occupato da un tavolo senza telefono (“Lo tengo su quel tavolino, distante, perché è una stanza di lavoro e quando lavoro non uso nemmeno il cellulare”), con un mobile d’angolo a vetrinetta dove il cardinale custodisce le sue passioni targate Fiat: modellini rossi di Ferrari formula Uno e sciarpe bianconere e palloni della Juventus naturalmente autografate dai calciatori. Ma c’è anche un modellino di Mercedes formula Uno. “Me lo regalò il presidente, a vedere tutte quelle Ferrari si era un po’ ingelosito”.
BERTONE
Per anni, Tarcisio Bertone ha scelto la via del silenzio di fronte a tutte le accuse che gli piovevano addosso. Ma adesso, adesso che a ottant’anni non è più al vertice della piramide vaticana, qualche sassolino dalla scarpa ha deciso di toglierselo. Prima di tutto mostrando la sua casa, dove forse quei modellini sono gli oggetti più preziosi dell’arredamento. Quanto ai segreti e alle manovre che gli hanno attribuito, sta “raccogliendo il materiale”. Il sasso grosso dalla scarpa se lo toglierà scrivendo di suo pugno la sua verità sulla lunga, travagliata stagione in cui ha governato la Chiesa a cavallo di tre papi. Due dei quali, ora vicini di casa.
EMINENZA, PERCHÉ CE L’HANNO TUTTI CON LEI?
“Mah… dicono che i motivi siano due. Il primo è perché sarei stato nominato Segretario di Stato senza provenire dalla filiera della diplomazia vaticana”.
UNO STRAPPO ALLA PRASSI.
“Diciamo così. E anche se ci sono illustri precedenti, la cosa non sarebbe piaciuta”.
IL SECONDO MOTIVO?
"“Riguarda il ruolo che ho ricoperto. In otto anni di incarico come Segretario di Stato ho esercitato le mie funzioni in perfetta sintonia con il Papa ma ho preso provvedimenti, avviato procedure, riformato uffici e effettuato nomine che hanno comportato scelte di avanzamento o esclusione di persone. E questo può avere scontentato qualcuno. Ma c’è stato anche un certo accanimento…”.
PERCHÉ ACCANIMENTO?
“Beh, è indubbio che i problemi che ci siamo trovati ad affrontare siano stati talvolta drammatici, basti pensare alla questione della pedofilia, ad esempio. Impegnativo anche l’avvio delle procedure per la trasparenza economica e la legislazione antiriciclaggio. Mentre all’inizio il pontificato di Benedetto era di per sé promettente, sviluppi successivi non escludono che certi momenti di tensione, siano stati provocati intenzionalmente contro la Chiesa e forse, in qualche modo, anche gli attacchi alla mia persona”.
VOLEVANO COLPIRE IL PAPA?
“Qualcuno lo ha pensato e qualcuno lo ha anche scritto”.
IL PAPATO DI RATZINGER È STATO ASSAI DIVERSO DA QUELLO DEI SUOI PREDECESSORI.
“Certamente. Ma anche collegato in sviluppo rispetto a quello dei suoi predecessori. Papa Giovanni Paolo II stimava immensamente il cardinale Ratzinger e ha guidato la Chiesa con il suo appoggio permanente e continuo non solo sul piano dottrinale e intellettuale ma anche, per certi aspetti, sotto il profilo del governo. Quindi continuità tra i due pontificati”.
RATZINGER
CON UNA DIVERSITÀ DI CAPACITÀ COMUNICATIVA.
“Ma sì, anche di carattere. Però dobbiamo riconoscere a Papa Benedetto di aver guidato a sua volta la Chiesa come un padre illuminato non solo teologicamente e spiritualmente. Già come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi nel suo pontificato ha incontrato migliaia di vescovi della Chiesa, li ha ascoltati uno ad uno, informandosi con attenzione sulle realtà locali fino ad avere una visione globale che gli ha permesso di intervenire sulle linee di indirizzo e sul governo della Chiesa universale. Anche se a un certo punto ha sentito il peso dell’impossibilità di continuare questo cammino di conoscenza diretta, concreta, direi di contatto fisico con le comunità locali come invece prima di lui aveva fatto Papa Giovanni Paolo II e ora sta facendo Papa Francesco. Un pensiero che lo ha assillato fino alla consapevolezza che ci fosse bisogno di un Papa con energie sufficienti a viaggiare per proseguire questi incontri ovunque, in loco”.
INSOMMA, UN PONTIFICATO QUASI INCOMPIUTO, QUELLO DI PAPA BENEDETTO.
“Tutt’altro. Un pontificato coraggioso. Prima di ogni viaggio i giornalisti scrivevano che non ce l’avrebbe fatta, predicevano risultati scarsi, addirittura dei flop. Invece penso ai viaggi in Turchia e Inghilterra che ho fatto con lui, alla Giornata Mondiale della Gioventù nella sua Colonia quando ha messo un milione di giovani a pregare in silenzio davanti al Cristo presente nell’eucaristia”.
QUANTO È RIMASTO SORPRESO DALLA SUA DECISIONE DI FARSI DA PARTE?
“L’avevo intuito ma ne allontanavo il pensiero. L’ho saputo con largo anticipo. almeno sette mesi prima. E avevo molti dubbi. Abbiamo dialogato a lungo su questo tema che sembrava già deciso. Gli dissi: Santo Padre, lei deve ancora farci dono del terzo volume su Gesù di Nazareth e dell’enciclica sulla fede, che poi uscì a firma di Papa Francesco”.
ERA IL NATALE DEL 2012.
“Sì. E le dirò che non è stato per niente facile portare questo segreto. Il Papa aveva meditato e riflettuto profondamente con Dio sulla sua scelta”.
VATICANO
DIFFICILE FAR CAMBIARE IDEA A UN PAPA, PER GIUNTA TEDESCO…
“Quando si prendono certe decisioni davanti a Dio, come pensa che gli uomini possano interferire?”.
COME SONO I SUOI RAPPORTI CON PAPA FRANCESCO?
“Molto positivi, molto belli. Intanto mi ha tenuto come Segretario di Stato per sette mesi, fitti di udienze e biglietti, annotazioni, telefonate… ormai tutti sanno che ha questa abitudine di prendere il telefono e chiamare: mi serve questo, cerchi quella cosa, valuti se questo candidato va bene. Insomma, è stata una consultazione continua e fraterna”.
FINO AL MOMENTO DEL SUO AVVICENDAMENTO.
“Ci siamo incontrati, parlati, abbiamo deciso le modalità, tutto. Anche se i giornali scrivono: Bertone è stato cacciato via di qua, cacciato via di là…”.
QUANDO HA CITATO I “TRASLOCHI” COME UNA DELLE MALATTIE DELLA CURIA SI RIFERIVA A LEI?
“Non lo so. Ma quando c’è stato il primo attacco su questo appartamento lui mi ha telefonato e mi ha detto: guardi che io non ho nulla in contrario che lei vada ad abitare al terzo piano di Palazzo San Carlo. Che poi bisognerebbe dire che qui nel Palazzo c’era un progetto preesistente e non mio, per una costruzione sul terrazzo…”.

QUINDI È IL PAPA CHE LE HA ASSEGNATO QUESTA ABITAZIONE.
“Certo che sì. E nel colloquio che abbiamo avuto mi ha anche detto: sopra non costruiamo più niente, però facciamo aggiustare il pavimento del terrazzo perché ci piove dentro. E ironia della sorte purtroppo ci piove ancora, proprio nella mia stanza da letto (sorride). Figuriamoci se avrei fatto di testa mia”.
DUNQUE, NIENTE SUPERATTICO DA 700 METRI QUADRATI.
“Macché, lei l’ha visto. Le posso garantire che le stanze sono molto meno grandi di quelle di altri palazzi del Vaticano. Il Papa è stato informato di tutto, anche del piccolo ufficio adibito a segreteria. Mi ha detto: va benissimo e poi la segreteria le spetta, visto che deve scrivere le memorie perché lei è stato testimone di tre pontificati… …”.
ATTICO
E STA SCRIVENDO?
“Sto raccogliendo il materiale”.
CONTINUA A SENTIRE PAPA FRANCESCO?
“Ogni volta che lo desidera. Quando ho compiuto ottant’anni, il primo dicembre 2014, ci siamo incontrati e fra l’altro abbiamo parlato della mia logica sostituzione come camerlengo. Come è noto è stato poi nominato il cardinale Tauran, mio grande amico con il quale abbiamo lavorato insieme in diversi dicasteri, compresa la commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior. Ma mi ha confermato per due anni come membro della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli che si occupa di tutti i territori di missione nel mondo. Quindi non direi proprio che mi abbia cacciato via”.
A PROPOSITO, LEI È ANDATO A CUBA ALLA VIGILIA DELLA RIPRESA DELLE RELAZIONI CON GLI STATI UNITI. PER MISSIONE O IN MISSIONE?
“Sono andato su invito di alcuni vescovi ma anche con… un piccolo incarico da parte del Santo Padre”.
PER PORTARE A TERMINE QUEL LAVORO DI DIPLOMAZIA CHE HA PROPIZIATO LO STORICO DISGELO TRA IL REGIME CASTRISTA E WASHINGTON?
“Ho fatto cinque viaggi a Cuba e ho dato il mio contributo a quella riapertura di rapporti. Ma non dico altro”.
PERÒ SORRIDE, QUINDI SI TRADISCE.
“Beh, non è una cosa piovuta dal cielo. C’è stato tanto lavoro dietro, fino all’intervento di accelerazione di Papa Francesco che ha scritto personalmente ai protagonisti della svolta, i quali hanno poi dato l’annuncio ufficiale”.
E’ PREOCCUPATO PER LE MINACCE CHE ARRIVANO DAL MEDIO ORIENTE?
“Guardi, non è la prima volta che la Chiesa viene minacciata. E anche il Papa. Basta ricordare gli attentati a Paolo VI a Manila e a Giovanni Paolo II qui in Piazza San Pietro. Certo ora queste minacce sono più incombenti e anche più imprevedibili sul piano dell’attuazione”.
QUALI CONTROMISURE AVETE PRESO?
“E’ aumentata la vigilanza e la collaborazione tra tutti i servizi di sicurezza, che è fondamentale per la prevenzione. Ma nello stesso tempo la Santa Sede ha prodotto un grande sforzo sulla via del dialogo e della reciproca comprensione interreligiosa, interculturale, interetnica. Penso a iniziative come l’incontro tra il presidente israeliano Peres e quello palestinese Abu Mazen, promosso da Papa Francesco, presente anche il Patriarca ortodosso Bartolomeo di Costantinopoli. E’ questo dialogo con le porzioni più equilibrate e pensanti delle varie religioni la prima forma di prevenzione contro le minacce che provengono da fanatismi come quello dell’Isis”.
E’ stata sorprendente la presa di posizione di Papa Francesco sugli eccessi della satira contro le religioni dopo l’attentato di Parigi.
“Papa Francesco giustamente ha ribadito la necessità di un limite che non offenda il sentimento religioso che è il più profondo in tutti gli individui”.
ANCHE A COSTO DI SACRIFICARE LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE?
“Quello è un valore fondamentale, indiscutibile nelle società libere e democratiche. Io parlo di deontologia. Ma anche di ferma condanna della violenza, soprattutto se ascritta a una forma di ispirazione religiosa”.
AVETE PAURA PER L’INCOLUMITÀ DEL PAPA?
"La paura c’è, ma anche un atteggiamento sereno e fiducioso per le cautele che sono state assunte. E poi il Papa ha detto che sullo stato vaticano veglia l’arcangelo Michele e visto che angeli e arcangeli sono riconosciuti da tante religioni, compresa quella musulmana, più cautela di così non si può immaginare”.
IL PAPA SI SENTE IMBRIGLIATO DA QUESTE MISURE DI SICUREZZA?
“Un po’, sì. E’ un pontefice che esige libertà di espressione e di presenza”.
E SEMBRA VOLER APRIRE MOLTE PORTE SU QUESTIONI CRUCIALI NEL RAPPORTO TRA LA CHIESA E LA SOCIETÀ CONTEMPORANEA: DAI DIVORZIATI ALL’OMOSESSUALITÀ.
“Vede, questo Papa possiede la formazione profonda dei gesuiti ma anche ha assorbito un tratto del metodo salesiano e come educatore di generazioni di giovani e vescovo di una grande città come Buenos Aires, è sempre stato un uomo di grande misericordia aperto a tutte le necessità del mondo”.
CASO BOFFO, LA QUERELA DI BERTONE CONTRO FELTRI E LA SANTANCHÉ
Tirato dentro al caso Boffo da una dichiarazione di Vittorio Feltri, che aveva poi querelato nel luglio dello scorso anno insieme alla parlamentare di Forza Italia Daniela Santanché e ad altri giornalisti che avevano riportato le sue parole, l’ex Segretario di Stato Tarcisio Bertone è intenzionato ad andare fino in fondo per dimostrare che non fu lui a passare al direttore del Giornale Alessandro Sallusti la velina in cui l’ex direttore dell’Avvenire veniva accusato di omosessualità.
Assistito dall’avvocato Michele Gentiloni Silveri, il cardinale Bertone è riuscito ad ottenere che la denuncia contro “ignoti” diventasse contro “noti”. E il sostituto procuratore Scavo Lombardo sembra ormai vicino a chiudere l’indagine. La velina, su cui il Giornale innescò una campagna di denigrazione contro Boffo, provocò una tempesta mediatica e politica e lo costrinse alle dimissioni dalla direzione del quotidiano della Conferenza episcopale.
QUINDI, UN PAPA CHE METTE INSIEME LA SOLIDITÀ DELLA DOTTRINA CON LA PRATICA.
“Sì, ma non per questo credo che transigerà sulla dottrina, anche se esprimo un mio parere. Certamente Papa Francesco aprirà ulteriori spazi di misericordia e di ascolto. È bene ricordare che il problema dell’invito all’accompagnamento degli omosessuali nella Chiesa era già presente nel documento della Congregazione per la dottrina della fede del cardinale Ratzinger, che ora Papa Francesco riprende e sviluppa con maggiore impatto mediatico. E anche sulla questione dei divorziati c’era già un invito all’accompagnamento pastorale, sia nel magistero che nella prassi delle diocesi, che alcuni non hanno recepito. In definitiva, sì: c’è un progresso e c’è un’accentuazione della riflessione e dell’approfondimento su questi temi e vedremo dove potrà portare”.
SUL TEMA DELLA PEDOFILIA NELLA CHIESA PAPA FRANCESCO HA MARCATO CON DETERMINAZIONE UN CONFINE INVALICABILE.
“E un’accelerazione nella chiarezza delle posizioni e degli interventi”.
FRANCESCO
ANCHE SULLA RICHIESTA DI TRASPARENZA.
“Naturalmente. Ma non noto un salto tra i due pontificati. Anche Papa Ratzinger ha firmato interventi normativi molto chiari riconosciuti a livello internazionale”.
EMINENZA, UNA DELLE CRITICHE PIÙ DURE CHE LE HANNO FATTO RIGUARDA IL SUO RUOLO DI PADRE PADRONE NELLA GESTIONE DELLO IOR, LA BANCA VATICANA.
“Non è stato assolutamente così e avremo modo di chiarire tutto”.
CON IL LIBRO CHE STA SCRIVENDO?
“Ne farà certamente parte. Ero presidente della Commissione di vigilanza e agivo di comune accordo con i cardinali. E’ stato detto che spesso erano contrari alle mie decisioni, ma anche questo non è vero. Eravamo sintonizzati e rispettosi dello statuto. Quanto a me, era mio compito anche ascoltare il presidente e il Consiglio di sovrintendenza e l’agenda di tutti gli incontri lo conferma.
Non ero né il padrone né il despota della banca. E ogni decisione era sempre presa in accordo col Santo Padre. D’altra parte lo Ior ha una sua organizzazione che ha sempre funzionato…”.
NON SEMPRE MOLTO BENE.
“Non parlo dei problemi del passato ma di questi ultimi anni. Glielo dico in sincerità, non ho la coscienza di aver prevaricato. Ho sempre lavorato a norma di statuto, e deciso d’accordo con la Commissione e soprattutto col Santo Padre”.
ANCHE PER L’ESTROMISSIONE DEL PRESIDENTE GOTTI TEDESCHI?
“Assolutamente sì. Anche per quell’avvicendamento”.
COM’È VIVERE IN VATICANO CON DUE PAPI?
“Bello. Con Papa Benedetto ci incontriamo ogni tanto, ci telefoniamo, mi invita a pranzo. Io prego per lui e lui ricambia informandosi costantemente sulla mia vita e le mie iniziative soprattutto culturali e pastorali. Con Papa Francesco ci sono state occasioni di saluto e di incontro nelle udienze e nelle celebrazioni e anche nei momenti conviviali. Inoltre, la preghiera per l’attuale successore di Pietro è un impegno quotidiano che accompagna il suo ministero e la sua infaticabile azione di evangelizzazione e di pace nel mondo.”.
UN’ULTIMA CURIOSITÀ, EMINENZA. COME È ANDATA DAVVERO LA SUA CENA DI COMPLEANNO A BASE DI VINI DOC E TARTUFI D’ALBA.
(Ride) “Le dico solo che era una cena organizzata dall’associazione degli alpini di Vercelli, miei ex diocesani, senza vini doc e senza tartufi ma con un’ottima tartufata, una specie di millefoglie con sopra una spruzzatina di cioccolata. Non mi sembra un lusso eccessivo per celebrare gli ottant’anni. Lei che ne dice?”. (Andrea Purgatori, L’Huffington Post )

EUROPA
SVIZZERA / DAVOS
80 MILIARDARI COME 3,5 MILIARDI DI POVERI. WINNIE BYAMYIMA È LA DONNA CHE AL RECENTE DAVOS DEI POTENTI RAPPRESENTAVA IL CONTROCANTO DEI POVERI; BYAMYIMA È INFATTI IL DIRETTORE ESECUTIVO DI OXFAM INTERNATIONAL, LA COALIZIONE DI ONG CHE LOTTANO CONTRO LA CARESTIA E LA FAME NEL MONDO.
Winnie Byamyima è condirettore del Forum di Davos dall’anno scorso e quest’anno si è presentata con un conteggio sensazionale. Il suo tema forte è la disuguaglianza nel mondo. Questa modalità dell’economia, da sé sola, è causa di milioni di morti ogni anno; potrebbe senza eccessivi sforzi essere superata, purché non venisse meno la volontà di raggiugere questo risultato. L’uno per cento degli umani, molto ben rappresentati al Forum di Davos, disponeva alla fine del 2014 del 48% della ricchezza mondiale.

GRECIA
Prokopis Pavlopoulos, ex ministro conservatore, è stato eletto presidente della repubblica dal parlamento il 18 febbraio con 233 voti su 300
GRECIA
ATENE, la denuncia di Varoufakis: "L’austerità serve a salvare le banche tedesche e francesi" . Il cosiddetto "piano di salvataggio", ovvero il prestito concesso nel 2010 ad Atene da Ue, Bce e Fmi (la cosiddetta ‘Troika’) "non salvo’ la Grecia ma salvò le banche tedesche e francesi". Il ministro delle Finanze ellenico, Yanis Varoufakis, non h apeli sulla lingua in merito al duro confronto tra Grecia ed Europa su deficit e austerità. Ed in effetti non va molto lontano dal bersaglio, se si pensa che il debito iniziale della Grecia corrispondeva a circa dieci miliardi poi lievitato, per effetto degli interessi, più di venti volte tanto.
La prova indiretta di quanto afferma Varoufakis, intervistato da ‘The Guardian’, arriva dagli stessi conti della Germania per quanto riguarda il bilancio delle perdite. Un bilancio quasi in pareggio perché se la Grecia dovesse lasciare l’euro a Merkel costerebbe 77 miliardi. Un miliardo in più per farla rimanere alle condizioni dettate dai greci. Tutto si regge su un delicato sistema di equilibri politici, quindi. "L’opinione pubblica e’ stata spinta a credere che fosse denaro dato ai greci – continuaa Varoufakis -. l’opinione pubblica greca e’ stata spinta a credere che fosse la sua salvezza", ha aggiunto. Varoufakis, inoltre, che ammette l’inesistenza di un ‘Piano B’ qualora fallissero le trattative con i creditori, non sembra così contrario alla teoria dell’Armageddon. “La mia risposta è – dice – ‘facciamolo accadere’. Questo e’ il mio piano ‘B’". Interrogato sulle possibili conseguenze di un default e di un’uscita di Atene dall’euro, il ministro ellenico replica che "e’ come domandarmi che succede se una cometa colpisce la Terra: non ne ho la minima idea". Cosciente delle casse vuote, il ministro delle finanze Yanis Varoufakis torna sul problema del debito: per i creditori "un taglio è preferibile a una estensione delle scadenze", perché‚ "tutti sanno che la Grecia non sarà mai in grado di sostenere il debito attuale senza un nuovo contratto".
Lunedì si aprirà un confronto sul piano tecnico, ma non è chiaro se la cornice politica sia ancora quella giusta per l’accordo. Per il presidente della Commissione Jean Claude Juncker siamo "molto lontani" da un compromesso, e per quello dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem la faccenda è "molto complicata", le opzioni "limitate" e quindi resta "pessimista". Intanto il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew, ha telefonato ad Alexis Tsipras, per esprimere il sostegno degli Usa alla Grecia e auspicare un esito positivo dei negoziati in corso fra il governo di Atene e i partner dell’Eurozona. Di diverso tono i segnali che arrivano dai mercati. Lo spread tra i titoli ellenici decennali e il Bund tedesco crolla a 864 punti base da 940, mentre la Borsa di Atene archivia l’ultima seduta della settimana col botto, mettendo a segno un rialzo di oltre il 5%. Sugli scudi proprio le banche: National sale del 16%, Attica del 13,2% e Alpha Bank del 12,8%. (NTERNAZIONALE | Autore: fabio sebastiani)
GERMANIA
EUROSCETTICI AD AMBURGO
"Il 15 febbraio la Spd ha vinto nettamente le elezioni per il rinnovo della Bürgerschaft (il consiglio comunale) di Amburgo con il 45,7 per cento dei voti", scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung, "ma non avrà la maggioranza asso-luta". Per governare, il candidato socialdemocratico Olaf Scholz avrà bisogno di allearsi con i Verdi. Brusco crollo per la Cdu, che si è fermata al 15,9 per cento, perdendo il 6 per cento rispetto a quattro anni fa. Ma tra i risultati spicca l’affermazione del partito euro-scettico Alternative für Deutschland (Afd), che con il 6,1 per cento ottiene otto sena-tori ed entra per la prima volta nelle istituzioni di un land della Germania occidentale.

CROAZIA
L’APPELLO DELLA PRESIDENTE
La nuova presidente croata Kolinda Grabar-Kitarovic ha prestato giuramento a Zagabria il 15 febbraio. Nel suo discorso ha pronunciato parole concilianti nei confronti dei paesi vicini, ma più dure sul fronte interno. Il sito H-Alter critica in particolare l’appello all’unità e alla pacificazione nazionale: "Questo tema viene regolarmente riproposto in momenti di grave crisi, quando sta maturando una rivolta sociale. E la Croazia oggi si trova proprio in una situazione del genere, con un’alta disoccupazione e una popola-zione molto indebitata. A questi problemi il governo socialdemocratico non sa dare risposta. Così la presidente di destra ricorre a un linguaggio perentorio parlando di unità nazionale e individuando un capro espiatorio nei nostalgici della Jugoslavia, accusati di ogni male".

MACEDONIA
Università occupata
La Macedonia è attraversata da un’ondata di proteste studentesche. Come scrive il settimanale Fokus, dopo le mobilitazioni degli scorsi mesi, "gli studenti sono tornati all’azione e hanno occupato l’università di Skopje dichiarandola ‘zona autonoma’". Chiedono il ritiro della nuova legge sull’università, che prevede l’introduzione di esami con valutazioni esterne, di cui saranno incaricate non le istituzioni accademiche ma agenzie del governo. "Gli studenti sanno che la lotta sarà lunga e vogliono proseguire fino al raggiungimento dei loro obiettivi". La protesta si sta ampliando a macchia d’olio e negli ultimi giorni è stata decisa l’occupazione delle università di Bitola e Stip.

UNGHERIA
II 17 marzo il presi-dente russo Vladimir Putin ha incontrato a Budapest il primo ministro ungherese Viktor Orbàn per discutere di un contratto sul gas. Il giorno prima duemila persone avevano manifestato contro la visita.

FRANCIA
II 17 febbraio la procura di Lilla ha chiesto di prosciogliere l’ex direttore dell’Fmi Dominique Strauss-Kahn dall’accusa di sfruttamento aggravato della prostituzione.

MEDIO ORIENTE & AFRICA
TURCHIA
LE DONNE PROTESTANO
La vicenda di Òzgecan Aslan, la studentessa di vent’anni rapita e uccisa dopo un tentativo di violenza da tre uomini nella città di Mersin, ha innescato proteste nell’intero paese. Come tutta la stampa turca, anche il quotidiano Yeni Asir dedica la copertina alla memoria della ragazza e alle manifestazioni in suo onore. "Per la prima volta da molto tempo", scrive il quotidiano Habertùrk, "il paese è unito nell’affrontare un lutto. Non è banale. Finora, infatti, la polarizzazione della società aveva impedito ai turchi di esprimere un sentimento di empatia capace di superare le differenze politiche e sociali". Secondo Habertùrk per sconfiggere la piaga della violenza di genere, obiettivo auspicato anche dal presidente Recep Tayyip Erdogan, "bisognerà superare la retorica ufficiale che relega la donna a un ruolo subalterno nella famiglia e nella società". (Yeni Asir, Turchia)

LIBANO
Bambini di strada
Secondo uno studio promosso dall’Unicef, dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e dall’ong Save the children, in Libano vivono e lavorano centinaia di bambini di strada. Per il paese si tratta di un problema di lunga data, aggravato dall’arrivo di 1,5 milioni di profughi siriani, scrive il Daily Star. Si calcola che il 75 per cento degli almeno 1.500 bambini di strada libanesi sia originario del paese vicino (nella foto, una bambina profuga siriana). Intanto in Siria l’inviato dell’Orni Staffan de Mistura sta negoziando con il governo di Damasco un cessate il fuoco di sei settimane nella città di Aleppo.

TUNISIA
II 18 febbraio quattro poliziotti sono morti nell’attacco portato da un gruppo jihadista vicino al confine con l’Algeria

SENEGAL
L’ex presidente ciadiano Hissène Habré, accusato di crimini contro l’umanità, sarà processato da un tribunale speciale creato dal Senegal e dall’Unione africana.

YEMEN
L’avanzata verso sud
I ribelli houthi, che controllano la capitale Sanaa, hanno respinto una risoluzione delle Nazioni Unite che gli chiedeva di cedere il potere e di rilasciare l’ex presidente Abd Rabbo Mansur Hadi.
II quotidiano yemenita Al Wasat scrive che gli houthi hanno insediato il loro governo nella capitale e rifiutano categoricamente le ingerenze esterne. I ribelli stanno avanzando verso sud. Secondo l’inviato speciale dell’Orni Jamal Benomar, "bisognerà preoccuparsi per la reazione di Al Qaeda, che è molto forte nel sud del paese".

NIGERIA/LAGOS/GOMBE/ABUJA
La Nigeria ostaggio di Boko haram. Il 7 febbraio la commissione elettorale nigeriana ha deciso di rinviare al 28 marzo le elezioni presidenziali e parlamentari in programma per il 14 febbraio, a causa dell’inizio di una grande offensiva contro Boko haram. Ma in quella circostanza vari osservatori hanno commentato che i 175 milioni di nigeriani e il loro diritto di voto sono ormai ostaggio dei miliziani jihadisti. Infatti dipende soprattutto da Boko haram se alla fine di marzo la situazione in Nigeria sarà abbastanza pacifica da permettere lo svolgimento delle elezioni. Ma in realtà dipende anche dall’esercito nigeriano.
Quella di rinviare le elezioni è stata una semplice "raccomandazione" da parte dei vertici dell’esercito, che non possono sostituirsi aperta-mente all’autorità della commissione elettorale. Ora le elezioni del 28 marzo sono appese al risultato dell’annunciata campagna contro Boko haram. E i primi segnali sono tutt’altro che incoraggianti.
Invece dell’esercito, è stato il gruppo jihadista a condurre una grande operazione internazionale, con continui attacchi in Niger, con i primi sconfinamenti in Ciad e con la più vasta offensiva di terra mai vista finora in Nigeria. Negli ultimi giorni i miliziani si sono spinti fino alla città di Gombe, che si trova a metà strada tra l’ormai abituale teatro di guerra nel nordest della Nigeria e la capitale Abuja.
Chi può fermare l’escalation militare? Al momento sembra che Boko haram sia sempre un passo avanti rispetto all’esercito, e questo induce a chiedersi se dietro l’organizzazione si nasconda qualcosa di più di un gruppo di fanatici. Una cosa è certa: se la guerra continuerà a dilagare a questo ritmo, in Nigeria le elezioni non si terranno né a fine marzo né mai ( Dominic Johnson, Die Tageszeitung, Germania)
NIGERIA
ELEZIONI A RISCHIO
In un video del 18 febbraio il der di Boko haram, Abubakar Shekau, ha minacciato di inr dire lo svolgimento delle ele¬ni presidenziali del 28 marzo, scrive Jeune Afrique. Il gio prima quaranta persone erano morte in una serie di attentati nel nordest della Nigeria, men-tre l’esercito ha fatto sapere di aver ucciso 300 miliziani. Il 13 febbraio Boko haram ha com-piuto il primo attacco in Ciad. Il 17 febbraio almeno 37 civili so¬stati uccisi da una bomba sgan¬ciata da un aereo non identifica¬to nel sudest del Niger.

SUDAFRICA
IL CONTRATTO NON CONVIENE.
Nel settembre del 2014 il governo sudafricano ha concluso un accordo con l’azienda pubblica russa Rosatom per la costruzione di otto nuove centrali nucleari entro il 2023, un affare del valore di 50 miliardi di dollari che dovrà essere approvato dal parlamento. Tuttavia, come svela il Mail & Guardian, alcuni termini del contratto sono "preoccupanti": per esempio, il Sudafrica non potrà vendere ad altri paesi la tecnologia nucleare che avrà sviluppato autonomamente senza il permesso della Russia; Rosatom non sarà considerata responsabile in caso di incidenti ai reattori; l’azienda russa godrà di speciali sgravi fiscali senza concedere nulla in cambio. "È un accordo molto vantaggioso per Rosatom, ma che presenta molti rischi per il Sudafrica", scrive il settimanale. "Non sorprende che il governo abbia tenuto segreti i suoi piani". Il Sudafrica sta attraversando una difficile crisi energetica che minaccia la crescita economica, e ha bisogno di rendere più efficiente la sua produzione di elettricità. Per questo negli ultimi mesi ha firmato accordi e preso contatti con vari paesi, tra cui gli Stati Uniti, la Cina, la Francia e la Corea del Sud. (Mail & Guardian, Sudafrica )

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
LA TENTAZIONE DELL’APARTHEID
Si alla forza lavoro straniera, ma impariamo dal Sudafrica dell’apartheid. L’opinione di Ayako Sono, scrittrice e consulente per l’istruzione del governo di Shinzò Abe nel 2013, è stata pubblicata l’n febbraio dal quotidiano di destra Sankei Shimbun e ha provocato l’indi-gnazione dell’ambasciatrice sudafricana a Tokyo. "Ho solo detto che le Chinatown e le Little Tokyo sono una buona cosa", ha replicato Sono.

THAILANDIA
LI STUDENTI E I MILITARI
Decine di studenti hanno sfidato la legge marziale e il 14 febbraio hanno inscenato a Bangkok una finta elezione (nella foto) per protestare contro la decisione della giunta militare, che ha preso il potere con un colpo di stato nel maggio del 2014, di rimandare al 2016 il voto previsto per quest’anno. Quattro attivisti del Centro degli studenti tailandesi per la democrazia, un’organizzazione che raccoglie sia simpatizzanti dell’ex premier Yingluck Shinawatra sia i figli dei sostenitori più influenti della giunta al potere, sono stati arrestati. Gli studenti hanno promesso di proseguire la protesta e di essere pronti ad andare in carcere in nome della democrazia, scrive il Bangkok Post.

BIRMANIA
Scontri nel Kokang
Migliaia di persone sono fuggite in Cina a causa degli scontri scoppiati il 9 febbraio nello stato Shan tra l’esercito e i ribelli kokang dell’Esercito dell’alleanza democratica nazionale, nato nel 1989 dopo lo scioglimento del Partito comunista birmano, una forza armata filocinese e antigovernativa. I kokang, di etnia cinese han, sono una delle minoranze che chiedono maggior autonomia e con cui il governo birmano sta cercando un accordo di pace, scrive Irrawaddy. Il 13 febbraio i ribelli hanno attaccato una base militare a Laukai, capoluogo dell’area controllata dai kokang, uccidendo 47 soldati e ferendone più di 70. L’esercito ha risposto con raid aerei. Secondo il governo le violenze, le peggiori degli ultimi anni, sono legate al ritorno nel paese di uno dei leader kokang, Phone Kya Shin, messo in fuga dall’esercito birmano nel 2009. Il 17 febbraio nel Kokang è stato dichiarato lo stato d’emergenza.

AFGHANISTAN
II 17 febbraio venti poliziotti sono morti in un attentato suicida nella provincia di Logar. Secondo le Nazioni Unite, le vittime civili del conflitto nel 2014 sono state 10.548 (la cifra comprende morti e feriti), con un aumento del 22 per cento rispetto al 2013.

CINA
II 16 febbraio il Partito comunista cinese ha espulso un suo alto responsabile, Su Rong, accusato di corruzione

SRI LANKA
Equilibrismi diplomatici
Il progetto da 1,5 miliardi di dollari affidato a un’azienda cinese per la costruzione di una città portuale vicino a Colombo continua a far discutere. Dopo che il presidente Maithripala Sirisena ha confermato l’accordo con Pechino cancellato dal suo predecessore Mahinda Rajapaksa, è intervenuto il primo ministro, Ranil Wickremesinghe, reclamando la facoltà del governo di
decidere in merito al progetto. La nuova città dovrebbe sorgere su 108 ettari di terreno bonificato, affittato all’azienda di costruzioni cinese per 99 anni. Il progetto, che deve ancora superare un esame di impatto ambientale, fa parte della Via della seta marittima, il piano lanciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping per realizzare una rete di porti commerciali affacciati sull’oceano Indiano. Un disegno che per Pechino è economica-mente e strategicamente importante, ma che New Delhi vede come una minaccia. Per rassicurare l’India, il presidente Sirisena l’ha scelta come meta della sua prima visita ufficiale, cominciata il 16 febbraio. Ma, come scrive M K Bhadrakumar su Asia Times, "il rafforzamento dei rapporti con Pechino garantisce a Colombo un sostegno economico di cui ha disperatamente bisogno e gli dà un vantaggio nei rapporti diplomatici con New Delhi".

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
ARGENTINA
ROMA – BUENOS AIRES
PIANO CONDOR, POLITICI, SERVIZI E MILITARI ALLA SBARRA A ROMA: LA TRAGEDIA DEI DESAPARECIDOS PRENDERÀ AVVIO PROPRIO IL 12 FEBBRAIO 2015 NELL’AULA BUNKER DI REBIBBIA IL PRIMO GRADO DI GIUDIZIO DEL PROCESSO CHE RIGUARDA IL PIANO CONDOR. Alla sbarra gli esponenti di giunte militari e dei servizi di sicurezza dell’America del Sud, accusati a vario titolo della scomparsa e della morte di 23 cittadini di origine italiana avvenuta tra il 1973 e 1978. Processo di portata storica che arriva dopo un’inchiesta durata dieci anni condotta dal Procuratore Giancarlo Capaldo e i cui sviluppi sono molto attesi anche in America del Sud. La lista degli imputati include 21 persone e comprende ex autorità militari e di governo di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay. Il Piano Condor è un piano finalizzato all’eliminazione di qualsiasi oppositore politico dei regimi di Argentina, Cile, Uruguay, Paraguay, Brasile e Bolivia e che ha consentito a militari e servizi segreti di agire indisturbati per la cattura, la tortura e l’uccisione sistematica dei sospetti, anche al di là dei confini nazionali. "Questo processo è importante per noi, che speriamo di ottenere giustizia" ricorda Aurora Meloni "ma è importante anche per l’Italia, che ha bisogno di non perdere la memoria ..ha bisogno di sapere chi siamo, chi siamo stati e chi vogliamo essere domani".
12 Febbraio presso la Sala della Fondazione Basso in Via della Dogana Vecchia, 5 a Roma, dalle 17 alle 19, si terrà un incontro con alcuni familiari e avvocati delle vittime del processo Condor. Dopo i saluti del Prof. Guido Calvi, interverranno Aurora Meloni (parte civile) e gli avvocati di parte civile Arturo Salerni, Giancarlo Maniga, Alicia Mejía, Simona Filippi, Andrea Speranzoni e Fabio Maria Galiani. Il dibattito sarà moderato da Jorge Ithurburu, dell’associazione 24marzo Onlus. (Autore: fabrizio salvatori)

VENEZUELA
CARACAS, il presidente Maduro denuncia un tentativo di golpe. Il presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha denunciato un "attentato golpista" orchestrato dagli Stati Uniti, precisando che negli ultimi due giorni sono stati portati a termine "importanti arresti" che sono riusciti a bloccare l’intervento.
"C’è stato il tentativo di utilizzare un gruppo di ufficiali dell’aviazione militare per provocare un attentato, un attacco" contro il governo, ha precisato Maduro, sottolineando che "sulla base della strategia pianificata da Washington, un aereo doveva attaccare il palazzo Miraflores", sede della presidenza. Maduro ha aggiunto che l’opera di "smantellamento dell’attentato golpista è ancora in corso".
Media dell’opposizione sottolineano che le dichiarazioni del presidente sono coincise con le manifestazioni organizzate ieri nel paese da gruppi di studenti e una parte dell’opposizione ‘antichavista’.
Sempre ieri è d’altra parte entrato in vigore un nuovo sistema cambiario nel Paese che – precisano le fonti – modifica in modo solo marginale le forti restrizioni cambiarie in vigore da tempo nei confronti del dollaro e delle altre valute. (Autore: fabrizio salvatori)
CARACAS
Venezuela, il sindacato assicura: "Operai pronti a difendere le aree produttive contro i golpisti"
La classe operaia assicurerà il controllo sui posti di lavoro e il funzionamento delle aree produttive di fronte a qualsiasi tentativo di colpo di stato o atto destabilizzatore contro il Venezuela, ha affermato il vicepresidente della Central Bolivariana Socialista de Trabajadores (CBST), Carlos López. Intervistato nel programma Sin Coba, trasmesso dall’emittente Venezolana de Televisión, il sindacalista ha spiegato che eventuali azioni golpiste non avranno alcuna possibilità di paralizzare le attività degli operai e dei luoghi di lavoro.
«Tutta la base della CBST è preparata per affrontare qualsiasi tipo di sabotaggio. Se si dovesse verificare un tentativo violento di abbattere la Rivoluzione, la classe operaia è pronta ad assumere il controllo completo di tutti i centri di produzione», ha detto.
Il sindacalista ha ricordato che la maggior parte degli atti di sabotaggio sono rivolti contro le infrastrutture elettriche, così come contro gli impianti petroliferi, raffinerie, oleodotti, porti e strutture di comunicazione.
Ha sottolineato, inoltre, che la Central Bolivariana Socialista de Trabajadores insieme alla Milicia Bolivariana forma i corpi combattenti della classe operaia nelle aree d’interesse della patria, tra cui, l’elettricità, il petrolio e le comunicazioni.
López ha poi ricordato che i lavoratori sono attivi nella lotta contro la guerra economica, condotta dalla destra per generare destabilizzazione e caos nel paese.
«C’è un gran lavoro che stiamo portando avanti tra la base dei lavoratori – ha aggiunto López – ed è quello di rendere sempre più visibile il nemico della Rivoluzione Bolivariana e di tutti i popoli del mondo».
Giovedì, il presidente Nicolás Maduro, ha denunciato un nuovo tentativo di colpo di stato contro il suo governo e il popolo del Venezuela.
In questo tentativo di colpo di Stato è coinvolto un piccolo gruppo di ufficiali dell’aviazione militare e civile, sostenuto dal governo degli Stati Uniti.
L’azione incostituzionale, che prevedeva di attaccare per via aerea le istituzioni della nazione ubicate a Caracas, è stata sbaragliata.
( Fonte: http://albainformazione.com/ | Autore: redazione – trad. it di Fabrizio Verde da ciudadccs.info

COLOMBIA
Mai più ragazzi nella guerriglia
"Il 17 febbraio, mentre all’Avana i delegati del governo colombino e del gruppo guerrigliero delle Fare discutevano per raggiungere un accordo sulle vittime, il portavoce della guerriglia Ivan Màrquez ha annunciato che i minori di 15 anni arruolati nell’organizzazione saranno rilasciati", scrive El Espectador. Il 12 febbraio le Fare si erano impegnate a non reclutare più combattenti al di sotto dei 17 anni, mentre il governo ha fatto sapere di aver salvato quasi seimila bambini soldato negli ultimi quindici anni. Intanto il 15 febbraio, in un attacco attribuito ai guerriglieri dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), tre soldati sono stati uccisi nel dipartimento Norte de Santander, vicino al confine con il Venezuela.

CILE
II 13 febbraio Sebastiàn Dàvalos, figlio della presidente Michelle Bachelet, si è dimesso da direttore socioculturale della presidenza dopo essere stato accusato di aver approfittato della sua posizione per far avere un credito alla moglie.

HAITI
II 17 febbraio almeno 18 persone sono state uccise dal crollo di un cavo dell’alta tensione a Port-au-Prince durante la sfilata dei carri per il carnevale.

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
II 16 febbraio Craig Hicks, 46 anni, è stato incriminato per l’uccisione di tre stu-denti musulmani a Chapel Hill, nel North Carolina.
USA/ROMA/MEDITERRANEO
TRITON È UNA CONDANNA A MORTE . LE MORTI NEL MEDITERRANEO DELLE ULTIME SETTIMANE ERANO PREVEDIBILI ED EVITABILI. E queste tragedie si ripeteranno se l’Unione europea non cambierà il modo di affrontare il problema del numero sempre più alto di persone che rischiano la vita per cercare rifugio in Europa. La colpa è soprattutto dei trafficanti di esseri umani. I sopravvissuti hanno raccontato di essere stati costretti a salire sui gommoni dopo essere stati derubati e minacciati con bastoni e pistole. I trafficanti vanno arrestati e puniti, ma anche l’Unione europea ha le sue colpe. I morti della scorsa settimana sono il risultato di ciniche considerazioni come quella del primo ministro britannico David Cameron, secondo il quale se i migranti sapessero che ci sono buone probabilità di morire durante il tragitto non si metterebbero in viaggio per l’Europa.
Questa tesi è smentita dal numero sempre più alto di persone in fuga dalla Siria e dall’Africa subsahariana, che rischiano la loro vita e quella dei loro figli pur di raggiungere un porto sicuro. I disordini scoppiati in Libia, uno dei principali punti di partenza dei migranti, stanno spingendo le persone a correre rischi sempre più alti. Nel 2014 sono arrivati via mare in Europa 170mila migranti. Quest’anno sembra che le vittime saranno ancora più numerose dell’anno scorso, quando 3.200 persone sono morte attraversando il Mediterraneo. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni le vittime delle ultime tragedie portano ad almeno 415 il numero di migranti annegati nel 2015, rispetto ai 27 dello stesso periodo dell’anno scorso.
Molti avevano previsto che, dopo la sostituzione della missione italiana di salvataggio Mare nostrum con quella europea Triton, che si limita al pattugliamento delle frontiere, nel Mediterra¬neo i morti sarebbero aumentati. Nel 2014 Mare nostrum, l’operazione lanciata dalla marina ita¬liana nell’ottobre del 2013 dopo che più di 350 migranti erano annegati nei pressi di Lampedusa, aveva salvato più di centomila vite. Ma a dicembre l’Italia, stanca di dover sopportare da sola tutto il peso dell’immigrazione, ha interrotto la missione.
Nei giorni scorsi alcuni migranti sono stati salvati dalla guardia costiera italiana. Ma quello che serve al più presto è una missione di pattugliamento e salvataggio con le stesse caratteristiche di Mare nostrum e finanziata dall’Europa. La Commissione europea dovrebbe chiedere subito ai paesi membri la soluzione giusta. (The New York Times, Stati Uniti)
USA
ESECUZIONI SOSPESE
Il 13 febbraio Tom Wolf, il governatore della Pennsylvania, ha annunciato la sospensione della pena di morte nello stato. "La moratoria durerà fino a quando Wolf non avrà esaminato il rapporto del comitato che dal 2011 sta indagando sull’uso e l’applicazione della pena capitale", scrive il Philadelphia Inquirer. "Dal 1976 ci sono state solo tre esecuzioni, l’ultima nel 1999". Nonostante questo, la Pennsylvania è uno degli stati con il più alto numero di detenuti nel braccio della morte. Attualmente 186 persone condannate a morte sono in attesa dell’esecuzione, alcune da più di trent’anni. L’Economist spiega che negli ultimi anni anche altri stati, tra cui Colorado, Oregon e Washington, hanno sospeso le esecuzioni e messo in discussione l’utilità della pena di morte.
USA
STATI UNITI
REGOLE PER I DRONI
Il 15 febbraio l’agenzia statunitense per l’aviazione civile ha presentato una prima bozza di regolamento per l’uso dei droni commerciali. Il progetto, che si applica ai velivoli che pesano al-meno ventiquattro chilogrammi, prevede norme meno restrittive di quelle attuali. Gli operatori dovranno ottenere una certificazione e dovranno sempre avere il mezzo nella loro visuale. "Il regolamento", scrive l’Atlantic, "proibirebbe i servizi di consegna con i droni che alcune compagnie, come Amazon, stanno sperimentando
STATI UNITI
IL TEXAS SFIDA OBAMA
In Texas un giudice federale ha bloccato il decreto sull’immigrazione annunciato a novembre dal presidente Barack Obama per regolarizzare cinque milioni di immigrati senza documenti. Il giudice si è pronunciato su un ricorso presentato da ventisei stati guidati da governatori del Partito repubblicano. La sentenza proibisce all’amministrazione Obama di attuare i programmi per la concessione di permessi agli immigrati che rischiano l’espulsione. Secondo il Texas Observer è una sconfitta per Obama, almeno temporanea. "La Casa Bianca ha risposto ribadendo la correttezza giuridica del provvedimento e ha annunciato che ricorrerà contro la decisione del giudice".

(Le principali fonti di questo numero:
NYC Time USA, Washington Post, Time GB, Guardian The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

PER LE ASSOCIAZIONI, CIRCOLI FILEF, ENTI ed AZIENDE.Sui siti internet www.emigrazione-notizie.org e www.cambiailmondo.org è possibile utilizzare uno spazio web personalizzato, dedicato alla Vostra attività e ai Vostri comunicati stampa.

 

Views: 5

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.