11554 2. Notizie dall’Italia e dal mondo 15 gennaio 2015

20150117 17:14:00 guglielmoz

ITALIA – NAPOLI. Pino Daniele, quell’inno alla contaminazione napoletana che trasmette l’eredità di un artista / ASSASSINI SENZA DIO. La terribile azione terroristica che ha ucciso alcuni dei nostri fratelli di satira e di idee di “Charlie Hebdo” a Parigi rende forse inutili e vane le parole. / IN MEMORIA DI FRANCESCO ROSI: un grande compagno, artista, intellettuale, un pezzo di storia della sinistra del nostro paese. Con Rosi scompare uno dei registi più coerenti e più grandi del cinema italiano. Rosi è sempre riuscito a coniugare la più ferma volontà di denuncia e di racconto della realtà con la più alta tensione artistica ed espressiva. Con i suoi film ha reso grande il nostro cinema nel mondo e lascia un vuoto incolmabile nella cultura italiana. Chi vuole capire la storia del nostro paese non puo’ prescindere dai suoi film. Con lui perdiamo un compagno, un grande artista, un intellettuale, un pezzo di storia della sinistra del nostro paese.
EUROPA – BRU – L’UE PUBBLICA PER LA PRIMA VOLTA ALCUNI DOCUMENTI SUL TTIP. La Commissione europea, per la prima volta ha reso pubblici i documenti sui negoziati condotti con gli Stati Uniti per la creazione di una zona di libero scambio, chiamato Accordo Transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, il suo acronimo in inglese). / Germania. Clamoroso flop del movimento antiIslam. Il tedesco-qualunque attende il redde rationem / GRECIA. Appello dalla Grecia: «Mobilitatevi per noi». Il giorno dopo il crollo delle Borse (che ieri hanno fal­lito il rimbalzo, con Piazza Affari che ha chiuso ancora in negativo) attribuito ai timori di un Grexit, un’uscita dall’euro che in realtà in Grecia nessuno vuole, da Atene arriva un appello alla solidarietà internazionale/.
AFRICA & MEDIO ORIENTE – KURDISTAN/KOBANE. Kobane solidale con Parigi. I curdi chiamano alla lotta contro i criminali fascisti. / Tunisia roccaforte Usa nel Mediterraneo. A quattro anni dalla primavera araba, le forze armate Usa rafforzano la partnership con uno storico alleato nordafricano per contrastare la penetrazione del “terrorismo” islamico-radicale nel Mediterraneo. / NIGERIA. Il massacro che l’Occidente non vuole vedere perché parla delle sue contraddizioni. Ammazzati a uno a uno a colpi d’arma da fuoco o con i machete, uomini anziani, donne e bambini inseguiti nelle strade e nella foresta, finiti dopo essere stati atrocemente mutilati. /
ASIA & PACIFICO – INDIA, DI NUOVO ALLE URNE. Le elezioni per il rinnovo del parlamento di New Delhi si terranno il 7 febbraio/ . PAKISTAN. Il 13 gennaio ha riaperto la scuola di Peshawar colpita da un attacco dei taliban il 16 dicembre 2014. /
AMERICA CENTROMERIDIONALE – HAITI. Senza parlamento. Il 13 gennaio il parlamento di Haiti si è sciolto dopo il fallimento degli ultimi negoziati tra governo e opposizione per estendere il mandato delle camere, che scadeva il 12 gennaio. /
AMERICA SETTENTRIONALE – A Los Angeles il regista Max Bartoli ha completato le riprese del corto “The Secret of Joy” con una troupe di oltre settanta persone. Questo film sarà donato alla Kids Cancer Research Foundation./

ITALIA
NAPOLI
PINO DANIELE, QUELL’INNO ALLA CONTAMINAZIONE NAPOLETANA CHE TRASMETTE L’EREDITÀ DI UN ARTISTA ORA È COSÌ E NON POTEVA ESSERE ALTRIMENTI. C’è il dolore, la grande emotività e ogni volta che ci pensi e ci entri un po’ più dentro ci sono le lacrime. E’ morto un amico fraterno, questo è Pino Daniele per milioni di persone, quel tipo di amico che alla fine a fare i conti ha saputo solo dare. (Autore: gabriele gesso)
Ha cantato Napoli, anche Napoli, così intimamente che ora i napoletani confondono la propria passione e il proprio affetto con il possesso, con la smania di stringere, di toccare, di dare un po’ di materialità all’immenso patrimonio di emozioni che ci ha lasciato.
Ci ha raccontati senza retorica, in maniera viscerale senza mai subordinare l’artista al successo finanche nella sua stagione più lontana dal Pino Daniele che in tanti abbiamo amato. Le contraddizioni di Napoli e del Mezzogiorno, stordito da un modello di sviluppo artificiale e imposto, vivono nei testi di Daniele con una disinvoltura nel racconto pari a quella delle dita sulla chitarra.
Contraddizioni che vivono tutt’oggi e che la sua voce, sempre dolce, mai sguaiata, continuerà a cantare. Sì, perchè ‘o masto continua a nceˉ piscià ‘mmano e ‘o popolo a volere strade nove o a pretendere di comprare la felicità con un leasing o una cambiale. Nell’immagine collettiva Daniele non è la star, è l’amico che suona, uno come noi che sa maneggiare note e parole quando alla sera si vede in sala prove a cantare che adesso noi restiamo qui, a sud l’aria ci fa bene oppure a evocare un ferryboat che ci porti lontano.
Uno come noi che da queste parti è sempre nella lotta se andare o restare; uno come noi pure quando sul palco si destreggiava con mostri internazionali della musica. Pino Daniele è figlio di quegli anni in cui mentre si stava bene grazie allo sviluppo economico effimero, si determinavano le condizioni per la crisi futura, lui lo sapeva e lo cantava con la convinzione che ‘a musica è ‘na botta quando arriva adda sparà.
Probabilmente sono quegli anni ad essere morti, lui no, lui è immortale. Oggi, quando pure il diritto alla speranza deve essere riconquistato, ancora stentiamo a raccogliere l’eredità di Daniele, quel Tarumbò che rappresenta un inno all’agire, alla contaminazione, alla ricerca e alla crescita continua che troppo spesso accantoniamo per rifugiarci nell’oblio della lamentela. Ora, che sei un po’ più lontano, per scelta, contingenza o altre questioni che non ci appartengono… saglie ‘a voglia d’alluccà / ca nun c’azzicche niente tu / vulive sulamente dà / l’alleria se va…
ROMA
IN MEMORIA DI FRANCESCO ROSI: un grande compagno, artista, intellettuale, un pezzo di storia della sinistra del nostro paese. Con Rosi scompare uno dei registi più coerenti e più grandi del cinema italiano. Rosi è sempre riuscito a coniugare la più ferma volontà di denuncia e di racconto della realtà con la più alta tensione artistica ed espressiva. Con i suoi film ha reso grande il nostro cinema nel mondo e lascia un vuoto incolmabile nella cultura italiana. Chi vuole capire la storia del nostro paese non puo’ prescindere dai suoi film. Con lui perdiamo un compagno, un grande artista, un intellettuale, un pezzo di storia della sinistra del nostro paese.
ROMA
ASSASSINI SENZA DIO
La terribile azione terroristica che ha ucciso alcuni dei nostri fratelli di satira e di idee di “Charlie Hebdo” a Parigi rende forse inutili e vane le parole. Ho ancora negli occhi il clima di collaborazione libera e meravigliosa della redazione di Charlie che ho conosciuto dall’interno. Tutti seduti attorno a un grande tavolone di legno rettangolare, disegnando, scrivendo, discutendo con passione. Ognuno con il suo carattere e le sue idee. Tra loro alcune delle vittime di cui si comincia a sapere il nome: l’impagabile Cabu sempre sorridente, il sornione e intelligente Wolinski, capace di improvvise illuminazioni, il giovane direttore Charb (Stephane Charbonnier), Tignous e tanti altri che non voglio nominare perché spero siano ancora vivi.
La barbarie di questo atto ci sconvolge, ma deve anche spingerci ad agire. Qualsiasi forma di tolleranza verso l’intolleranza criminale di un Islam omicida non può più essere accettata. Né si può dire per consolarci che si tratta di una semplice minoranza di fanatici, perché alle loro spalle c’è un intero mondo reso cieco da una fede che, anche nelle sue forme più “moderate”, vuole stroncare nel sangue la libertà di pensiero e il diritto a vivere di chi non crede alla loro sedicente “parola di Dio”. Basta ricordare le innumerevoli condanne a morte per “apostasia”, la lapidazione delle donne stuprate perché “hanno dato scandalo” ecc. No, basta, questi mostri che uccidono a sangue freddo, che violano ogni umana sensibilità e ogni morale, sono degli assassini senza Dio anche se ammazzano nel nome di un Dio crudele e assurdo. Vanno condannati e combattuti senza esitazioni. Autore: Vincenzo Sparagna
ROMA
FRANE E INONDAZIONI, TUTTI I NUMERI DEL DISASTRO-ITALIA. FRANE E INONDAZIONI HANNO COLPITO TUTTA ITALIA NEL 2014, CON UN BILANCIO DI 33 MORTI, 46 I FERITI E OLTRE 10.000 PERSONE COSTRETTE AD ABBANDONARE TEMPORANEAMENTE LE LORO CASE. E’ IL BILANCIO PRESENTATO NEI GIORNI SCORSI NEL ‘RAPPORTO SUL RISCHIO PER LA POPOLAZIONE ITALIANA DA FRANE E INONDAZIONI’ E PUBBLICATO SUL SITO POLARIS DELL’ISTITUTO DI RICERCA PER LA PROTEZIONE IDROGEOLOGICA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE (Irpi-Cnr).( Autore: fabrizio salvatori)
Nell’anno appena trascorso frane e inondazioni hanno colpito in 19 regioni su 20, causando danni in 220 comuni, primi fra tutti quelli di Genova e Refrontolo. Nel primo si sono avuti danni, vittime e sfollati in oltre 20 località, mentre Refrontolo (Treviso) ha il triste primato del maggior numero di vittime nel 2014 in seguito alla piena del torrente Lierza, che a Molinetto della Croda ha provocato 4 morti e 20 feriti.
Ovunque i mesi peggiori sono stati ottobre e novembre. In generale, ”le regioni più colpite sono state quelle del Nord-Ovest e in parte del centro”, spiega Paola Salvati dell’Irpi-Cnr. La Liguria, risulta la più colpita perché le forti piogge di ottobre e novembre hanno provocato 5 vittime e danni in 34 comuni e 71 località. Seguono Piemonte, con 48 località colpite e 2 persone decedute, Lombardia (42 località e 6 vittime), Emilia-Romagna (28 localit… e un morto), Toscana (35 località e 5 morti). Per il direttore dell’Irpi-Cnr, Fausto Guzzetti, ”i dati raccolti nel 2014 confermano purtroppo quanto siano diffuse le condizioni di rischio per la popolazione e contribuiscono a comprendere come esse aumentino o diminuiscano in funzione dei cambiamenti climatici ma anche di quelli ambientali e sociali".
I dati del 2014 rientrano infatti nella media delle 40 morti l’anno causate in Italia da inondazioni e frane nel periodo compreso fra il 1964 e il 2013. Nell’arco di mezzo secolo, infatti, 1.989 le persone morte a causa di frane (1.291) e inondazioni (698), 72 dispersi e 2.561 feriti. Nello stesso periodo sono stati colpiti 2.031 comuni (pari al 25% dei Comuni italiani). Considerando gli anni fra il 2009 e il 2013, la media è stata di 33 morti l’anno (162 complessivamente), con 7 dispersi, 331 feriti e oltre 45.000 sfollati. Al di sopra di questa media sono stati il 2009 (anno delle frane nel Messinese, con 50 persone decedute, 6 dispersi e 171 feriti) e il 2011 (quando le inondazioni nello Spezzino, in Lunigiana e a Genova hanno provocato 49 morti, 30 feriti e almeno 900 sfollati, seguito pochi giorni dopo). Si scende sotto la media nel 2010 (27 morti e 55 feriti) e nel 2012 (15 morti e 23 feriti) e nel 2013 (27 morti, 1 disperso e 52 feriti).

EUROPA
EU-BRU
L’UE PUBBLICA PER LA PRIMA VOLTA ALCUNI DOCUMENTI SUL TTIP
La Commissione europea, per la prima volta ha reso pubblici i documenti sui negoziati condotti con gli Stati Uniti per la creazione di una zona di libero scambio, chiamato Accordo Transatlantico per il commercio e gli investimenti (TTIP, il suo acronimo in inglese). Date le abbondanti critiche da parte di partiti politici, sindacati e organizzazioni della società civile di tutti i tipi per la totale opacità nella quale si sono sviluppati i negoziati tra le due parti, la nuova Commissione guidata da Jean-Claude Juncker aveva promesso di migliorare la trasparenza del processo.
Mercoledì scorso, il Dipartimento della Commissione per il commercio svedese Cecilia Malmström, pubblicò una serie di documenti originali e materiale esplicativo che mira a far luce su ciò che è in gioco. Finora solo poche carte segrete che erano state filtrate .si sono conosciute, come quelle della rete ‘Filtra la e pubblicate da ‘La Marea’. I documenti forniti dalla Commissione riflettono solo la posizione europea nei negoziati. Segnare il punto con gli obiettivi di base contro le ambizioni degli Stati Uniti, che, al momento, non hanno risposto con la pubblicazione delle loro posizioni.
Bruxelles e Washington intendono raggiungere un accordo sulla TTIP per alla fine di quest’anno, anche se i negoziati si fanno sempre più complicati a causa l’opposizione sempre più evidente da parte di alcuni partiti e governi su questioni specifiche e complicate, come ad esempio la discutibilità dei tribunali di arbitraggio, che medierebbero le dispute tra multinazionali e stati. I critici temono che il trattato porterà a una significativa riduzione degli standard di lavoro, dell’ambiente e della tutela dei consumatori. I documenti pubblicati dalla Commissione riguardano una serie di settori come il regolamento, i servizi o le norme di sicurezza alimentare. In merito a quest’ultimo, per esempio,fa capire qual’è il campo di battaglia nel quale s svolgono le trattative. All’articolo 2 del documento che tratta gli standard di salute viene detto che lo scopo della TTIP è "facilitare il più possibile gli scambi tra le parti, mentre è conservato il diritto di ciascuna parte a proteggere la salute umana, animale o vegetale nel suo territorio e rispettare il sistema normativo delle atre parti …. "
Ma nel prossimo paragrafo si afferma che un altro obiettivo è quello di "garantire che misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) non creino inutili ostacoli agli scambi". La domanda chiave è chi saprà o come scegliere tra il "diritto" dei territori di preservare i loro standard e quelle che sarebbero "barriere inutili". (DI THILO SCHAFER – La Marea)

GERMANIA
GERMANIA. CLAMOROSO FLOP DEL MOVIMENTO ANTI-ISLAM. IL TEDESCO-QUALUNQUE ATTENDE IL REDDE RATIONEM. Autore: Valerio Sebastiani
PEGIDA(Patrioti Europei Contro l’Islamizzazione dell’Occidente), quel movimento di patrioti un po’ naif, che raccoglie sotto la bandiera della xenofobia populista e razzista una composizione molto eterogenea di disillusi, soggetti colpiti dalla crisi e neonazisti dell’ultima ora, ha dato in questi giorni un ultimo colpo di reni. Rompendo il cordone ombelicale che lo legava al localismo della città di Dresda, banco di prova delle prime manifestazioni, che hanno visto migliaia di persone (20.000 l’ultima volta) scendere in piazza, il movimento ha tentato di sfondare anche a Colonia e Berlino, cercando un punto di svolta. Così non è stato.
Il 5 gennaio a Berlino all’appello di Luz Bachmann, prosaico leader del movimento, hanno risposto solo 450 persone, che non hanno potuto nemmeno godere delle luci della ribalta provocate dal teatrino di tensioni creato ad hoc settimane prima. La porta di Brandeburgo ha oscurato tutte le sue luminarie al passaggio dello sparuto gruppo di contestatori anti-Islam.
Colonia invece era stata scelta per l’effettivo redde rationem, e non a caso: a novembre, tanto per riscaldare gli animi, si erano consumate delle violente aggressioni nei confronti della comunità salafita da parte del gruppo “Hooligans contro i salafiti”, nato da una collaborazione dei settori dell’estrema destra ultras.
Il pesante clima di attesa non ha dunque trovato soddisfazioni, dato che anche in questo caso il bilancio è stato negativo: qualche drappello di neonazisti in divisa d’ordinanza e poche centinaia di appartenenti al movimento. Alle rivendicazioni di una Germania “cristiana”, “bianca” ed “epurata dagli immigrati”, il cardinale di Colonia Woelki ha risposto con un Duomo totalmente immerso nel buio.
D’altra parte quindi sembra che momenti di radicale opposizione non siano mancati laddove PEGIDA aveva intenzione di far la voce grossa: migliaia di persone hanno sfilato in corteo sotto le bandiere antifasciste a Colonia, Berlino e Stoccarda contro le ossessioni islamofobe di questo rigurgito razzista della classe media tedesca.
Valutando esclusivamente i numeri delle ultime mobilitazioni, anche in termini geopolitici, pare che la sigla PEGIDA non abbia attecchito sul terreno del conflitto sociale tedesco, in cui una classe media mobilitata da parole d’ordine d’odio, razzismo e violenza di classe, sta fluttuando in una sospesa fase di transizione. Ciononostante i dati statistici parlano di una sempre più crescente adesione all’ideologia populista del gruppo: un terzo dei tedeschi giustifica le proteste contro l’immigrazione musulmana; d’altra parte però solo il 13% afferma di volervi partecipare attivamente. Non è un caso che la maggioranza dei sostenitori di PEGIDA provenga dai simpatizzanti del partito euroscettico e anti-immigrazione, Alternativa per la Germania. Dati preoccupanti, soprattutto se comparati con gli umori che stanno crescendo attorno alle mobilitazioni, da una parte minimizzate da alcuni esponenti dell’Spd, che ritengono PEGIDA un movimento trasversale, le cui istanze meriterebbero come minimo l’ascolto e dall’altra stigmatizzate come rigurgiti nazisti, che riflettono gli effetti della crisi economica, esorcizzati dal “tedesco-qualunque” e populista tramite una stolida e acritica opposizione alla casta elitaria figlia dell’elaborazione sul campo del neoliberismo, e un’acuta insofferenza verso ogni forma di multiculturalismo.
BERLINO
RIUNIONE ESECUTIVO DEL PARTITO DELLA SINISTRA EUROPEA.
La riunione dell’Esecutivo del Partito della Sinistra Europea di venerdì 9 e sabato 10 gennaio 2015 a Berlino è stata percorsa da due argomenti decisivi, capaci entrambi non solo di sollecitare le capacità e le intelligenze politiche nell’aggiornamento delle analisi e nella elaborazione di una linea futura, ma anche di far muovere emozioni e sentimenti riannodando i fili della memoria della storia del movimento comunista: i fatti di Parigi e la imminente vittoria di Syriza alle elezioni greche. L’azione terroristica di Parigi e il suo snodarsi nel tempo ha subito sconvolto l’ordine dei lavori: il Presidente del Partito della Sinistra Europea, Pierre Laurent che e’ anche il Segretario del Partito Comunista Francese, non ha aperto come al solito i lavori dell’Esecutivo, ma è rimasto a Parigi a organizzare la risposta politica e a fronteggiare la gravità della situazione, tessendo i fili perché la reazione di massa all’assalto terroristico sia democratica, antirazzista, capace di fare da argine alle derive populiste e securitarie. ( INTERNAZIONALE | Autore: Giovanna Capelli )

E A BERLINO I 54 RAPPRESENTANTI DEI 26 PARTITI COMPONENTI LA SINISTRA Europea, i molti osservatori e i nuovi partners (fra cui i nuovi compagni dalla Slovenia in rappresentanza della giovane coalizione della Sinistra alternativa che nelle ultime elezioni politiche ha stupito le previsioni degli esperti aggiudicandosi 6 seggi in Parlamento ) hanno tentato di inquadrare ciò che è successo a Parigi e le reazioni internazionali nel più vasto e intricato contesto della Europa. Così il compagno Gilles Garnier del PCF ha sottolineato che gli autori degli attentati sono francesi e la cultura che li ha mossi è il risultato di più di 10 anni di politiche sociali devastanti in Francia. Ci sono 5 milioni di francesi che Marie Le Pen vorrebbe far si che vengano considerati e trattati come potenziali terroristi perché musulmani, con l’obbiettivo di creare un clima da guerra civile e portare il popolo francese sfinito dalla crisi a credere di essere davanti a due uniche scelte possibili: o lo stato islamico o il Fronte Nazionale. Non è un caso, aggiunge Olga Athaniti di Syriza, che una delle argomentazioni più forti e insidiose che Samaras usa in Grecia per sventare la vittoria di Alexis Tsipras è la minaccia che il paese venga invaso dagli immigrati, se, come prevede il programma di Salonicco le leggi sull’immigrazione attualmente in vigore fortemente xenofobe e restrittive saranno modificate alla luce dei principi di solidarietà e dell’universalismo dei diritti. Fabio Amato del Partito della Rifondazione Comunista ha ricordato i precedenti momenti in cui in Europa il terrorismo integralista ha colpito: Parigi, Madrid, Norvegia. In tutti questi episodi è affiorata la pervasività profonda delle pulsioni razziste che la crisi economico, politica e sociale produce, aprendo spazi politici alle nuove destre. Esse alimentano l’intolleranza verso il diverso per costumi, provenienza, orientamento sessuale e trovano spazio nelle coscienze anche perché in Europa la idea della laicità dello stato ha subito molte ferite e non ha mai maturato nuove conquiste stabili. Amato si chiede se in uno stato veramente laico può esistere il reato di blasfemia (come in Italia ). La risposta a questa situazione figlia della crisi, e o ‘la accettazione dello stato di eccezione conseguente allo scontro di civiltà e quindi la produzione di politiche autoritarie e securitarie che ottengono un consenso sociale grazie alla continua costruzione della immagine del nemico contro cui unirsi, dentro le logiche sempre più’ violente del liberismo (una moderna barbarie) oppure il cambiamento vero, la rottura dei rapporti politici ed economici esistenti. Per questo la attenzione politica e le aspettative della seconda fase del dibattito si concentrano sulla Grecia sulla prossima vittoria elettorale di Syriza, evidenziando il nesso di reciprocità fra Grecia ed Europa. Syriza ha bisogno della solidarietà il più vasta possibile in Europa per vincere le elezioni nel modo migliore, contrastando allarmismi e falsificazioni che già occupano i media europei. Ma dopo le elezioni questa solidarietà sara ancora piu necessaria per attuare il suo programma. Il Partito della Sinistra europea si è impegnato ad allargare le proprie relazioni politiche, a intensificare l’iniziativa di sostegno a Syriza e a trasmettere ai movimenti sociali il senso e la imminenza di un cambiamento possibile. Per questo i momenti piu salienti e decisivi dell’Esecutivo sono stati quelli che hanno seguito l’intervento del compagno greco Yannis Milos che ha brevemente illustrato il programma di Salonicco. Durissime e nette sono state le domande poste sulle possibilità di vincere non solo dal punto di vista elettorale, ma di attuare quel programma che restituisce diritti e dignità alle persone, ma che anche imposta un diverso modello economico e sociale. Tutti e tutte riconoscono la importanza non solo simbolica della vittoria elettorale di un Partito della Sinistra europea che in una crisi gravissima ha conquistato consenso elettorale e fiducia di molti settori sociali. Ma è chiaro che la reazione in Europa delle forze del liberismo sarà durissima. La parlamentare europea Marisa Matias annuncia che la BCE interverrà con il QE solo a favore dei paesi classificati con le 3 A dalle agenzie di rating. Grecia e Cipro sono esclusi a priori. Come si pensa di di contrastare il boicottaggio al programma che la borghesia greca metterà in atto, come verrà affrontato il problema delle passate privatizzazioni, con una semplice rinazionalizzazione o attraverso la collocazione della proprietà nelle mani dei lavoratori e in questo caso con quali forme di controllo e di democrazia? Esiste un piano B nel caso in cui la BCE non ricontrattasse il debito? La risposta di Milos è altrettanto netta. Il piano A è quello dell’Europa neoliberista che in Grecia ha causato una emergenza umanitaria, una situazione post.bellica in cui le persone non hanno i soldi per pagare la luce, il riscaldamento e persino il pane quotidiano. Il piano B è il programma di Salonicco. Non esiste altro piano. E’ su quel programma che Syriza chiede il consenso del popolo e costruisce il suo vincolo che non intende rompere in modo unilaterale. La strada stretta passa dalla Grecia all’Europa, alla conferenza sul debito, alla sua ristrutturazione e al coinvolgimento in alleanze attive di tutti quei paesi che sono commissariati dalla Ue per il loro debito e spinti verso la povertà dalle politiche di austerità e dai tagli allo stato sociale. Si apre per tutti un nuovo scenario. Se cambia la Grecia cambia l’Europa . Si spezza l’ordine del neoliberismo e si può costruire l’uscita da sinistra dalla crisi. Tutte le risposte non sono date, ma sono terreno di costruzione comune per il Partito della Sinistra Europea.

GRECIA
APPELLO DALLA GRECIA: «MOBILITATEVI PER NOI»
IL GIORNO DOPO IL CROLLO DELLE BORSE (CHE IERI HANNO FAL­LITO IL RIMBALZO, CON PIAZZA AFFARI CHE HA CHIUSO ANCORA IN NEGATIVO) ATTRIBUITO AI TIMORI DI UN GREXIT, UN’USCITA DALL’EURO CHE IN REALTÀ IN GRECIA NESSUNO VUOLE, DA ATENE ARRIVA UN APPELLO ALLA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE. (Fonte: Il Manifesto)
E’ firmato da Solidarity for all, il net­work di movimenti sociali cui fanno capo gran parte delle atti­vità in sostegno delle vittime della crisi, in particolare ad Atene e in tutta la regione dell’Attica: le quaranta kifa, farmacie e ambulatori sociali, le mense per vecchi e nuovi poveri, i centri per gli immigrati, le cooperative recuperate dai lavoratori.
E’ un appello «contro la retorica paralizzante della paura e della povertà» e si intitola «Partiamo dalla Grecia per cambiare l’Europa».
«La Grecia è stata usata come cavia per la ristrutturazione neoliberale in Europa», scrivono gli estensori, e ora che la Troika ha fallito, e con essa la coalizione politica che l’ha sostenuta, «stanno provando a salvare i loro interessi in ogni modo». Da qui l’avvio di una campagna basata esclusivamente sulla paura: se vince Alexis Tsipras la Grecia uscirà dall’euro con effetti catastrofici su tutto il continente, il giorno dopo le elezioni ci sarà la corsa a ritirare i soldi dalle banche con il rischio che l’intero sistema collassi, riprenderà il saliscendi delle borse e dello spread.
Tutte ipotesi non fondate su nessun dato reale, ma rilanciate domenica dal giornale tedesco Der Spiegel, secondo il quale la Germania si starebbe preparando a un’uscita di Atene dall’Eurozona (ma il governo tedesco il giorno dopo ha smentito).
E’ per questi motivi che le elezioni greche, secondo Solidarity for all, rivestono un’importanza che va ben al di là dei confini ellenici. «Una vittoria anti-troika e anti austerità apre le porte a un cambiamento del dominio neoliberale in Europa e oltre», scrivono, «per questo il momento elettorale rappresenta una tappa della battaglia dei popoli europei, di tutti quei movimenti che resistono e si oppongono all’Europa antisociale e antidemocratica».
Solidarity for all fa proprie le parole di Syriza: opporre la speranza a una campagna fondata sulla paura. Su questo leit motiv fanno appello alla mobilitazione internazionale «vote for change» dal 14 al 16 gennaio, una settimana prima delle elezioni greche, chiedendo di manifestare e organizzare azioni davanti alle sedi di istituzioni greche (ambasciate, centri per il turismo) ed europee.
Per ora la sinistra radicale greca non pare soffrire le pressioni politiche e mediatiche: gli ultimi sondaggi danno Syriza oltre il 30 per cento e i comunisti del Kke, che però non andranno al governo con i rivali della sinistra radicale, come terza forza con il 4,8 per cento. Alla coalizione guidata da Tsipras, nella grande frammentazione della scena politica greca, basterebbe un consenso supe­riore al 35 per cento per pro­vare a for­mare un governo, e per forze di cose all’indomani del voto si porrà la questione delle alleanze. A favorire Syriza potrebbe essere l’ennesima scissione del Pasok (già dato al 3,5 per cento nei sondaggi) guidata dall’ex premier (e figlio del primo Presidente della Repubblica dopo il regime dei colonnelli) Giorgios Papandreou, che fu abbandonato dal partito socialista quando propose un referendum sul salvataggio della Grecia.
Il Pasok rischia di non andare nemmeno in Parlamento (lo sbarramento è al tre per cento) e il centrodestra di Nea Dimokratia potrebbe così perdere il secondo pilastro delle larghe intese che hanno garantito alla Troika Bce-Fmi-Ue di governare il Paese negli ultimi anni, costringendolo allo stremo

MEDIO ORIENTE & AFRICA
KURDISTAN/KOBANE
KOBANE SOLIDALE CON PARIGI. I CURDI CHIAMANO ALLA LOTTA CONTRO I CRIMINALI FASCISTI
Sono stati loro ad affrontare e sconfiggere militarmente sul campo i tagliagole dell’Isis, la loro resistenza nella città di Kobane è stata ed è per questo il simbolo di una lotta che è diventata una speranza di liberazione non solo per il medio oriente ma anche per molti movimenti europei che guardano con sempre più attenzione il processo di confederazione democratica di tipo eco socialista che si è avviata nella Rojava. Oggi la co presidenza delle comunità del Kurdistan ( KCK) ha preso parola rispetto all’attacco terrorista avvenuto nel cuore dell’Europa con un durissimo comunicato contro " i criminali fascisti".
"Noi condanniamo con forza l’attacco e il massacro condotto da criminali fascisti contro la rivista settimanale satirica e offriamo le nostre più profonde condoglianze alle famiglie ed ai parenti delle vittime, alla stampa francese e al popolo francese. I criminali fascisti – si legge nel comunicato – che da lungo assediano tutti i popoli del Medio Oriente in particolare i curdi, hanno questa volta condotto un massacro a Parigi nel cuore dell’Europa. Questo attacco è finalizzato ad intimidire la consapevole opinione pubblica d’Europa. Quelli che hanno compiuto il massacro di Charlie Hebdo sono gli assassini che hanno sulle loro mani il sangue dei curdi, degli yezidi, degli arabi, degli assiri, dei turcomanni, dei siriaci, e di molti altri gruppi etnici e religiosi . Questa mentalità fascista nemica dei popoli e delle culture è cresciuta nel letamaio delle forze egemoniche ed è diventata una spina nel fianco di tutta l’umanità. I curdi e il movimento di liberazione curdo stanno effettuando la più determinata e valorosa lotta contro queste forze in Medio Oriente ,in particolare a Shengal (Sinjar) e a Kobani. Chiediamo a tutti i popoli europei e a tutta l’umanità insieme ai curdi e ad i popoli del Medio Oriente di intensificare la lotta congiunta contro questi criminali fascisti nemici dell’umanità. (Fonte: www.retekurdistan.it)

LIBANO
TORNA LA PAURA A TRIPOLI
L’attentato suicida al caffè Omran del 10 gennaio, in cui sono morte nove persone, ha riportato il terrore a Tripoli, la città del nord del Libano più colpita dalle divisioni religiose legate al conflitto in Siria. L’attentato è avvenuto nel quartiere a maggioranza alawita di Jabal Moh-sen ed è stato rivendicato dal Fronte al nusra, il ramo siriano di Al Qaeda, scrive An Nahar. Due giorni dopo la polizia ha trasferito numerosi detenuti estremisti islamici rinchiusi nel-la prigione di Roumieh, accusati di complicità con gli attentatori

EGITTO
II 12 gennaio un tribunale del Cairo ha assolto 26 uomini arrestati in un bagno turco con l’accusa di "depravazione". Il 13 gennaio la giustizia egiziana ha annullato la condanna a tre anni di prigione dell’ex presi-dente Hosni Mubarak, accusato di corruzione. Ci sarà un nuovo processo.

TUNISIA
TUNISIA ROCCAFORTE USA NEL MEDITERRANEO. A QUATTRO ANNI DALLA PRIMAVERA ARABA, LE FORZE ARMATE USA RAFFORZANO LA PARTNERSHIP CON UNO STORICO ALLEATO NORDAFRICANO PER CONTRASTARE LA PENETRAZIONE DEL “TERRORISMO” ISLAMICO-RADICALE NEL MEDITERRANEO. SI TRATTA DELLA TUNISIA, PAESE AL CENTRO DI UNA LUNGA E GRAVE CRISI SOCIALE ED ECONOMICA CHE, GRAZIE A WASHINGTON, HA PERÒ VARATO UN DISPENDIOSISSIMO PROGRAMMA DI RIARMO E POTENZIAMENTO DEL DISPOSITIVO BELLICO.
Nei giorni scorsi, la Defense Security Cooperation Agency – agenzia statunitense per la cooperazione alla difesa e alla sicurezza – ha approvato la vendita al governo tunisino di dodici elicotteri da combattimento e trasporto tattico Sikorsky UH-60M “Black Hawk”, per una spesa di 700 milioni di dollari che include il supporto addestrativo e tecnico-logistico del personale tunisino. I velivoli potranno trasportare sino a undici militari alla volta e saranno armati con mitragliatrici M134 7.62 da 51 mm e GAU-19.50 BMG 12.7 da 99 mm, razzi a guida laser, missili “Hellfire”. La Tunisia ha anche chiesto a Washington una serie di apparecchiature per i “Black Hawk” come motori, sistemi di posizionamento globale e per la pianificazione delle missioni aeree, sistemi radio VHF (Very High Frequency), UHF (Ultra High Frequency) e per la trasmissione ai satelliti, apparecchiature e sistemi di rilevamento anti-missile, ecc.
Gli elicotteri che sostituiranno i vecchi velivoli HH-3E “Jolly Green Giant” (anch’essi prodotti dalla statunitense Sikorsky) saranno rischierati presso l’eliporto di Pointe Karoube, all’interno della base aerea di Biserta – Sidi Ahmed. “Il trasferimento dei Black Hawk alla Tunisia contribuirà alla politica estera e alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America e migliorerà la sicurezza di un paese amico del nord Africa”, ha dichiarato il portavoce della Defense Security Cooperation Agency. “I nuovi elicotteri potenzieranno le capacità della Tunisia nel contrastare le minacce regionali e nel supportare le operazioni anti-terrorismo, consentendo altresì la realizzazioni di attività di pattugliamento dei confini e di pronto intervento delle unità aeree e terrestri”. L’agenzia di cooperazione alla difesa ha annunciato che nel 2015 sarà autorizzato il trasferimento di altri “aiuti militari” per oltre 60 milioni di dollari, in particolare sistemi di rilevamento di esplosivi e un numero non specificato di unità navali alla Marina tunisina.
Lo scorso mese di dicembre, l’aeronautica militare tunisina ha ricevuto dalla statunitense Lockheed Martin il secondo dei due aerei da trasporto C-130J-30 “Super Hercules” commissionati nel 2012. I velivoli sono stati assegnati al 21° Squadrone, anch’esso di base nello scalo aereo di Biserta – Sidi Ahmed. “Grazie i nuovi C-130J Super Hercules la Tunisia potrà svolgere un ampio spettro di missioni, compresi gli interventi di pronto intervento a livello mondiale, il combattimento a fuoco e le tradizionali attività di trasporto aereo”, hanno riferito i manager di Lockheed Martin. “I C-130J sono ideali per il continente africano perché sono prodotti in differenti varianti: per le operazioni di intelligence, sorveglianza riconoscimento (ISR), la guerra contro le unità navali e i sottomarini, il trasporto VIP e truppe, il lancio di paracadutisti, la ricerca e soccorso, la guerra elettronica, l’aiuto umanitario”. I velivoli possono essere dotati di sensori elettro-ottici ai raggi infrarossi, sistemi radar avanzati, magnetic anomaly detector, siluri e missili antinave.
Sempre nel 2014, Washington ha consegnato alla Marina militare tunisina due pattugliatori di 13.5 metri, a cui si aggiungeranno entro il febbraio 2015 altre sette motovedette di 7,6 metri. “Le due unità veloci, del costo di più di 2 milioni di dollari, fanno parte di un nuovo programma di assistenza alla Marina tunisina per rafforzare la sicurezza marittima contro il terrorismo che colpisce la regione mediterranea”, ha dichiarato l’ambasciatore Usa Jake Walles. “Il Comando delle forze armate Usa per il continente africano – US AFRICOM – sta inoltre sviluppando alcuni interventi d’assistenza delle forze armate tunisine, compresa la condivisione delle informazioni, l’espansione delle attività di addestramento e la fornitura di equipaggiamento avanzato”. Gli Stati Uniti hanno pure completato la consegna alle unità speciali anti-terrorismo delle forze armate e di polizia tunisine di una decina di tonnellate di “equipaggiamento difensivo”, tra cui caschi protettivi e giubbotti antiproiettile. “Gli Stati Uniti stanno pure sostenendo il piano varato dal governo tunisino per centralizzare il sistema d’intelligence anti-terrorismo, che sarà diretto da uno staff interforze specializzato dei ministeri dell’Interno, della Difesa e della Giustizia”, ha aggiunto l’ambasciatore Walles. “La Tunisia farà presto parte insieme ad altri cinque paesi africani della nuova Security Governance Initiative (SGI) a guida Usa, che avrà lo scopo di rafforzare le capacità di gestione della difesa di queste nazioni”.
Elicotteri, aerei da guerra e sistemi d’intelligence saranno utilizzati prevalentemente contro i gruppi islamico-radicali operanti nel Maghreb, come Ansar al Sharia e le milizie filo al Qaeda. L’area in cui si sono intensificati maggiormente gli scontri con le forze armate tunisine è quella montuosa del Chaambi, al confine con l’Algeria. L’evento più sanguinoso risale al 17 luglio scorso, quando un commando ha attaccato a Henchir Tella (governatorato di Kasserine) una pattuglia dell’esercito, causando la morte di 14 militari e oltre una ventina di feriti.
Anche l’Italia è direttamente impegnata nella fornitura di assistenza e sistemi d’arma avanzati alle forze armate tunisine. A febbraio sarà completata la consegna alla Marina e alla Guardia nazionale di dodici pattugliatori marittimi P270TN e P350TN prodotti dal Cantiere Navale Vittoria (CNV) di Adria. Le unità saranno impiegate prevalentemente per impedire che le imbarcazioni “illegali” che trasportano migranti e richiedenti asilo lascino le coste nordafricane per raggiungere il sud Italia (di Antonio Mazzeo )

MOZAMBICO
AVVELENATI IN MASSA
A Chitima il 9 gennaio sono morte per avvelenamento 69 persone. Le vittime avevano partecipato a un funerale e avevano bevuto della birra artigianale contaminata con "bile di coccodrillo", affermano le autorità. Il governo ha proclamato tre giorni di lutto nazionale, scrive @Verdade.

UGANDA
II governo ha annunciato che Dominic Ongwen, uno dei leader dei ribelli dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra), il gruppo guidato da Joseph Kony, sarà consegnato alla Corte penale intemazionale.

CONGO
(Rdc) andrà a votare nel 2016, il presidente Joseph Kabila sarà alla guida del paese da 15 anni. "A quel punto rispetterà il limite costituzionale dei due mandati 0 cercherà di modificare la legge a suo favore?", si chiede Les Afriques. Perii momento il dibattito politico si concentra sulla riforma elettorale. Il testo presentato dal governo al parlamento il 12 gennaio prevede che le liste elettorali debbano essere aggiornate per riflettere i cambiamenti demografici. Questo fa pensare che si dovrà organizzare un censimento prima del 2016.1 partiti dell’opposizione sostengono che il governo vuole solo prendere tempo e prolungare di fatto il mandato di Kabila, e per questo hanno organizzato delle manifestazioni a Kinshasa contro cui è intervenuta la polizia. Nell’est del paese continua la lotta contro i gruppi ribelli. Come scrive Voice of America, il 2 gennaio è scaduto il termine per il disarmo volontario imposto ai ribelli delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda. Il Sudafrica ha dichiarato che i suoi soldati, schierati nel contingente di peacekeeping dell’Onu, sono pronti a intervenire

NIGERIA
IL MASSACRO CHE L’OCCIDENTE NON VUOLE VEDERE PERCHÉ PARLA DELLE SUE CONTRADDIZIONI
AMMAZZATI A UNO A UNO A COLPI D’ARMA DA FUOCO O CON I MACHETE, UOMINI ANZIANI, DONNE E BAMBINI INSEGUITI NELLE STRADE E NELLA FORESTA, FINITI DOPO ESSERE STATI ATROCEMENTE MUTILATI. (INTERNAZIONALE | Autore: fabrizio salvatori)
La carneficina di Baqa, nel nord-est della Nigeria, dove dei circa diecimila abitanti almeno 2.000 sono stati uccisi dagli integralisti islamici Boko Haram è durata una settimana. Eppure sui media occidentali si è parlato come al solito di altro. Quella che si sta aprendo, però, è una grave crisi umanitaria dalle prospettive non prevedibili. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha dichiarato che sono quasi diecimila i nigeriani in fuga. Amnesty International, che ha operatori nella zona, ha confermato che siamo di fronte al "peggior massacro nella storia dei Boko Haram". E tragiche testimonianze arrivano da qualche sopravvissuto: abitanti della città devastata sono fuggiti a bordo di piccole imbarcazioni affrontando le acque del lago Ciad, hanno raggiunto isolotti prima che le barche affondassero e da giorni sono privi di qualunque mezzo di sussistenza.
"Stanno morendo di fame e di stenti", ha raccontato un ragazzo aggiungendo che la stessa sorte sta colpendo nella foresta feriti e anziani.
In Nigeria, il più popoloso Paese d’Africa, l’avvicinarsi delle elezioni legislative e presidenziali fissate per il 14 febbraio è ormai quasi quotidianamente segnato dagli assalti dei fondamentalisti islamici nel nord-est. Ma la conquista di Baqa e di una quindicina di villaggi nella stessa area (che non è lontana neanche dal confine con il Niger) rischia di non essere solo una tragedia per la popolazione. Pesanti saranno, secondo numerosi osservatori, anche le ripercussioni sull’economia dell’intera area, crocevia commerciale e agricolo vitale per il Camerun, il Ciad e il Niger. Boko Haram,intanto, si finanzia con il commercio dell’avorio di elefanti bracconati in Camerun; i miliziani Janjaweed si finanziano con il commercio dell’avorio e del corno di rinoceronte di animali bracconati in paesi limitrofi (come la Repubblica democratica del Congo e la Repubblica Centro Africana).
La guerra sta infiammando tutta la regione centrafricana. L’aeronautica del Camerun ha addirittura bombardato alcune basi dei Boko Haram per bloccare infiltrazioni e scorrerie. Ora a rischiare di più è comunque un’altra importante città della Nigeria, Maiduguri, capoluogo dello Stato di Borno, quasi completamente circondata dai jihadisti. Anche da qui la popolazione ha cominciato ad andarsene e va ad ingrossare la già enorme massa degli sfollati, sia all’interno che all’esterno della Nigeria: più di un milione e 600mila persone, secondo i calcoli delle organizzazioni umanitarie.
Il capo di stato uscente Goodluck Jonathan, cristiano del sud, si è ricandidato e potrebbe facilmente vincere anche (e forse soprattutto) se in molte località del nord a maggioranza musulmana non sarà possibile allestire seggi elettorali proprio a causa del caos scatenato dai Boko Haram. Ma in questo caso la sua sarebbe una vittoria a rischio, con l’opposizione che appoggia il musulmano del nord Muhammadu Buhari (già al potere in Nigeria negli anni ’80 durante la dittatura dei militari) legittimata a sostenere l’irregolarità del voto.
Questo tipo di fenomeno, sottolinea Mario Raffaelli, vice-segretario di Amref Health Africa "prospera grazie alla crisi sociale, economica e di identità del mondo arabo e musulmano, che ha visto fallire tutte le ipotesi di ‘modernizzazione’, dal socialismo nasseriano, alle ‘democrazie autoritarie’ sostenute dall’occidente". Il terrorismo, "cresce e si sviluppa in territori resi fertili dalla mancanza di una risposta politica lungimirante e globale" e per questo "la sola risposta militare è inutile, quando non addirittura controproducente".
Su quanto sta accadendo in Nigeria è intervenuta la presidente della Camera Laura Boldrini, che nei prossimi giorni si recherà in visita presso l’ambasciata della Nigeria a Roma. "Nemmeno i tragici avvenimenti ancora in corso di svolgimento in Francia possono oscurare la gravità della tremenda strage che i terroristi islamici di Boko Haram hanno compiuto in Nigeria, nella città di Baqa e nelle zone circostanti. Il bilancio delle vittime non è ancora definitivo, ma di sicuro le persone uccise sono alcune centinaia, forse addirittura migliaia. L’eccidio messo in atto da Boko Haram conferma purtroppo che il terrorismo di matrice islamica è una minaccia globale, che miete vittime non solo tra i cittadini europei, ma in maniera almeno altrettanto feroce in Paesi africani e mediorientali. Se globale è la minaccia, globale e dura deve essere una risposta che veda uniti gli Stati dell’Unione europea, le altre democrazie, le organizzazioni internazionali”
NIGERIA
IL GRIDO DELLA NIGERIA: "NOI COME LA FRANCIA. NON POTETE STARE ZITTI".
All’indomani della storica marcia contro il terrorismo a Parigi, che ha visto sfilare, tra altri 40 capi di Stato e di governo, in prima fila il presidente nigeriano Goodluck Jonathan, dalla Nigeria arrivano critiche all’Occidente accusato di ignorare la "tragedia" provocata da Boko Haram. Ad esprimerle è stato Ignatius Kaigama, arcivescovo cattolico di Jos, che, ricordando il grande sostegno e la grande solidarietà che la comunità internazionale sta dando a Parigi, ha affermato che "è necessario che lo stesso spirito si abbia nei confronti non solo dell’Europa, ma anche della Nigeria, del Niger, del Cameron". ( da INTERNAZIONALE | Autore: fabrizio salvatori)
Intervistato dalla Bbc, l’alto prelato ha infatti ha sottolineato come questi paesi più poveri abbiamo bisogno che "risorse internazionali vengano mobilitate per combattere queste individui che portano tanta tristezza a tante famiglie". L’arcivescovo ha parlato dopo che negli ultimi due giorni almeno 23 persone sono rimaste uccise in tre attentati provocati da kamikaze donne, una che sarebbe stata una bambina di 10 anni. "Siamo di fronte ad una tragedia monumentale che addolora tutta la Nigeria, ma sembra che siamo senza aiuto – ha detto ancora – perchè se avessimo potuto fermare Boko Haram, l’avremmo fatto subito. Ma invece continuano ad attaccare, uccidere e conquistare territori, con una totale impunità". Per l’arcivescovo Kaigama infatti gli attacchi, in particolare quello dei giorni scorsi dove centinaia di persone sono state uccise dai terroristi islamici che hanno conquistato la città di Baga, costringendo i governativi ad abbandonare la base militare, mostrano che le forze armate nigeriane non sono in grado di fermare la furia di Boko Haram.
A chiedere il coinvolgimento della comunità internazionale per bloccare Boko Haram è anche Terre des Hommes, che esprime forte preoccupazione per l’evolversi del conflitto in Nigeria.
"Mancano le parole per descrivere queste atrocità. Questi episodi dimostrano un disumano disprezzo per il valore della vita di chi è più indifeso e non può sottrarsi agli ordini", afferma Raffaele K. Salinari, presidente della Federazione Internazionale Terre des Hommes. "La comunità internazionale non può stare zitta – aggiunge – ma deve spingere il governo nigeriano a proteggere con maggiore determinazione la popolazione civile da Boko Haram. In maniera particolare vanno protetti tutti i luoghi frequentati dai bambini, prime tra tutte le scuole, dove il gruppo terrorista spesso sequestra i suoi futuri combattenti. Garantire tutti i diritti dei bambini, rafforzare l’educazione e la protezione dell’infanzia, in Nigeria come altrove, è una valida strategia per contrastare il terrorismo".
Terre des Hommes è promotrice della Coalizione Stop all’Uso dei Bambini Soldato e da tre anni, con la sua Campagna "Indifesa", è impegnata a difesa delle bambine nel mondo, con progetti concreti per migliorare la loro condizione e azioni di sensibilizzazione per denunciare le violazioni dei loro diritti.

MALI
CAMBIO DÌ GOVERNO
"Ufficialmente si è dimesso, ma in realtà è stato licenziato. Moussa Mara, l’ex primo ministro maliano, in nove mesi era riuscito a mettersi tutti contro", scrive Jeune Afrique. Il 9 gennaio a Bamako è quindi entrato in carica il nuovo governo, guidato da Mobibo Keita. La sicurezza continuerà a essere una priorità dell’esecutivo, visto che il Mali non è ancora riuscito a sconfiggere i gruppi estremisti islamici che due anni fa avevano occupato il nord del paese. Il 5 gennaio otto persone sono morte in un attacco terroristico contro una base militare a Nampala, vicino al confine con la Mauritania.

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
II 14 gennaio il governo ha approvato una legge di bilancio record da 96.340 miliardi di yen (circa 700 miliardi di euro), che prevede un aumento delle spese militari per contrastare le minacce provenienti da Cina e Corea del Nord

HONG KONG
Il ripristino dell’ordine
Il 14 gennaio il governatore di Hong Kong CY Leung ha detto che c’è il rischio di "degenerare nell’anarchia" se venissero introdotte le riforme democratiche chieste dai manifestanti che per più di due mesi avevano occupato alcune zone della città. Leung ha spiegato che la crescita economica è prioritaria rispetto alle riforme democratiche. Il
12gennaio un uomo aveva lanciato una molotov contro l’abitazione di Jimmy Lai, magnate dell’informazione e sostenitore dei movimenti per la democrazia. Anche gli uffici di Next Media, la società di Lai che pubblica il quotidiano Apple Daily, sono stati bersaglio di un attacco simile, denuncia il quotidiano. Lai è stato in prima fila nelle proteste contro la riforma elettorale imposta da Pechino.

AFGANISTAN
Compromessi a Kabul
Il presidente Ashraf Ghani ha presentato la lista dei ministri del governo di unità nazionale che dovrà essere approvata dal parlamento. I ministri sono stati scelti dopo più di tre mesi di negoziati con Abdullah Abdullah, amministratore delegato del governo e avversario di Ghani alle presidenziali del 2014. Alla difesa e alle finanze sono stati nominati due uomini vicini a Ghani, Sher Mohammad Karimi e Ghulam Jilani Po-pai. Agli interni e agli esteri dovrebbero andare due sostenitore di Abdullah, Nur ulHaq Ulumi e Salahuddin Rabbani. Secondo fonti della Bbc, Ghani avrebbe invitato nell’esecutivo due ex esponenti taliban, che però avrebbero rifiutato

NEPAL
L’opposizione in piazza
Il 13 gennaio la coalizione di trenta partiti d’opposizione guidata dagli ex ribelli maoisti ha indetto uno sciopero generale che ha fermato scuole, fabbriche, mercati e trasporti pubblici a Kathmandu e in altre città SCRIVE il Kathmandu Post . Più di cento manifestanti sono stati arrestati per danni ai veicoli durante la protesta contro la decisione del governo di presentare una bozza della costituzione entro la fine di gennaio senza il consenso dell’opposizione. Il primo ministro Sushil Koirala, eletto nel febbraio del 2014, aveva promesso di presentare una bozza entro un anno. Dalla fine della guerra civile nel 2006, l’assemblea costituente non è riuscita ad approvare una carta. La questione su cui non si trova un accordo è la divisione in stati del paese. I maoisti propongono di dividerlo secondo la distribuzione etnica della popolazione, in modo da favorire le minoranze. Una soluzione che non convince il resto dell’assemblea.

INDIA
II 12 gennaio l’esercito ha annunciato l’arresto di 39 ribelli separatisti di etnia bodo nell’Assam. Sarebbero coinvolti in una serie di attacchi recenti che hanno causato la morte di più di 70 persone
INDIA
DI NUOVO ALLE URNE
Le elezioni per il rinnovo del parlamento di New Delhi si terranno il 7 febbraio. Nel febbraio del 2014 il governatore Arvind Kejriwal, del Partito Aam Aadmi, si è dimesso dopo la bocciatura di un progetto di legge anticorruzione. Da allora i partiti principali non sono riusciti a formare un governo. Anche se il partito del premier Narendra Modi, il Bharatiya janata, alle elezioni generali del 2014 ha trionfato, stavolta non succederà, scrive The Hindu.

PAKISTAN
Il 13 gennaio ha riaperto la scuola di Peshawar colpita da un attacco dei taliban il 16 dicembre 2014. Nell’attentato 150 persone sono morte e 120 sono rimaste ferite. La maggior parte delle vittime, uccise da sette uomini armati che hanno fatto irruzione nell’edifìcio vicino a un complesso militare, erano scolari. Dopo la strage il governo ha cancellato una moratoria contro la pena di morte e disposto che gli imputati accusati di terrorismo siano giudicati da tribunali militari. I taliban pachistani hanno rivendicato l’attacco come una vendetta per l’offensiva dell’esercito nel Waziristan del Nord. ♦ Nella foto: Siraj ul Haq, leader del partito Jama ‘ate Islami, nella scuola di Peshawar,!^gennaio 2015.

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
HAITI
Senza parlamento
Il 13 gennaio il parlamento di Haiti si è sciolto dopo il fallimento degli ultimi negoziati tra governo e opposizione per estendere il mandato delle camere, che scadeva il 12 gennaio. "Quello stesso giorno, in occasione della cerimonia per il quinto anniversario del terremoto che nel 2010 ha provocato più di 20omila vittime, il presidente haitiano Michel Martelly ha invitato i cittadini alla calma", scrive Le Monde. Da settimane molti haitiani protestano per chiedere al governo d’indire nuove elezioni politiche, previste inizialmente a maggio del 2012, e chiedere le dimissioni di Martelly, accusato di corruzione nell’utilizzo dei fondi per la ricostruzione. Ora che il parlamento è stato sciolto, il presidente dovrà governare per decreto fino alla scadenza del mandato, l’anno prossimo. Il 25 dicembre Martelly aveva nominato Evans Paul nuovo primo ministro

MESSICO
Ancora scontri a Iguala
Il 12 gennaio i parenti dei 43 studenti scomparsi il 26 settembre hanno assaltato due basi dell’esercito a Iguala e Chilpancingo, nello stato di Guerrero. "Il giorno dopo questi scontri", scrive Reforma, "il governo federale ha accettato di aprire le sedi militari ai parenti delle vittime, per rendere più trasparente l’indagine sulla scomparsa degli studenti". Secondo i familiari dei ragazzi che frequentavano la scuola normale rurale di Ayotzinapa, l’esercito sarebbe coinvolto nei fatti del 26 settembre. Intanto, il 12 gennaio un giudice federale ha dato il via libera a un processo penale contro Maria de los Ángeles Pineda, moglie dell’ex sindaco di Iguala per il coinvolgimento nella sparizione dei 43 studenti.

CUBA
Liberati 53 prigionieri politici
Il 13 gennaio, pochi giorni dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Cuba e Stati Uniti, l’Avana ha rilasciato 53 prigionieri politici. Una mossa accolta in modo positivo da Washington, che non risolve però il problema dei diritti umani a Cuba. El Nuevo Herald riporta un comunicato di Amnesty International sulle recenti e preoccupanti detenzioni di dissidenti

BRASILE
II 14 gennaio è stato ar-restato Nestor Cerveró, ex direttore degli affari internazionali dell’azienda petrolifera pubblica Petrobras, al centro di uno scandalo di corruzione. Paraguay II leader dei ribelli dell’Associazione contadina armata (Aca), Albino Jara, è rima-sto ucciso il 7 gennaio durante una sparatoria nella giungla. Stati Uniti II 13 gennaio è stata eseguita in Georgia la condanna a morte di Andrew Howard Brannan, che nel 1998 aveva uc-ciso un poliziotto. Anni prima gli era stato diagnosticato un disturbo post traumatico da stress.
Brasile
II 14 gennaio è stato arrestato Nestor Cerveró, ex direttore degli affari internazionali dell’azienda petrolifera pubblica Petrobras, al centro di uno scandalo di corruzione. Paraguay II leader dei ribelli dell’Associazione contadina armata (Aca), Albino Jara, è rima-sto ucciso il 7 gennaio durante una sparatoria nella giungla.

AMERICA SETTENTRIONALE
USA
LOSANGELES
A Los Angeles il regista Max Bartoli ha completato le riprese del corto “The Secret of Joy” con una troupe di oltre settanta persone. Questo film sarà donato alla Kids Cancer Research Foundation.
Grande presentazione a Maggio a Hollywood. Per avere ogni dettaglio sull’iniziativa puoi aprire il sito: www.thesecretofjoy.org
Il cancro infantile è in aumento esponenziale in tutti i paesi industrializzati. Uno degli attori è un bambino malato con previsione di vita di due anni.
Il film di Max è assolutamente gratuito compresi gli attori (alcuni dei quali di alto livello a Hollywood) e tecnici.
Per oltre l’ 85% è un film italiano per sponsor, regista, attore protagonista e coproduttore, trucco, parrucche, editing, sceneggiatura, alcuni attori.
Come vedrai su www.thesecretofjoy.com già sono diversi gli sponsor che hanno contribuito a questa impresa, ai quali devi aggiungere la Croce Rossa, il comune di Napoli, quello di Acerra oltre ai principali ospedali pediatrici italiani.
Faccio appello alla tua sensibilità per chiederti di sponsorizzare un aiuto o di fare una donazione sul sito.
Spero proprio che ascolterai la voce del cuore facendo di questo Nuovo Anno una occasione vera per aiutare bambini che soffrono…con gioia.
Sottolineo inoltre la visibilità mondiale del progetto in quanto il film sarà in inglese, spagnolo, italiano.
Per ogni contatto di sponsorizzazione è possibile rivolgersi direttamente a Max 1646 639-8152 maxbartoli@gmail.com , dandomene copia.
L’augurio più affettuoso e vero per un Grande 2015 pieno di ‘S’ “salute, soldi, soddisfazioni e il resto lo aggiungete Voi” . di Max Bartoli

STATI UNITI
Nel 2014 è nato un movimento che vuole mettere fine una volta per tutte al razzismo della società statunitense nei confronti dei neri. Nei prossimi mesi gli attivisti, uniti sotto lo slogan "black lives matter", dovranno avanzare proposte concrete per ottenere un miglioramento reale. Secondo The Nation, la storia statunitense dimostra che non si può affrontare il tema delle discriminazioni senza contrastare lo sfruttamento economico. L’aspetto più importante riguarda il mercato del lavoro. Oggi la maggioranza dei disoccupati o delle persone che lavorano in condizioni di precarietà è composta da neri poveri che abbandonano la scuola. Il governo dovrebbe attuare una politica di piena occupazione, espandendo i programmi di lavoro garantito e concedendo un reddito di base per le famiglie più povere. Milioni di persone potrebbero svolgere lavori utili nelle loro comunità, e questo sarebbe anche un deterrente contro le detenzioni di massa e le politiche discriminatorie messe in atto dalla polizia.

STATI UNITI
La crisi della Georgia
L’economia statunitense continua a mostrare segni di ripresa, ma c’è uno stato che non segue questo andamento: la Georgia, che nei mesi di agosto, settembre e ottobre del 2014 ha avuto il livello di disoccupazione più alto della nazione (intorno al 7 per cento). "È sorprendente", scrive l’Atlantic, "se si pensa che la Georgia ospita multinazionali come Coca-Cola e Ups, e che nel 2013 e nel 2014 era in cima alla lista degli stati dove è più facile fare affari". Secondo alcuni economisti, la colpa è proprio dell’approccio ultraliberista all’economia, con una combinazione di bassi salari, tasse minime e servizi sociali inefficienti.

STATI UNITI
II 13 gennaio è stata eseguita in Georgia la condanna a morte di Andrew Howard Brannan, che nel 1998 aveva ucciso un poliziotto. Anni prima gli era stato diagnosticato un disturbo post traumatico da stress.

(Le principali fonti di questo numero:
NYC Time USA, Washington Post, Time GB, Guardian The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

PER LE ASSOCIAZIONI, CIRCOLI FILEF, ENTI ed AZIENDE . Sui siti internet www.emigrazione-notizie.org e www.cambiailmondo.org è possibile utilizzare uno spazio web personalizzato, dedicato alla Vostra attività e ai Vostri comunicati stampa. Per maggiori informazioni, contattateci a emigrazione.notizie@email.it , oppure visitate la sezione PUBBLICITÀ su www.cambiailmodo.org

 

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.