11767 Labour Mobility Package: una truffa europea?

20150812 23:29:00 redazione-IT

[i]A parole, la Commissione Ue punta a costruire un mercato interno più recettivo e equo nei confronti di lavoratori mobili e migranti. Le modifiche però, denuncia l’Osservatorio Inca, tendono a ridurre non le frodi e gli abusi, ma i diritti previdenziali[/i]
[b]dall’Osservatorio Inca Cgil – Bruxelles[/b]

La Commissione europea sta svelando, poco a poco, i contenuti del cosiddetto Labour Mobility Package, ossia il pacchetto di nuove misure sulla libera circolazione dei lavoratori, incluso nel programma della Commissione guidata da Jean-Claude Juncker e annunciato ancora in primavera dalla stessa Commissione.

A parole, l’obiettivo principale della Commissione europea è quello di costruire un mercato interno più recettivo e più equo nei confronti dei lavoratori mobili e migranti.

Le linee generali erano state presentate dalla Commissaria europea per l’occupazione, gli affari sociali e la mobilità del lavoro, la cristiano-democratica belga Marianne Thyssen, il 23 aprile scorso all’università di Cracovia. Secondo la Thyssen, il Labour Mobility Package servirà a sostenere le autorità nazionali nella lotta contro gli abusi e le frodi, e le regole europee sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale saranno riviste per fare in modo che le regole riflettono i cambiamenti dell’economia e della società.

Ma il Vice-Presidente della Commissione europea, il socialdemocratico olandese Frans Timmermans, ne aveva già anticipato la filosofia un mese prima, spiegando – con termini più schietti – che l’accesso al mercato del lavoro e alla previdenza sociale non sono la stessa cosa, l’accesso al mercato del lavoro non significa un accesso automatico alla previdenza sociale.

Un Dossier a cura dell’Osservatorio, basato su informazioni e dati in gran parte inediti, svela come le modifiche attualmente al vaglio della Commissione europea tendano a ridurre non le frodi e gli abusi, ma i diritti previdenziali dei lavoratori mobili, e come questo obiettivo sarà perseguito attraverso un alleggerimento delle responsabilità sociali dei paesi ospitanti e maggiori oneri, invece, per i paesi di origine, normalmente meno forti sul piano economico, politico e sociale.

In maniera quasi accidentale, nel mese di maggio abbiamo infatti potuto intercettare uno “studio d’impatto” che la Commissione europea ha affidato a tre istituti di ricerca per misurare “i costi amministrativi e di adeguamento alla normativa” che incomberebbero sulle amministrazioni nazionali, sui lavoratori mobili, nonché sulle loro famiglie, a fronte di una possibile revisione delle disposizioni europee in materia di prestazioni familiari e di indennità di disoccupazione, attualmente previste dai regolamenti 883/2004 e 987/2009, relativi al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Si badi bene: “i costi amministrativi e di adeguamento alla normativa”, non i costi economici e sociali per gli Stati membri e per i singoli lavoratori.

Le ipotesi di revisione dei regolamenti sono riassunte nel Dossier allegato sopra, e riguardano, in questa fase, le prestazioni familiari e le indennità di disoccupazione. Come dimostrano gli esempi riportati nel Dossier dell’Osservatorio, se entrassero davvero in vigore, queste nuove norme metterebbero in discussione i pilastri stessi della libera circolazione delle persone e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

E scardinerebbero, soprattutto, un principio fondamentale del diritto sociale, secondo il quale le prestazioni contributive sono un diritto assicurativo soggettivo, che appartiene alla persona in virtù dei contributi versati durante la propria carriera lavorativa.

[b]Scarica qui il documento integrale:[/b]
[url]http://www.osservatorioinca.org/section/image/attach/Labur_Mobility_Package.pdf[/url]

http://www.osservatorioinca.org/section/image/attach/Labur_Mobility_Package.pdf

 

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