11762 IL MOSTRO DALLE CENTO TESTE. dell’On. Marco Fedi

20150805 18:35:00 guglielmoz

Quando la politica si mette ad utilizzare immagini e simboli che ricordano una guerra tra le più sanguinose del ventesimo secolo, come è stata quella del Vietnam, non manda un bel messaggio né ai cittadini né a sé stessa.

Tanto più che le evocazioni riguardano una guerra che per anni ha precipitato donne, uomini e famiglie nel vortice di uno scontro epocale tra capitalismo e comunismo, ma faremmo bene a dire tra potenze in lotta tra loro per controllare paesi e continenti, con tutto il corollario di costi umani e sociali che ha portato con sé.
Quando una dialettica, sia pure aspra come sempre più spesso avviene si svolge nell’agone politico, magari all’interno dello stesso partito, si trasforma in “parafrasi” della violenza, in sinonimo di “imboscata”, in lontano richiamo a quella “guerra civile”, che pure il nostro Paese ha conosciuto in forma diretta, vuol dire che la politica non è più in buona salute e vive una fase profondamente involutiva, che non è certamente un buon viatico per il futuro.
La vicenda Azzollini ne ha dato un’altra dimostrazione. L’immunità non dovrebbe esistere in alcuna forma, se non nell’insindacabilità del “detto e fatto” nell’esercizio delle proprie funzioni parlamentari. Questa protezione è assolutamente sufficiente.
Allo stesso modo, il voto segreto, a mio modesto avviso, non dovrebbe esistere, in nessuna forma ed in nessun tipo di votazione. Eppure al Senato abbiamo visto senatori di maggioranza rovesciare un parere della Giunta, dove la maggioranza è la stessa, con un voto d’aula nel quale il voto segreto si è intrecciato con il libero voto di coscienza.
Su questa vicenda, vorrei rilevare tre contraddizioni.
La prima è non riconoscere il lavoro di esame e di approfondimento svolto in Giunta per le autorizzazioni a procedere da colleghi senatori di maggioranza e opposizione. Tenuto conto del fatto che l’unico elemento su cui si son dovuti pronunciare è la persecuzione, esistono elementi per far pensare che la richiesta di arresto sia motivata da atteggiamento persecutorio? Se non c’è fumus persecutionis il parere della Giunta non può che avallare l’autorizzazione dell’arresto. Quando la Camera di appartenenza vota il parere, le maggioranze e le minoranze si dovrebbero uniformare alle proprie componenti in Giunta. Perché non è avvenuto al Senato? Per quale ragione si è combinato un inutile richiamo al voto di coscienza con un voto segreto in materia di immunità?
La seconda contraddizione: si riconosce la libertà di voto ai parlamentari ma poi la si copre con il voto segreto.
La terza contraddizione si lega alla presa d’atto – giusta – del risultato del voto, riconoscendo in esso la volontà del Senato della Repubblica, che, come è stato autorevolmente detto, non è il passacarte delle Procure. Bene. Perché allora non prendere atto che occorre davvero eliminare qualsiasi forma di immunità, salvaguardando unicamente l’insindacabilità del parlamentare?
La brutta politica scarica su altri, in questo caso la magistratura, le proprie responsabilità. Sarebbe, invece, più giusto riconoscere la propria incapacità di inserire in un testo di riforma costituzionale una modifica dell’immunità. La brutta politica, come si diceva, è come il mostro mitologico dalle cento teste, se gliene tagli una, presto ne ricresce un’altra. Ma, come tanti di voi, anch’io sono convinto che non è il caso di desistere: a forza di tagliarne le teste una alla volta si arriverà a rendere il mostro meno pericoloso ed aggressivo e a restituire ai cittadini gli spazi e la serenità che la democrazia gli assegna.

Marco Fedi

L’UNIONE STRANA E INFELICE

La vicenda della Grecia ha aperto una discussione politica all’interno dell’Unione Europea che, se si riuscirà a superare la fase critica che rischia di produrre gravi conseguenze, potrebbe sortire addirittura effetti positivi. Mai come in questo momento, infatti, l’Unione Europea, nel vivo della crisi greca, è stata attraversata da tensioni e passioni, mentre il resto dell’Unione è ancora alle prese con una fase di persistente recessione o, nella migliore delle ipotesi, di lenta uscita dalla più grave crisi economica dal dopoguerra. L’Europa, con le sue profonde contraddizioni ma anche con il suo grande potenziale economico, sociale e culturale è di fronte ad un bivio: avanzare lungo una strada di involuzione e depotenziamento oppure ridisegnare le sue prospettive di sviluppo e il suo futuro. Anche se i rischi sono tuttora reali, abbiamo di fronte a noi una grande e reale opportunità.
Un’Europa, toccata dal tarlo del nazionalismo, può ritrovare se stessa facendo uno sforzo comune per salvare la Grecia, rafforzare l’euro e dare nuovo slancio a quel disegno di “Europa politica” costantemente in costruzione. Nei mesi scorsi, nessun Paese escluso, abbiamo assistito ad un alternarsi di dichiarazioni sul futuro dell’euro, dell’Unione Europea e della Grecia, che nascevano da meschini interessi elettoralistici o dalla logica della paura. Lo stesso referendum greco, in qualche misura, rispondeva soprattutto a esigenze di politica interna: ottenere il massimo consenso possibile, indebolire le opposizioni, avere a disposizione un risultato da utilizzare per tutte le stagioni. La posizione intransigente di alcuni Paesi, rispetto alla presunta inaffidabilità della Grecia, anch’essa motivata prevalentemente da esigenze interne, ha rischiato a sua volta di alimentare le posizioni politiche di chi ogni giorno propone l’uscita dall’euro. Un rischio che neanche la Germania poteva correre.
Le reazioni, che nascevano da storie, analisi e punti di partenza opposti, di estrema destra e di estrema sinistra europea, convergevano sulla necessità dell’uscita dall’euro della Grecia, primo passo per altri paesi a seguire. Queste posizioni prefigurano un futuro di instabilità politica dell’Unione, logorata da discussioni di impronta nazionalistica e minacciata da un’opinione pubblica spaventata da incontrollabili flussi migratori, dal tema della sicurezza e da una crescita che stenta a decollare.
In Italia, la strana congrega SEL-FORZA ITALIA-5 STELLE-LEGA NORD ha inaugurato una nuova stagione di opposizione domestica, il cui comune denominatore è l’ostilità all’Unione Europea. Tutti impegnati a dimostrare che l’uscita dall’euro è la strategia politica di una sinistra alternativa, che l’abbandono dell’austerità targata Germania è essenziale, che il crollo dell’euro, dell’UE e delle forze politiche europeistiche porterà alla rinascita delle singole realtà nazionali. In realtà, queste forze sono riuscite unicamente a dimostrare, in maniera evidente, quale uso demagogico e strumentale della vicenda greca si sia fatto in Italia.
Eppure, in questa condizione di oggettiva difficoltà, la sinistra europea è tornata a farsi sentire, a dare un’idea di Unione Europea capace di superare le sue indiscutibili debolezze e di andare oltre gli stessi punti di forza di ciascuno, individualmente inteso. L’accordo raggiunto sulla Grecia ne è una dimostrazione. E la stessa cosa si può dire a livello internazionale, di fronte alle notizie positive sugli accordi con Teheran e con la Libia. La paura non prevale, la politica dell’Unione si rafforza anche in politica estera e le ragioni dell’Europa prevalgono sui nazionalismi dei singoli stati membri.
Se dovessi spiegare con un’immagine l’unione monetaria di oggi, direi che si tratta di soci in affari che, partecipando tutti equamente alla nascita di una società, si sono ritrovati indebitati non a causa della società ma dei debiti assunti privatamente, in famiglia e, per questo, hanno iniziato, tutti, nessuno escluso, a fare ricorso al fondo comune. Alcuni soci, poi, hanno cominciato ad indebitarsi più di altri, a rinviare restituzioni e pagamenti, a chiedere maggiori aiuti. Il meccanismo di compensazione rischia di non reggere e quindi i soci, anziché pensare ad una fase nuova, ad una nuova politica societaria che consenta a tutti di uscire da questa logica perversa in tempi ragionevoli, di perseguire una politica di crescita di tutta la società e gradualmente uscire dalla situazione iniziale in base alla quale, per ripianare i debiti privati delle famiglie, hanno sacrificato la ripresa, decidono di buttare fuori dalla società uno di loro. Escludere, però, uno dei soci ha effetti devastanti non solo sul piano economico ma soprattutto su quello politico perché le famiglie, se non percepiscono l’utilità della società, possono uscirne anche loro. L’Unione Europea è più dell’unione monetaria e dei singoli trattati o della somma di tutti i trattati: è una grande e reale opportunità di crescita e sviluppo economico, culturale e politico. Dobbiamo essere all’altezza della sfida, con più politica, meno burocrazia, con maggiore solidarietà e con l’unico rigore possibile, quello che arriva da un progetto comune che oggi richiede maggiore e più lucido impegno.

“L’isola che non c’è” della destra “leghista”

Il dibattito sull’immigrazione continua ad alimentare le paure dei cittadini dell’Unione Europea. Anche su questo tema prevalgono tensioni e paure che allontanano la soluzione e soprattutto rendono più difficile raggiungere un accordo tra i paesi dell’Unione. La Lega Nord, in particolare, continua a far riferimento, con toni puramente demagogici, all’Australia e alla sua politica dei respingimenti. Una scelta, quella australiana, che impone il respingimento prevalentemente verso l’Indonesia, Paese con il quale esistono accordi in tal senso, e l’internamento in due centri, Manus Island e Nauru, anche in questo caso in base ad accordi siglati, per l’accertamento dell’identità e il rimpatrio.
La domanda che allora intendo fare alla Lega Nord di Salvini, come persona a conoscenza dei fatti, è la seguente: in quale Paese intende respingere le imbarcazioni? In quale “isola che non c’è” sarebbe garantita l’extra-territorialità che consente all’Australia di non dover applicare le leggi sull’asilo che impongono di dare assistenza, anche legale, al richiedente asilo?
Non servono modelli da imitare: è invece necessario adottare una politica “bipartisan” che sottragga questi temi alla demagogia del quotidiano confronto tra governo e opposizioni. Sono indispensabili, invece, azioni coordinate con gli altri partner europei, interventi mirati affinché si scoraggino attivamente gli scafisti, misure di solidarietà verso chi arriva sulle nostre sponde, azioni umanitarie per salvare vite umane e centri di accoglienza ed identificazione degni di questo nome. Poi, eventualmente, anche il rimpatrio per i non richiedenti asilo.
Ovviamente questa visione della politica d’immigrazione dovrebbe essere accompagnata da una politica per l’integrazione, a partire dal tema della cittadinanza. Una Lega Nord che superasse la strategia della paura, utilizzata in modo spregiudicato sia sull’euro che sull’immigrazione, si trasformerebbe probabilmente in un avversario politico difficile da sconfiggere. La logica della paura potrebbe invece rivelarsi un gigantesco boomerang ora che, ad esempio, davanti alla possibilità reale di uscire dall’euro la Grecia ha fatto di tutto per rimanerci. Come potrebbe rivelarsi controproducente l’intera posizione sull’immigrazione una volta che l’Europa si dimostrerà capace di raggiungere un’intesa, di siglare accordi con alcuni dei Paesi del Nord Africa e di uscire dalla logica dell’emergenza che contribuisce ad alimentare paure e ad allontanare soluzioni.

Persino Pessina

Persino Pessina dovrà ammettere l’incontestabile realtà dei dati, la forza della storia e della memoria. L’unico Governo che per gli italiani all’estero non ha assolutamente mai fatto nulla, ma proprio zero, nisba, è il Governo di centro-destra che ha governato con solide maggioranze dal 2008 al 2011.

Governo Berlusconi IV (dall’8 maggio 2008 al 16 novembre 2011)
Eliminazione ICI per tutti, ma non per gli italiani all’estero che, per la prima volta da decenni, tornano a pagare la tassa comunale. Tagli forsennati, che arrivano, complessivamente nel periodo del Governo Berlusconi, fino al 70% delle risorse destinate ai capitoli di bilancio del Ministero degli Affari esteri per gli italiani nel mondo.
Governo Monti (dal 16 novembre 2011 al 27 aprile 2013)
Torna l’IMU, con possibili agevolazioni per italiani all’estero decise eventualmente dai singoli Comuni.
Governo Letta (dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014.
XVI Legislatura, dal 29 aprile 2008 al 23 dicembre 2012; XVII Elezioni politiche 13 e 14 aprile 2008)
Elimina l’IMU prima casa che però rimane per gli italiani residenti all’estero con le analoghe possibili riduzioni.
Governo Renzi (dal 22 febbraio 2014)
Parlamento introduce esonero IMU per pensionati localmente residenti all’estero.

 

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