11387 46. Notizie dall’Italia e dal Mondo 16 oct 2014

20141017 20:23:00 guglielmoz

ITALIA – In 8 mesi 510mila lavoratori in cassa integrazione. Poco meno di 715 milioni di ore di cassa integrazione , richieste e autorizzate, registrate nei primi otto mesi dell’anno, di cui oltre la metà fatte di cassa straordinaria. /
ELEZIONI COMITES. Domenica 19 ottobre scadono i termini per firmare la presentazione delle liste per il rinnovo dei comites.
VATICANO – Sinodo, documento Vaticano segna svolta su gay, unioni di fatto. Con un importante cambiamento di tono, un documento vaticano afferma che gli omosessuali hanno "doni e qualità da offrire" e chiede se il Cattolicesimo sia pronto ad accettare i gay e riconoscere aspetti positivi delle coppie composte da persone dello stesso sesso.
EUROPA – ECONOMIA – ITALIA / La Finlandia perde la tripla A, S&P riduce rating a ‘AA+’. Italia si salva con Dbrs che conferma "pagella" La Finlandia perde la tripla ‘A’./
AFRICA & MEDIO ORIENTE – SIRIA/TURCHIA/IRAQ/IRAN / Perché il mondo sta ignorando la rivoluzione dei Curdi in Siria?. / KOBANE Nasce "Support Kobane", una piattaforma di solidarietà con i Curdi che lottano contro l’Isis / Nel bel mezzo della zona di guerra siriana un esperimento democratico sta venendo seriamente minacciato dall’Isis. /
ASIA & PACIFICO – COREA DEL NORD. Dopo un mese e mezzo di assenza dalla scena pubblica, il 14 ottobre Kim Jongun è riapparso in alcune immagini trasmesse dalla tv di stato di Pyongyang.
AMERICA CENTROMERIDIONALE – America Latina /Il Piano Condor a giudizio a Roma per la morte di 23 cittadini di origine italiana – BOLIVIA. Evo Morales vince a mani basse E dedica il trionfo a Fidel Castro e Hugo Chavez . Movimento al Socialismo / Basta con l’embargo a Cuba /
AMERICA SETTENTRIONALE – USA / In Texas si può scegliere. /

ITALIA
DOMENICA 19 OTTOBRE SCADONO I TERMINI PER FIRMARE LA PRESENTAZIONE DELLE LISTE PER IL RINNOVO DEI COMITES. VI CHIEDIAMO DI INFORMARVI PRESSO IL CIRCOLO PD DELLA VOSTRA CITTÀ SU QUALE SIA LA LISTA CIVICA SOSTENUTA DAL PD E DI ANDARE A FIRMARE PERCHÉ ESSA POSSA PRESENTARSI. E’ IMPORTANTE ED È UTILE. MOLTI DIRIGENTI E MILITANTI DEL PD, INSIEME AL MONDO DELL’ASSOCIAZIONISMO, SONO IMPEGNATI IN QUESTE ELEZIONI E CANDIDATI IN QUESTE LISTE. DIAMOGLI UNA MANO. FIRMIAMO

ROMA
IN 8 MESI 510MILA LAVORATORI IN CASSA INTEGRAZIONE. POCO MENO DI 715 MILIONI DI ORE DI CASSA INTEGRAZIONE , RICHIESTE E AUTORIZZATE, REGISTRATE NEI PRIMI OTTO MESI DELL’ANNO, DI CUI OLTRE LA METÀ FATTE DI CASSA STRAORDINARIA.
Un monte ore di cig, determinato da una richiesta media per mese che sfiora le 90 milioni di ore e che mira a sfondare per l’ennesima volta il miliardo a fine anno, che relega in cassa a zero ore oltre 515 mila lavoratori da gennaio. Lavoratori che hanno subito un taglio del reddito pari a 2,75 miliardi, ovvero 5.300 euro netti in meno in busta paga per ogni singolo lavoratore. Questi alcuni dati del rapporto dell’Osservatorio Cig della Cgil, frutto di elaborazioni delle rilevazioni sulla cassa condotte dall’Inps. Fonte: rassegna
Secondo il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino , “continua inesorabile a gravitare tra le 80 e 90 milioni di ore mese la richiesta di ore di cassa, così come avviene ininterrottamente da gennaio del 2009. La proiezione di questi dati ci dice che anche il 2014 sfonderà la quota di un miliardo di ore di cassa integrazione, richieste e autorizzate, così come accaduto nel 2010 e nei due anni passati, per arrivare a 6 miliardi e mezzo di ore di cig in sette anni di crisi. Un segnale evidente e inequivocabile di una crisi strutturale, come emerge anche dalla crescita esponenziale della cassa straordinaria”.
Per la dirigente sindacale, quindi, “mentre il governo , con una prova di forza, approva la riforma del lavoro, rispettando quella strategia di austerità e di liberismo che solo qualche mese fa additava come il male europeo, il paese precipita in una spirale di crisi, recessione e deflazione. Il lavoro, e non le sue regole, da difendere e creare: questa la linea che il governo deve seguire per offrire al paese una prospettiva, una vera prospettiva di cambiamento positivo. Ed è questo il messaggio che porteremo in piazza a Roma il 25 ottobre. Questa la richiesta che faremo vivere e crescere anche nei prossimi mesi”.
DATI CIG GENNAIO-AGOSTO – Dall’analisi di corso d’Italia si rileva come il totale di ore di cassa integrazione da gennaio ad agosto sia stato pari a 714.647.918 di ore richieste e autorizzate, in flessione sullo stesso periodo dello scorso anno del -8,50%. Nel dettaglio emerge che la cassa integrazione ordinaria (cigo), sempre per i primi otto mesi dell’anno, registri 168.126.200 di ore, per un -29,99% sullo stesso periodo del 2013. La richiesta di ore per la cassa integrazione straordinaria (cigs), sempre per quanto riguarda il periodo gennaio-agosto, totalizza 413.291.293 di ore, pari a oltre il 55% del totale delle ore concesse, per un +24,99% sugli stessi mesi del 2013. Infine la cassa integrazione in deroga (cigd) registra, negli otto mesi trascorsi da inizio 2014, 133.230.425 di ore richieste e autorizzate per un -36,62% su gennaio-agosto dello scorso anno.
CAUSALI DI CIGS – Continua a crescere il numero di aziende che fanno ricorso ai decreti di cigs. Da gennaio ad agosto sono state 5.200 per un +25,42% sullo stesso periodo del 2013 e riguardano 9.863 unità aziendali territoriali (+32,03%). Nello specifico si registra un aumento dei ricorsi per crisi aziendale (2.499 decreti da inizio anno per un +2,88% sui primi otto mesi del 2013) che rappresentano il 48,06% del totale dei decreti, così come un deciso aumento di ricorsi al concordato preventivo (399 per un +204,58%) e al fallimento (165 per un +43,48%). Crescono le domande di ristrutturazione aziendale (143 per un +3,62%) e di riorganizzazione aziendale (155 per un +6,16%) ma, sottolinea lo studio della Cgil, “gli interventi che prevedono percorsi di reinvestimento e rinnovamento strutturale delle aziende continuano ad essere irrilevanti, pari al 5,73% del totale dei decreti (erano il 6,85% nel 2013). Segnale palese, e sottovalutato, del processo di deindustrializzazione in atto nel paese”.
REGIONI – Nelle regioni del nord si registra il ricorso più alto alla cassa integrazione. Dal rapporto della Cgil emerge che al primo posto per ore di cassa integrazione autorizzate nei primi otto mesi dell’anno c’è la Lombardia con 175.543.289 di ore che corrispondono a 126.838 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il Piemonte con 87.137.615 di ore di cig autorizzate per 62.961 lavoratori e il Veneto con 59.752.809 di ore per 43.174 persone. Nelle regioni del centro primeggia il Lazio con 57.500.698 di ore che coinvolgono 41.547 lavoratori. Mentre per il Mezzogiorno è la Campania la regione dove si segna il maggiore ricorso alla cig con 45.605.822 di ore per 32.952 lavoratori.
SETTORI – La meccanica è ancora il settore dove si è totalizzato il ricorso più alto allo strumento della cassa integrazione. Secondo il rapporto della Cgil, infatti, sul totale delle ore registrate nel periodo gennaio-agosto, la meccanica pesa per 252.737.732, coinvolgendo 182.614 lavoratori (prendendo come riferimento le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il settore del commercio con 95.197.905 ore di cig autorizzate per 68.785 lavoratori coinvolti e l’edilizia con 83.729.102 di ore e 60.498 persone. Occupazione e lavoratori in cig – Considerando un ricorso medio alla cig, pari cioè al 50% del tempo lavorabile globale (17 settimane da inizio anno), sono coinvolti nel periodo gennaio-agosto 1.032.728 lavoratori in cigo, cigs e in cigd. Se invece si considerano i lavoratori equivalenti a zero ore, pari a 35 settimane lavorative, si determina sullo stesso periodo un’assenza completa dall’attività produttiva per 516.364 lavoratori, di cui oltre 290 mila in cigs e 100 mila in cigd. Continua così a calare il reddito per migliaia di cassintegrati: dai calcoli dell’Osservatorio della Cgil si rileva come i lavoratori parzialmente tutelati dalla cig abbiano perso nel loro reddito, a partire da inizio anno, 2 miliardi e 740 milioni di euro al netto delle tasse, pari a 5.307 euro in meno in busta paga per ogni singolo lavoratore in cassa a zero ore. “A fronte di ciò i tagli intervenuti sulla deroga e le ipotesi di riduzione della cassa ordinaria e straordinaria contenute nel Jobs Act aggravano la gestione della crisi e il disagio sociale. Il 25 ottobre sarà l’occasione per rilanciare una vera proposta di riforma universale degli ammortizzatori e un piano di investimenti per creare lavoro”, conclude Sorrentino

CITTA’ DEL VATICANO
Sinodo, documento Vaticano segna svolta su gay, unioni di fatto. Con un importante cambiamento di tono, un documento vaticano afferma che gli omosessuali hanno "doni e qualità da offrire" e chiede se il Cattolicesimo sia pronto ad accettare i gay e riconoscere aspetti positivi delle coppie composte da persone dello stesso sesso.
Il documento, elaborato dopo una settimana di discussioni al Sinodo sulla famiglia, dice che la Chiesa dovrebbe affrontare la sfida di trovare uno "spazio fraterno" per gli omosessuali senza compromettere la dottrina cattolica sulla famiglia e il matrimonio.
Anche se il testo non comporta modifiche nella condanna degli atti omosessuali da parte della Chiesa o la sua opposizione ai matrimoni gay, usa però un linguaggio meno moralista e più compassionevole rispetto a precedenti documenti vaticani elaborati durante i precedenti pontificati.
Il testo sarà la base di discussione per la seconda, e conclusiva, settimana del Sinodo, convocato da Papa Francesco sul tema della famiglia. Ma sarà utile anche per ulteriori riflessioni tra i cattolici nel mondo prima di un altro e definitivo sinodo nel 2015.
Secondo John Thavis, esperto vaticanista e autore del bestseller del 2013 "The Vatican Diaries", il testo rappresenta "un terremoto" nell’atteggiamento della Chiesa verso gli omosessuali: "Il documento riflette chiaramente il desiderio di Papa Francesco di adottare un approccio pastorale più misericordioso al matrimonio e alle questioni sulla famiglia".
Il linguaggio e il tono del documento, letto in assemblea alla presenza di Papa Francesco, sembrano indicare che i sostenitori di un atteggiamento più misericordioso verso i gay e i cattolici in "situazioni irregolari" abbiano prevalso nel sinodo.
Mentre la Chiesa continua ad affermare che le unioni gay "non possono essere considerate sullo stesso terreno del matrimonio tra uomo e donna", dovrebbe riconoscere che ci possono essere aspetti positivi nelle relazioni tra coppie dello stesso sesso: "Senza negare i problemi morali connessi alle unioni omosessuali bisogna notare che ci sono casi in cui il mutuo aiuto al punto di sacrificio costituisce un prezioso sostegno alla vita dei partner".
Il documento apre anche alle coppie eterosessuali sposate solo con rito civile o che vivono semplicemente insieme, menzionando "aspetti positivi", soprattutto nelle coppie che vedono unioni di questo genere come un preludio al matrimonio religioso.
(Philip Pullella)
Sul sito it.reuters.com le notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia

EUROPA
UNIONE EUROPEA
RIMPASTO A BRUXELLES
La bocciatura della slovena Alenka Bratusek, unica tra i 27 commissari incaricati a non aver passato l’esame del parlamento europeo, potrebbe ritardare l’entrata in carica del nuovo esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker, prevista per il 1 novembre. L’ex premier slovena, che doveva occupare il posto di vicepresidente della commissione con delega all’unione energetica, è stata bocciata dopo un’audizione "disastrosa". Secondo European Voice, la candidata di riserva di Lubiana, l’attuale vicepremier Violeta Buie, non può aspirare allo stesso incarico di Bratusek. A questo punto è quindi inevitabile un rimpasto generale, che renderà necessaria una nuova audizione parlamentare per alcuni commissari in pectore.

ECONOMIA – ITALIA / La Finlandia perde la tripla A, S&P riduce rating a ‘AA+’. Italia si salva con Dbrs che conferma "pagella" La Finlandia perde la tripla ‘A’. E’ quanto decide S&P, che ha tagliato il proprio giudizio da ‘AAA’ a ‘AA+’. L’outlook è stabile. Il declassamento è dovuto alle deboli prospettive di crescita del paese a causa del protrarsi della stagnazione e dei venti contrari dell’economia globale. Per quanto riguarda l’Italia, l’agenzia canadese di rating Dbrs ha confermato la sua "pagella" all’Italia: l’outlook resta "negativo" con un rating A-low. Paradossalmente è più importante il giudizio di Dbrs di quello delle tre sorelle in questo momento. Infatti, grazie a questo giudizio, le banche italiane possono ancora rifinanziarsi presso la Bce usando Btp come garanzia,

UCRAINA
NEGOZIATI E TENSIONI
In Ucraina momenti di calma si alternano a fasi di grande tensione. Ufficialmente la tregua continua a reggere, anche se ogni giorno ci sono scontri armati con vittime civili, soprattutto a Donetsk e a Mariupol. In vista del vertice eurasiatico del 16 e 17 ottobre a Milano, a cui parteciperanno Vladimir Putin e Petro Porosenko (nella foto), Mosca ha compiuto un gesto distensivo annunciando il ritiro dei soldati inviati al confine con l’Ucraina. Secondo Kommersant, la decisione "ha ragioni politiche, perché ogni incidente al confine potrebbe minare il negoziato, che ha già compiuto importanti passi avanti, per esempio sul tema delle forniture di gas". Intanto, con l’avvicinar-si delle due scadenze elettorali in programma, quella del 26 ottobre in Ucraina e quella del 2 novembre nelle repubbliche separatiste, aumentano le tensioni. A Donetsk il 13 ottobre è ri-masto gravemente ferito in un attentato il leader separatista Pavel Gubarev. "L’attentato", scrive Gazeta, "è avvenuto poco dopo che al partito di Gubarev era stata negata la registrazione nelle liste elettorali con il pretesto di irregolarità burocratiche". A Kiev, invece, scrive la Ukrainska pravda, il 14 ottobre migliaia di militanti di estrema destra hanno assaltato il parlamento. Secondo il quotidiano, "si tratta dell’azione violenta di persone che abusano del modello di lotta di Euromaidan".

UNGHERIA
UN ALTRO TRIONFO PER ORBÀN
Dopo il successo alle legislative di aprile e alle europee di maggio, il partito Fidesz, al governo dal 2010, ha vinto anche le elezioni locali del 12 ottobre. I candidati a sindaco della formazione conservatrice del premier Viktor Orbàn sono stati eletti in 20 delle 23 città più importanti del paese, oltre che a Budapest. Secondo il settimanale Hvg, "Fidesz ha vinto mobilitando esclusivamente la sua base e i suoi elettori e ignorando le richieste degli altri cittadini". Dietro il successo di Orbàn, e il consolidamento del suo potere autoritario, c’è un obiettivo preciso, scrive Vilaggazdasàg: l’espansione del capitalismo di stato. "Orbàn", scrive il quotidiano, "è convinto che i problemi dell’economia ungherese possano essere risolti ampliando il ruolo dello stato. Il governo si fida solo di se stesso ed è tranquillo esclusivamente quando può essere allo stesso tempo giocatore e arbitro". Anche il partito di estrema destra Jobbik, su posizioni ultranazionaliste, ha ottenuto un buon risultato, affermandosi in 14 tra piccole città e villaggi rurali. All’opposi-zione di sinistra, guidata dai socialisti dell’Mszp, è andata invece solo la città di Szeged. Secondo Nepszava, quest’ennesima sconfitta si spiega con l’incapacità dei politici dell’opposizione di parlare agli elettori, scegliere

SERBIA-ALBANIA
La partita tra Serbia e Albania per le qualificazioni agli europei di calcio del 2016 è stata sospesa a Belgrado a causa degli incidenti scoppiati dopo che un drone con una bandiera della "grande Albania" ha sorvolato il terreno di gioco.

REGNO UNITO
II 10 ottobre il partito populista Ukip, guidato da Nigel Farage, ha ottenuto per la prima volta un seggio in parlamento vincendo le elezioni suppletive a Clactonon-Sea. Douglas Carswell, che era uscito dal Partito conservatore in estate, ha ottenuto il 59,75 per cento dei voti

GERMANIA
BERLINO
L’ILLUSIONE TEDESCA, UN’ECONOMIA SOVRASTIMATA CHE HA BISOGNO DELL’EUROPA Autore: Vincenzo Comito
Iniziamo da una domanda: qual è il paese che dal 2000 ad oggi registra una crescita inferiore a quella media della zona euro, nel quale la produttività cresce poco, due terzi degli occupati hanno visto diminuire i loro redditi e sono aumentate fortemente le diseguaglianze di reddito e di patrimonio, un paese ormai tra i più disuguali d’Europa? La risposta — inattesa — è la Germania, in preda a tre pericolose illusioni:
LA PRIMA è che il suo futuro economico sia sicuro, mentre l’economia mostra segni di declino.
LA SECONDA è che la Germania non avrebbe bisogno dell’Europa, quando invece i paesi dell’Ue resteranno a lungo i partner principale di Berlino.
LA TERZA è che l’Europa serve soltanto a succhiare il denaro dei tedeschi, quando in realtà porta alla Germania grandi vantaggi.
VEDIAMO I DATI. La crescita tedesca si è inceppata. Nel secondo trimestre del 2014 il pil tedesco è diminuito dello 0,2% e le previsioni per la fine dell’anno sono meno positive di qualche mese fa. Pesano la recessione nel resto d’Europa, la crisi ucraina e la guerra in Medio oriente. L’indice degli ordini nell’industria è sceso del 5,7% in agosto, la riduzione più elevata dal gennaio 2009, al momento del manifestarsi della crisi, e la produzione industriale di agosto pare sia calata del 4%.
In questo quadro la politica di equilibrio di bilancio perseguita dal governo sembra sempre più insensata. Si scopre che gli investimenti del settore pubblico nel 2013 sono stati di appena 1,6% del pil, inferiori a quelli italiani (1,7%), contro una media Ue del 2,2%. Anche gli investimenti privati sono crollati: dopo la caduta del muro erano al livello record del 25% del pil, ora siamo sotto al 20%. Prosperano invece gli investimenti esteri fuori dall’Europa; tra gennaio e settembre di quest’anno le imprese tedesche hanno investito 65 miliardi di dollari per comprare società statunitensi, molto di più che in passato. A essere prese di mira sono soprat­tutto imprese con una forte base com­mer­ciale e produttiva nei paesi emer­genti. Sembra essere que­sta la via che viene a prendere in misura crescente il reimpiego del surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti tedesca: 250–300 miliardi di dollari nel 2014, una cifra record, più dell’avanzo cinese, uno dei fattori più gravi che alimentano gli squilibri europei.
La scelta tedesca di utilizzare l’avanzo con l’estero per investimenti internazionali ha l’effetto di indebolire la base produttiva interna e di deprimere la crescita; si tratta di una novità per Berlino, ma è una scelta già realizzata in passato dalla Gran Bretagna alla fine dell’impero – che ne segnò il declino. Allo stesso esito porta la rigidità tedesca sul rispetto delle politiche di austerità in Europa, una scelta che riproduce le politiche che hanno provocato la grande depressione degli anni trenta. Il nostro complesso di superiorità — è l’ammonimento di Marcel Fratscher ai tedeschi — ci rende ciechi rispetto alle sfide del nostro tempo, al fatto che il futuro comune dell’Europa è fondamentale per la Germania e che bisogna battersi per l’integrazione e l’unificazione europea, per noi stessi e per le generazioni future. A BERLINO CHI ASCOLTA?

GERMANIA
SVOLTO INCONTRO MAIE A BERLINO
L’On. Mario Borghese e Gian Luigi Ferretti, Coordinatore del MAIE Europa hanno incontrato a Berlino gli aderenti ed i simpatizzanti del Movimento per mettere a punto la strategia per le elezioni del Comites.

La riunione ha avuto luogo sabato 11 ottobre in una sala gentilmente messa a disposizione dall’ Hertha Berlin, la squadra calcistica delle Bundesliga tedesca.
Il Coordinatore di Berlino, Cav. Andrea Fusaro, Consigliere del Comites di Berlino uscente, già Delegato dl CONI in Germania e Coordinatore Nazionale di Ciao Italia, l’organizzazione dei ristoranti italiani in Germania, ha fatto gli onori di casa coadiuvato dal suo valido collaboratore Miguel Benedetto.
L’On. Borghese si è complimentato ed ha relazionato su come si sta muovendo la grande rete del MAIE mondiale. "Sono particolarmente contento di essere qui in mezzo a voi a Berlino, in questo momento una delle piu’ importanti capitali del mondo" – ha detto il parlamentare, che ha continuato: "Incontrare qui un gruppo MAIE con gente qualificata come voi mi fa capire che il nostro Movimento sta davvero molto rapidamente conquistando il territorio anche nel Vecchio Continente".
Il Coordinatore Ferretti ha illustrato le linee direttrici per l’azione politica e, unendosi all’On. Borghese nel complimentarsi, ha dichiarato: "Berlino e’ una delle mete preferite del grande fenomeno migratorio che vede coinvolte centinaia di migliaia di giovani italiani. Voi dovete gnella vita sociale della comunità e negli organismi rappresentativi".

Il prossimo evento sarà in un’altra importante città tedesca, Colonia, sabato 25 ottobre

SPAGNA
IL FEFERENDUM SIMBOLICO
IL governo catalano ha rinunciato al voto sull’indipendenza previsto per il 9 novembre. La decisione è arrivata 15 giorni dopo la sospensione da parte della corte costituzionale delle norme sulla convocazione del referendum. A darne l’annuncio è stato il presidente catalano Artur Mas il 14 ottobre, dopo una riunione con i leader dei partiti indipendentisti. Come spiega il giornale catalano Ara, poco dopo Mas ha precisato che una consultazione ci sarà comunque, sempre il 9 novembre. Conterrà "lo stesso quesito del referendum, sarà organizzata grazie a ventimila volontari e coinvolgerà i comuni, i cittadini e le associazioni attive nella regione". Il suo valore, tuttavia, sarà puramente simbolico. "La consulta definitiva", ha detto Mas, "si potrà ottenere solo attraverso delle elezioni locali che i partiti indipendentisti dovranno trasformare in un referendum de facto presentando una lista comune". La decisione di Mas è stata accolta positivamente dal presidente del governo Mariano Rajoy, che ha parlato di "trionfo della democrazia e della legge".

MEDIO ORIENTE & AFRICA
PALESTINA
I SOLDI DELLA RICOSTRUZIONE
I paesi presenti alla conferenza del Cairo del 12 ottobre hanno promesso di donare 5,4 miliardi di dollari per la ricostruzione della Striscia di Gaza. Il giorno dopo il parlamento britannico ha approvato una mozione che riconosce lo stato di Palestina, anche se il voto non è vincolante per il governo. Secondo Al Quds al Arabi, altri paesi europei potrebbero seguire quest’esempio. Ma alcuni commentatori arabi, come Ali Abunimah, fondatore di Electronic Intifada, pensano che riconoscere oggi lo stato di Palestina sarebbe un errore perché significherebbe negare i diritti di molti palestinesi

KOBANE
Nasce "Support Kobane", una piattaforma di solidarietà con i Curdi che lottano contro l’Isis
La solidarietà per la lotta dei Curdi contro l’Isis si arricchisce di Support Kobane (pagina Facebook), una piattaforma creata per movimenti europei e singoli cittadini il cui obiettivo con il preciso obiettivo di dare un segno tangibile del supporto al popolo Curdo. L’idea è quella di “consegnare contributi in sostegno alla resistenza di Kobane, che si combatte sul doppio fronte di chi lotta – Kurdi, siriani di altre etnie, attivisti ed attiviste turche – contro lo Stato Islamico ma anche di chi affronta l’esodo da Kobane: piccole municipalita’ al confine, dove il partito di Erdogan non e’ riuscito a vincere alle elezioni e il Governo si limita a mandare carri armati e convogli di polizia”. La’ si affollano e accalcano in ogni angolo qualcosa come 160mila persone in citta’ che a malapena ne ospitavano 50mila. Senza contare la privatizzazione selvaggia dei servizi sanitari, della quale l’ospedale di Suruç fra i tanti paga il prezzo insieme ai volontari giunti da ogni lato della Turchia. Per qualsiasi donazione, non importa quanto simbolica, basta specificare su Paypal l’indirizzo supportkobane@riseup.net come destinatario. Tuttavia Support Kobane non nasce come una raccolta di aiuti. “Il paradigma della carita’ alla vittima passiva non ci pertiene. Questa e’ una piattaforma di solidarieta’ pratica, di supporto fra lotte per lotte – in questo caso, quella che e’ e rimane una lotta politica, e non una semplice tragedia. Kobane ha scelto di resistere. Le donne e gli uomini che resistono da quasi un mese stanno difendendo un modello di autorganizzazione e di convivenza oltre che di laicismo. E la popolazione lungo il confine – la municipalita’ di Suruç, i volontari arrivati da ogni lato della Turchia – hanno scelto di sostenerla”.
Quanto raccolto assicurano gli organizzatori verra’ consegnato a gruppi politici, soggetti attivi schierati politicamente e legati al territorio e alla volonta’ delle popolazioni di quel territorio che si stanno autorganizzando per rispondere ad un’emergenza che vede piu’ di 160mila persone in fuga da Kobane nelle condizioni di cui si e’ parlato in questi giorni. Grazie al modello di democrazia diretto perseguito in quelle zone, la decisione di come distribuire i fondi viene mediata a livello orizzontale in base a bisogni reali – coperte, servizi igienici, medicinali, e cosi’ via.
“Per questo, e anche perche’ la situazione peggiora di ora in ora, – scrivono ancora gli organizzatori – abbiamo scelto il sistema della donazione diretta piuttosto che del convoglio, e di fare appello ai movimenti perche’ la solidarieta’ sia un veicolo di coinvolgimento collettivo verso una lotta che parla il nostro linguaggio politico”.

SIRIA/TURCHIA/IRAQ/IRAN
Perché il mondo sta ignorando la rivoluzione dei Curdi in Siria?
Nel bel mezzo della zona di guerra siriana un esperimento democratico sta venendo seriamente minacciato dall’Isis. Che il mondo intero ne sia all’oscuro è uno scandalo. Autore: David Graeber
Nel 1937, mio padre si arruolò volontario per combattere nelle Brigate Internazionali in difesa della Repubblica Spagnola. Quello che sarebbe stato un colpo di Stato fascista era stato temporaneamente fermato da un sollevamento dei lavoratori, condotto da anarchici e socialisti, e nella maggior parte della Spagna ne seguì una genuina rivoluzione sociale, portando intere città sotto il controllo di sistemi di democrazia diretta, le fabbriche sotto la gestione operaia e le donne ad assumere sempre più potere.
I rivoluzionari spagnoli speravano di creare la visione di una società libera cui il mondo intero avrebbe potuto ispirarsi. Invece, i poteri mondiali dichiararono una politica di “non intervento” e mantennero un rigoroso embargo nei confronti della repubblica, persino dopo che Hitler e Mussolini, apparenti sostenitori di tale politica di “non intervento”, iniziarono a fare affluire truppe e armi per rinforzare la fazione fascista. Il risultato fu quello di anni di guerra civile terminati con la soppressione della rivoluzione e quello che fu uno dei più sanguinosi massacri del secolo.
Non avrei mai pensato di vedere, nel corso della mia vita, la stessa cosa accadere nuovamente. Ovviamente, nessun evento storico accade realmente due volte. Ci sono infinite differenze fra quello che accadde in Spagna nel 1936 e quello che sta accadendo ora in Rojava, le tre province a larga maggioranza curda nel nord della Siria. Ma alcune delle somiglianze sono così stringenti, e così preoccupanti, che credo sia un dovere morale per me, in quanto cresciuto in una famiglia le cui idee politiche furono in molti modi definite dalla Rivoluzione spagnola, dire: non possiamo fare sì che tutto ciò finisca ancora una volta allo stesso modo.
La regione autonoma del Rojava, così come esiste oggi, è uno dei pochi raggi di luce – un raggio di luce molto luminoso, a dire il vero – a emergere dalla tragedia della Rivoluzione siriana. Dopo aver scacciato gli agenti del regime di Assad nel 2011, e nonostante l’ostilità di quasi tutti i suoi vicini, il Rojava non solo ha mantenuto la sua indipendenza, ma si è configurato come un considerevole esperimento democratico. Sono state create assemblee popolari che costituiscono il supremo organo decisionale, consigli che rispettano un attento equilibrio etnico (in ogni municipalità, per esempio, le tre cariche più importanti devono essere ricoperte da un curdo, un arabo e un assiro o armeno cristiano, e almeno uno dei tre deve essere una donna), ci sono consigli delle donne e dei giovani, e, in un richiamo degno di nota alle Mujeres Libres (Donne Libere) della Spagna, un’armata composta esclusivamente da donne, la milizia “YJA Star” (l’”Unione delle donne libere”, la cui stella nel nome si riferisce all’antica dea mesopotamica Ishtar), che ha condotto una larga parte delle operazioni di combattimento contro le forze dello Stato Islamico.
Come può qualcosa come tutto questo accadere ed essere tuttavia perlopiù ignorato dalla comunità internazionale, persino, almeno in gran parte, dalla sinistra internazionale? Principalmente, sembra, perché il partito rivoluzionario del Rojava, il PYD, lavora in alleanza con il turco Partito Curdo dei Lavoratori (PKK), un movimento combattente marxista impegnato sin dagli anni Settanta in una lunga guerra contro lo Stato turco. La Nato, gli Stati Uniti e l’Unione Europea lo classificano ufficialmente come “organizzazione terroristica”. Nel frattempo, l’opinione di sinistra lo descrive spesso come Stalinista.
Ma, in realtà, il PKK non assomiglia neppure lontanamente al vecchio, organizzato verticalmente, partito Leninista che era una volta. La sua evoluzione interna, e la conversione intellettuale del suo fondatore, Abdullah Ocalan, detenuto in un’isola-prigione turca dal 1999, lo hanno condotto a cambiare radicalmente i propri scopi e le proprie tattiche.
Il PKK ha dichiarato che esso non cerca nemmeno più di creare uno Stato curdo. Invece, ispirato in parte dalla visione dell’ecologista sociale e anarchico Murray Bookchin, ha adottato una visione di “municipalismo libertario”, invitando i curdi a formare libere comunità basate sull’autogoverno, basate sui principi della democrazia diretta, che si federeranno tra loro aldilà dei confini nazionali – che si spera che col tempo diventino sempre più privi di significato. In questo modo, suggeriscono i curdi, la loro lotta potrebbe diventare un modello per un movimento globale verso una radicale e genuina democrazia, un’economia cooperativa e la graduale dissoluzione dello stato-nazione burocratico.
A partire dal 2005 il PKK, ispirato dalla strategia dei ribelli zapatisti in Chiapas, ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale nei confronti dello Stato turco e ha iniziato a concentrare i propri sforzi nello sviluppo di strutture democratiche nei territori di cui già ha il controllo. Alcuni si sono chiesti quanto realmente sinceri siano questi sforzi. Ovviamente, elementi autoritari rimangono. Ma quello che è successo in Rojava, dove la Rivoluzione siriana ha dato ai curdi radicali la possibilità di condurre tali esperimenti su territori ampi e confinanti fra loro, suggerisce che tutto ciò è tutt’altro che un’operazione di facciata. Sono stati formati consigli, assemblee e milizie popolari, le proprietà del regime sono state trasformate in cooperative condotte dai lavoratori – e tutto nonostante i continui attacchi dalle forze fasciste dell’ISIS. Il risultato combacia perfettamente con ogni definizione possibile di “rivoluzione sociale”. Nel Medio Oriente, almeno, tali sforzi sono stati notati: particolarmente dopo che il PKK e le forze del Rojava per combattere efficacemente e con successo nei territori dell’ISIS in Iraq per salvare migliaia di rifugiati Yezidi intrappolati sul Monte Sinjar dopo che le locali milizie peshmerga avevano abbandonato il campo di battaglia. Queste azioni sono state ampiamente celebrate nella regione, ma, significativamente, non fecero affatto notizia sulla stampa europea o nord-americana.
Ora, l’ISIS è tornato, con una gran quantità di carri armati americani e di artiglieria pesante sottratti alle forze irachene, per vendicarsi contro molte di quelle stesse milizie rivoluzionarie a Kobané, dichiarando la loro intenzione di massacrare e ridurre in schiavitù – si, letteralmente ridurre in schiavitù – l’intera popolazione civile. Nel frattempo, l’armata turca staziona sui confini, impedendo che rinforzi e munizioni raggiungano i difensori, e gli aeroplani americani ronzano sopra la testa compiendo occasionali, simbolici bombardamenti dall’effetto di una puntura di spillo, giusto per poter dire che non è vero che non fanno niente contro un gruppo in guerra con i difensori di uno dei più grandi esperimenti democratici mondiali.
Se oggi c’è un analogo dei Falangisti assassini e superficialmente devoti di Franco, chi potrebbe essere se non l’ISIS? Se c’è un analogo delle Mujeres Libres di Spagna, chi potrebbero essere se non le coraggiose donne che difendono le barricate a Kobané? Davvero il mondo – e questa volta, cosa più scandalosa di tutte, la sinistra internazionale, si sta rendendo complice del lasciare che la storia ripeta se stessa? Fonte: The Guardian http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/oct/08/why-world-ignoring-revolutionary-kurds-syria-isis / traduzione di Federico Vernarelli

YEMEN
Le violenze si diffondono
A tre settimane dalla conquista di Sanaa da parte dei ribelli sciiti houthi, il 9 ottobre la capitale è stata scossa da un attentato, attribuito ad Al Qaeda, che ha fatto 47 morti. Queste vittime aggravano il bilancio delle violenze dell’ultimo mese, che hanno causato più di 95 morti. Il 14 ottobre i ribelli houthi hanno conquistato anche la città di Hodeida, un importante porto sul mar Rosso. Il quotidiano AlThawra ripone le speranze nel nuovo primo ministro, Khaled Bahah, la cui nomina è stata approvata anche dagli houthi. Il primo compito di Bahah sarà riportare la calma a Sanaa

NIGERIA
IL BUSINESS DELLE CHIESE
"La morte di 115 persone nel crollo della foresteria di una chiesa protestante di Lagos ha riportato l’attenzione sugli affari delle mega church, i luoghi di culto gestiti da predicatori famosi", scrive il Mail & Guardian. Queste chiese, che attirano migliaia di fedeli e donazioni per centinaia di milioni di dollari, "sono un settore importante dell’economia nigeriana. Tuttavia non si può quantificare il loro contributo al pil perché gli enti benefici non devono pagare le tasse, anche se i predicatori che li dirigono sono tra gli uomini più ricchi del paese".

SOMALIA
Lettere per Mogadiscio
A 23 anni dalla caduta di Siad Barre, il governo somalo ha riaperto il servizio di posta e introdotto per la prima volta i codici postali. Il servizio è stato ripristinato con la collaborazione delle poste degli Emirati Arabi Uniti. Pochi giorni prima a Mogadiscio era stato installato il primo bancomat, scrive la Bbc. Ma la capitale non è ancora del tutto sicura: il 12 ottobre sei persone sono morte in un attentato.

MADAGASCAR
II 13 ottobre l’ex presidente Marc Ravalomanana è stato arrestato appena rientrato nel paese. Viveva in Sudafrica da quando era stato deposto nel 2009.

MALI
L’8 ottobre il governo ha chiesto alle Nazioni Unite di schierare una "forza di intervento rapido" nel nord del paese.

REP. CENTRAFRICANA
Un casco blu pachistano e altre r3 persone sono morte dal 7 ottobre nelle violenze a Bangui

ASIA & PACIFICO
COREA DEL NORD
Dopo un mese e mezzo di assenza dalla scena pubblica, il 14 ottobre Kim Jongun è riapparso in alcune immagini trasmesse dalla tv di stato di Pyongyang. Le immagini, in cui il leader si appoggia a un bastone, hanno risolto il mistero sulla sua sorte e placato le voci su un presunto colpo di stato. "Sembra che i giornali stranieri abbiano bisogno di Kim più di quelli nordcoreani", scrive il coreanista Scott A. Snider sul sito del Council on Foreign Relations. "In Corea del Nord la presenza di Kim è percepita anche quando lui non si fa vedere. All’estero, invece, la propaganda ha reso la sua figura così importante che la sua assenza preoccupa, anche senza alcun segnale d’instabilità a Pyongyang. In questo modo si perde di vista quello che davvero potrebbe influire sulla stabilità del regime: le relazioni tra il partito, l’esercito e lo stato

INDONESIA
IL DIFFICILE INIZIO DI JOKOWI,
Il 20 ottobre centinaia di migliaia di persone arriveranno a Giacarta per assistere all’insediamento del nuovo presidente, Joko Widodo detto Jokowi, che ha battuto per un pugno di voti l’ex generale Prabowo Subianto lo scorso 9 luglio. "Si prospettano tempi difficili per il nuovo presidente", scrive il settimanale Tempo. Il parlamento indonesiano, infatti, è in mano a una coalizione guidata dal partito di Subianto, all’opposizione, che detiene più del 60 per cento dei seggi e minaccia di ostacolare l’attività del governo. Alla fine di settembre l’opposizione ha mostrato come potrebbe rendere difficile la vita a Jokowi facendo passare una proposta di legge che abolisce le elezioni dirette degli amministratori locali, grazie alle quali Jokowi in passato era diventato sindaco di Sulu e governatore di Giacarta. "L’unico modo che ha Jokowi per difendersi dai nemici è formare un governo serio e senza ombre", conclude Tempo.

INDIA
UN TEST PER MODI
Il 15 ottobre si è votato nel Maharashtra e nel Haryana, due stati governati dal partito del Congress e dai suoi alleati, dove il partito del primo ministro Narendra Modi, il Bharatiya Janata party, spera di vincere. Si tratta del primo vero test elettorale per il governo, in carica da cinque mesi, scrive The Hindu. Non a caso Modi ha condotto personalmente la campagna elettorale nei due stati. I risultati sono attesi per il 19 ottobre.

CINA
II 13 ottobre dodici uiguri sono stati condannati a morte per aver partecipato il 28 luglio a un attacco nella regione autonoma dello Xinjiang in cui sono morte 96 persone.
Il 12 ottobre la polizia ha arrestato l’attivista Guo Yushan, che nel 2012 aveva contribuito alla fuga negli Stati Uniti del dissidente Chen Guangcheng.

PAKISTAN
UN NOBEL CONTRO GLI ESTREMISTI
Malik Muhammad Ashraf, The News, Pakistan
L’assegnazione del Nobel per la pace a Maiala (insieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi) è un trionfo non solo per la vincitrice (la più giovane nella storia del premio) ma per tutto il Pakistan. Per Yousafzai è la vittoria della sua instancabile determinazione nella lotta per i diritti delle donne, a cominciare da quello all’istruzione, contro le forze che vi si oppongono. Per il Pakistan è la vittoria delle forze illuministe contro quelle oscurantiste, estremiste e bigotte. E anche il trionfo di una campagna militare contro i terroristi che cercano di imporre il loro dogma alla società pachistana. Yousafzai è il simbolo della resistenza contro l’estremismo. L’islam considera prioritaria l’istruzione di uomini e donne. Dobbiamo ripensare le priorità del nostro paese. È innegabile che l’istruzione, uno dei motori principali dello sviluppo socioeconomico, sia sempre stata trascurata dai nostri governi. Dopo 65 anni d’indipendenza spendiamo ancora solo il 2 per cento del pil per l’istruzione, mentre i paesi sviluppati investono tra il 6 e il 10 per cento del pil nella formazione delle giovani generazioni. Nella nostra regione l’Iran spende il 4,9 per cento, l’India il 4,1 per cento e la Malesia addirittura l’8,i per cento del pil, e questo spiega il suo spettacolare progresso economico. Il miglior omaggio a Maiala sarebbe quello di diffondere l’istruzione di qualità aprendo scuole, collegi e università pubbliche. In tutto il mondo l’istruzione è una responsabilità dei governi, ma nel nostro pa-ese questo compito è stato ceduto al settore privato. Le università private stanno dissanguando la popolazione e per i genitori poveri è molto difficile mandare i figli a scuola. Per questo anche il livello dell’istru-zione generale e calato. Per garantire la giustizia sociale serve un programma di studi uguale per tutti e pari opportunità per tutti i segmenti della società.
L’oscurantismo deve essere combattuto su tutti i fronti per sabotare il suo terribile piano. Diffondere l’istruzione in tutto il paese su basi non discriminatorie è una delle armi migliori che abbiamo.

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
America Latina
Il Piano Condor a giudizio a Roma per la morte di 23 cittadini di origine italiana
In America Latina, tra la metà degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 una intera generazione venne annientata dalla feroce repressione guidata da dittatori e strutture militari, per la gran parte guidate dalla Cia. Per quelle morti 20 esponenti dei regimi peruviani, uruguaiani, boliviani e cileni dovranno affrontare un processo davanti al tribunale di Roma. La ragione è molto semplice quanto orrenda: tra quelle decine di migliaia di morti ci sono 23 cittadini di origine italiana. Il gup Alessandro Arturi li ha rinviati a giudizio per il reato di omicidio plurimo aggravato e sequestro di persona. Nei confronti degli imputati non verrà contestata la strage ma solo per un vizio di procedibilità. Il processo inizierà nell’aula bunker di Rebibbia, davanti alla III corte d’assise. Il gup ha inoltre stralciato la posizione di altri nove, già processati e condannati nei loro paesi d’origine, con trasmissione degli atti al ministero della giustizia per valutare se debbano o meno essere giudicati in Italia.
Il rinvio a giudizio arriva dopo oltre dieci anni di indagini condotte dalla Procura di Roma, dall’aggiunto Giancarlo Capaldo. Una complessa attività investigativa che ha cercato di risalire agli autori del ‘Piano Condor’, l’ accordo di cooperazione portato avanti dalle dittature di sette paesi efinalizzato all’eliminazione di qualunque oppositore al regime (sindacalisti, intellettuali, studenti, operai e esponenti di sinistra).
La chiusura dell’inchiesta risale a tre anni fa e riguardava 140 persone (tra le quali anche 59 argentini, 11 brasiliani e 6 paraguayani) ma problemi burocratici legati alla notifica e la morte di numerosi esponenti delle giunte militari hanno fatto scendere il numero dei soggetti a rischio processo.
Il primo caso di ‘desaparecido’ contemplato nel procedimento avviato a piazzale Clodio, piuttosto anomalo rispetto agli altri perche’ avvenuto prima dell’insediamento della giunta militare in Argentina, è quello legato all’uccisione di Alvaro Daniel Banfi, sequestrato in Argentina il 12 settembre del 1974 e morto un mese e mezzo dopo. L’inchiesta nel dicembre del 2007, porto’ all’emissione di circa 140 richieste di custodia cautelare di cui solo una fu eseguita nei confronti dell’uruguayano Nestor Jorge Fernandez Troccoli, 63 anni, gia’ esponente dei servizi segreti della Marina accusato della morte di sei italiani. Per quest’ultimo la Procura ancora non ha depositato l’atto di chiusura indagini. Nell’elenco degli indagati comparivano anche i nomi dei i dittatori Jorge Rafael Videla (Argentina), Jorge Maria Bordaberry ed il suo successore Gregorio Alvarez (Uruguay), l’ex presidente del Peru’ (1975-80) Francisco Morales e l’ex primo ministro Pedro Richter Prada (1979-80)

CUBA
Basta con l’embargo a Cuba ( The New York Times, Stati Uniti )
Quando osserva una carta del mondo, il presidente Obama non può che provare una sensazione di disagio di fronte al pessimo stato delle relazioni bilaterali che la sua amministrazione ha cercato di migliorare. Il presidente farebbe bene a guardare con attenzione Cuba, dove un cambia-mento di strategia potrebbe regalargli un grande successo in politica estera. Per la prima volta da oltre cinquant’anni i mutamenti politici negli Stati Uniti e a Cuba permettono di ristabilire i rapporti diplomatici ufficiali tra i due paesi e cancellare un embargo insensato. Per anni il regime castrista ha usato l’embargo per giustificare i suoi fallimenti e ha tagliato fuori dal mondo i suoi cittadini. Obama dovrebbe approfittare di questa opportunità per mettere fine a una lunga era di ostilità e aiutare una popolazione che ha sofferto enormemente da quando Washington ha interrotto le relazioni con l’Avana nel 1961.
Negli ultimi anni le difficoltà economiche hanno costretto Cuba ad avviare alcune riforme per liberalizzare e diversificare un’economia for-temente controllata. Il governo ha concesso ai cittadini la possibilità di lavorare nel settore privato e di registrare alcune proprietà. In primavera l’assemblea nazionale cubana ha approvato una legge per stimolare gli investimenti stranieri nel paese. Grazie ai capitali brasiliani Cuba sta costruendo un porto, un grande progetto che sarà economicamente sostenibile solo se le sanzioni statunitensi saranno cancellate. Ad aprile i diplomatici cubani hanno cominciato a negoziare un accordo di cooperazione con l’Unione europea. Il governo continua a perseguitare i dissidenti, ma negli ultimi anni ha rilasciato alcuni prigionieri politici detenuti da tempo e ha permesso ad alcuni noti dissidenti di viaggiare all’estero. Oggi c’è più tolleranza verso le critiche alle autorità, anche se molti hanno paura di parlare liberamente e di chiedere più diritti.
Per prima cosa l’amministrazione Obama dovrebbe togliere Cuba dalla lista delle nazioni che sostengono organizzazioni terroristiche. L’isola è stata inserita nella lista nel 1982 perché appoggia-va dei gruppi terroristici in America Latina, ma non è più così. Le autorità statunitensi riconosco-no che L’Avana sta svolgendo un ruolo costruttivo nel conflitto in Colombia, ospitando i colloqui di pace tra il governo e i leader delle Forze armate rivoluzionarie colombiane.
Dal 1961 Washington ha imposto delle sanzioni nel tentativo di rovesciare il regime castrista, ma molti politici riconoscono che l’embargo si è rivelato un clamoroso fallimento. Tuttavia ogni proposta di cancellarlo ha sempre provocato la rabbia degli elettori statunitensi di origine cuba-na, il cui ruolo nelle elezioni nazionali è sproporzionato. Ora però la generazione che ha sostenuto l’embargo si sta estinguendo e i giovani cubano-statunitensi la pensano diversamente.
Nel 2009 l’amministrazione Obama ha alleggerito l’embargo, rendendo più facile per i cubani che vivono negli Stati Uniti mandare denaro ai parenti sull’isola e autorizzando molti cubano-statunitensi a visitare il paese d’origine. Inoltre Washington ha favorito diverse iniziative per migliorare l’accesso a internet e la copertura telefonica a Cuba. Per cancellare l’embargo è necessaria l’approvazione del congresso, ma la Casa Bianca può fare molto anche da sola. Per esempio potrebbe cancellare il limite alle rimesse, permettere agli statunitensi di finanziare imprese private a Cuba e favorire i viaggi verso l’isola. Non riuscire a instaurare un dialogo con Cuba significherebbe lasciare questo mercato ai concorrenti. A luglio i presidenti di Cina e Russia hanno visitato Cuba e si sono impegnati a intensificare i rapporti. Ripristinare le relazioni diplomatiche non richiede l’approvazione del congresso e permetterebbe agli Stati Uniti di approfondire la cooperazione in ambiti in cui i due paesi collaborano già, come la gestione dei flussi migratori e il pattugliamento marittimo. Così Washington si troverebbe in una posizione migliore per fare pressione su Cuba a favore delle riforme democratiche, evitando che la mancanza di prospettive scateni una nuova ondata migratoria verso gli Stati Uniti.
SCRÌVERE LA STORIA
Ad aprile i capi di stato dell’emisfero occidentale si incontreranno a Panamá per il settimo vertice delle Americhe. I governi latinoamericani insistono perché sia invitata anche Cuba, il paese più popoloso dei Caraibi e uno di quelli con il più alto tasso d’istruzione dell’emisfero, rompendo con la tradizionale esclusione dell’isola imposta da Washington. Di fronte alle tante crisi in corso nel mondo, forse Obama preferirebbe evitare un cambiamento radicale nella sua politica verso Cuba. Eppure questo potrebbe rivelarsi uno dei suoi lasciti più duraturi in politica estera. Norma-lizzare i rapporti con L’Avana permetterebbe a Washington di migliorare le relazioni con i governi dell’America Latina e di superare un elemento di frizione che ha danneggiato le sue iniziative nell’emisfero. L’amministrazione statunitense guarda con sospetto alla presenza di Cuba al vertice, e Obama non ha ancora annunciato la sua partecipazione. Farebbe meglio ad andare: è un’occasione per scrivere la storia

BOLIVIA
13/10/2014 08:28 | POLITICA – INTERNAZIONALE
Bolivia, grande vittoria di Morales: "La dedico a Fidel, Chavez e a tutti i popoli del mondo che lottano contro l’imperialismo"
Come previsto, arriva senza problemi la vittoria di Evo Morales alle elezioni di ieri in Bolivia. Gli exit poll danno il presidente a circa il 60% dei voti. L’avversario di di Morales, il leader di Unidad Democrata, il conservatore Samuel Doria Medina, non andrebbe oltre il 25% dei voti.
Grandi i festeggiamenti per le strade del Paese, da La Paz a Cochabamba, da Oruro a Potosì.
Morales, al potere dal 2005, potrà governare la Bolivia fino al 2018 con questo terzo mandato. Il voto si è svolto regolarmente e lo hanno confermato anche gli osservatori dell’Unasur, Unione delle nazioni sudamericane.
Il presidente ha «ringraziato questo nuovo trionfo del popolo boliviano» perché questo risultato elettorale garantirà di continuare a promuovere «l’integrazione non solo tra i boliviani ma anche tra i latinoamericani». Hanno vinto «la dignità e la sovranità del nostro popolo» e la vittoria è dedicata a Fidel Castro, al presidente venezuelano Chavez, morto nel 2013, e a «tutti i popoli del mondo che lottano contro l’imperialismo».

ELEZIONI, EVO MORALES VERSO IL TERZO MANDATO
Evo Morales vince a mani basse E dedica il trionfo a Fidel Castro e Hugo Chavez . Movimento al Socialismo
VITTORIA A MANI BASSE ALLE ELEZIONI DI IERI IN BOLIVIA PER IL SOCIALISTA EVO MORALES: secondo gli exit poll, il presidente ha avuto circa il 60% dei voti espressi dai circa sei milioni di elettori. Alle spalle di Morales, il leader di Unidad Democrata, il conservatore Samuel Doria Medina, con il 24,5% dei voti.
Dopo i primi exit poll, Morales è giunto nel Palazzo Quemado, sede del governo, nella centrale piazza Murillo al centro di La Paz, dove è stato accolto da un gruppo di sostenitori. Altri simpatizzanti stanno festeggiando in queste ore a Cochabamba, Oruro e Potosì. Per Morales, al potere dal 2005, si prospetta ora un terzo mandato. Il presidente, che alle elezioni di ieri si è imposto in otto dei nove dipartimenti del Paese, sarà quindi al potere fino al 2018. A confermare la regolarità del voto è stata tra l’altro una missione di osservatori dell’Unasur, Unione delle nazioni sudamericane, nonostante le critiche rivolte dall’opposizione.
E DEDICA IL TRIONFO A FIDEL,CHAVEZ
Il presidente Evo Morales ha questa notte dedicato il suo trionfo alle elezioni di ieri in Bolivia a Fidel Castro e Hugo Chavez. Dal palazzo presidenziale a La Paz, Morales ha "ringraziato questo nuovo trionfo del popolo boliviano", sottolineando che il risultato elettorale gli permetterà di continuare a promuovere "l’integrazione non solo tra i boliviani ma anche tra i latinoamericani". Alle presidenziali hanno vinto "la dignità e la sovranità del nostro popolo" e la vittoria è dedicata all’ex ‘lider maximo’ cubano Fidel Castro, al presidente venezuelano Chavez, morto nel 2013, e a "tutti i popoli del mondo che lottano contro l’imperialismo

BRASILE
DALLA PARTE DI NEVES
Il 12 ottobre la leader socialista e ambientalista Marina Silva (), arrivata terza al primo turno delle presidenziali del 5 ottobre, ha annunciato che al secondo turno appoggerà il candidato socialdemocratico Aécio Neves. "Nel suo discorso", scrive Carta Capital, "Silva ha paragonato l’eventuale vittoria di Neves il 26 ottobre a quella ottenuta da Lula nel 2002" e ha spiegato di aver dato il suo appoggio a Neves in qualità di cittadina indipendente e non in vista di un accordo futuro di governo. La Folha de Sào Paulo aggiunge: "Marina Silva ha sottolineato che l’alternanza di poteri farà bene al Brasile".

VENEZUELA
UN DEPUTATO UCCISO
Il 1 ottobre il deputato chavista Robert Serra, del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), e la sua compagna sono stati trovati morti nella loro casa a Caracas. "Il 12 ottobre la corte suprema del Venezuela ha reso noto che sono state fermate due persone sospettate di aver ucciso il parlamentare", scrive El Nacional. L’omicidio di Serra, sostiene il governo, è stato un atto volontario e non il risultato di un furto non riuscito. Secondo le Nazioni Unite, il Venezuela è il secondo paese del mondo per numero di morti violente.

MESSICO
LA RABBIA DEGLI STUDENTI
Il 13 ottobre gli studenti della scuola normale rurale di Ayotzinapa e i familiari dei 43 ragazzi scomparsi il 26 settembre a Iguala, dopo un attacco della polizia e di un gruppo armato, hanno incendiato per protesta il palazzo del governo dello stato di Guerrero, a Chilpancingo. "L’attacco si è concluso senza feriti, ma con molti danni", scrive El Universal. Il 14 ottobre a Chilpancingo è arrivata la polizia antisommossa. Il procuratore generale della repubblica ha fatto sapere che, alla luce dei test del dna, i cadaveri rinvenuti in cinque fosse comuni non sarebbero quelli degli studenti scomparsi a Iguala

ARGENTINA
L’8 ottobre l’ex dittatore Reynaldo Bignone, 86 anni, è stato condannato a 23 anni di prigione per il rapimento e la tortura di trenta operai durante la "guerra sporca" (1976-1983). Bignone era già stato condannato all’ergastolo.

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
NYC
L’8 ottobre si è chiusa a Washington la prima fase del processo intentato da un detenuto siriano a Guantanamo, Abu Dhiab, contro l’alimentazione forzata dei prigionieri in sciopero della fame, considerata una forma di tortura. La giudice Gladys Kessler ha permesso che l’udienza fosse pubblica

IN TEXAS SI PUÒ SCEGLIERE
Il 14 ottobre la corte suprema degli Stati Uniti ha bocciato alcuni aspetti chiave di una legge approvata nel 2013 in Texas che aveva portato alla chiusura della maggior parte delle cliniche in cui era possibile abortire. La legge, promulgata dal governatore Rick Perry nel 2013, obbligava le cliniche del Texas a dotarsi di strutture simili a quelle degli ospedali, e i medici a essere in possesso di determinati requisiti burocratici per poter praticare gli aborti. "Il provvedimento", spiega lo Houston Chronicle, "era stato duramente contestato dagli attivisti per il diritto all’aborto e da molti operatori del settore sanitario. Grazie alla sentenza della corte suprema, le cliniche potranno presto riaprire".

NORTH CAROLINA
IL VOTO NON È PER TUTTI
Negli Stati Uniti storicamente l’affluenza alle elezioni di metà mandato è inferiore a quella che si registra alle elezioni presidenziali. In vista del voto del 4 novembre, questa tendenza potrebbe essere accentuata dall’atteggiamento del Partito repubblicano, che in vari stati sta limitando il diritto di voto di alcuni settori dell’elettorato. "In North Carolina", spiega The Nation, "i repubblicani hanno fatto approvare delle misure che riducono i giorni previsti per il voto anticipato, cancellano la possibilità di iscriversi ai registri elettorali e di votare nello stesso giorno e impediscono di prolungare
l’apertura dei seggi in casi di lunghe file". In Ohio è stata cancellata la golden week, cioè la possibilità per gli elettori di registrarsi e votare nella stessa settimana. Secondo il Washington Post, queste misure limitano l’accesso al voto dei poveri e delle minoranze, cioè di quelle fasce di popolazione che storicamente votano per i democratici. "In North Carolina è stato anche approvato un provvedimento che semplifica le North Carolina", spiega The Nation, "i repubblicani hanno fatto approvare delle misure che riducono i giorni previsti per il voto anticipato, cancellano la possibilità di iscriversi ai registri elettorali e di votare nello stesso giorno e impediscono di prolungare
l’apertura dei seggi in casi di lunghe file". In Ohio è stata cancellata ìa golden week, cioè la possibilità per gli elettori di registrarsi e votare nella stessa settimana. Secondo il Washington Post, queste misure limitano l’accesso al voto dei poveri e delle minoranze, cioè di quelle fasce di popolazione che storicamente votano per i democratici. "In North Carolina è stato anche approvato un provvedimento che semplifica le procedure di voto per corrispondenza, una modalità usata soprattutto dagli elettori bianchi". Secondo New Republic, "queste leggi potrebbero ritorcersi contro i repubblicani, perché tanti elettori finora indifferenti potrebbero andare a votare spinti dall’indignazione per la violazione di un loro diritto fondamentale

FERGUSON
È NATO UN MOVIMENTO DI PROTESTA
NELLA CITTÀ STATUNITENSE MIGLIAIA DI PERSONE SONO TORNATE IN STRADA PER DENUNCIARE GLI ABUSI COMMESSI DALLA POLIZIA. STAVOLTA I MANIFESTANTI SONO ORGANIZZATI, E CHIEDONO CAMBIAMENTI. ( Wesley Lowery E Arelis R. Hernandez, The Washington Post, Stati Uniti)

Con le braccia alzate sotto la pioggia fredda, il 13 ottobre decine di leader religiosi, alcuni in piedi, altri in ginocchio, hanno affrontato una fila di poliziotti nel parcheggio del dipartimento di polizia di Ferguson, nella contea di St. Louis, in Missouri. Qualche ora prima alcuni ragazzi avevano bloccato un incrocio della città di St. Louis, giocando a campana e saltando la corda prima di unirsi a una marcia silenziosa verso la Saint Louis university, dove circa mille persone si sono date appuntamento per un sit-in nel cuore del campus universitario. Nel tardo pomeriggio, decine di persone hanno fatto irruzione nel municipio di St. Louis, scandendo slogan e fischiando. Volevano incontrare il sindaco Francis Slay.
Con queste azioni coordinate i manifestanti chiedevano l’incriminazione di Darren Wilson, il poliziotto bianco che il 9 agosto ha ucciso con un colpo di pistola Michael Brown, un diciottenne afroamericano. Oggi la risposta disorganizzata e rabbiosa della comunità esplosa subito dopo la morte di Brown si sta trasformando in qualcosa di diverso. O almeno è quello che sperano gli attivisti che a Ferguson intravedono l’opportunità di creare un grande movimento di protesta contro gli abusi della polizia nei confronti dei neri.
Le azioni del 13 ottobre facevano parte di un weekend di protesta definito dagli organizzatori "l’ottobre di Ferguson". Guidata dagli abitanti della cittadina e di altre località intorno a St. Louis, l’iniziativa ha incluso manifestazioni e incontri pubblici su questioni che vanno dal cordoglio alle strategie da adottare per ottenere il cambiamento. "Questa è la vera resistenza", ha detto il musicista e attivista Dhoruba Shakur durante il sit-in all’università. "La nostra marcia non è solo la dimostrazione di quello che possiamo fare quando siamo uniti. È l’inizio di un cambiamento nella nostra coscienza". La folla, che comprendeva persone arrivate in Missouri da tutto il paese, lo ha applaudito con convinzione.
Il vero obiettivo delle proteste è la riforma delle forze dell’ordine locali e, più in generale, di un sistema giudiziario in cui gli agenti non rispondono mai delle loro azioni. "La disobbedienza civile andrà avanti finché non sarà approvata la riforma della polizia", afferma Mary Chandler, una donna di St. Louis. Lesley McSpadden, la madre di Michael Brown, era in testa al corteo che ha marciato verso l’università. A un certo punto si sono uniti anche i genitori di Vonderrit Myers, un ragazzo nero di diciotto anni ucciso l’8 ottobre da un poliziotto fuori servizio. Secondo la polizia, Myers avrebbe sparato verso gli agenti prima di essere ucciso. La famiglia della vittima in-vece sostiene che Myers era disarmato.
Le incognite sono tante. C’è molta atte-sa per la decisione del grand jury che sta esaminando le prove del caso di Michael Brown e che nei prossimi giorni deciderà se incriminare Darren Wilson. A Ferguson molte persone sono convinte che l’agente non sarà rinviato a giudizio, soprattutto perché i casi di poliziotti incriminati per omicidi simili nell’area metropolitana di St. Louis sono pochissimi. Alcuni attivisti rac-contano che negli ultimi anni la polizia ha aperto il fuoco altre volte contro persone disarmate, ma nessun agente è stato mai chiamato a risponderne. I manifestanti di-cono di non essere sicuri che le proteste resteranno pacifiche se Wilson non sarà incriminato.
NUOVI ARRESTI
La sera del 13 ottobre gli agenti della contea di St. Louis hanno arrestato 43 persone per disturbo della quiete pubblica durante le proteste nel parcheggio del dipartimento di polizia di Ferguson. Tra di loro c’era lo studioso e attivista Cornei West. Altre sei persone sono state arrestate durante un’altra manifestazione. Nel complesso ci sono stati dei momenti di tensione tra manifestanti e forze di polizia, ma la situazione è sempre rimasta tranquilla.
Se i manifestanti si sono sforzati di pro-testare in modo pacifico, la polizia della contea di St. Louis ha cercato di evitare atteggiamenti aggressivi. Subito dopo l’uccisione di Michael Brown, la polizia locale era stata duramente contestata per aver affrontato le proteste pacifiche con gas lacrimogeni, agenti in assetto antisommossa, mezzi da combattimento e proiettili di gomma.

(Le principali fonti di questo numero:
NYC Time USA, Washington Post, Time GB, Guardian The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

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