11325 42. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 18 settembre 2014

20140920 15:53:00 red-emi

ITALIA – CARA TASI: rincari di oltre 100 euro per gli affitti dei fuori / Cosa pensano gli italiani della politica estera / La preoccupazione maggiore restano le questioni interne. Sugli esteri gli italiani sono “obamiani” / Il capolavoro di Renzi: l’invidia sociale trasferita ai piani bassi
VATICANO – Guerra. Lettera aperta a papa Bergoglio. Caro papa Francesco,
EUROPA – SVEZIA. il centrosinistra batte il governo neoliberista del disastro sociale / L’exploit del partito razzista di Akesson, così simile a Le Pen e Farage. / Strasburgo. Gue: Spinelli contro nomina ministro ungherese nazionalista, Forenza contro le parole del presidente ucraino / Grecia. A fine settembre la Troika troverà un paese a pezzi: salari sempre più poveri e disoccupati al palo. / STRAGE NEL MEDITERRANEO – Dal 13 settembre cinque imbarcazioni piene di migranti sono naufragate nel Mediterraneo. Si calcola che le persone disperse siano tra le 650 e le 850
AFRICA & MEDIO ORIENTE – ISRAELE, agenti del Mossad contestano le operazioni a Gaza contro palestinesi innocenti /
ASIA & PACIFICO – NUOVA ZELANDA . Sorveglianza di massa Pochi giorni prima delle elezioni legislative del 20 settembre, il primo ministro John Key è finito nella bufera per un presunto programma di sorveglianza di massa. / COREA DEL NORD Condanne strumentali. Il 14 settembre la Corea del Nord ha condannato a sei anni di lavori forzati Matthew Miller./
AMERICA MERIDIONALE e CENTRO AMERICA – CUBA. Medici per L’ebola. Il 12 settembre il ministro della salute cubano, Roberto Morales , ha annunciato che il governo invierà in Sierra Leone 165 operatori sanitari per aiutare ad affrontare l’epidemia di ebola / BRASILE Ventidue poliziotti sono stati arrestati il 15 settembre a Rio de Janeiro con l’accusa di estorsione. / UNA TORRE NELL’AMAZZONIA "Il Brasile ha cominciato a costruire una torre di osservazione alta più di trecento metri nel cuore dell’Amazzonia, a 150 chilometri dalla città di Manaus – Il Cile . Vuole cancellare l’amnistia per i reati della dittatura di Pinochet. /
AMERICA SETTENTRIONALE – STATI UNITI / Detenuti in aumento Il dipartimento di giustizia ha pubblicato un rapporto sulla popolazione carceraria negli Stati Uniti.

ITALIA
ROMA
CARA TASI: RINCARI DI OLTRE 100 EURO PER GLI AFFITTI DEI FUORI SEDE / Affitti sempre più cari per gli studenti fuorisede. Una stanza singola a Milano costa in media 480 euro, a Roma 410. Il mercato del ‘nero’ dilaga, le tutele diminuiscono e, come se non bastasse, molti Comuni hanno deliberato l’attribuzione della Tasi agli inquilini per l’importo massimo, ovvero il 30%. A lanciare l’allarme è l’Udu, l’Unione degli universitari, che per l’inizio delle lezioni pubblica anche la guida “ Cerca casa in sicurezza ” con una serie di informazioni utili. “Molte città universitarie hanno deciso di far pesare la Tasi sulle spalle degli studenti fuorisede che già ora faticano a pagare l’affitto”, osserva Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale Udu. In base a uno studio fatto da Confedilizia, Verona, L’Aquila, Pisa, Napoli e Catania solo alcune delle città che impongono il 30% della Tasi a carico degli inquilini per un importo indicativo che varia da 117 euro ad 80 euro. A Roma si stimano 61 euro, a Milano circa 33. Nelle città che prevedono il minimo imponibile dalla Tasi agli inquilini (10%) troviamo Trento e Treviso per un importo massimo di 8 euro. “Forse non sembreranno costi esorbitanti – aggiunge Scuccimarra – ma quando solo l’affitto di una stanza annualmente pesa sulle famiglie almeno tremila (nelle città in cui gli affitti sono più bassi) escludendo tutte le altre spese che uno studente deve affrontare, anche una tassa come la Tasi fa la differenza”. "I comuni sedi degli Atenei – sottolinea l’Udu – potrebbero evitare questo costo ulteriore agli studenti fuori sede, eppure le migliaia di giovani in affitto, spesso in case che cadono a pezzi, sono una delle principali ‘fonti’ del mercato immobiliare. E’ necessario imporre più tutele partendo dalla lotta contro gli affitti in nero, costruendo nuove tipologie di contratti territoriali concordati per studenti e combattendo il caro affitti”. In questi giorni di ricerche l’Udu distribuirà la guida “Cerca casa” in tutti gli atenei italiani “per aiutare gli studenti a conoscere e difendere i loro diritti nel momento in cui si trovano a dover stipulare un contratto, per dare loro strumenti efficaci nella lotta al nero, per abbattere i costi esorbitanti del vivere fuori casa”, conclude la nota.

ROMA
COSA PENSANO GLI ITALIANI DELLA POLITICA ESTERA / PREOCCUPAZIONE MAGGIORE RESTANO LE QUESTIONI INTERNE. SUGLI ESTERI GLI ITALIANI SONO “OBAMIANI” / Abbiamo pure conquistato la poltrona di Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ma agli italiani degli esteri importa poco o nulla. Basta guardare i risultati del tredicesimo Transatlantic Trends Survey condotto dal German Marshall Fund of the United States e dalla Compagnia di San Paolo, che ogni anno fa il punto sui temi che stanno a cuore ai cittadini europei e statunitensi, includendo anche Russia e Turchia. Davanti alla domanda “Quale pensi che sia il problema più importante che sta affrontando il nostro Paese al momento?”, nessuno degli intervistati indica l’instabilità internazionale e il terrorismo (gli intervistati dovevano dare una sola risposta). A preoccupare di più gli italiani sono disoccupazione e crisi economica.
AFFARI INTERNI PER IL 40% degli intervistati la preoccupazione maggiore è la disoccupazione, che a luglio 2014 era a quota 12,6 per cento. Il 27% degli intervistati dice di essere colpito personalmente dalla crisi (-4% rispetto al sondaggio dello scorso anno). E l’Europa, sostiene l’87% (percentuale seconda solo all’88% degli spagnoli), non avrebbe fatto abbastanza. Tantomeno il governo nazionale: lo dice il 74% degli intervistati italiani. Mentre il 55% è convinto che la moneta unica europea abbia avuto solo effetti negativi.
L’IMMIGRAZIONE CONTINUA A PREOCCUPARE GLI ITALIANI, ma non troppo. Resta il fatto che il 64% dice di non condividere le politiche di gestione dei flussi migratori. Il 44% sostiene che in Italia ci siano troppi immigrati (al terzo posto in Europa dopo greci e inglesi), ma la percentuale poi scende al 22% quando vengono comunicati i dati sulla presenza di immigrati nel nostro Paese. Per l’84% degli italiani l’immigrazione è un problema. Il 57% chiede politiche più restrittive sui rifugiati politici, ma in tanti (63%) sono ottimisti sull’integrazione delle seconde generazioni.
POLITICA ESTERA Quando invece viene richiesto esplicitamente di dare un giudizio sulle questioni di politica internazionale, il 55% degli intervistati italiani vede positivamente una forte leadership statunitense e il 72% dice di avere una buona opinione degli Usa. Italiani e tedeschi, tra gli europei, sono i più favorevoli nei confronti della politica estera dell’amministrazione Obama (entrambi al 74%), mentre gli italiani sono secondi solo agli olandesi nel giudizio positivo della gestione americana delle relazioni con la Russia di Putin. Gli italiani, insieme ai tedeschi, restano i più obamiani d’Europa, anche se un po’ meno rispetto allo scorso anno (dal 91 al 74%). Ciononostante, il 58% spera che l’Italia adotti un approccio più indipendente nella partnership tra Usa e Ue in tema di sicurezza e diplomazia.
CON IL 77% DEGLI INTERVISTATI FAVOREVOLI, siamo secondi in Europa solo ai tedeschi (87%) nell’approvare una forte leadership europea. Il 66% degli italiani ha un’opinione favorevole dell’Europa, mentre il 55% degli italiani dice di essere d’accordo con le scelte di politica internazionale fatte dal proprio governo. E nonostante il 69% giudichi negativamente la Russia putiniana, quasi la metà degli intervistati (47%) approva le scelte italiane in tema di relazioni con il governo di Putin.
L’EUROPA SUL FRONTE EUROPEO, nonostante i giudizi negativi sull’euro e la gestione della crisi economica, il 56% degli intervistati sostiene che l’essere uno Stato membro dell’Ue per l’Italia sia stata una buona cosa. Tra questi, il 41% lo dice perché l’Europa «è una comunità di democrazie che dovrebbero agire insieme», il 27% perché l’Europa «permette la libertà di movimento, lavoro e studio dentro i suoi confini», il 12% perché l’Ue «ha mantenuto la pace in Europa», mentre per l’11% è perché l’Ue «ha rafforzato le economie europee». Tra quelli che invece sostengono che l’adesione all’Europa sia stata una cosa negativa, la ragione più comune (66%) è che l’Europa avrebbe indebolito l’economia europea.
LA NATO SECONDO IL 50% DEGLI ITALIANI, il patto del Nord Atlantico resta essenziale nella gestione delle questioni internazionali. E addirittura il 69% dice che la Nato dovrebbe essere impegnata nella difesa territoriale dei Paesi europei, mentre il 59% sostiene il lavoro della Nato per il mantenimento della pace in Paesi come l’Afghanistan. La stessa percentuale, però, critica aspramente le operazioni militari condotte fuori dal Nord America e dall’Europa. In particolare, gli italiani giudicano molto negativamente (70%) il rifornimento di armi da parte della Nato per aiutare i Paesi in difficoltà a difendersi da soli.
RUSSIA PER QUANTO RIGUARDA I RAPPORTI CON LA RUSSIA, IL 49% è d’accordo nella gestione dei rapporti tramite l’Ue, mentre il 37% crede che l’Italia dovrebbe fare da sé. Solo il 9% vorrebbe un maggiore coinvolgimento degli States. Sul fronte ucraino, invece, il 52% degli italiani sostiene che l’Ue dovrebbe continuare a fornire supporto politico ed economico all’Ucraina, anche se questo dovesse portare a inasprire il conflitto con la Russia. La maggioranza (59%) sostiene infatti la necessità di sanzioni economiche contro la Russia. Ma alla domanda se sia giusto o no inviare rifornimenti militari agli ucraini, gli italiani (80% è d’accordo) vengono superati da tedeschi (85%) e francesi.
ROMA
IL CAPOLAVORO DI RENZI: L’INVIDIA SOCIALE TRASFERITA AI PIANI BASSI. CON TUTTA ‘STA PIPPA DELLA CRISI DELL’IDEOLOGIA, E CHE L’IDEOLOGIA È MORTA, E CHE ORMAI “IDEOLOGICO” PARE UN INSULTO PEGGIO CHE “PEDOFILO” O “TRUFFATORE”, SI STA PERDENDO DI VISTA UN PICCOLO DETTAGLIO: CHE L’IDEOLOGIA È VIVA E LOTTA INSIEME A NOI. ANZI, CONTRO DI NOI. E un caso di scuola ci viene dalle recenti imprese del governo Renzi, prima tra tutte quella del blocco degli stipendi del pubblico impiego: circa tre milioni di lavoratori per una “manovra” (un pezzettino di quella manovra correttiva che “non ci sarà”, ma invece c’è eccome) da circa tre miliardi. Non si entrerà qui nel merito del provvedimento: secondo la Cgil l’introito medio perso da ogni lavoratore sarà di circa 600 euro nel 2015, come dire che gli statali renderanno nel 2015 i famosi 80 euro ricevuti nel 2014, e vabbè. Si vuole invece affrontare qui il discorso, per l’appunto, ideologico.
Come si sa, il governo Renzi gode di grande sostegno e popolarità, e come si sa è sostenuto quasi militarmente da alcune falangi di fedelissimi piuttosto acritici, soldatini sempre in piedi dei social network. È bene ascoltarli, perché sono loro a tradurre in parole nette l’ideologia corrente. Il più chiaro esempio di vulgata renzista di fronte al blocco degli stipendi pubblici (praticamente un taglio, specie se si pensa che il 2015 sarà il quinto anno consecutivo di blocco) è il seguente: “Gli statali hanno un lavoro”. Di più: “Un lavoro fisso”. Che sia un lavoro pagato poco, sì, lo dicono anche loro (specie quando parlano di docenti, maestri e professori, notevole base elettorale) ma per ora è quel “posto fisso” che disturba, che offende, che indigna.
Prima lezione di ideologia: invece di battersi per un “posto fisso”, o almeno dignitoso e minimamente garantito per tutti, si demonizza chi ce l’ha. Insomma, il meccanismo è semplice: si prende un diritto che a molti è ingiustamente precluso e lo si chiama “privilegio”, additandolo al pubblico ludibrio. Ora ci sono due componenti di questa posizione altamente ideologica che si sposano mirabilmente. Il primo è la lenta, ma inesorabile, distruzione dell’immagine del dipendente pubblico. Una cosa che prosegue da anni e anni: è ladro, non lavora, va al bar, eccetera.
Il secondo dato ideologico è la vera vittoria del renzismo: aver trasferito l’invidia sociale ai piani bassi della società. Quella che una volta si chiamava lotta di classe (l’operaio con la Panda contro il padrone con la Ferrari) e che la destra si affannava a chiamare “invidia sociale”, ora si è trasferita alle classi più basse (il precario con la bici contro l’avido e privilegiato statale con la Panda). Insomma, mentre le posizioni apicali non le tocca nessuno (né per gli ottanta euro, né per altre riforme economiche è stato preso qualcosa ai più ricchi), si è alimentata una feroce guerra tra poveri. Una costante corsa al ribasso che avrà effetti devastanti. Perché se oggi un precario può dire al dipendente pubblico che è privilegiato, domani uno che muore di fame potrà indicare un precario come “fortunato”, e via così, sempre scavando in fondo al barile. Si tratta esattamente, perfettamente, di un’ideologia. Chissà, forse qualcuno farà notare che considerare privilegiato un professore a 1.500 euro al mese non è sano né giusto. Specie se a quel “posto fisso” così scandaloso sono aggrappati figli precari o mogli sottopagate, se quel “posto fisso”, insomma, è – oltreché un diritto che dovrebbero avere tutti – un surrogato del welfare che dovrebbe esserci e non c’è.

VATICANO
GUERRA LETTERA APERTA A PAPA BERGOGLIO
Caro papa Francesco,
ho apprezzato ancora una volta le sue parole contro la guerra: «La guerra è una follia», ma purtroppo al mondo ci sono ancora molti folli che la alimentano. Sono una militante pacifista frustrata dal senso d’impotenza e dall’indifferenza per tutti i massacri e le violenze che si perpetrano nel mondo, contro le quali solo la sua voce sa farsi sentire. Proprio per questo ho trovato paradossale che la ministra della difesa italiana Roberta Pinotti, in occasione della sua celebrazione a Redipuglia, non abbia trovato di meglio che regalarle un altare da campo della prima guerra mondiale. Un modo per ricordarle che la chiesa bene­dice le armi e chi le usa? Proprio per questo, in nome della sua estrema franchezza e concretezza nel contrastare la guerra, le chiedo se non sia giunto il momento di rompere questa ambiguità ritirando i cappellani militari. Una benedizione non si nega a nessuno, nemmeno a chi è caduto combattendo, ma una benedizione preventiva a chi va a combattere non è forse un adeguarsi alla logica della guerra? Di Giuliana Sgrena

FRANCIA
QUATTRO CHILI DI COCAINA NELL’AUTO DEL CARDINALE / Un’auto del Vaticano e’ stata fermata a un controllo di dogana in Francia. A bordo del veicolo sono stati trovati 4 chili di cocaina e 150 grammi di cannabis. Due gli italiani arrestati. Non si conoscono le generalita’ dei due uomini, ma il Vaticano interpellato dall’agenzia francese I.Media ha assicurato che nessun dipendente o membro della Santa Sede e’ stato direttamente coinvolto nella vicenda. Il Vaticano ha quindi confermato la notizia dell’arresto dei due italiani alla dogana francese. I due erano a bordo dell’auto appartenente al cardinale argentino Jorge Mejia, ex archivista e bibliotecario della Santa Chiesa di Roma. Mejia, 91 anni, e’ in convalescenza dopo un infarto (Papa Francesco due giorni dopo la sua elezione lo ando’ a visitare in una clinica romana, ndr). Secondo una radio francese, e’ stato il segretario di monsignor Mejia a prestare l’auto ai due italiani affinche’ provvedessero a fare il tagliando. I due ne hanno approfittato andando in Spagna, comprando la droga e pensando di farla franca grazie all’immatricolazione diplomatica. Sarebbero ancora in stato di fermo nella regione lionese. Lombardi, monsignor Mejia estraneo alla vicenda "Monsignor Mejia sta male ed e’ completamente e ovviamente estraneo alla vicenda" ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, incalzato dai giornalisti sulla vicenda. Padre Lombardi ha confermato l’accaduto e ha ribadito che l’auto era stata data dal segretario di monsignor Mejia a un suo amico per fare dei controlli. (AGI) .

EUROPA
SVEZIA
L’EXPLOIT DEL PARTITO RAZZISTA DI AKESSON, COSÌ SIMILE A Le Pen e Farage / Una margherita blu con centro giallo, un innocuo e rassicurante simbolo che evoca natura e pulizia oltre ai colori della bandiera nazionale: cosi’ si è presentato all’elettorato svedese il partito di estrema destra Democratici Svedesi (Sd) sotto la guida del giovane Jimmie Akesson, che è riuscito nell’impresa di raddoppiare il consenso per il suo partito. Il giovane leader, nato a Ivetofta, nella regione meridionale di Soelvesborg, aspetto da "bravo ragazzo" con occhialino rettangolari e capelli pettinati, e’ approdato alla destra estrema dopo aver militato da adolescente nella federazione giovanile del Partito Moderato, partito liberal – conservatore tradizionale. Nel 1995, all’eta’ di 16 anni, come racconta, è stato catturato con le argomentazioni del movimento contro l’immigrazione e contro l’Unione europea. Ai raduni di Sd, comunque, non sono mai mancate le simbologie estremiste e le divise naziste. Akesson in queste elezioni ha puntato tutto sul volto “gentile” della xonofobia e sulla strategia politica dell’"ago della bilancia", pronto cioè ad alleanze tattiche con il centrodestra o il centrosinistra. Sia Lovfen che Reinfeld hanno però escluso questa eventualità.
Se fino all’altro giorno la propaganda di Sd era connotata da simboli neonazisti e razzisti Akesson l’ha presentata come forza responsabile, di ispirazione nazionalista, battendo ossessivamente sul concetto che "meno immigrazione" equivale ad un "welfare piu’ sostenibile" per tutti, per gli svedesi come per gli immigrati gia’ integrati. Ha addirittura girato uno spot per scrollarsi di dosso ogni sospetto di razzismo, in cui compare accanto a due immigrati, uno dei quali, una donna, grida allo spettatore "Osate ribellarvi al razzismo!".
Akesson e’ alla guida dell’Sd dal 2005 come leader unificante di fazioni e anime diverse di un minuscolo movimento il cui slogan era "mantieni la Svezia svedese" e il simbolo un minaccioso guerriero vichingo. Cambiatone il "look" in poco tempo, pur faticando – dicono gli osservatori – a moderare le intemperanze di molti militanti, nel 2010 gli era gia’ riuscito il miracolo di portare 20 deputati nel parlamento di Stoccolma con un 5,7% di voti ottenuto dal nulla. Un’operazione simile a quella compiuta da Marine Le Pen con il Front National francese e da altri partiti xenofobi europei.
La promessa agli elettori e’ di non assumere un atteggiamento barricadero in Parlamento, di non opporsi frontalmente a tutto. "Noi possiamo appoggiare proposte da destra e da sinistra. Dal campo socialdemocratico, per esempio, possiamo contribuire con decisione a rafforzare le indennita’ di disoccupazione", ha spiegato di recente all’Afp. I Democratici Svedesi affondano le radici nell’estrema destra tanto simile a quella dei ‘confratelli’ di Danimarca, Olanda, Norvegia, Gran Bretagna (con Farage) e Francia (con la Le Pen). Autore: fabrizio salvatori
SVEZIA,
IL CENTROSINISTRA BATTE IL GOVERNO NEOLIBERISTA DEL DISASTRO SOCIALE / La coalizione ‘Social Democratici-Verdi-Sinistra’ dell’ex metalmeccanico Stefan Lovfen e’ nettamente in testa nella competizione elettorale in Svezia con il 43,7%. Pur lontano dalla maggioranza assoluta, Lovfen ha già incassato le dimissioni del capo dell’esecutivo Reinfeldt. Il primo ministro svedese ha ammesso la sconfitta, anche perché il partito di estrema destra xenofoba (Democratici svedesi) ha raddoppiato i consensi passando al 13%. Resta invece fuori dal Riksdag (il parlamento monocamerale di Stoccolma) l’estrema sinistra di Iniziativa Femminista che non avrebbe superato la soglia di sbarramento del 4%, fermandosi al 3,2. Gli svedesi hanno certamente deciso licenziare quel Reifeldt che in otto anni non ha, a detta di tutti, malgovernato, ma le cui scelte soprattutto in tema di giustizia sociale, di welfare e di accoglienza degli immigrati hanno spesso cozzato con il comune sentire di chi ha sempre propugnato una democrazia sociale ed egualitaria. A Reinfeldt e’ stato sovente rimproverato di aver approfondito il solco tra ricchi e poveri, di essere stato rigido sui temi dell’immigrazione, di aver ridotto la scuola pubblica uno dei fanalini di coda dell’istruzione europea, privilegiando quella privata, e dunque il reddito a scapito della formazione. La Svezia in questi anni ha sentito la crisi, ma in misura certamente minore che nel resto del continente, pagando pero’ prezzi salati come un alto livello di disoccupazione giovanile e l’acuirsi delle tensioni nelle zone meno opulente del paese, periferie delle grandi citta’ in primis.

STRASBURGO
GUE: SPINELLI CONTRO NOMINA MINISTRO UNGHERESE NAZIONALISTA, FORENZA CONTRO LE PAROLE DEL PRESIDENTE UCRAINO
“Ritengo necessario respingere la nomina di Tibor Navracsics – attuale ministro ungherese degli Affari esteri e del commercio – a membro della Commissione europea. La sua designazione come Commissario responsabile per Educazione, cultura, politiche giovanili e cittadinanza è particolarmente allarmante”. Lo ha detto l’eurodeputata del Gue Barbara Spinelli, vicepresidente della Commissione affari costituzionali, che ha inviato una lettera a tutti i parlamentari europei chiamati il 22 ottobre a ratificare, a Strasburgo, la nuova Commissione Juncker. “Navracsics – sostiene la Spinelli, eletta in Italia con la Lista L’Altra Europa con Tsipras – consigliere e uomo di fiducia di Viktor Orbán (il premier nazionalista che nemmeno due mesi fa ha dichiarato il proprio rigetto delle democrazie liberali), era ministro della Giustizia e vice Premier quando, nel 2011, una riforma dei media pose televisioni e carta stampata sotto il controllo dello stato, e una riforma costituzionale delegittimò la magistratura, relegando il Consiglio nazionale dei Magistrati a un ruolo meramente consultivo.” E’ per questo, afferma Barbara Spinelli, che la nomina di Navracsics non è accettabile. “La libertà d’espressione è un elemento essenziale in un sistema democratico, ed è un diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta europea. In quanto valore fondante dell’Unione, deve essere non solo protetta, ma promossa dai suoi stati membri”. Infine, in quanto Commissario alla cittadinanza, Tibor Navracsis avrebbe facoltà di limitare il lavoro delle Organizzazioni non governative, bloccando iniziative legislative e progetti intesi a promuovere e rafforzare la cittadinanza europea. “La preoccupazione non è fuori luogo, se consideriamo la politica aggressiva attualmente condotta nei confronti delle Ong operanti in Ungheria, denunciata da Amnesty International-Ungheria e dallo stesso Consiglio d’Europa, che ha indirizzato in proposito una lettera al primo ministro Orbán. Come sappiamo, il sostegno delle associazioni, dei comitati, delle organizzazioni di cooperazione e di tutela dei diritti umani – che rientra nello spirito dell’articolo 11 del Trattato sull’Unione europea – concerne il Parlamento come istituzione.” Sempre oggi, 16 settembre, a Strasburgo durante la plenaria, Il Presidente del Parlamento europeo ha dato la parola al Presidente del Parlamento ucraino, definendo ciò che sta accadendo in Ucraina una rivoluzione pacifica. “Per protestare contro queste parole inaccettabili – ha dichiarato Eleonora Forenza, capo delegazione dell’Altra Europa con Tsipras all’Europarlamento – la maggior parte dei deputati del GUE/NGL hanno abbandonato l’aula per poi rientrare e votare contro la risoluzione che riguarda gli accordi di associazione UE/Ucraina. Noi vogliamo una Europa fondata sull’antifascismo”

GRECIA
A FINE SETTEMBRE LA TROIKA TROVERÀ UN PAESE A PEZZI: SALARI SEMPRE PIÙ POVERI E DISOCCUPATI AL PALO. A fine settembre la Troika tornerà di nuovo in Grecia per verificare se il governo ha “fatto i compiti”. Il premier Samaras ha escluso che il suo Paese abbia bisogno di un altro prestito. Ma sembra più che altro uno dei tanti slogan elettorali in vista della scadenza del prossimo anno quando i cittadini si recheranno alle urne per eleggere il presidente della Repubblica. Autore: fabrizio salvatori Se la Grecia sembra aver momentaneamente interrotto la serie dei trimestri negativi per quanto riguarda il Pil la situazione socio-economica non migliora per niente. Il tasso di disoccupazione nel mese di giugno e’ sceso al 27% rispetto al 27,1% del mese precedente, la situazione dell’economia reale resta estremamente grave. A parlare di cifre "sconvolgenti" e’ il quotidiano Ta Nea che scrive come in Grecia quasi un lavoratore su tre del settore privato guadagna poco piu’ di 300 euro al mese al netto delle imposte (440 euro lordi). Il dato e’ il risultato di uno studio condotto dall’Istituto del Lavoro della Gsee (Ine-Gsee), uno dei due maggiori sindacati ellenici che rappresenta i lavoratori del settore privato, secondo cui sono circa 500.000 i dipendenti del settore che hanno occupazioni part-time. La drastica riduzione dei salari medi negli ultimi sei anni sarebbe dovuta alla maggiore flessibilità dei nuovi contratti e alle peggiorate condizioni economiche che hanno dominato il mercato del lavoro in seguito alle pesanti misure adottate dal governo di Atene su richiesta dei creditori internazionali. Per il 2014, il salario medio annuale in Grecia e’ stato stimato in 21.930 euro annui (pari a 1.827 euro lordi al mese), meno che in Slovenia (24.472) e Cipro (22.740). Piu’ in alto nella lista sono la Francia (con 49.256 euro), Irlanda (44.377), Germania (38.964) e Spagna (34.584). La ricerca della Gsee non fa che confermare gli allarmanti dati emersi di recente da uno studio condotto dalla societa’ Marc SA da cui si evinceva che in oltre il 90% delle famiglie greche i redditi sono sensibilmente diminuiti – con un calo medio del 38% – da quando le misure di austerita’ imposte dal governo hanno prodotto tagli a stipendi e pensioni e maggiore disoccupazione.
Misure draconiane che hanno stravolto l’intera societa’ greca: l’ultimo rapporto dell’Istituto statistico ellenico (Elstat) sulla situazione economica del Paese nel 2012 ha evidenziato che, dopo sei anni consecutivi di recessione, piu’ di una famiglia su cinque (oltre il 23%, pari a 914.873 nuclei famigliari per un totale di circa 2,5 milioni di persone su una popolazione complessiva di quasi 11) e’ ormai a rischio poverta’. La cifra era del 20,1% nel 2008 e del 21,4% nel 2011.

UCTAINA
L’Ucraina cede alla Russia
Mentre l’Europa era in ansia per il referendum in Scozia, a Kiev è stata realizzata senza troppo clamore una scissione territoriale. Nel corso di una seduta a porte chiuse, il governo e l’opposizione hanno trovato un accordo sulla concessione di uno statuto speciale alla regione del Donbass. I nazionalisti hanno criticato la decisione, e presto i manifestanti potrebbero tornare in piazza. L’Ucraina, di fatto, si sta dividendo, anche se la legge dovrebbe restare in vigore tre anni e si parla solo di una "maggiore autodeterminazione" per le regioni orientali.
La nuova legge prevede che le zone occupate dai separatisti abbiano le proprie forze di sicurezza, un regime frontaliero speciale ed elezioni separate. Un portavoce dell’esercito ha annunciato la creazione di una "linea di divisione" temporanea che potrebbe diventare una "nuova frontiera". Sembra che Kiev abbia ceduto alle richieste della Russia, e in effetti è così. Secondo il presidente Petro Porosenko soltanto uno statuto speciale per il Donbass e un’amnistia per i separatisti possono mettere fine alla guerra. Non c’era tempo per un progetto di decentralizzazione di portata nazionale. Per quello bisognerà aspettare. Di fronte alla potenza militare russa, le alternative per Kiev non erano molte. Le concessioni relative al trattato di associazione con l’Unione europea non sono bastate ad attenuare le pressioni di Mosca. Porosenko e alcuni settori del vecchio establishment stanno mettendo in pratica quello che l’occidente ha negoziato dietro le quinte e quello che è stato pubblicamente imposto dalla Russia: la realizzazione delle rivendicazioni territoriali e politiche dei separatisti. Come ha commentato il presidente, "nessuna nazione ha mai pagato un prezzo così alto per diventare europea". Sono in tanti a sentirsi traditi: chi si era battuto in piazza, chi ha perso il marito o i figli in guerra e chi aspirava a una democrazia vera e propria. La ratifica del trattato di associazione è stata definita un evento storico. Altrettanto rilevante è lo statuto speciale delle regioni orientali, che dà ai separatisti voce in capitolo sul futuro dell’Ucraina. Probabilmente era indispensabile per evitare il crollo economico e sociale del paese. Ma nel medio periodo questa decisione potrebbe incidere più dell’integrazione con l’occidente. (Suddeutsche Zeitung, Germania )

SPAGNA
È ORA DI LEGALIZZARE LE DROGHE
Un gruppo di leader internazionali, tra cui diversi ex capi di stato e di governo e l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, ha presentato a New York un rapporto che propone di cambiare radicalmente strategia nella lotta alla droga, depenalizzando il consumo e facilitando la somministrazione controllata. Questa iniziativa merita di essere presa sul serio. Dopo aver insistito per anni con gli stessi metodi, è ora di ammettere il fallimento delle politiche punitive che trasformano i tossicodipendenti in criminali e favoriscono un’economia illegale sempre più potente. Spesso i cartelli della droga sono più ricchi dei paesi in cui operano, e sono diventati una cancrena che corrode lo stato di diritto. I governi devono spendere sempre di più per sostenere politiche che non solo non riducono il problema, ma lo aggravano. In molti paesi la criminalità legata al traffico di droga rende la vita impossibile ai cittadini e costituisce una gravissima minaccia politica. È necessario valutare delle alternative. Il fatto che tra i promotori del rapporto figurino diversi ex leader de : paesi che hanno subito le conseguenze di questo fenomeno dimostra quanto siano logore certe strategie, che si perpetuano più per inerzia e per gli interessi che si sono creati intorno a esse che per una valutazione razionale dei loro risultati. La legalizzazione non deve essere considerata una panacea. L’obiettivo è ridurre il problema a dimensioni più gestibili. Non si tratta di aprire negozi di stupefacenti. Una liberalizzazione regolata solo dalle leggi del mercato farebbe affiorare l’economia legata al narcotraffico e potrebbe rivelarsi molto redditizia, ma aggraverebbe ancora di più l’emergenza sanitaria. Si tratta di creare un sistema che permetta ai tossicomani di ottenere la droga, offrendo loro un aiuto medico per liberarsi dalla dipendenza. Questo spezzerebbe l’anello principale della catena che costringe i tossicodipendenti a diventare spacciatori per finanziare il proprio consumo. Rompere questa catena significherebbe lasciare senza mercato i cartelli della droga. I motivi per prendere in considerazione questa alternativa sono molti, e vale la pena provarci. (El Pais, Spagna)

MIGRANTI
STRAGE NEL MEDITERRANEO
Dal 13 settembre cinque imbarcazioni piene di migranti sono naufragate nel Mediterraneo. Si calcola che le persone disperse siano tra le 650 e le 850. Tre barconi sono affondati vicino alle coste della Libia, un altro a est di Malta, un altro al largo dell’Egitto. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati nel 2014 più di 2.500 persone risultano morte o disperse, 2.200 delle quali solo dall’inizio di giugno. Nella foto, un gruppo di migranti tratti in salvo dalla guardia costiera italiana dopo il naufragio della loro imbarcazione partita da Garabouli, in Libia, il 15 settembre 2014

MEDIO ORIENTE & AFRICA
ISRAELE
AGENTI DEL MOSSAD CONTESTANO LE OPERAZIONI A GAZA CONTRO PALESTINESI INNOCENTI.
Ufficiali e soldati di un reparto dell’intelligence di Israele protestano contro l’occupazione di Gaza. In una lettera indirizzata al premier Benyamin Netanyahu 43 membri della riserva della unita’ di elite dell’intelligence “8.200” annunciano di non essere piu’ disposti a "raccogliere materiale che colpisce palestinesi innocenti e che serve alla loro persecuzione politica”. La finalità del gruppo ha detto alla radio militare uno dei firmatari, "non e’ tanto la difesa di Israele quanto la prosecuzione della occupazione dei Territori". Gli agenti segreti denunciano che Israele ha usato ogni tipo di informazione, dalle abitudini sessuali alle patologie sanitarie, per ricattare molti palestine ed estorcere loro le informazioni di cui aveva bisogno. Le stesse informazioni che poi sono state usate per i famigerati attacchi aerei. L’ufficio di Netanyahu non ha rilasciato commenti in risposta. Amos Yadlin, un ex capo dell’intelligence militare israeliana sotto Netanyahu, ha minimizzato la lettera, dicendo 43 riservisti erano una "piccola frangia" di quelli disponibili per l’Unità 8200| Autore: fabrizio salvatori
ISRAELE
LA LETTERA DEI DISSIDENTI
Il 12 settembre 43 riservisti dell’Unità 8200 (un corpo militare d’intelligence) hanno indirizzato una lettera aperta al primo ministro e ai capi dell’esercito in cui affermano di non voler più partecipare ad azioni contro i palestinesi, finalizzate all’occupazione dei Territori. Il documento, definito da Ha’aretz una "pietra miliare" nella storia d’Israele, è stato duramente criticato da tutti i partiti del paese.

GAZA
PALESTINESI IN FUGA
Finora conosciamo i nomi di 72 abitanti di Gaza che risultano morti o dispersi mentre cercavano di raggiungere l’Europa. Da quando è arrivata la notizia del naufragio, la popolazione di Gaza si è impegnata a fondo per raccogliere informazioni sulla vicenda. I primi dati raccolti dimostrano che non si tratta di un fenomeno isolato. Probabilmente sono migliaia i palestinesi fuggiti dalla Striscia durante l’ultima guerra attraverso i tunnel non ancora distrutti. Da lì hanno raggiunto Alessandria, in Egitto, e si sono imbarcati verso nord, unendosi alla massa dei disperati africani e mediorientali.
Un amico di Hamas mi ha invitato su Facebook a diffidare delle notizie provenienti da "fonti inaffidabili". Probabilmente si riferiva alle notizie sul naufragio fornite da un’emittente tv legata a Mohammed Dahlan, nemico di Hamas (e del presidente palestinese Abu Mazen). Evidentemente in una società dilaniata dalle fazioni come quella pale-fine 5 e, la fuga degli abitanti è
considerata un insulto nei confronti del partito al potere. Certo, la gente scappa soprattutto dagli orrori dell’offensiva israeliana, ma non solo. Come dimostrano i primi dati, molti profughi sono legati ad Al Fatah. Alcuni miei amici lo sapevano, ma mi hanno volutamente tenuta all’oscuro, forse per evitare di sembrare "non patriottici". A quanto pare persone in grado di sopportare la guerra e la povertà entrano in crisi quando si tratta di far valere la libertà di espressione

TURCHIA
Gli operai turchi che hanno occupato la loro fabbrica tessile (Kazova) sono in giro per l’Italia , un tour organizzato da Area globale, Clash city workers e autorganizzati. A Pontedera, nella sede dei Cobas della Valdera, in provincia di Pisa, c’è stata nei giorni scorsi una partecipata iniziativa organizzata da realtà sociali di Lucca e dalla Confederazione Cobas di Pisa.
Per i Cobas l’esperienza in Italia delle fabbriche occupate, tranne rare eccezioni, non ha le stesse caratteristiche dell’Argentina e della stessa Kastava, a tal riguardo basti ricordare che le cooperative sorte per rilevare fabbriche e aziende dismesse sono nate con il sostegno economico della lega delle Cooperative, di banche locali e l’apporto di enti locali, non esperienze rivoluzionarie e autorganizzate ma prodotto di una pratica capitalistica che individua nelle cooperative lo strumento adatto per mantenere inalterata la organizzazione verticistica del lavoro con uno sfruttamento intensivo degli operai che hanno investito il loro tfr e gli arretrati come capitale sociale di entità produttive a capo delle quali loro stessi non andranno mai.( Autore: federico giusti)
ABBIAMO INTERVISTATO NELLA OCCASIONE NIHAT, OPERAIO DELLA KAZOVA.
La Kastava aveva piu’ di 300 operai, macchinari moderni per prodotti naturali , una lavorazione non antiquata e destinata ai mercati esteri. Alla fine oltre i due terzi della forza lavoro erano stati licenziati, il nostro salario non arrivava mai a 400 euro al mese nonostante una media giornaliera di oltre 10 ore lavorative.
La decisione del padrone di dismettere la produzione non scaturiva dalla crisi del prodotto ma dalla ricerca di profitti dove il costo del lavoro è ancora più contenuto. I prodotti realizzati, anche un singolo prodotto, all’estero era venduto per un prezzo equivalente alla paga mensile di un operaio, i margini di profitti erano elevatissimi come del resto la nostra miseria. Con quello stipendio non riuscivamo a pagare le spese sanitarie o educative o le bollette, era perfino difficile acquistare anche i generi di prima necessità.
"Quando la fabbrica ha chiuso, abbiamo toccato con mano – racconta l’operaio – quanto lunghi siano i tempi della giustizia borghese, se poi giustizia possiamo definirla. Tra costi dei legali, spese processuali e altro ancora, avremmo speso cifre ingenti e assolutamente inaccessibili senza alcuna speranza di avere giustizia e di riconquistare un lavoro, magari piu’ dignitoso e con un salario adeguato. Noi operai viviamo nelle baraccopoli che sorgono attorno alle città turche, slum dentro i quali nel corso degli anni si è consolidata l’opposizione alla dittatura militare, ai fascisti e allo sfruttamento capitalista, dentro questi slum oggi sta nascendo una nuova classe conflittuale con il capitale e le sue leggi di accumulazione".
QUANDO AVETE DECISO DI OCCUPARE LA FABBRICA?
Prima di decidere , in assemblea, l’occupazione, abbiamo organizzato mesi di presidi, una tenda e un presidio permanente davanti ai cancelli della fabbrica, meta di tanti altri operai , di studenti, di attivisti di organizzazioni sociali,sindacali e politiche
Settimane di manifestazioni, presidi spesso oggetto di cariche e repressioni, ogni nostra iniziativa era seguita dalle cariche della polizia, da arresti. In questa situazione una novantina di operai ha mantenuto in vita il presidio guadagnando la solidarietà di altre fabbriche gli operai delle quali ci hanno informato che i padroni della Kastava approfittavano della nostra assenza per portare via i macchinari moderni e non solo quelli. E’ nata cosi’ la idea di occupare lo stabilimento, di far riparare i vecchi macchinari con i proventi delle sottoscrizioni e riprendere la produzione non dei prodotti sofisticati e ad alto tasso innovativo, prodotti piu’ grezzi destinati ad altri mercati ma fonte di un guadagno che ci ha permesso di sopravvivere. In questi mesi le nostre manifestazioni non hanno dato tregua al padrone, lo abbiamo inseguito ovunque andasse e alla fine lo abbiamo costretto a cambiare città.
CHE EVOLUZIONE HA AVUTO LA VOSTRA LOTTA?
La lotta intrapresa è diventata un punto di riferimento per altri operai, progressivamente anche i media si sono occupati di noi e non solo la stampa di estrema sinistra che ha supportato la nostra battaglia fin dal primo momento con il movimento rivoluzionario per gli operai. Ci siamo decisi ad occupare la fabbrica e riprendere la produzione dopo avere appurato che i padroni volevano solo la nostra fame e miseria, saccheggiare lo stabilimento rivendendosi i macchinari.
Quando hanno venduto anche l’immobile non ci siamo dati per vinti andando ad affittare un palazzo , in una parte del quale è nato un centro culturale. Per anni lavorando 10 o 12 ore al giorno non siamo riusciti neppure a leggere il giornale, da qui il forte bisogno di un centro culturale dove acquisire una nuova visione del mondo, dove informarsi e acquisire conoscenze che mai abbiamo ricevuto. Del resto tenere gli operai ignoranti è lo strumento migliore per poterli sfruttare.
QUALI SONO GLI INSEGNAMENTI TRATTI DALLA OCCUPAZIONE?
Le fabbriche senza lavoratori non possono funzionare, senza i padroni vanno decisamente meglio. Noi siamo riusciti a riprendere la produzione, dividiamo i nostri utili, nessuno si arricchisce sulla pelle dell’altro. Gli utili sono reinvestiti e a decidere è la assemblea, gli operai lavorano sei ore al giorno per un totale di 36 a settimana, nello statuto della cooperativa trovate scritto che i profitti vanno distribuiti e utilizzati a fini sociali. Non pensiamo ad una cooperativa che generi altro sfruttamento, se cio’ accadesse verrbbero meno i principi e le pratiche di lotta che hanno resitituito dignità e forza ai lavoratori. Abbiamo creato una fabbrica socialista pur dentro una società capitalista, da questa lotta gli operai hanno imparato a nutrire fiducia nel collettivismo, nella democrazia reale basata sulla assemblea. La nostra esperienza insegna che con l’acuirsi della crisi capitalistica , si aprono contraddizioni crescenti e maturano le condizioni stesse di una lotta rivoluzionaria che nasce anche dalla coscienza e dalla consapevolezza acquisite dagli operai.
Da mesi portiamo l’esperienza della Kazova in giro , a dimostrare che come noi anche altri operai ce la possono fare, ma ripeto che l’autogestione e l’occupazione sono esperienze concrete di opposizione allo sfruttamento capitalista con un modello organizzativo basato sulla uguaglianza tra tutti i suoi appartenenti. La lotta ha arricchito gli operai, li ha fatti crescere e oggi questi esempi possono essere utili per riprendere il conflitto del lavoro contro il capitale, in Turchia e altrove.

EGITTO
UNA LEGGE LIBERTICIDA
Il 15 settembre gli attivisti Alaa Abdel Fattah (nella foto), Mohamed Noubi e Wael Metwally sono stati liberati su cauzione, scrive Mada Masr. Erano stati condannati al carcere per aver violato la legge che vieta le proteste voluta dal governo di transizione insediato dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013. Un centinaio di giornalisti e attivisti, alcuni dei quali in prigione, continua lo sciopero della fame per chiedere il ritiro della "legge liberticida". Un portavoce del ministro della giustizia ha dichiarato che la legge sarà presto emendata per accogliere le modifiche proposte dal consiglio nazionale dei diritti umani.

NIGERIA
LADRI DI PETROLIO
In Nigeria, scrive Al Jazeera, il furto di greggio ha raggiunto livelli mai visti. Si calcola che su 2,25 milioni di barili prodotti ogni giorno, 400mila vengano rubati. Secondo alcune stime, il governo nel 2013 ha perso otto miliardi di dollari di ricavi. Inoltre sono frequenti le accuse di mancanza di trasparenza e di corruzione nel settore petrolifero. L’11 settembre a Milano è stata aperta un’inchiesta sull’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi, accusato di aver ricevuto milioni di dollari di tangenti in Nigeria.
NIGERIA
II 17 settembre almeno 13 persone sono morte in un attacco all’università di Kano, nel nord del paese.

REP. CENTRAFRICANA
II 15 settembre la missione Minusca dell’Onu ha assunto il comando delle operazioni di mantenimento della pace.

SUDAFRICA
L’atleta paralimpico Oscar Pistorius è stato riconosciuto colpevole il 12 settembre dell’omicidio colposo della sua fidanzata Reeva Steenkamp.

ASIA & PACIFICO
NUOVA ZELANDA
Sorveglianza di massa Pochi giorni prima delle elezioni legislative del 20 settembre, il primo ministro John Key è finito nella bufera per un presunto programma di sorveglianza di massa. L’accusa è arrivata da Glenn Greenwald ed Edward Snowden, già autori delle rivelazioni sulle attività dell’agenzia statunitense per la sicurezza (Nsa), durante un incontro organizzato a Wellington dal fondatore dellìnternet party, Kim Dotcom. All’incontro, oltre a Snowden, è intervenuto in collegamento video anche il fondatore di Wikileaks Julian Assange. Secondo le accuse, nel 2013 l’agenzia d’intelligence informatica della Nuova Zelanda, grazie alla presenza di sedi operative dell’Nsa nel paese, avrebbe agganciato i cavi telefonici sottomarini per controllare le linee e raccogliere dati. Key ha negato le accuse, definendole una manovra preelettorale e ammettendo solo l’esistenza di un programma per garantire la sicurezza informatica, scrive Radio New Zealand.

COREA DEL NORD
Condanne strumentali. Il 14 settembre la Corea del Nord ha condannato a sei anni di lavori forzati Matthew Miller , un turista statunitense arrivato nel paese il 10 aprile, forse per chiedere asilo. Un altro americano, Kenneth Bae, arrestato nel 2012, sta scontando una condanna a 15 anni per complotto contro lo stato. In passato Pyongyang aveva usato questi ostaggi per ottenere concessioni da Washington, scrive il Guardian. Ma ora che le priorità internazionali degli Stati Uniti sono cambiate, il sistema sembra non funzionare più.

GIAPPONE
I PASSI FALSI DELL’ASAHI FAVORISCONO I CONSERVATOR . Il principale quotidiano progressista giapponese ha ammesso di aver compiuto due errori gravi. Per la gioia dei revisionisti e dei sostenitori del nucleare
ome se l’umore della sinistra giapponese non fosse già abbastanza nero, l’ii settembre l’Asa-hi Shimbun, il principale quotidiano progressista giapponese, è stato costretto a un’imbarazzante ritrattazione, la seconda in poche settimane. L’editore, Tadakazu Kimura, ha licenziato il direttore del quotidiano e promesso l’apertura di un’inchiesta. L’Asahi ha sbagliato a proposito di due vicende politicamente decisive. La prima ritrattazione è arrivata in agosto e riguardava le cosiddette donne di conforto, le migliaia di donne asiatiche (soprattutto coreane) radunate a forza nei bordelli dell’esercito giapponese durante la seconda guerra mondiale. L’Asahi ha ammesso che la testimonianza di Seiji Yoshida, in cui l’uomo raccontava al quotidiano di aver rapito per conto dell’esercito duecento coreane tra il 1943 e il 1944, era inventata. La destra aveva sempre messo in dubbio l’affidabilità di quei resoconti, e la rettifica dell’Asahi ha rappresentato un trionfo per i politici che vorrebbero riconsiderare il peso delle atrocità commesse dai giapponesi durante il conflitto.
La scorsa settimana, poi, l’Asahi ha dovuto fare marcia indietro su un’altra notizia che si è rivelata falsa. A maggio il quotidiano aveva pubblicato uno scoop in cui si sosteneva che subito dopo lo tsunami del 2011 i dipendenti dell’impianto nucleare di Fukushima erano scappati in preda al panico dai reattori danneggiati, disobbedendo agli ordini dei superiori. L’articolo contraddiceva la versione ufficiale della Tepco, proprietaria della centrale: secondo la compagnia il suo staff aveva mantenuto saldamente la gestione della situazione. Nei giorni scorsi, però, il governo ha reso nota la testimonianza scritta di Masao Yoshida, direttore della centrale (che nel frattempo è morto), chiarendo la vicenda: i dipendenti avevano solo frainteso l’ordine di Yoshida, non l’avevano ignorato.
Il mea culpa dell’Asahi rappresenta una grande vittoria per la Tepco e per l’intera industria nucleare giapponese, finita nell’occhio del ciclone dopo lo tsunami del 2011. L’articolo dell’Asahi faceva parte di una campagna del quotidiano contro il progetto governativo di riattivare alcune delle centrali nucleari chiuse dopo il disastro. Alla fine la vicenda ha favorito il quotidiano di destra Sankei Shimbun, favorevole all’energia atomica, la cui versione dei fatti si è dimostrata corretta.
LE RIPERCUSSIONI
La ritrattazione degli articoli sulle donne di conforto avrà probabilmente le ripercussioni politiche più rilevanti, perché complicherà ulteriormente i rapporti con la Corea del Sud. Seiji Yoshida, morto nel 2000, aveva sollevato alcui dubbi sulla sua testimonianza già nel 1996, ma l’Asahi ha ammesso l’errore solo ora che la maggior parte dei collaboratori all’inchiesta non lavorano più per il quotidiano. I racconti di Yoshida, in realtà, erano solo una piccola parte delle prove dei crimini commessi dai giapponesi contro le donne di conforto. Tuttavia, prima di essere smentiti, erano considerati una testimonianza preziosa. Ora i revisionisti sostengono che le scuse ufficiali presentate in passato dal governo di Tokyo – a partire dalla dichiarazione del capo di gabinetto Yòhei K5no del 1993, con cui il Giappone ha ammesso per la prima volta il reclutamento forzato delle donne – si basano su prove false.
La vicenda rafforza la campagna della destra per la messa in discussione della dichiarazione del 1993- Il Primo ministro Shinzò Abe ha sottolineato che le falsità scritte a proposito delle donne di conforto hanno "provocato un enorme dolore a molte persone e danneggiato la reputazione internazionale del Giappone". Poco dopo la rettifica da parte dell’Asahi, la ministra dell’interno Sanae Takaichi, nota per le sue posizioni revisioniste, ha chiesto che la dichiarazione di Kono sia riscritta. Il governo ha respinto la proposta, ma continua a intaccare la validità di quelle scuse come ha fatto all’inizio del 2014, per esempio, con un’inchiesta che ha accusato i diplomatici sudcoreani di aver partecipato attivamente al reclutamento delle donne di conforto.
Gli errori dell’Asahi potrebbero alterare ulteriormente il modo in cui molti giapponesi percepiscono la storia della seconda guerra mondiale e le conseguenze della catastrofe nucleare del 2011. Proprio il contrario di quello che vorrebbero il quotidiano e la sinistra giapponese. (The Economist, Regno Unito)

BANGLADESH
TROPPO PRESTO ALL’ALTARE / Il 15 settembre il governo ha presentato un disegno di legge per contrastare i matrimoni precoci. La proposta prevede l’abbassamento dell’età legale per sposarsi da 21 a 18 anni per i maschi e da 18 a 16 anni per le ragazze, e l’inasprimento della pena per i trasgressori. Finora chi organizzava o favoriva un matrimonio tra minorenni rischiava due mesi di carcere ma, se il disegno di legge sarà approvato, la pena salirà a due anni, scrive New Age. Il Bangladesh ha uno dei più alti tassi di matrimoni precoci e il 20 per cento delle ragazze viene dato in moglie prima dei 15 anni. Un’altra misura contenuta nella bozza, continua il quotidiano, prevede la creazione di comitati locali per la prevenzione dei matrimoni precoci.

CINA
INCENERITORE NEL MIRINO / Il 13 settembre, nella contea di Boluo, nella provincia del Guangdong, circa mille persone hanno manifestato contro la costruzione di un inceneritore e di una discarica, e la polizia ha arrestato almeno ventiquattro persone", scrive il Nanfang Ribao. La manifestazione è l’ultima in ordine di tempo legata a questioni ambientali e alla tutela della qualità della vita, temi che negli ultimi anni sono diventati prioritari per la popolazione. Mentre in passato le proteste erano concentrate soprattutto nelle zone rurali, oggi scende in piazza sempre più spesso la classe media urbana. Per questo il governo in diversi casi è giunto a compromessi, arrivando a bloccare i progetti inquinanti. Nel caso di Boluo, il timore della popolazione è che l’impianto possa inquinare il fiume Dongjiang. Le autorità locali, che hanno incontrato i rappresentanti dei cittadini, hanno sottolineato che in nome della trasparenza e per tranquillizzare gli abitanti il piano era stato reso pubblico con largo anticipo. Ma l’amministrazione ha promesso di ascoltare le opinioni di tutti prima di scegliere il sito definitivo degli impianti-

INDIA
ALLUVIONI COLPOSE Le alluvioni che hanno colpito il Kashmir indiano, definite le peggiori dell’ultimo secolo, hanno fatto almeno duecento morti e più di 76mila sfollati. "Perché la commissione centrale per l’acqua, l’agenzia governativa incaricata di prevedere le alluvioni, non ha lanciato l’allarme?", si chiede il sito indiano Scroll .in. La ragione è semplice: lo stato del Jammu e Kashmir non ha una stazione per il monitoraggio e la prevenzione delle esondazioni. L’agenzia non ha fornito alcuna spiegazione, "dimostrando che c’è bisogno di maggiore trasparenza e di esperti indipendenti da affiancare a quelli ufficiali

AMERICA CENTRO-MERIDIONALE
CUBA
Medici per L’ebola
Il 12 settembre il ministro della salute cubano, Roberto Morales , ha annunciato che il governo invierà in Sierra Leone 165 operatori sanitari per aiutare ad affrontare l’epidemia di ebola. Gli operatori partiranno a ottobre e resteranno in Africa per sei mesi. "L’iniziativa", spiega El Faro, "rientra in una tradizione che Cuba ha inaugurato dopo il terremoto in Cile del i960. Oggi più di somila medici e paramedici cubani lavorano in Asia, Africa e America Latina, in particolare in Venezuela e in Brasile. L’esportazione di servizi, soprattutto sanitari, porta all’isola più di 10 miliardi di dollari all’anno.

IL CILE
VUOLE CANCELLARE L’AMNISTIA PER I REATI DELLA DITTATURA DI PINOCHET. L’anniversario del golpe in Cile l’hanno festeggiato cancellando l’amnistia per i reati commessi sotto la dittatura di Pinochet. Il forte segnale sul fronte dei diritti umani arriva dal governo della presidente socialista Michelle Bachelet. Bachelet ha reso noto che intende cancellare in parlamento la legge di amnistia del 1978, normativa che protegge dalla giustizia sia i militari sia i civili accusati di crimini di lesa umanità tra il 1973 e il 1978. Con questa decisione il governo "adeguerà la legislazione cilena a quella internazionale" nelle materie riguardanti i diritti umani, ha sottolineato il ministro della giustizia Josè Antonio Gomez. La cancellazione della normativa approvata nel 1978 dal regime militare guidato da Augusto Pinochet e’ una vecchia richiesta portata avanti dai familiari dei ‘desaparecidos’ durante la dittatura. Il governo intende d’altro lato creare un sottosegretariato per i diritti umani dipendente dal ministero della giustizia. Durante una cerimonia di commemorazione del golper, a Santiago, la Bachelet ha sottolineato che "il Cile non ha perso la memoria, non ha dimenticato i figli di chi e’ stato perseguito e dei detenuti desaparecidos. Basta – ha concluso la presidente – di silenzi| Autore: F. Salvatori.

BRASILE
Ventidue poliziotti sono stati arrestati il 15 settembre a Rio de Janeiro con l’accusa di estorsione.
BRASILE
UNA TORRE NELL’AMAZZONIA "Il Brasile ha cominciato a costruire una torre di osservazione alta più di trecento metri nel cuore dell’Amazzonia, a 150 chilometri dalla città di Manaus", scrive il quotidiano Folha de Sào Paulo. La torre, che è stata progettata da un gruppo di ingegneri brasiliani e tedeschi ed è stata battezzata Torre Atto, avrà il compito di monitorare per alni e no vent’anni le conseguenze de: cambiamenti climatici sulla foresta pluviale più grande del pianeta e di raccogliere dati sui -. ira e sulle particelle di aerosol nell’aria.

VENEZUELA
II 10 settembre decine di persone hanno partecipato a una protesta a Caracas durante un’udienza del processo a Leopoldo Lopez, uno dei leader dell’opposizione, accusato d’istigazione alla violenza.

AMERICA SETTENTRIONALE
CANADA
II 12 settembre il sindaco di Toronto Rob Ford {nella foto), sospeso da un anno per la sua dipendenza dalla droga e dall’alcol, ha rinunciato a candidarsi a un secondo mandato a causa di un tumore

STATI UNITI
Detenuti in aumento Il dipartimento di giustizia ha pubblicato un rapporto sulla popolazione carceraria negli Stati Uniti. "Tra il 2010 e il 2012 il numero di detenuti era diminuito, ma nel 2013 è aumentato di nuovo", scrive il New York Times. La nuova impennata è dovuta all’aumento di prigionieri nelle carceri statali, mentre la popolazione delle prigioni federali sta progressivamente diminuendo. Secondo alcuni esperti, questo dimostra che la strategia adottata da alcuni stati per ridurre il numero di detenuti, come l’uso di misure alternative al carcere, non sta funzionando. "Se si vuole veramente ridurre l’enorme popolazione carceraria del paese, bisognerà modificare profondamente il sistema processuale
STATIUNITI
INSICUREZZA NAZIONALE / Foreign Policy, Stati Uniti "Tredici anni dopo gli attentati dell’ii settembre, gli Stati Uniti sono una nazione ancora scossa e con una politica estera incerta", scrive Foreign Policy, che dedica la copertina alle difficoltà di Barack Obama sul fronte internazionale. Appena eletto, Obama ha cercato di prendere le distanze dalle scelte sbagliate di George W. Bush, ma ha fatto degli errori che hanno messo gli Stati Uniti in una posizione complicata. L’errore principale l’ha commesso sulla Siria. Il suo atteggiamento titubante alla lunga ha contribuito a rafforzare la posizione di Bashar al Assad e in seguito ha permesso ai miliziani dello Stato islamico di guadagnare terreno. Inoltre, il presidente si è fidato troppo dei suoi consiglieri più stretti, mettendo da parte il segretario di stato John Kerry e il ministro della difesa Chuck Hagel. "Oggi gli Stati Uniti hanno un’influenza minore che in passato, i rapporti con molti alleati si sono raffreddati e la minaccia terroristica è sempre più estesa". Ma secondo Foreign Policy Obama può ancora invertire la rotta, ammettendo gli errori, rinnovando il suo staff ed elaborando una strategia per il lungo periodo.
STATI UNITI
Libri pericolosi / Gli studenti delle scuole medie e dei licei del Texas potrebbero ritrovarsi a studiare su libri di testo basati su informazioni storiche distorte e idee scientifiche sbagliate. Lo sostiene il Texas freedom network (Tfn), un’organizzazione non profit che contrasta la diffusione di idee ultraconservatrici nella società texana. "Il Tfn", scrive il Washington Post, "ha analizzato i nuovi libri di testo e ha trovato gravi errori nell’insegnamento di alcune materie: religione, geografia e storia". In un testo è scritto che Mosè e Salomone hanno ispirato la democrazia americana, mentre un altro af-
ferma che la segregazione dei neri nelle scuole pubbliche era un fatto occasionale. Ma i problemi principali riguardano le teorie scientifiche: "In un testo sono stati inseriti dei passaggi in cui si mettono in discussione le cause del cambiamento climatico. Queste idee riflettono le posizioni dell’Heartland institute, un centro studi finanziato dalla famiglia Koch, imprenditori con idee conservatrici". A novembre il Texas board of education dovrà decidere se approvare i nuovi testi. Il Tfn ha scoperto che molti degli esperti selezionati per esaminarli non "inno esperienza nell’insegnamento. Tanti di loro sono attivisti politici conservatori. Tra questi ce Mark Keough, un candidato locale con il repubblicano.

(Le principali fonti di questo numero:
NYC Time USA, Washington Post, Time GB, Guardian The Observer, GB, The Irish Times, Das Magazin A, Der Spiegel D, Folha de Sào Paulo B, Pais, Carta Capital, Clarin Ar, Le Monde, Le Monde Diplomatique ,Gazeta, Pravda, Tokyo Shimbun, Global Time, Nuovo Paese , L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e INFORM, AISE, AGI, AgenParle , RAI News e 9COLONNE".)

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