11311 Rinnovo delle rappresentanze degli italiani nel mondo: Queste elezioni s’hanno da fare!

20140916 15:07:00 redazione-IT

[b]di Claudio Sorrentino*[/b]
Durante i lavori dell’ultimo C.G.I.E. (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero), il Sottosegretario Giro ha comunicata l’intenzione del Governo di procedere al rinnovo dei Comites (comitati per gli italiani all’estero) entro e non oltre la fine del corrente anno.
Il decreto legge n. 109 del l agosto 2014, ancora in via di approvazione, all’art. 10, facendo seguito a tale intenzione, ha introdotto modifiche nelle procedure per le elezioni della rappresentanze degli italiani all’estero, lasciando ipotizzare il mese di dicembre quale intervallo di tempo possibile per lo svolgimento delle operazioni per il rinnovo di tali rappresentanze.
Se fosse così, per parteciparvi bisognerà che ci sia l’espressa manifestazione della propria volontà attraverso la preiscrizione ad apposite liste consolari che dovrebbe avvenire, nella ipotesi originaria del decreto, entro 50 giorni dalle consultazioni e, nella modifica concordata dalle forze della maggioranza, entro 30 giorni.

Il decreto ha previsto, inoltre, che sia dato luogo ad una iniziativa informativa che “stimoli” gli aventi diritto ad esprimere la volontà di votare; una sorta di “anagrafe” elettorale utile anche in altri momenti di consultazione.

Mi sembra, però, limitativo che di tale importantissima operazione debbano interessarsi “solo” le strutture pubbliche, senza riflettere sul coinvolgimento di “soggetti” che hanno avuto ed hanno un ruolo nella realtà dell’emigrazione e che sono rappresentati dai Sindacati, dai Patronati e dalle molteplici Associazioni che, senza scopo di lucro alcuno, hanno contribuito a mantenere vivo, per i nostri concittadini all’estero, il sentimento dell’appartenenza al proprio paese e il diritto all’informazione.

Una delle chiavi possibili del successo dell’operazione ipotizzata è sicuramente determinata dalla capacità di fare “rete” e, contemporaneamente, di creare dei livelli di informazione utili anche ai nuovi soggetti che si affacciano nel mondo dell’emigrazione.

Siamo sicuri che la necessità di tale rinnovo non nasce solo dal fatto che bisogna adempiere, seppur con enorme ritardo, ad un atto dovuto e prescritto dalla “legge”. Crediamo fermamente, invece, che le “sollecitazioni” delle nostre comunità, all’estero e non solo, hanno avuto la giusta considerazione.

Nei paesi di emigrazione, per chi li frequenta, si sente forte il sentimento che lega gli emigrati al loro paese di origine. Spesso il legame è con la comunità di provenienza (paese) ma, sempre di più, l’area di riferimento si allarga fino a diventare la “nazione”.

Crescono le aspettative di coloro che non vogliono “dimenticare” la terra di origine e cresce, contemporaneamente, la consapevolezza che gli strumenti che hanno accompagnato intere generazioni non sono più adeguati ai bisogni né delle giovani generazioni nate spesso nei paesi di emigrazione e nemmeno dei tanti giovani che oggi tornano ad emigrare.

I Comites, per gli italiani all’estero, sono importanti e non si può correre il rischio che una operazione di voto, mal preparata e mal gestita, limiti a tal punto la partecipazione da indurre qualche soggetto, mal predisposto, a dichiararne la inutilità per irrilevanza numerica.

Gli ultimi Comites sono stati eletti dieci anni or sono e sono sopravvissuti, sino ad oggi, per successive proroghe.

In questi dieci anni la “politica” si è confrontata su una serie di proposte di revisione delle forme di rappresentanza delle comunità all’estero, particolarmente nel 2011 quando è stato approvato, solo al Senato, un Ddl di legge (Tofani) sul quale molte organizzazioni avevano espresso “perplessità”.

Anche noi avevamo avuto modo di criticarne l’impostazione strategica in quanto, tra le tante modifiche che proponeva, ignorava totalmente i ruoli dell’associazionismo e della rappresentanza che, storicamente, hanno avuto un ruolo importante nel favorire i processi di insediamento e di integrazione nei paesi di emigrazione delle nostre comunità.

Un associazionismo ed una rappresentanza che, avevamo sottolineato, non dimenticando i valori storici e culturali delle proprie origini e con occhio attento alle proprie discendenze contribuisse a fare “dell’emigrante” una figura di collegamento fra culture diverse ed una ricchezza sia per il paese d’ accoglienza che per quello di provenienza.

Non abbiamo dubbi che queste elezioni rientrano tra le cose possibili da farsi nei tempi anche previsti dal dl e che il dl stesso ha previsto le risorse necessarie affinché esse si possano svolgere.

Ci viene però da chiederci, in continuità con quanto avevamo fatto in precedenza, se l’assenza di risorse utili al loro funzionamento, nel senso di risorse necessarie a raggiungere gli obbiettivi che tali organismi istituzionalmente hanno, determinate dai feroci tagli avvenuti nella struttura di rappresentanza istituzionale (chiusura di consolati ecc.) siano la strada giusta perché i bisogni dei nostri connazionali emigrati siano, in qualche modo, rappresentati con dignità.

Di seguito, proviamo a fare qualche riflessione che dovrebbe, a nostro giudizio, favorire l’adeguamento delle “rappresentanze” ai mutati bisogni degli emigrati di lunga data ed alle esigenze dei nuovi emigranti.

Non vi è dubbio che negli ultimi 20/30 anni c’è stata una incapacità della classe politica, in senso lato, ma anche delle rappresentanze stesse (Comites e Cgie) nel determinare quei necessari processi di “continuità” tra le generazioni migrate e di “definizione” di politiche di accompagnamento dei nuovi processi di migrazione.

La mancanza di continuità ha determinato, in molti paesi, l’estinzione delle rappresentanze stesse a volte per il disinteresse di intere generazioni, anche dei discendenti, ad un rapporto con i paesi di origine dei loro avi.

L’assenza di politiche di “accompagnamento” e la mancanza di una precisa analisi sui mutamenti sociali avvenuti negli ultimi anni con la ripresa di un nuovo processo di “emigrazione” che somiglia, solo in parte, all’esodo del periodo post-bellico, unitamente alle mutate esigenze di “rappresentanza” delle comunità all’estero , hanno determinato una frattura nella quale non esiste un quadro di conoscenza di insieme e nel quale è difficile candidarsi a governare, come sarebbe necessario, questo processo.

Premesso che apparteniamo, dal primo momento, al coro di quelli che hanno chiesto che si desse luogo al rinnovo dei Comites nei tempi dovuti, ci chiediamo se non sia il caso di dare corso, contemporaneamente alle elezioni, anche ad un processo di revisione del piano normativo che abbia l’ambizione di rappresentare il “nuovo” in un mondo “globalizzato e senza confini”.

Ci chiediamo, cioè, se non sia il caso di riprendere il processo di rinnovamento della normativa sulla rappresentanza che interessi anche i Comites ed il C.G.I.E. e che prenda atto del fatto che i giovani che migrano non hanno più la valigia di cartone, che non sono più tendenzialmente monolingue o spesso analfabeti, che non sono privi di Know how e sono perfettamente integrati nei sistemi di networking.

Potrebbe essere anche interessante, sempre visto dal nostro osservatorio, che una nuova legislazione potesse prevedere processi di interazione tra i discendenti del nostro popolo dei migranti, che stanno perdendo gradualmente il senso del “paese di provenienza”, e dei giovani che migrano che, spesso, sono con loro in contatto attraverso i tanti network a loro disposizione.

I primi potrebbero essere interessati a processi di conoscenza dei luoghi e delle tradizioni dei paesi di origine dei loro avi ed i secondi, per esempio, a favorire ed accorciare i processi di integrazione nei paesi di destinazione.

Per non farla lunga, ribadiamo la necessità di andare “subito” alle elezioni dei Comites e del Cgie e proponiamo al governo di aprire un tavolo di confronto nel quale le diverse posizioni possano trovare un piano di sintesi e di iniziative tese a determinare quel “nuovo” di cui il Presidente del Consiglio spesso parla.

Un nuovo che dovrebbe interessare sia le comunità, sia i soggetti della rappresentanza che l’associazionismo, nella sua accezione più ampia.

Questi tre “insiemi, comunità – rappresentanza ed associazionismo hanno la necessità, se vogliono stare dentro i processi di governo dei fenomeni di migrazione, di modificare i propri obbiettivi e le motivazioni ed anche le strategie, non solo quelle organizzative.

Il mondo dell’associazionismo ci sta provando, con gli “Stati Generali”; le forze politiche e sociali hanno il dovere di non lasciarli soli a difendere un ruolo che se non è integrato con quello degli altri soggetti, difficilmente raggiungerà gli scopi per i quali si è posto l’esigenza di cambiare.

Non bisogna dimenticare, infatti, che nei tanti anni di emigrazione delle nostre popolazioni all’estero questi soggetti, tra gli altri, hanno svolto un ruolo che non vale la pena dimenticare.

Riprendiamo, in conclusione, un percorso di “cambiamento” che avevamo iniziato e ripensiamo, insieme ed in modo strutturato, a come sia possibile rappresentare i bisogni di chi si è allontanato dal proprio paese per bisogno e di chi, ancora oggi, è costretto a farlo.

* Dipartimento Politiche Globali della Cgil. Responsabile degli italiani nel mondo.

 

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