11305 CILE: l’altro 11 SETTEMBRE.

20140911 15:54:00 red-emi

– A 41 anni dal colpo di stato che spazzò via il governo socialista di Salvador Allende, il paese tenta ancora di liberarsi dalla pesante eredità della dittatura di Augusto Pinochet, che represse il paese fino al 1990: un’impalcatura coriacea che la presidente Michelle Bachelet è finora riuscita appena a scalfire, nonostante la pressione delle organizzazioni popolari
– SANTIAGO – DUBBI ED INCERTEZZE DOPO QUASI SEI MESI DI GOVERNO DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA. “ non han capito niente” i movimenti contro i bizantinismi di Nueva Mayoria, Il tentativo di fare le riforme con chi le ostacola porta confusione e frizioni interne.
– Ordigno nella capitale, 14 feriti non gravi

– A 41 ANNI DAL COLPO DI STATO CHE SPAZZÒ VIA IL GOVERNO SOCIALISTA DI SALVADOR ALLENDE, IL PAESE TENTA ANCORA DI LIBERARSI DALLA PESANTE EREDITÀ DELLA DITTATURA DI AUGUSTO PINOCHET, CHE REPRESSE IL PAESE FINO AL 1990: UN’IMPALCATURA CORIACEA CHE LA PRESIDENTE MICHELLE BACHELET È FINORA RIUSCITA APPENA A SCALFIRE, NONOSTANTE LA PRESSIONE DELLE ORGANIZZAZIONI POPOLARI
L’America latina ricorda «l’altro 11 settembre»: il golpe in Cile contro il governo di Salvador Allen-de. Quel giorno di 41 anni fa, il generale Augusto Pinochet, sostenuto dai padrini Usa spazzo via il triennio allendista e una possibile trasformazione politica e sociale, incompatibile con gli interessi di Washington L opinione degli Usa sull’elezione di Mende risulta da una conversazione, desecretata, tra l’allora Segretario di stato, Henry Kissinger, e il direttore della Cia, Richard Helms: «Non permetteremo che il Cile finisca nel canale di scolo», dice Kissinger. «Sono con lei», risponde Helms. È il 12 settembre del 1970. Tre giorni dopo, il presidente nordamericano, Richard Nixon (quello dello scandalo Watergate) ordina fili a Cia di «far piangere l’economia» cilena: guidando il sabotaggio dei grandi gruppi industriali, nazionali e internazionali, appoggiando il blocco dei trasporti, favorendo la fuga degli investitori e facendo mancare il credito estero
Fiumi di dollari (169 milioni tra il 1946 e il 72) continuarono però ad abbeverare le Forze armate cilene, addestrate nelle scuole nordamericane. Nel ’72, gli aiuti militari erano rimasti l’unica forma di assistenza fornita da Washington, che si oppose anche alla possibilità che il Cile rinegoziasse il debito estero. Un piano lungo tre anni. Il golpe aprì la strada a una dittatura feroce e longeva, durata ufficialmente fino al 1990, ma che ha lasciato nel paese un’eredità mefitica, difficile da cancellare.
I tentativi della destra di omaggiare l’ex dittatore Augusto Pinochet e i suoi scherani non sono mai venuti meno, e la società cilena è ancora attraversata dalle cicatrici profonde di quel periodo. La difficoltà con cui il governo di Michelle Bachelet – tornata alla presidenza a dicembre dell’anno scorso con la coalizione Nueva Mayoria – sta mettendo mano a quell’eredità pesante, sono lì a dimostrarlo.
Molti politici in carica durante la dittatura sono d’altronde ancora in scena: rappresentanti storici del partito di estrema destra Union Democrata Independiente (Udi) come Sergio Femandez, ex ministro degli Interni di Pinochet; Andrés Chadwick, ministro degli Interni dell’ex presidente-miliardario, Sebastian Pinera che, da giovane, fu tra coloro che giurarono di «salvare la patria» durante il cosiddetto atto di Chacarillas del 1977: un consesso di mezzanotte simile a quello messo in scena dai nazisti. E molti altri ancora.
L’organizzazione Ciudadanos por la Memoria ha presentato alla Camera un progetto per abolire tutti i simboli che esaltano il golpe pinochettista. Si spera in un pronunciamento in prima istanza da parte della commissione per i Diritti umani del Parlamento, preludio alla discussione in aula. Nell’organizzazione vi sono anche militari democratici, che rigettano la persistente attitudine di un importante settore delle Forze armate, tuttora convinto che i golpisti «salvarono la patria dal pericolo comunista». Un’idea che viene da lontano. A sostenerla, allora, un campo di interessi che ha coagulato i ceti borghesi e possidenti, strati sociali intermedi, tecnocrati e intellettuali, convinti che il socialismo bloccasse la crescita e lo sviluppo.
Un’idea dura da vincere, nonostante appaia evidente chi abbia pagato i costi delle politiche neoliberiste dilagate nel segno dei Chicago Boys di Milton Friedman. Costi sociali giganteschi e una repressione feroce, che, secondo i dati ufficiali, si è lasciata dietro 3.200 morti e oltre 38.000 detenuti e torturati. Furono quelli gli anni in cui venne formata la Dina, la polizia segreta direttamente controllata da Pinochet. Gli anni dell’operazione Condor, il piano criminale per eliminare gli oppositori ovunque si trovassero: deciso dai vertici delle dittature di Cile, Argentina, Brasile, Bolivia, Paraguay e Uruguay, con il supporto di Fbi e Cia, e con un principale snodo nella zona del canale di Panama. Il capitolo cileno sta tutto dentro la partita del grande Novecento: la lotta senza quartiere tra le forze della reazione e quelle del socialismo.
Una partita che continua ancora, seppur in forme diverse e che si riflette nel bilancio tutt altro che riconciliato, sugli anni della dittatura. Per il blocco sociale che la sostenne e per ì suoi eredi odierni, fu un fondamentale momento di sviluppo che modernizzò il paese. Una rivoluzione nella struttura produttiva che proiettò il "laboratorio-Cile nelle alte sfere del mercato capitalistico globale. Non a caso, quando Pinochet lasciò la presidenza dopo aver perso il plebiscito del 1988, aveva ancora il gradimento del 43% dei cileni. Un progetto di lunga gittata, che ha distrutto il settore statale privatizzando le imprese nazionali, contraendo la spesa pubblica e distruggendo i servizi sociali, e lasciando campo libero alle multinazionali. La dittatura non era destinata a una parentesi, ma a dettare i parametri di una "democrazia" sotto tutela. Un’impalcatura che ingabbia ancora il paese nonostante gli anni della Concertación. I movimenti e le organizzazioni popolari lo hanno ricordato scendendo in piazza durante la presidenza Pinera.
Ma anche il sacrificio di Salvador Allen-de, che scelse il suicidio durante il colpo di stato, è ben vivo nella memoria del paese e del continente. E il costo pagato da quella breve stagione serve da monito alle nuove esperienze di governo in America latina-quelle che hanno preso il potere in modo democratico, e che scommettono sul Socialismo del XXI secolo. Il Venezuela, innanzitutto. Le anologie tra i piani destabilizzanti messi in atto contro Caracas e quelli contro Allende, tornano nei discorsi e nelle analisi Ad agosto, gli eredi di Pinochet che siedono m parlamento dietro i banchi dell’Udì hanno innalzato cartelli per chiedere: «Libertà per Leopoldo Lopez», il leader venezuelano di Voluntad Popular dai trascorsi golpisti in carcere per aver diretto oltre due mesi di devastazioni e violenze contro il governo Maduro dal febbraio scorso.
Il vento di una nuova solidarietà, che pervade gran parte dell’America latina, ha portato in piazza i movimenti sociali anche per sostenere il diritto a uno sbocco al mare per la Bolivia di Evo Morales (una storica questione aperta, insieme a quella che riguarda il Perù). E il Latino-America socialista ha sostenuto la lotta dei nativi Mapuche che, in Cile, lottano per rientrare in possesso dei loro territori ancestrali. Una questione che, dopo le Domenica scorsa, migliaia di cittadini hanno manifestato per i diritti umani e per ricordare le vittime della dittatura. Vi sono stati scontri con i carabineros. I manifestanti – familiari delle vittime, artisti, associazioni, parlamentari, politici e la Gioventù socialista del Cile (Js) – hanno denunciato l’impunità ancora imperante. Hanno lanciato la campagna "Verdad y Justicia ahora". Alcuni magistrati – sostenuti dalla presidente Bachelet, che ha perso il padre e ha subito carcere e torture durante il regime di Pinochet – accompagnano le ricerche dei familiari delle vittime. Tre ex ufficiali dell’esercito sono stati accusati per il sequestro e l’omicidio del cantautore Victor Jara, ucciso cinque giorni dopo il golpe in uno stadio di Santiago che oggi porta il suo nome. Il Servizio medico legale cileno (Sml) ha comunicato di aver scoperto resti umani in una tenuta vicina alla caserma militare di Tejas Verdesal, dove vennero imprigionate oltre 100 persone subito dopo il colpo di stato.
E continuano le agitazioni dei settori popolari che premono per un cambiamento di sostanza. Il 4 settembre, i lavoratori hanno sfilato per strade della capitale. I rappresentanti della Centra] Unitaria de Trabaiadores (Cut) hanno chiesto a Bachelet che venga discusso al Congresso il progetto di riforma del lavoro: «Occorre superare il modello economico basato sull’accumulazione di capitali che non considera lo sviluppo del popolo che lavora», ha detto Barbara Figueroa, presidente della Cut. Il 4 settembre è una data simbolo per il movimenti sindacali. perché ricorda l’elezione di Allende a presidente del CILE ( di Geraldine Collotti da IL Manifesto).

– SANTIAGO – DUBBI ED INCERTEZZE DOPO QUASI SEI MESI DI GOVERNO DELLA COALIZIONE DI CENTROSINISTRA. “ non han capito niente” i movimenti contro i bizantinismi di Nueva Mayoria, Il tentativo di fare le riforme con chi le ostacola porta confusione e frizioni interne.
La grande manifestazione del 21 agosto scorso per una vera riforma del settore educativo è stata giustamente definita «marcia di chi non ha più fiducia». A quasi sei mesi dall’arrivo al governo di Nueva Mayoria, l’attuazione delle sue tre principali riforme è stata caratterizzata da dubbi e incertezze, parzialmente capitalizzate dall’opposizione di destra con un discorso opportunista e populista, causa di confusione e frizioni fra le stesse forze favorevoli ai cambiamenti.
La maggioranza dei cileni sostiene il progetto di dotare il paese di un’istruzione pubblica gratuita e di qualità, affermatosi con la forza della mobilitazione sociale iniziata nel 2011, quando oltretutto si chiudeva la possibilità di continuare il governo dell’alleanza di destra. Era stata la mobilitazione sociale, in particolare quella degli studenti, ad aprire lo scenario che aveva permesso una ricomposizione delle forze politiche del centro e della socialdemocrazia, alle quasi si erano aggiunti il Partito comunista e altri gruppi di sinistra.
li possiamo trovare le radici della forza originaria dei cambiamenti avvenuti. Nessuna delle tre riforme (educativa, tributaria e costituzionale) era in agenda prima che la mobilitazione sociale facesse irruzione sulla scena cilena.
Il primo colpo alla fiducia che settori del movimento sociale organizzato e mobilitato riponevano nei progetti riformisti si è prodotto durante l’iter della riforma del sistema tributario. La riforma, complessa e profonda e al tempo stesso caratterizzata da insufficienze evidenti (non colpisce il settore minerario, per esempio, o le grandi proprietà), potrà acquisire alle casse pubbliche 8.300 milioni di dollari, ma durante il suo iter un episodio fuori dal Congresso ha fatto pensare a un accordo illegittimo con la destra. Il senatore De Andrés Zaldìvar lo ha detto con crudezza: «C’è chi si sente più o meno informato, ma in queste cose non tutti possono stare in cucina. (…) Molte volte, questo tipo di soluzioni richiede un modo di far le cose che non può essere alla luce del sole». E nemmeno alla luce degli stessi alleati, ha aggiunto. In cucina non possono entrare tutti.
I consensi degli imprenditori e della destra hanno reso evidente il fatto che una componente di Nueva Mayoria è uscita sconfitta. Intanto, nei movimenti sociali è cresciuta la sfi¬ducia. Sintetizzando lo stato d’animo del movimento studentesco, Melissa Sepulveda, presidente della Fe- ch (Federazione degli studenti universitari del Cile) ha detto: «Il governo di Nueva Mayoria deve appunto definire con quali settori va a fare accordi e costruire consensi. Sulla questione della riforma tributaria abbiamo subito una delusione abbastanza grande a proposito dei modi della politica, con un ritorno in auge di quel sistema del consenso che speriamo non si ripeta con la riforma dell’istruzione. Purtroppo le dichiarazioni sia della ministra (Ximena) Rincón che del ministro Nicolàs Eyzaguirre lasciano aperta la porta alla realizzazione di protocolli di accordo sul "mercato" dell’istruzione che non avvantaggiano nessuno salvo gli imprenditori e danneggiano la gran parte delle famiglie cilene».
«Non hanno capito niente» era scritto su un cartello esibito davanti al ministero dell’istruzione da studenti della scuola secondaria; un messaggio che chiaramente aveva anche altri destinatari. Il tentativo di far riforme con chi le ostacola non può che portare frustrazione e una grande perdita di fiducia da parte del movimento sociale. «La soluzione è nelle strade» proseguiva il cartello; a significare che la «cucina» non è il luogo dove si verificano i cambiamenti.
Infine, anche il cammino, non ancora iniziato, della riforma costituzionale, è pieno di incognite. Il governo ha annunciato che sarà messo in agenda nel 2015, ma ci sono settori della Nueva Mayoria che credono che non ci sarà una nuova Costituzione con questa amministrazione. «La profondità del cambiamento necessario lo renderà impossibile in questo periodo presidenziale» ha detto il senatore del Ppd (Partito per la democrazia) Feliz Harboe, il quale, benché sostenitore di una nuova Carta – ritiene che la sua elaborazione si debba strutturare nel Congresso.
Una cosa è essere d’accordo sul fatto che l’attuale Costituzione non serve e deve essere cambiata, un’altra è il meccanismo utilizzato e il livello di partecipazione implicato. Una frase come «non hanno capito niente» può essere affissa a qualunque altro edificio governativo…
"Edizione cilena del Diplò Traduzione di Marinella Correggia.( di Geraldine Collotti da IL Manifesto).

– ORDIGNO NELLA CAPITALE, 14 FERITI NON GRAVI
Cile in allarme per un pacco bomba, lasciato in un cestino dei rifiuti vicino al metro Escuela Militar, a Santiago, che ha provocato 14 feriti, non gravi. La presidente, Michelle Bachelet, ha presieduto ieri una riunione d’emergenza, mentre 500 carabinieri stanno presidiando tutti gli ingressi della metropolitana, a ridosso del 41′ anniversario del golpe di Pinochet. E proprio l’avvicinarsi di questa data simbolo e il luogo dell’attentato – nei pressi della Scuola militare che dà il nome alla fermata del metro – hanno fatto avanzare l’ipotesi che possa trattarsi di gruppi anarchici: gli stessi sospettati di aver compiuto in precedenza un’altra ventina di attentati, ma senza mai aver provocato vittime. Bachelet ha annunciato che agli attentatori verrà applicata la legge antiterrorista in vigore dai tempi del dittatore Pinochet: quella che tutta la sinistra chiede di abolire ( di Geraldine Collotti da IL Manifesto).

 

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